Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-10-12, n. 202308895

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-10-12, n. 202308895
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308895
Data del deposito : 12 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/10/2023

N. 08895/2023REG.PROV.COLL.

N. 04378/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4378 del 2023, proposto da Aon S.p.a. Insurance &
Reinsurance Brokers, in persona del legale rappresentante pro tempore , in relazione alla procedura CIG 88177269AE, rappresentata e difesa dagli avvocati A C e Gianfranco D’Angelo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A C in Roma, via Principessa Clotilde, 2,

contro

la Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

nei confronti

- di M S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Elisabetta Parisi e Stefano Soncini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia, dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone, dell’Azienda Ospedaliera Pugliese - Ciaccio - Catanzaro, dell’Azienda Ospedaliero Universitaria - Mater Domini - Catanzaro, dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, Grande Ospedale Metropolitano - Bianchi Melacrino - Morelli - Reggio Calabria, del Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di Rientro dal disavanzo del Settore Sanitario della Regione Calabria, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 632/2023, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Calabria e di M S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2023, il Cons. Giovanni Tulumello e uditi per i procuratori delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza n. 632/2023 il T.A.R. della Calabria, sede di Catanzaro, ha respinto il ricorso, ed i connessi motivi aggiunti, proposti dall’odierna appellante contro il provvedimento di aggiudicazione (e contro i provvedimenti ad esso connessi) a M S.p.a. della “Procedura aperta, con modalità telematica, per l’affidamento del servizio di consulenza e assistenza assicurativa (brokeraggio) per le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Regione Calabria”.

L’indicata sentenza è stata impugnata con ricorso in appello dalla ricorrente in primo grado.

Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, la Regione Calabria e la controinteressata M S.p.a.

Le parti appellate hanno riproposto in appello l’eccezione d’inammissibilità dei motivi aggiunti di primo grado (dall’esame della quale può prescindersi, in ragione dell’infondatezza dei motivi di appello);
ed hanno altresì dedotto, infondatamente (dal momento che il gravame contiene specifici profili di critica alla sentenza appellata), la violazione dell’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., in ragione dell’asserito difetto di specificità dei motivi di appello rispetto alla sentenza di primo grado.

All’udienza camerale del 15 giugno 2023, fissata per l’esame della domanda cautelare, il ricorso è stato rinviato al merito, e definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 28 settembre 2023.

2. Il primo motivo di appello contesta il capo della sentenza gravata che ha respinto le censure relative al subprocedimento di anomalia dell’offerta.

Il mezzo, in particolare, poggia sul presupposto dell’asserita struttura (necessariamente) monofasica di tale subprocedimento, e deduce l’irritualità e l’illegittimità della condotta della stazione appaltante che ne avrebbe dilatato tempi e modi, chiedendo ulteriori chiarimenti a M: laddove a suo dire la conformità all’art. 97, comma 5, codice contratti esigerebbe che l’incompletezza delle giustificazioni prodotte debba implicare unicamente l’esclusione dell’offerta.

L’incompletezza dell’offerta, a dire dell’appellante, ne pregiudicherebbe la stessa ammissibilità, prima ancora di impedirne la congruità.

2.1. Se è vero che la giurisprudenza ha più volte affermato che l’articolo 97, comma 5, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, prevede per la verifica di anomalia dell’offerta una struttura “ monofasica ” del procedimento (e non più trifasica, cioè articolata in giustificativi, chiarimenti, contraddittorio, com’era, invece, nel regime disegnato dal previgente articolo 87, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), ciò implica unicamente che la norma, pur consentendo alla stazione appaltante di far luogo a ulteriori approfondimenti istruttori successivi alla presentazione delle “ spiegazioni ”, non introduce alcun obbligo in tal senso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2023, n. 4731;
id., sez. III, 11 maggio 2021, n. 3709 e 3710;
id., 1 febbraio 2021, n. 911;
id., sez. V, 28 gennaio 2019, n. 690;
cfr., in argomento, anche id., 29 marzo 2021, n. 2594).

