Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-07-01, n. 201503256

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-07-01, n. 201503256
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503256
Data del deposito : 1 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10136/2014 REG.RIC.

N. 03256/2015REG.PROV.COLL.

N. 10136/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10136 del 2014, proposto da:
A G, A A, rappresentati e difesi dagli avv.ti I M, V A, con domicilio eletto presso Stefano Isidori in Roma, Via degli Appennini, 46;

contro

Comune di Vico Equense, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. G P, con domicilio eletto presso P Tortora in Roma, Via Silvestro II, N. 21;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania - Napoli: Sezione V n. 04982/2014, resa tra le parti, concernente decreto di esproprio relativo al progetto dei lavori di ampliamento della via comunale Bell'Alba.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vico Equense;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2015 il Cons. N R e uditi per le parti gli avvocati Lirosi (su delega di Parascandolo) e Isidoro Isidori (su delega di Matrone e di Attanasio);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso in appello n.r.g. 10136/2014, i sigg.ri Giocondo Antonio e Attanasio Agata impugnano la sentenza n. 4982/2014 del TAR Campania, che ha rigettato il ricorso di primo grado dai medesimi proposto avverso il decreto di esproprio adottato per la realizzazione dei lavori di ampliamento della via comunale Bell’Alba, l’avviso di immissione nel possesso e le presupposte delibere di G.C. di approvazione del progetto preliminare e di riapprovazione del progetto definitivo.

La sentenza impugnata ha respinto il ricorso ritenendo legittimo l’operato del Comune di Vico Equense ed in ogni caso tardiva l’impugnazione delle delibere della Giunta Comunale di dichiarazione di pubblica utilità delle aree interessate dai lavori pubblici, in quanto atti immediatamente lesivi della sfera giuridica dei ricorrenti e non suscettibili di impugnazione differita e congiunta al decreto definitivo di esproprio.

I sigg.ri Giocondo e Attanasio lamentano l’erroneità della sentenza, formulando le seguenti censure.

Con il primo motivo di appello deducono “Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione. Irragionevolezza manifesta. Difetto del presupposto. Violazione dell’art. 12 comma 3 DPR 327/01. In via gradata: questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 24 della Costituzione nell’interpretazione fornita dal G.A. di primo grado e/o questione di pregiudizialità con rinvio degli atti alla Corte di Giustizia Europea ex art. 267 TCE”.

Lamentano gli appellanti la mancata apposizione da parte del Comune del vincolo preordinato all’esproprio, quale presupposto indefettibile ai fini della procedura espropriativa.

Nel caso di specie l’Amministrazione si sarebbe limitata ad approvare il progetto preliminare e definitivo dei lavori con contestuale impegno di spesa e successiva dichiarazione di pubblica utilità senza variare la destinazione urbanistica dell’area de qua .

La sentenza di primo grado sarebbe sul punto erronea, in quanto pur avendo ritenuto che il Comune avesse adottato un atto applicativo del vincolo preordinato all’esproprio, non lo individua o indica espressamente, lasciando l’incertezza su quale sia tale atto.

In ogni caso il Comune non avrebbe seguito la procedura necessaria affinché l’approvazione della progettazione preliminare e/o definitiva possa considerarsi variante allo strumento urbanistico.

Il TAR, quindi, avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il vincolo preordinato all’esproprio che, invece, non sarebbe mai stato adottato dal Comune, sicché l’eventuale conferma di tale statuizione comporterebbe la violazione dell’art. 24 Cost. e del Trattato UE, violazione che giustificherebbe la sollevazione della questione di legittimità costituzionale, nonché il rinvio degli atti alla CGUE.

Secondariamente gli appellanti si dolgono della violazione del DPR n. 327/01 e del manifesto difetto di motivazione della sentenza appellata.

La sentenza del TAR avrebbe erroneamente considerato come idonea ai fini dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio la delibera della Giunta Comunale n. 174/2009, con il quale è stato riapprovato il progetto relativo all’opera pubblica.

