Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-22, n. 202203113

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-22, n. 202203113
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203113
Data del deposito : 22 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/04/2022

N. 03113/2022REG.PROV.COLL.

N. 10420/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10420 del 2021, proposto dal Corpo Forestale dello Stato – ora Ministero della Difesa – Arma dei Carabinieri – -OMISSIS-, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS- e -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di eredi di -OMISSIS-, rappresentate e difese dall'avvocato G M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’ottemperanza

della sentenza pronunciata dal Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS- (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e di -OMISSIS-;

Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 marzo 2022 il Cons. S F;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Le Sig.re -OMISSIS- e -OMISSIS-, in qualità di eredi del Sig. -OMISSIS- (Agente del Corpo Forestale dello Stato), hanno a suo tempo impugnato il decreto n. 255/12 emesso in data 20.12.2012 dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali -Corpo Forestale dello Stato Servizio IV- Div. 13° se. E.I. 5191/A Matr. -OMISSIS-, nonché il sotteso parere reso dal Comitato centrale di verifica, con il quale il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali non aveva riconosciuto la dipendenza da causa di servizio della patologia "pregresso disturbo dell'adattamento" che il de cuius aveva contratto in costanza del servizio da egli prestato presso il Corpo forestale dello Stato. In quella sede le ricorrenti avevano evidenziato che la predetta malattia era insorta a seguito della sospensione cautelare dal servizio disposta nel marzo 2005 dall’Amministrazione di appartenenza in relazione al coinvolgimento del -OMISSIS- in un procedimento di indagini preliminari per minaccia grave a danno della sua ex compagna;
la sospensione era stata poi revocata in seguito alla intervenuta archiviazione, ma l’Amministrazione aveva tardato nella restituzione degli emolumenti trattenuti durante il periodo di sospensione, continuando ad ipotizzare gli estremi del reato di minaccia grave poi rivelatasi del tutto priva di fondamento a seguito di una istruttoria interna che si era protratta fino alla metà di gennaio 2006. In concomitanza di tali vicende (protrattesi nel tempo) il Sig. -OMISSIS-, che fino ad allora aveva goduto di buona salute, già nel 2005 cominciava a soffrire di ipertensione e nel periodo successivo sviluppava una grave malattia psichiatrica, diagnosticata in varie sedi (anche ufficialmente dalla competente C.M.O. a seguito di presentazione della domanda di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio), che lo portava al suicidio. Nondimeno la dipendenza da causa di servizio era stata negata dal Comitato centrale di verifica, il quale aveva ritenuto insussistenti "documentate situazioni conflittuali relative al servizio, idonee per intensità e durata" a favorire l'insorgenza della patologia ed a porsi rispetto ad essa quali cause determinanti.

Avverso detto diniego le originarie ricorrenti, fra gli altri motivi, avevano dedotto la carenza di motivazione e di istruttoria, oltre che l'errore di fatto della valutazione compiuta dal Comitato.

Il TAR per la -OMISSIS- (Sezione Prima), con sentenza n. -OMISSIS-\2020 del 29 gennaio 2020, ha accolto il ricorso sul rilievo che l'affermazione dell'organo centrale in ordine alla assenza di fattori di servizio potenzialmente incidenti sulla insorgenza del disturbo appariva in insanabile contrasto con gli atti e con i presupposti stessi della istanza presentata dal -OMISSIS-;
invero, fermo l’elevato tasso di discrezionalità tecnica di cui gode il Comitato di verifica, il giudizio espresso deve pur sempre essere aderente alla situazione di fatto prospettata e documentata dal dipendente e deve essere logicamente accettabile. Invece, nella fattispecie il parere comitale non aveva tenuto conto di dati di comune esperienza (quale quello che le situazioni lavorative vissute dal -OMISSIS- negli ultimi anni della carriera fossero suscettibili di ingenerare situazioni di forte stress, con possibili risvolti patologici) integrando in tal modo un grave vizio istruttorio del che ne inficiava la legittimità.

L’Amministrazione, chiamata a rinnovare le attività istruttorie, con decreto del Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari - Carabinieri - n. 11/2021 - posizione -OMISSIS-, datato 15.04.2021, reso sulla base del parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio n. 550262020, confermava il precedente diniego, asserendo, sulla base del rinnovato conforme parere del Comitato di verifica, che: a) il lasso di tempo intercorso fra la vicenda sopra narrata e la prima diagnosi della patologia pari a circa tre anni escluderebbe il nesso causale;
b) che l’amministrazione avrebbe agito correttamente e tempestivamente revocando la sospensione dal servizio dopo solo 18 giorni dalla notizia della archiviazione;
c) che non sussisterebbero disagi di particolare intensità idonei ad ingenerare la malattia dovuta invece ad una predisposizione individuale.