In definitiva, la norma de qua è diretta a contemperare le fondamentali esigenze del contraddittorio con quelle di speditezza e celerità del subprocedimento di verifica di congruità delle offerte, e perciò non pone alcun obbligo a carico della stazione appaltante di richiedere chiarimenti ulteriori rispetto alle giustificazioni acquisite;
il che però non esclude che le cadenze della fase del contraddittorio abbiano lo scopo essenziale di acquisire dall’offerente la dimostrazione dell’affidabilità dell’offerta sottoposta a verifica, potendosi quindi sviluppare anche attraverso plurime interlocuzioni tra la stazione appaltante e l’offerente, fino al limite logico (e cronologico) costituito dal momento in cui il responsabile del procedimento ritenga di aver acquisito le informazioni e gli elementi sufficienti per la decisione circa l’affidabilità o meno dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 2021, n. 593).

In altri termini, la necessità di esperire ulteriori fasi di contraddittorio procedimentale si pone soltanto laddove la stazione appaltante non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia per non poter, in particolare, o ritenere insufficienti le giustificazioni presentate dal concorrente in relazione agli elementi di cui al comma 4 o accertare l’inadeguatezza complessiva (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 agosto 2020, n. 4973).

2.2. Nel caso di specie, risulta abbastanza evidente che il modo peculiare in cui si è articolata la fase di verifica – oltre che dalla genericità, quasi onnicomprensività, dell’originaria richiesta di spiegazioni (negata dall’appellante, ma senza argomenti convincenti), tale da imporre una successiva fase di ulteriore specificazione in contraddittorio – è dipeso anche dal dissenso emerso, su alcuni aspetti fondamentali dell’oggetto della verifica, tra la Commissione aggiudicatrice incaricata dell’interlocuzione con l’aggiudicataria e il RUP cui ex lege competono le determinazioni finali in ordine alla congruità o meno dell’offerta esaminata.

L’unico limite a siffatto modus procedendi , non potendo certo sindacarsi gli eventuali “dubbi” che possono indurre la stazione appaltante a prolungare la fase di contraddittorio in assenza di prova di un’evidente pretestuosità degli stessi, potrebbe essere costituito dal fatto che attraverso le successive interlocuzioni si addivenga a una modifica dell’offerta originaria (mai possibile in sede di verifica).

In relazione a tale profilo, tuttavia, osserva il Collegio che l’appellante non supporta adeguatamente l’affermazione (a pag. 12 del ricorso in appello) secondo cui attraverso le successive interlocuzioni sarebbe stato consentito all’aggiudicataria di “ produrre ex post le giustificazioni che la ditta avrebbe dovuto produrre […] nel termine indicato ”.

2.3. In definitiva, la censura risulta pertanto infondata con riguardo alla specifica fattispecie dedotta: premesso che l’Amministrazione può sempre acquisire fatti e interessi ai fini della decisione (con il solo limite sopra specificato), non è affatto documentato che le richieste di (ulteriori) dati conseguissero ad incompletezza iniziale delle giustificazioni (e dunque ad un fatto imputabile all’offerente), né che attraverso tali richieste si sia comunque pervenuti ad una modifica del contenuto dell’offerta.

In ogni caso il mezzo assume – infondatamente - che le ulteriori richieste di chiarimenti della stazione appaltante conseguirebbero ad una giustificazione originaria volutamente carente resa dall’aggiudicataria: il che non è, perché - come chiarito - tali ulteriori richieste non sono motivate in ragione di tale (asserito) difetto iniziale, ma con riferimento alla necessità della stessa stazione appaltante di approfondire ulteriormente alcune componenti dell’offerta.

Tale rilievo priva la censura del suo principale presupposto logico.

3. Il secondo motivo di appello contesta il capo della sentenza gravata che ha respinto le censure relative alle dedotte carenze motivazionali che affliggerebbero la valutazione di congruità espressa dal RUP, in relazione alla pretesa insostenibilità dei costi indicati dall’aggiudicataria.

Il mezzo concerne, in particolare, l’indicazione della presenza del personale dell’aggiudicataria presso la Regione e gli enti del S.S.R.: inizialmente priva di specificazione quanto ad un numero minimo, quindi integrata (rispetto all’offerta tecnica) con la specificazione numerica di 256 trasferte complessive.