In particolare il progetto non potrebbe considerarsi come atto legittimo ai fini dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, in quanto non sarebbe stato approvato dal Consiglio Comunale, né sarebbe stato inviato alla Regione o all’ente delegato, non avrebbe avuto alcuna approvazione da tale ultimo ente e non ne sarebbe stata disposta l’efficacia con altra delibera del consiglio comunale.

Con terzo motivo di gravame gli appellanti deducono il Difetto assoluto di motivazione della sentenza circa la violazione degli artt. 11 e 19 del DPR 327/01. Error in iudicando . Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della Legge 241/90. Violazione del principio del contraddittorio.

L’Amministrazione avrebbe omesso di notificare l’avviso di avvio del procedimento inerente il vincolo preordinato all’esproprio, senza che possa considerarsi utile a tal fine la comunicazione dell’avvio del procedimento di approvazione del progetto definitivo – come, invece, affermato dalla sentenza di primo grado – in quanto la delibera della Giunta Comunale con il quale è stato approvato non avrebbe in requisiti di legge per essere considerata valida ai fini dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.

Gli appellanti, infine, ripropongono ai sensi dell’art. 101 c.p.a. i motivi di cui al paragrafo 6 del ricorso di primo grado, sui quali il giudice di prime cure non si è pronunciato.

Unitamente all’atto di appello è stata proposta domanda di sospensione cautelare della sentenza impugnata.

Con tempestiva memoria si è costituito il Comune di Vico Equense, che contesta tutto quanto dedotto da parte avversa, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

Preliminarmente il Comune eccepisce la formazione del giudicato sul difetto di legittimazione attiva degli appellanti per le particelle nn. 463, 465 e 466 rispetto alle quali è stata accertata la proprietà di terzi, così come da sentenza di primo grado.

Nel merito del gravame, l’Amministrazione precisa che non sarebbe stata necessaria l’adozione di un vincolo preordinato all’esproprio, in quanto sull’area interessata dai lavori ricadeva un vincolo conformativo di cui all’art. 76 N.T.A. del P.R.G., in conformità al quale è stato dato inizio alla realizzazione dell’opera pubblica.

Peraltro, tale opera avrebbe ad oggetto una via la cui appartenenza al patrimonio comunale sarebbe indiscussa e inserita nell’elenco delle strade vicinali, giusta Delibera GC n. 31/1965.

Il progetto in esame, approvato con delibera G.C. n. 174/2009 riguarderebbe, dunque, un mero adeguamento della strada alle norme di sicurezza in tema di circolazione stradale e la sua adozione sarebbe avvenuta in piena conformità con le N.T.A. del P.R.G., quest’ultimo divenuto esecutivo a mezzo della pubblicazione del Decreto del Presidente della Provincia di Napoli n. 1302 del 03.09.2003 sul BURC della Regione Campania n. 49 del 20.10.2003.

Quest’ultimo atto non è stato oggetto di apposita e tempestiva impugnazione e, pertanto, sarebbe immune da ogni censura.

In ogni caso i vincoli apposti sulle aree de quibus avrebbero natura conformativa, in quanto destinati alla realizzazione di opere viarie, di tal ché non sarebbero soggetti a scadenze temporali e a reiterazione.

I ricorrenti, quindi, non avrebbero alcun interesse ad impugnare gli atti in oggetto in quanto manterrebbe efficacia il vincolo conformativo apposto sulle aree dal Comune in sede pianificatoria ed attuato con l’approvazione del progetto definitivo.

I vizi fatti valere dagli appellanti, peraltro, non sarebbero relativi al decreto di esproprio n. 1/13, ma afferenti alla pregressa attività amministrativa, volta a dichiarare la pubblica utilità dell’opera (i.e. Delibera Giunta Comunale n. 174/2009) anch’essa rimasta esente da ogni tipo di censura e ricorso, che oggi si presenterebbe, pertanto, tardivo.