Avverso il nuovo diniego di riconoscimento della causa di servizio le due eredi del -OMISSIS- proponevano ricorso per ottemperanza ai sensi dell’art. 114 c.p.a. , a fronte del quale il TAR per la -OMISSIS-, Sezione I, con la sentenza n. -OMISSIS- del 22 settembre 2021 (qui impugnata), così disponeva: a ) dichiara la nullità degli atti impugnati;
b) accerta la sussistenza della causa di servizio per la patologia di cui al ricorso;
c) ordina al Ministero intimato di adottare tutti i provvedimenti consequenziali entro 60 giorni dalla comunicazione o notifica della presente sentenza;
d) condanna il Ministero intimato alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 3.500 oltre IVA e c.p.a. .

A fondamento della decisione il giudice dell’ottemperanza esponeva che il nuovo parere reso dal comitato era incorso nel medesimo vizio istruttorio già stigmatizzato nella sentenza di cui si era chiesta l’esecuzione, basandosi su una ricostruzione del fatto carente e difforme da quella che emergeva dalla documentazione del fascicolo. Infatti: -non rispondeva a verità che la situazione conflittuale si era velocemente conclusa una volta intervenuto il decreto di archiviazione, atteso che ancora per mesi i superiori gerarchici del -OMISSIS-, dopo la sua riammissione in servizio, avevano continuato ad ipotizzare ai fini disciplinari la sussistenza di indagini per il reato di minaccia grave per il quale la Procura non lo aveva mai iscritto nel registro degli indagati;
-nemmeno era vero che le prime manifestazioni della patologia risalivano al marzo 2008, essendo intervenuto in tale data solo il primo riconoscimento ufficiale della malattia, la cui insorgenza, sulla scorta della documentazione in atti (attestante uno stato ansioso depressivo riscontrato nel corso di una visita specialistica effettuata nel dicembre 2017) si collocava invece in un momento anteriore, la cui distanza temporale dagli episodi scatenanti non era quindi di tre anni, ma di circa 11 mesi (assumendosi che la definitiva chiusura della indagine interna sulla presunta minaccia grave si era conclusa il 13 gennaio 2006) durante i quali peraltro il -OMISSIS- aveva già cominciato a soffrire di ipertensione;
-infine, anche la possibile rilevanza causale della vicenda lavorativa che ha interessato l’Agente è stata nuovamente esclusa dal Comitato in modo del tutto apodittico utilizzando le stesse stereotipe espressioni che il Tribunale aveva considerato del tutto insufficienti ad escludere la sussistenza del nesso eziologico.

Di fronte a ciò, giudicato dal TAR come “palese violazione del giudicato”, quel Collegio, in applicazione del principio del c.d. one shot temperato (in base al quale, qualora la risposta negativa data dall’Amministrazione ad una istanza del privato sia stata ripetutamente annullata per due volte consecutive per vizio di motivazione, non è consentito all’Amministrazione medesima di tornare a provvedere in modo sfavorevole per l’ennesima volta, dovendosi ritenere il suo potere discrezionale definitivamente consumato (cfr., TAR -OMISSIS- sez. I, 15/06/2021, n. 917 con richiami di giurisprudenza). Sicché, nel ritenuto esercizio dei poteri propri del giudizio di ottemperanza, il TAR provvedeva direttamente a dichiarare nel caso di specie come riconosciuta la causa di servizio sostituendosi al Comitato centrale di verifica.