In argomento il T.A.R. ha osservato che “ il Collegio condivide l’osservazione del R.U.P. in merito al fatto che la lex specialis, pur prevedendo che l’esecutore del servizio debba garantire la presenza di propri dipendenti presso le sedi degli enti della sanità calabrese su espressa richiesta di questi ultimi, non indicasse un numero fisso e predeterminato di prestazioni da rendere “in presenza” presso tali sedi. Di conseguenza, i singoli concorrenti in gara avevano piena facoltà di modulare la propria offerta, prevedendo un certo numero di prestazioni da rendere “da remoto” e un certo numero di prestazioni da rendere “in presenza”. Ciò comporta che, essendo stata ritenuta l’offerta tecnica di M S.p.A. conforme al capitolato di gara, la valutazione di congruità della stima dei costi vivi deve essere effettuata con riferimento al numero di trasferte ipotizzate da M S.p.A. nella sua offerta tecnica e non, invece, con riferimento ad un diverso numero di trasferte ipotizzato a posteriori dalla commissione, pena lo stravolgimento dell’oggetto della verifica della sostenibilità economica dell’offerta del concorrente ”.

3.1. L’appellante deduce in contrario che “ in nessuna parte della sua offerta tecnica M ha ipotizzato un numero minimo di trasferte del proprio personale che, quindi, diversamente da quanto presume il giudice di prime cure, non era affatto a disposizione né del RUP né della commissione giudicatrice allorquando costoro hanno espresso il proprio giudizio in ordine all’attendibilità dei costi stimati da M in relazione alle trasferte ”.

Il mezzo poi si sofferma a criticare l’idoneità e l’adeguatezza delle risorse indicate, deducendo l’avviso critico della Commissione sui costi delle trasferte (poi superato dal diverso avviso del RUP, oggetto di censura): ma l’avviso del RUP è motivato proprio sulla base della lettura del capitolato rispetto alla quale l’offerta di M è conforme.

Proprio in ragione di tale previsione “aperta” della legge di gara, appare del tutto conforme ad essa (e, dunque, non illogica né irragionevole) la giustificazione di M che, richiesta di farlo, ha stimato il numero delle trasferte in relazione al parametro costituito da contratti analoghi, ancorché in territori diversi dalla Calabria.

È pertanto ancora una volta strutturalmente inidoneo a superare le argomentate motivazioni del RUP, ritenute legittime in modo altrettanto argomentato dal primo giudice, quanto ribadito dall’appellante a pag. 23 del ricorso in appello: “ è innegabile che il capitolato speciale, all’art. 7, pur senza indicare una quantificazione precisa, richiedeva al concorrente di assicurare la presenza di personale in loco ”.

Allegare la (generica) necessità di una presenza in loco , non altrimenti o diversamente precisata dalla legge di gara (in quanto opportunamente esclusa da una rigida previsione organizzativa), è circostanza del tutto inidonea a dedurre l’incompletezza della formulazione dell’offerta tecnica, nonché la congruità della stessa in relazione ai costi delle trasferte, per il sol fatto che in origine non siano state analiticamente quantificate le stesse.

3.2. Tali profili di censura, tuttavia, risultano viziati da erroneità del presupposto interpretativo, dal momento che non superano il dirimente rilievo per cui l’offerta tecnica, secondo la legge di gara, non doveva contenere un “numero minimo di trasferte” del personale.

In argomento va osservato che è vero – come assume parte appellante (a pag. 24 dell’appello) – che, nonostante la legge di gara non quantificasse il numero delle trasferte necessarie per avere la presenza in loco del personale dell’aggiudicataria, in sede di verifica della congruità dell’offerta era necessario “ tradurre in termini economici ” l’impegno assunto dalla stessa ad assicurare la presenza del proprio personale “ a richiesta ”, oltre che per l’esecuzione di numerose attività.

Tale rilievo fa emergere una carenza originaria della disciplina di gara.

Se pure la stazione appaltante aveva scelto di non quantificare ex ante il numero minimo di trasferte richieste, ciò avrebbe potuto fare ex post , individuando un dato sul quale parametrare la congruità dei costi all’uopo indicati dall’aggiudicataria.

Nessuno meglio della stazione appaltante poteva infatti conoscere – anche sulla base di dati desunti dall’esperienza pregressa – con quale frequenza e per quali ragioni avrebbe potuto richiedere la presenza in loco del personale dell’aggiudicataria, sicché se non nella disciplina dei contenuti dell’offerta almeno in fase di valutazione della sua congruità sarebbe stato opportuno l’impiego di un dato parametrico oggettivo, corrispondente alle esigenze delle AA.SS.LL. destinatarie del servizio.

