Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-02-22, n. 201301111
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 01111/2013REG.PROV.COLL.
N. 07968/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7968 del 2008, proposto da:
M M, rappresentato e difeso dall'avv. F E L, con domicilio eletto presso Eugenio Felice Lorusso in Roma, via Cola di Rienzo 271;Sivilli Maria Antonietta, Sivilli Francesco, Sivilli Angela;
contro
Comune di Palo del Colle, rappresentato e difeso dall'avv. G M, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE III n. 01705/2007, resa tra le parti, concernente ingiunzione demolizione opere abusive
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati F E L e G M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame gli appellanti impugnano la sentenza del Tar Puglia con cui è stato respinto il ricorso diretto all’annullamento dell’ordine di demolizione, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 47/1985, di un capannone che era stato realizzato dagli appellanti immediatamente dopo la comunicazione del parere favorevole della C.E.C., subordinato però alla definizione delle diverse istanze di condono dei numerosi capannoni abusivamente realizzati in precedenza sulle loro aree.
L’appello è affidato alla denuncia di due rubriche di gravame relative alla violazione del predetto dell’art. 7 della legge n. 47 cit. ed all’eccesso di potere sotto diversi profili.
Si è costituito in giudizio l’Amministrazione Comunale di Palo del Colle rilevando;in linea preliminare, il sopravvenuto difetto di interesse sul presente contendere, in relazione al sopravvenuto provvedimento di lottizzazione abusiva emesso ai sensi dell’articolo 30 del d.p.r. n. 380/2001 relativo all’intera area;nel merito l’infondatezza del gravame.
Con atto di rinuncia notificato in data 13 giugno 2011 l’appellante F S ha dichiarato di rinunciare al gravame in relazione alla sua elezione al consiglio comunale.
Con memoria per la discussione le parti appellanti hanno puntualizzato le proprie argomentazioni.
Chiamata all'udienza pubblica, la causa, uditi i patrocinatori delle parti, è stata ritenuta in decisione.
L’appello è infondato.
___1. Preliminarmente deve essere dichiarata processualmente irrilevante la dichiarazione del solo appellante F S, il quale essendo stato eletto al consiglio comunale ha per parte sua notificato una dichiarazione di rinuncia al gravame.
Al riguardo si deve ricordare che, in base all'art. 84 del codice del processo amministrativo (e già prima l' art. 46 del Regio Decreto 17 agosto 1907, n. 642, di approvazione del regolamento di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), l'abbandono del ricorso è rimesso a colui che agisce.
Ma l’abdicazione a far valere le proprie ragioni deve essere reale e non meramente formale. Pertanto, anche in presenza delle prescritte formalità, spetta comunque al giudice verificare che l’effetto della rinuncia, dal lato sostanziale, sia effettivamente quello di determinare la definitività della situazione così come risulta cristallizzata alla sentenza, anteriormente alla proposizione dell’appello.
In caso di appello collettivo – proposto cioè “uno actu” da una pluralità di soggetti, ciascuno pro-quota, avverso la stessa sentenza sulla base di un identico ed indistinto interesse sostanziale dedotto in giudizio -- non può avere alcun rilievo la singola rinuncia, qualora non sia possibile rinvenire alcuna sostanziale distinzione delle singole posizioni per il carattere di inscindibilità oggettiva del contendere.
L’unitarietà ontologica degli interessi dedotti a fondamento dell’azione rende infatti evidente come, in ogni caso, il soggetto “rinunciante”, finirebbe comunque per avvantaggiarsi dell’eventuale accoglimento degli appelli e quindi dell’annullamento delle sentenze qui impugnate.
In tali ipotesi si deve perciò concludere che le iniziative formalmente abdicative della pretesa assunte da uno dei ricorrenti non sono realmente in grado di estinguere il giudizio nei soli suoi riguardi.
Nel fattispecie in esame, in assenza di atti di rinuncia all’eredità o comunque di definitiva cessione dei cespiti immobiliari da parte del F S, era dunque evidente come la sua rinuncia, finiva per avere un carattere meramente formale, e quindi processualmente irrilevante, in quanto probabilmente diretta artificiosamente ad evitare l’applicazione dell'art. 63 co. 1° , n. 4, ovvero dell’art.47,III° co. del T.U. di cui al d.lg. n. 267/2000, nella parte in cui prevedono che non può ricoprire la carica di consigliere o assessore comunale colui che ha una lite pendente con il comune, e sia parte di un procedimento civile od amministrativo con l’amministrazione.
Non essendosi quindi effettivamente verificata la reale separazione tra posizione in giudizio e interesse materiale effettivamente fatto valere pro-quota dal Sivilli, la sua dichiarazione di rinuncia lascia dunque intatto nei suoi riguardi una condizione essenziale dell’azione, quale nella specie l’interesse processuale personale, attuale e concreto.
Il che, in definitiva sul punto, impedisce al Collegio di dichiarare l’estinzione del giudizio nei suoi confronti.
___2. Può comunque prescindersi dall’esame dell’eccezione preliminare di improcedibilità del gravame in ragione della sua infondatezza.