Avverso tale pronuncia proponeva appello l’Amministrazione lamentando: -violazione e falsa applicazione del d.p.r. 461/2001 (in particolare artt. 10, 11 e 14);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 29 e 112 c.p.a.;
-erronea valutazione degli atti di causa – invasione della sfera discrezionale dell’amministrazione – straripamento del potere giurisdizionale – illogicità – incoerenza;
-difetto di legittimazione passiva. Invero, l’accertamento del nesso eziologico tra l’attività lavorativa svolta dal dipendente e l’infermità sofferta è attribuito, in via esclusiva, al Comitato di verifica per le cause di servizio, ex art. 11, comma 1, del d.P.R. n. 461/2001;
inoltre, l’art. 14 del medesimo d.P.R. ha escluso la possibilità per l’Amministrazione di discostarsi dal parere dell’Organo consultivo (C.V.C.S.), rendendone il giudizio non solo obbligatorio, ma anche vincolante. Il TAR invece, partendo dall’erroneo presupposto della sussistenza, nella fattispecie, del nesso eziologico tra attività lavorativa ed infermità sofferta, e ritenendo che ciò costituisse un dato di comune esperienza che non necessitava di particolare dimostrazione, ha affermato che il Comitato era incorso nel medesimo vizio istruttorio già stigmatizzato nella sentenza TAR n. -OMISSIS-/2020. Invece, nella fattispecie non esiste alcun dato di comune esperienza che non necessita di dimostrazione e, al contrario, il T.A.R. ha confuso l’attività di servizio con la sottoposizione all’indagine in sede penale. Il Comitato di verifica, anche con il parere in data 09.02.2021, ha escluso la dipendenza da causa di servizio dell’infermità sofferta dal -OMISSIS- prendendo in esame l’intera vicenda lavorativa dell’interessato (senza alcuna esclusione circa la possibile rilevanza causale) ed ha ritenuto non presenti disagi di particolare intensità né elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali, sotto il profilo concausale efficiente e determinante, tenuto conto della peculiare natura della patologia di cui trattasi;
del resto, la sospensione cautelare nel complesso sarebbe durata appena 18 giorni e successivamente non c’è stata da parte dell’Amministrazione alcuna sanzione disciplinare, né alcun altro provvedimento negativo, neanche di sospensione ai fini disciplinari. Si contestava inoltre il principio del one shot temperato, applicato dal T.A.R. e si affermava che il parere in questione ha natura discrezionale, con conseguente insindacabilità nel merito in sede di giurisdizione generale di legittimità, essendo rilevabili solo i noti vizi di manifesta illogicità ed irrazionalità e di travisamento dei fatti (sentenze Consiglio di Stato - Sez. III - n. 3878 del 16/04/2015 e n. 3038 del 04/06/2015). Per giunta, la sentenza in questione è stata comunque erroneamente resa quantomeno nei confronti del Ministero delle Politiche Agricole che è del tutto estraneo al contestato rapporto.

Si costituivano dinanzi al Consiglio di Stato le appellate deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendo in subordine la nomina di un commissario ad acta .

Sulle difese e conclusioni in atti, la controversia è stata decisa all’esito della camera di consiglio del 29 marzo 2022.

DIRITTO

L’appello è infondato.

Giova considerare preliminarmente che non può trovare accoglimento l’eccezione relativa al preteso difetto di legittimazione passiva del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, discutendosi di ottemperanza di sentenza resa proprio nei confronti di quel Ministero che, costituitosi nel relativo giudizio, non ha eccepito alcunché al riguardo. Peraltro, il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato presso l’Avvocatura generale dello Stato, ai sensi dell'art. 4 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, e dell'art. 55 della legge 19 giugno 2009, n. 69, è stato rivolto sia nei confronti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sia verso il Corpo Forestale dello Stato-ora Ministero della Difesa-Arma dei Carabinieri- -OMISSIS-, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore .

Quanto al tema dei limiti del potere del giudice dell’ottemperanza, giova considerare che l’art. 7, comma 6, cod. proc. amm. prevede che “il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie indicate dalla legge e dall’articolo 134. Nell’esercizio di tale giurisdizione il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione”;
l’art. 134, a sua volta, stabilisce che “il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto (…) l’attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato nell’ambito del giudizio di cui al Titolo I del Libro IV;
la giurisprudenza ha ritenuto applicabile nell’ordinamento amministrativo italiano il principio del “ one shot temperato ” secondo il quale l’Amministrazione, dopo aver subito l’annullamento di un proprio atto, può rinnovarlo una sola volta, riesaminando l’affare nella sua interezza e sollevando, una volta per tutte, qualsivoglia questione che si ritenga rilevante, senza potere in seguito tornare a decidere sfavorevolmente, neppure in relazione a profili non ancora esaminati;
in tal modo, anche in sede di giudizio di ottemperanza, il giudice potrà esaminare la vicenda da un punto di vista complessivo, quindi anche sostanziale, se l’Amministrazione, in seguito ad un primo annullamento per ragioni procedimentali, ha negato nuovamente la pretesa del ricorrente reiterando delle illegittimità di tipo formale. In tali frangenti non vi sarà alcun limite all’intervento del giudice, che potrà verificare direttamente se il bene della vita spetti o meno al ricorrente, a prescindere da quanto posto in essere dall’Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, III, 14 febbraio 2017, n. 660;
in generale, sui poteri del giudice dell’ottemperanza, Cassazione, SS.UU., 6 novembre 2017, n. 26259).