In assenza di ciò, risultano certamente arbitrarie non solo la quantificazione operata dalla Commissione (in termini di una al mese) del numero minimo di trasferte necessarie ma anche – in realtà – qualsiasi altra quantificazione;
il risultato pertanto non poteva che essere, come in fatto avvenuto, che la congruità dei costi delle trasferte sia stata valutata in termini generici e “in assoluto”, con giudizio finale di congruità che non può che essere immune da censure (anche riguardo agli elementi su cui si fonda, ossia i dati di bilancio dell’aggiudicataria): nel senso che qualunque parametro di determinazione del numero e delle modalità delle trasferte, compresi quelli impiegati dall’odierna appellante, finisce per essere evanescente e in definitiva arbitrario ove l’indicazione fornita dall’aggiudicataria sia, come nel caso di specie, non illogica né irragionevole.

3.3. Deduce ancora l’appellante che le valutazioni del RUP sarebbero ulteriormente viziate dal fatto di non aver tenuto conto della presenza o meno “ di uffici secondari nei territori in cui opera ”.

Contesta inoltre quanto valorizzato dal T.A.R. nel senso della ragionevolezza e logicità delle giustificazioni dell’aggiudicataria, laddove la sentenza gravata ha ritenuto “ plausibile quanto riferito da M S.p.a., in merito al fatto che i suoi dipendenti potranno effettuare più accessi presso enti diversi (o anche presso clienti diversi) nel corso di una medesima trasferta. Il costo di una singola trasferta verrebbe, quindi, “spalmato” su più prestazioni della medesima commessa, ovvero tra più commesse ”.

La contestazione dell’appellante sul punto però, oltre a risultare generica, si risolve (anche in ragione del già evidenziato connotato strutturale della disciplina di gara) in un tentativo di sostituire il merito della valutazione della stazione appaltante e del primo giudice con la propria: e comunque sconta il limite già segnalato al punto precedente.

3.4. Sempre nel contesto del secondo motivo di appello si contesta la ritenuta tardività da parte di M dell’indicazione dei costi del subappalto ( recte : della produzione della relativa documentazione), eseguita solo in giudizio.

Si lamenta inoltre l’asserita genericità di tale documentazione, e in particolare dei preventivi prodotti in giudizio.

Conclude l’appellante nel senso che non sarebbe “ stata dimostrata la sostenibilità dei costi del subappalto ”.

Il mezzo ad avviso del Collegio è infondato.

Se è vero che in giurisprudenza si è affermato che il mero ricorso al subappalto non può essere invocato, di per sé, quale elemento di giustificazione dell’offerta anomala, traducendosi in un sostanziale trasferimento dell’anomalia sul subappaltatore, la cui offerta si sottrae peraltro al vaglio della Commissione di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 marzo 2018, n. 1500), ciò si è fatto in relazione a fattispecie nelle quali il subappalto veniva addotto dal concorrente a giustificazione di specifici profili di incongruità della propria offerta economica, in particolare afferenti a inadeguatezza dei costi della manodopera.

Nulla di tutto ciò risulta avvenuto nel caso di specie, laddove nella propria offerta originaria l’aggiudicataria aveva omesso di specificare i costi delle attività che avrebbe “esternalizzato”, e li ha poi indicati quando le sono stati richiesti in fase di verifica;
dopo di che, poiché la stazione appaltante ha ritenuto tale indicazione sufficiente non ha richiesto ulteriori elementi documentali a supporto, che l’aggiudicataria ha poi prodotto in sede giudiziale: ciò che è sempre possibile in situazioni del genere, ossia quando in giudizio venga lamentato l’omesso approfondimento di specifici profili dell’offerta economica sospetti di anomalia (cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 febbraio 2021, n. 1554, citata dall’appellata M S.p.a.).

In definitiva, nella situazione presente ciò che l’odierna appellante avrebbe avuto l’onere di fare è dimostrare che i costi del subappalto e del pool di professionisti dichiarati in fase di verifica fossero in sé inadeguati e ictu oculi idonei a disvelare l’incongruità dell’offerta nel suo complesso: cosa che non ha fatto, limitandosi a dolersi di un mancato approfondimento sui costi medesimi (approfondimento non dovuto, posto che le pattuizioni tra appaltatore e subappaltatore sono per la stazione appaltante res inter alios acta , e quindi di regola sottratte al vaglio della Commissione aggiudicatrice).

3.5. Con il secondo motivo di appello si contesta anche il capo della sentenza gravata che ha respinto le censure inerenti le giustificazioni relative ai costi del personale.