L’amministrazione, infine, ribadisce la legittimità del procedimento di adozione del progetto definitivo, in quanto preceduto da apposita comunicazione e soggetto ad adeguata partecipazione procedimentale.

Con ordinanza n. 100/2015, questo Collegio ha accolto l’istanza cautelare ai soli fini della fissazione dell’udienza di merito.

Alla pubblica udienza del 26 maggio 2015 l’appello è stato discusso e trattenuto in decisione.

DIRITTO

Viene in decisione l’appello n.r.g. 10136/2014, con il quale i sigg.ri Giocondo e Attanasio chiedono, in riforma della sentenza n. 4982/2014 del TAR Campania, l’annullamento del decreto di esproprio adottato per la realizzazione dei lavori di ampliamento della via comunale Bell’Alba, l’avviso di immissione nel possesso e le presupposte delibere di G.C. di approvazione del progetto preliminare e di riapprovazione del progetto definitivo.

L’appello è infondato e deve essere respinto.

Deve preliminarmente rilevarsi l’omessa impugnazione del capo della decisione con cui è stato dichiarato il difetto di legittimazione attiva circa le particelle nn. 463, 465, e 466, per accertata appartenenza a terzi, il che implica l’avvenuto passaggio in giudicato della relativa statuizione per acquiescenza tacita ai sensi dell’art.329, comma 2, c.p.c.

Nel merito, gli appellanti si dolgono della non conformità urbanistica per la realizzazione dell’opera dell’area interessata. Il suolo sul quale l’Amministrazione intende realizzare l’opera non risulterebbe, infatti, destinato a pubblici servizi nello strumento urbanistico vigente, per cui ogni intervento ablatorio dovrebbe essere necessariamente preceduto dall’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio, in mancanza del quale non potrebbe esservi dichiarazione di pubblica utilità.

Il motivo è infondato.

Come già correttamente evidenziato dal giudice di prime cure, l’opera de qua concerne l’ampliamento di una strada comunale inserita nell’elenco delle strade vicinali ai sensi della Delibera di G.C. n. 31 del 25.03.1965.

Successivamente con Delibera G.C. n. 174/2009 è stato approvato il progetto per l’adeguamento di tale strada, in conformità con le previsioni contenute nelle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Vico Equense, divenuto esecutivo tramite la pubblicazione dell’estratto del Decreto del Presidente della Provincia di Napoli n. 1302 del 03.09.2003 sul BURC della Regione Campania n. 49 del 20.10.2003.

L’art. 76 delle N.T.A. prevede, al comma 3, che la viabilità veicolare è assoggettabile ad interventi di riqualificazione miranti a regolarizzare il tracciato e la sezione nei limiti delle disposizioni del P.U.T.

Il comma 5 del medesimo articolo prevede che, per la viabilità minore, come quella di specie, evidenziata nelle tavole del PRG quali stradi di tipo F, la nuova viabilità e quella esistente individuate dal PUT saranno realizzate e adeguate alle dimensioni da esso fissate, qualora non fossero soddisfatte, pari ad una lunghezza massima di tre metri.

Inoltre, il comma 7 dell’art.76 stabilisce che le indicazioni contenute nella cartografia di P.R.G non hanno valore strettamente prescrittivo, in quanto l’esatto andamento e le dimensioni di tali opere saranno definite in sede del relativo progetto.

Da tali norme, il TAR ha correttamente ricavato la conformità allo strumento urbanistico generale della realizzazione di opere dirette a regolarizzare il tracciato e la sezione delle strade comunali.

Costituisce, infatti, orientamento pacifico che non ogni vincolo posto alla proprietà privata dallo strumento urbanistico generale ha carattere espropriativo e soggetto alla relativa disciplina.