Invero, la speciale giurisdizione di ottemperanza attribuita al giudice amministrativo presenta caratteri peculiari in virtù dei quali non è esclusa l’ingerenza del giudice nel merito dell’agire della pubblica amministrazione, giacché al medesimo giudice è espressamente attribuito un potere di giurisdizione anche di merito (art. 7 cod. proc. amm., comma 6, e art. 134 cod. proc. amm.), con possibilità non solo di "sostituirsi all'amministrazione" (art. 7, comma 6, cod. proc. amm.,) nominando, ove occorra, un commissario ad acta a norma dell'art. 114, comma 4, lett. d), cod.proc.amm., ma anche di procedere alla "determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo" ed alla "emanazione dello stesso in luogo dell'amministrazione" (art. 114, comma 4, lett. a), cod. proc. amm.);
(cfr., Cass., sez. un., 2 febbraio 2015, 1823). Va rimarcato, in particolare, che l’art. 114 cod. proc. amm., per un verso, non limita il potere di emanazione diretta del provvedimento amministrativo interamente satisfattorio ai soli casi di attività vincolata della pubblica amministrazione, dall'altro, rimette al giudice amministrativo il potere di decidere, in relazione alla particolarità della fattispecie concreta, se adottare esso, nel caso di persistente inadempimento, le misure più idonee ad assicurare l'attuazione del giudicato anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento o l'emanazione dello stesso al posto dell'amministrazione ovvero se nominare un commissario ad acta .

Nel caso di specie, il giudice di primo grado ha ampiamente espresso le ragioni per le quali ha adottato il proprio provvedimento, evocando l’applicazione nel nostro ordinamento della teorica del c.d. one shot temperato per la quale, ad evitare che l’amministrazione possa riprovvedere per un numero infinito di volte ad ogni annullamento in sede giurisdizionale, è dovere della pubblica amministrazione riesaminare una seconda volta l’affare nella sua interezza, sollevando tutte le questioni rilevanti, con definitiva preclusione (per l’avvenire, e, in sostanza, per una terza volta) di tornare a decidere sfavorevolmente per il privato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 ottobre 2016, n. 4421, nonché Adunanza plenaria, 15 gennaio 2013, n. 2).

La ricostruzione accolta dal TAR, condivisa da questo Collegio, costituisce il punto di equilibrio tra due opposte esigenze, quali la garanzia di inesauribilità del potere di amministrazione attiva e la portata cogente del giudicato di annullamento con i suoi effetti conformativi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 31 ottobre 2016, n. 4568;
IV 11 febbraio 2013, n. 769).

In ragione dell’impostazione accolta, l’Amministrazione ben poteva e doveva, successivamente al giudicato intervenuto sulla sentenza del TAR n. -OMISSIS- del 2020, esercitare nuovamente il suo potere discrezionale, ma ciò era tenuta a fare in maniera conforme alle -oramai definitive- statuizioni del TAR in merito all’insanabile contrasto rilevato tra l'affermazione dell'organo centrale in ordine alla assenza di fattori di servizio potenzialmente incidenti sulla insorgenza del disturbo rispetto agli atti e ai presupposti stessi della istanza presentata dal -OMISSIS-;
infatti, evidente (“… costituisce un dato di comune esperienza che non necessita di particolare dimostrazione… ”) era apparsa, al TAR che ha pronunciato l’annullamento, la ricorrenza, negli ultimi anni della carriera del -OMISSIS-, di penose situazioni lavorative, come pure la loro capacità di ingenerare situazioni di forte stress con possibili risvolti patologici;
e, non avere tenuto conto di ciò ai fini del giudizio sulla dipendenza da causa di servizio, ha costituito in prima battuta un grave vizio istruttorio del primo parere comitale e poi, in occasione del secondo parere, una palese violazione del giudicato, per le ragioni già esposte sopra nell’ambito della ricostruzione del fatto ( e cioè: - l’accertata protrazione, per un tempo considerevole, della situazione conflittuale in ufficio, ben oltre l’intervento del decreto di archiviazione e della riammissione del -OMISSIS- in servizio;
- la collocazione delle prime manifestazioni della patologia a pochi mesi di distanza dai fatti generativi della condizione stressante;
- l’asserita esclusione di ogni possibile rilevanza causale della vicenda lavorativa sulla base delle “ stesse stereotipe espressioni che il Tribunale aveva considerato del tutto insufficienti ad escludere la sussistenza del nesso eziologico ”).

L’appello va dunque respinto, apparendo la pronuncia impugnata conforme ai condivisi orientamenti in tema di poteri del giudice dell’ottemperanza e fondata su argomentazione esente da vizi logici o travisamenti del fatto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano al dispositivo.

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