___3. Nel merito, possono essere esaminate congiuntamente le due rubriche di gravame in quanto attengono ad un unico profilo sostanziale.
___3.1. Con un primo motivo gli appellanti lamentano che l’esecuzione diretta delle opere non sarebbe avvenuta senza concessione edilizia, proprio per la presenza di un parere favorevole della Commissione Edilizia Comunale sul progetto presentato il 3.04.1992, sottoposto ad una condizione sospensiva, collegata ad adempimenti di carattere meramente esecutivo, che si sarebbero già realizzati ai sensi degli art. 31 e 13 e segg. della legge n. 47/1985.
Il TAR avrebbe così erroneamente affermato che, nel nuovo ordinamento, la comunicazione del parere favorevole della commissione edilizia non poteva più essere considerata equivalente al titolo edilizio. In ogni caso non poteva quindi parlarsi di assenza di concessione edilizia a proposito di un progetto che invece era stato approvato senza riserve in linea tecnica.
Gli effetti dell’inerzia dell’amministrazione si sarebbero iniquamente fatti invece ricadere sugli appellanti.
____ 3.2. Con il secondo motivo si lamenta che il Tar avrebbe sbrigativamente liquidato la censura per cui le opere edilizie erano state legittimamente realizzate per pendenza di una domanda di concessione edilizia. L’autorità comunale non avrebbe quindi potuto adottare provvedimenti sanzionatori in presenza di un’istanza edilizia sulla quale il Comune non si era ancora definitivamente pronunciato (cfr. Consiglio di Stato n.139/1991).
Inoltre, a seguito del rilascio in data 6.2.1992 dei provvedimenti di condono, si sarebbe verifica la condizione sospensiva prevista dalla C.E.C., per cui il Comune avrebbe violato i più elementari principi di buona fede ed affidamento. Il provvedimento sanzionatorio avrebbe avuto il solo scopo di camuffare i propri ritardi, facendo ricadere sui proprietari le conseguenze delle proprie inadempienze. Di qui l’assoluta illegittimità di un provvedimento che avrebbe costretto gli appellanti a demolire un’opera pienamente conforme allo strumento urbanistico per evitare la confisca dei terreni.
____ 3.3. L’assunto complessivo va respinto.
In linea preliminare si osserva che, dalla L. 28 gennaio 1977 n. 10, la comunicazione del parere favorevole della Commissione edilizia -- atto tipicamente endoprocedimentale del tutto privo di una propria autonomia funzionale e strutturale -- non ha più né formalmente, né sostanzialmente valore provvedimentale di atto di assentimento della concessione edilizia richiesta(cfr. Consiglio di Stato sez. IV 10 maggio 2011 n. 2759;Consiglio di Stato sez. IV 07 febbraio 2011 n. 813;Consiglio Stato sez. V 04 marzo 2008 n. 881).
Il parere della C.E. e gli atti endoprocedimentali non possono essere considerati equivalenti e non possono avere, anche implicitamente, un rilievo autorizzatorio in quanto solo il perfezionamento dell’iter normativo avrebbe consentito l’edificazione legittima.
In tale prospettiva anche l’eventuale inerzia del Comune è del tutto inconferente in quanto una costruzione eseguita senza che sia stato emesso il permesso è, in ogni caso, abusiva anche in presenza di un parere favorevole della C.E.C. .
Devono poi essere del tutto disattese le insinuazioni sul comportamento contraddittorio e sviatorio dell’amministrazione dato che l’intervento realizzato era solo l’ultimo di una lunga serie di abusi che avevano dato luogo ad un’estesa lottizzazione abusiva materiale. Al riguardo basti ricordare le considerazioni sulla complessiva vicenda di cui alle sentenze infra partes, decise in data odierna in senso sfavorevole agli appellanti,sulle sentenze del TAR che ritenevano legittimi i provvedimenti di annullamento in autotutela dei provvedimenti di sanatoria (es. rispettivamente sui ricorsi riuniti n.7959/2008;n.7960/ 2008;n.7961/2008, n. 7962/2008;n. 7963/2008;n. 7967/ 2008;n.7964/2008) e sulla lottizzazione (n. 7964/2008 ).
Né ha alcun rilievo l’asserita inattività dell’Amministrazione in quanto, in caso di inerzia dell’Amministrazione, si sarebbe semmai dovuto esperito il rimedio avverso l’inerzia della P.A., (cfr. Consiglio Stato sez. V 03 dicembre 2010 n. 8404).
Non può ravvisarsi né alcuna violazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985, ne si rinviene un intento sviatorio o persecutorio da parte del Comune. L'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività obbligatoria per legge della p.a. con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione costituiscono atti vincolati (cfr. Consiglio di Stato Sez. V 06 giugno 2012 n. 3337).
____ 5. In conclusione l’appello è complessivamente infondato e deve essere respinto.
Le spese secondo le regole generali di cui all’art. 26 del c.p.a. seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del Comune di Palo del Colle in € 5.000,00 oltre ad IVA e CPA a carico di tutti gli appellanti in solido.