Tra gli strumenti dedicati all’attuazione della pianificazione urbanistica si distingue, infatti, tra vincoli espropriativi e vincoli conformativi, secondo una linea di discrimine che ha un preciso fondamento costituzionale, in quanto l’art. 42 Cost. prevede separatamente l’espropriazione (terzo comma) e i limiti che la legge può imporre alla proprietà al fine di assicurarne la funzione sociale (secondo comma).

Per meglio dire, i vincoli espropriativi, che sono soggetti alla scadenza quinquennale, concernono beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può quindi coesistere con la proprietà privata. Non può invece attribuirsi carattere ablatorio ai vincoli che regolano la proprietà privata al perseguimento di obiettivi di interesse generale, quali il vincolo di inedificabilità, c.d. “di rispetto”, a tutela di una strada esistente, a verde attrezzato, a parco, a zona agricola di pregio, verde, ecc. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 2010, n 8531;
Id., Sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9772;
Id., Sez. IV, 13 luglio 2011, n. 4242;
Id., Sez. IV, 19 gennaio 2012, n. 244;
ivi riferimenti ulteriori).

In particolare, i cosiddetti vincoli conformativi sono quei vincoli alla proprietà privata che incidono su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione assolta dalla intera zona in cui questi ricadono e delle sue caratteristiche intrinseche, o del rapporto con un’opera pubblica, quali, ad esempio, per quanto in questa sede rileva, le destinazioni a viabilità.

Questi, pertanto, fotografando il normale modo di essere del bene, senza incidere sulla vocazione edificatoria dello stesso, non sono soggetti a scadenze temporali o a necessarie reiterazioni.

Non può, inoltre, non constatarsi, in adesione alle eccezioni sollevate dall’Amministrazione, come i vizi denunciati, benché formalmente rivolti avverso al decreto di esproprio impugnato, abbiano ad oggetto vizi relativi agli atti presupposti della procedura espropriativa.

Gli appellanti, infatti, lamentano la mancata adozione del vincolo preordinato all’esproprio, in quanto il procedimento di approvazione della progettazione dei lavori, a causa della sua illegittimità, non costituirebbe idonea dichiarazione di pubblica utilità. In particolare, a parere degli appellanti, il progetto non potrebbe considerarsi come atto legittimo ai fini dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, in quanto non sarebbe stato approvato dal Consiglio Comunale, né sarebbe stato inviato alla Regione o all’ente delegato, non avrebbe avuto alcuna approvazione da tale ultimo ente e non ne sarebbe stata disposta l’efficacia con altra delibera del consiglio comunale.

Tali vizi attengono più propriamente la pregressa fase di approvazione del progetto definitivo dei lavori per l’adeguamento dell’opera viaria, attraverso il quale è stata dichiarata la pubblica utilità dell’opera e determinata l’indennità di esproprio.

Come correttamente rilevato dalla sentenza del TAR l’ iter procedimentale de quo è stato scandito da una serie di fasi endoprocedimentali che hanno coinvolto gli interessati fin dalla sua fase iniziale.

L’Amministrazione comunale, infatti, con nota prot. del 07.04.2008 ha comunicato l’avvio del procedimento finalizzato all’approvazione del progetto definitivo, garantendo il diritto alla partecipazione al procedimento, fin dall’adozione del progetto preliminare, di cui alla delibera n. 406 del 09.11.2007, nonché di partecipare all’adozione del primo progetto definitivo, attivato ai soli fini dell’attivazione della procedura per il finanziamento dell’opera, di cui alla delibera G.C. n. 421/2007.

Successivamente la stessa Amministrazione con la nota prot. n. 24307/2010, notificata in data 10-17.09.2010, ha dato legale ed effettiva conoscenza della Delibera di Giunta Comunale n. 174/2009, con la quale è stata dichiarata la pubblica utilità dell’opera e determinata l’indennità di esproprio.