Il T.A.R. ha in proposito ritenuto di per sé non decisivo lo scostamento dalle tabelle ministeriali, ed ha altresì osservato come “ quand’anche le deduzioni di AON S.p.A. fossero per pura ipotesi fondate, non risulterebbe comunque palesemente erroneo il giudizio complessivo di non anomalia dell’offerta di M S.p.A. formulato dal R.U.P., posto che – come sopra ricordato – la stessa M S.p.A. ha previsto una riserva volontaria aggiuntiva per il costo del personale pari a euro 152.723,10. Tale riserva sarebbe ampiamente sufficiente ad assorbire tutti gli eventuali aumenti del costo del personale paventati da AON S.p.A., maggiorati dell’importo dell’IRES e delle eventuali differenze retributive previste da un diverso contratto collettivo ”.

Secondo l’appellante la riserva volontaria, essendo destinata a coprire eventuali sopravvenienze non previste né prevedibili, “ non può essere adoperata per coprire voci di costo che, come nel caso di specie, risultano sottostimate già in sede di giustificativi, laddove solo in relazione alla corretta applicazione delle tabelle ministeriali sono state dimostrate in giudizio maggiori spese a carico dell’odierna aggiudicataria per ben € 77.883,63 ”.

La censura poggia su di un duplice presupposto logico-interpretativo: quello di ritenere che lo scostamento dalle tabelle ministeriali costituisca, di per sé, un elemento di anomalia dell’offerta;
e quello di dare per scontato che l’offerta dell’aggiudicataria sia in partenza viziata da sottostima dei costi di manodopera.

In disparte la correttezza (anche sul piano probatorio) di entrambi i segnalati presupposti, ciò che appare dirimente, sul piano sostanziale, nel senso dell’infondatezza del mezzo è il rilievo che ad una valutazione globale, propria dei tratti del giudizio di congruità, non può affermarsi che gli eventuali maggiori costi rivenienti dalla sottostima dei costi del personale siano tali da incidere in modo significativo sull’offerta economica nel suo complesso, e dunque da rendere l’offerta stessa in perdita.

3.5. Infine, l’appellante contesta la sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha ritenuto legittima la valutazione del RUP circa il fatto che l’utile del 10% consentirebbe di assorbire ulteriori aumenti di costi non preventivati.

Viene invocata in tal senso la giurisprudenza secondo la quale “ la consistente riduzione dell’utile di gestione (pur senza addivenirsi al suo azzeramento), operata dal concorrente al solo scopo di far quadrare i conti nel corso del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, è indice di inaffidabilità dell’offerta, con conseguente illegittimità del giudizio di non anomalia della stessa ”.

Si deduce, inoltre, che “ intere sezioni dell’offerta economica non sono state sottoposte alla benché minima verifica di congruità;
il che inficia radicalmente la valutazione compiuta in ordine all’anomalia dell’offerta perché risulta non conforme a quanto stabilito dall’art. 97 del D.Lgs. n. 50/2016
”.

Il primo profilo di censura poggia su di una inammissibile inversione logica fra premessa e conclusione: nel caso di specie il riferimento all’utile serve unicamente a rafforzare la valutazione di non anomalia nel senso che, rispetto ad eventuali ed impreviste sopravvenienze (e, dunque, non già ad elementi economici noti al momento della presentazione dell’offerta), il margine di utile è tale da garantire la serietà dell’offerta stessa e dunque ad assicurare che l’aggiudicatario esegua le prestazioni cui si è obbligato senza subìre conseguenze tali da lasciar ragionevolmente dubitare sulla rispondenza di tali prestazioni all’impegno assunto e, dunque, all’interesse della stazione appaltante.

Il secondo dei segnalati profili di censura è inammissibile per genericità: il fatto che alcune sezioni dell’offerta economica non siano state (direttamente) sottoposte a verifica di congruità non ha alcun rilievo nel senso auspicato, in ragione del carattere omnicomprensivo e globale del giudizio di non anomalia.

4. La presente sentenza è redatta ai sensi dell’art. 120, commi 9 (come modificato dall’art. 4, comma 4, lett. a ), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito dall’art. 1, comma 1, della legge 11 settembre 2020, n. 120) e 10, del codice del processo amministrativo;
ed è stata assunta tenendo conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242), che ha consentito di derogare all’ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2022, n. 339), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è infondato e che va pertanto respinto, con conferma della sentenza di primo grado qui gravata.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.

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