Gli appellanti avrebbero dovuto proporre tempestiva impugnazione di tale Delibera, in quanto non è un atto meramente preparatorio, da impugnare unitamente al decreto di occupazione d’urgenza, bensì un provvedimento autonomo ed immediatamente lesivo, poiché assoggetta concretamente ed immediatamente all’espropriazione i beni individuati come occorrenti alla realizzazione dell’opera pubblica: ed esso, pertanto, deve essere impugnato nel termine di decadenza decorrente dalla notifica o, in mancanza, dalla sua conoscenza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sent. 25 marzo 2011 n. 1859).

In tal senso il decreto di esproprio conclusivo della procedura, non svolgendo (a differenza degli atti terminali delle procedure concorsuali) un ruolo approvativo di tali pregressi provvedimenti, non può consentire, esso, la deduzione, per la prima volta, di censure – ormai divenuti tardive – rivolte in realtà avverso atti presupposti di apposizione del vincolo o di approvazione del progetto, che siano divenuti ormai inoppugnabili (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. 16 marzo 2010, n. 1540).

Qualora sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l’omessa o tardiva impugnazione dell’atto presupposto rende, infatti, inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l’atto consequenziale, ove non emerga la deduzione di vizi propri che possano connotare un’autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. 5 dicembre 2014, n. 6012).

Le censure volte a far valere i vizi di un provvedimento presupposto non impugnato sono inammissibili;
infatti, giacché, da un lato, non è ammessa la disapplicazione incidentale degli atti presupposti non aventi natura normativa e, dall’altro, nessuna utilità sarebbe ritraibile dall’accoglimento di quelle censure, stante la perdurante efficacia dell’atto medesimo, reso intangibile dalla mancata tempestiva impugnazione.

La mancata impugnazione nei termini di legge della Delibera di approvazione del progetto definitivo, con la quale l’Amministrazione ha dichiarato la pubblica utilità dell’opera, assoggettando i beni individuati alla procedura espropriativa, ha consolidato gli effetti di tali atti, i quali non sono più suscettibili di impugnazione e annullamento.

Devono essere respinti in quanto infondati anche gli ulteriori motivi di gravame.

Sulla violazione del principio del contraddittorio per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento inerente il vincolo preordinato all’esproprio, si osserva che l’Amministrazione ha provveduto a comunicare alle parti l’avvio del procedimento finalizzato all’adozione del progetto definitivo con nota prot. n. 10118 del 7.04.2008, quale atto idoneo all’adozione della variante allo strumento urbanistico ex art. 19, comma 2, D.P.R. n. 327/2001.

Con riferimento all’ultimo motivo di ricorso relativo al difetto di motivazione della sentenza impugnata, esso è inammissibile oltre che infondato.

Nel giudizio di appello, volto a contestare le statuizioni della sentenza di primo grado, deve essere fatta specifica menzione dei motivi di gravame, senza la possibilità di effettuare un mero richiamo per relationem agli atti di primo grado.

Ai sensi dell’art. 101 c.p.a., infatti, l’atto di appello deve contenere le specifiche censure avverso la sentenza impugnata ed è, quindi, inammissibile il mero richiamo alle censure prospettate con il ricorso di primo grado.

Né il mero richiamo appare giustificato da una asserita assenza di motivazione della sentenza impugnata, posto che la sentenza ha ampiamente motivato sulle presunte omissioni della procedura finalizzata all’espropriazione, accertando come sia stata caratterizzata dalla comunicazione agli interessati dell’avvio del procedimento, nonché dall’ampia partecipazione degli interessati medesimi.

Agli appellanti, infatti, è stata garantita la possibilità di presentare memorie e osservazioni, alle quali l’Amministrazione ha dato tempestiva e puntuale motivazione in ordine alle ragioni tecniche e di interesse pubblico ostative all’accoglimento delle medesime.

Alla luce delle considerazioni esposte, l’appello è infondato e deve essere respinto, con conseguente reiezione dello stesso e conferma della sentenza impugnata.

La particolare complessità della vicenda consente la compensazione tra le parti delle spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio.

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