Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-02-04, n. 202000879

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-02-04, n. 202000879
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000879
Data del deposito : 4 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/02/2020

N. 00879/2020REG.PROV.COLL.

N. 09570/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG 9570/2018, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Vodafone Italia s.p.a., corrente in Ivrea, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti F C e G L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Vittoria Colonna n. 32 (Studio C),

contro

l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM, con sede in Roma, in persona del Presidente pro tempore , resistente ed appellante incidentale, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e

nei confronti

– dell’Unione per la difesa dei consumatori - U.Di.Con., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
– dell’Associazione CODICI - Centro per i diritti del cittadino, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. Massimo L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Monte Santo n. 68,
– del Coordinamento delle associazioni e comitati di tutela dell' ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori - Codacons e dell’Associazione degli utenti per i diritti telefonici – AUSTel. Onlus, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avv.ti Carlo R e Gino Giuliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto nello studio R c/o Codacons in Roma, v.le G. Mazzini n. 73 e
– dell’Associazione Movimento Consumatori, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. Paolo F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

A) – col ricorso introduttivo, del dispositivo di sentenza del TAR Lazio, sez. III, n. 11304/2018, resa tra le parti e concernente la delibera AGCOM n. 498/17/CONS del 19 dicembre 2017;
B) -

con l’atto per motivi aggiunti (e con l’appello incidentale, depositato il 15 marzo 2019), della sentenza del TAR Lazio, sez. III, n. 12481/2018, resa tra le parti e concernente la predetta delibera;

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AGCOM, dell’Assoc. CODICI, dell’AUS Tel. Onlus, del CODACONS e dell’Associazione Movimento Consumatori;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 4 luglio 2019 il Cons. S M R e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati C, L P, L, F e C A (per delega di R) e l’Avvocato dello Stato P P;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – Con delibera n. 252/16/CONS del 21 luglio 2016, l’AGCOM stabilì una disciplina aggiornata « sulla trasparenza delle condizioni economiche dell’offerta [rivolta a] tutti i soggetti che operano nel mercato delle comunicazioni elettroniche e che hanno rapporti contrattuali con gli utenti finali… ».

Tanto al fine di assicurare «… informazioni trasparenti, comparabili, adeguate ed aggiornate in merito ai prezzi vigenti in materia di accesso e di uso dei servizi forniti dagli operatori di comunicazione elettronica …». Invero, detta delibera previde l’obbligo, a carico degli operatori di TLC, di: a) fornire un set di informazioni agli utenti;
b) assicurare la trasparenza delle condizioni economiche;
c) garantire il funzionamento di meccanismi per una reale comparazione delle offerte, alimentando un motore di calcolo gestito direttamente da AGCOM ed i cui risultati sarebbero stati accessibili agli utenti attraverso l’apposito sito WEB dell’Autorità.

Ebbene, la Vodafone Italia s.p.a., corrente in Ivrea e soggetto operatore autorizzato per i servizi di comunicazione elettronica in voce (telefonia vocale fissa e mobile), dichiara d’aver introdotto nel corso del 2016, esercitando la facoltà attribuitale dall’art. 70 del D.lgs. 1° agosto 2003 n. 259 - CCE, un aumento di circa l’8,6% delle condizioni economiche per i contratti di telefonia fissa. E ciò grazie alla riduzione del periodo di rinnovo e/o fatturazione delle offerte, che passò dalla cadenza mensile (a 30 gg.) ad una quadrisettimanale (28 gg). Detta Società, nel far presente d’aver informato i suoi clienti di tal manovra tariffaria e delle loro facoltà di recesso e migrazione ad altro operatore, rende noto altresì che la manovra stessa non fu contestata dall’AGCOM, né ritenuta illegittima o distorsiva della concorrenza, come tal Autorità chiarì all’AGCM in un procedimento d’accertamento di pratiche commerciali scorrette.

L’AGCOM ritenne però che detto aumento tariffario tramite l’introduzione di una c.d. “tredicesima mensilità”, fosse pregiudizievole per l’utenza anche sotto il profilo della trasparenza, impedendo la comparabilità delle offerte. L’unilaterale e congiunta modifica dei periodi di fatturazione da parte dei principali operatori di telefonia, in base alle segnalazioni pervenutele a cura delle Associazioni dei consumatori, aveva creato un clima d’incertezza nell’utenza, che non ebbe più chiari i parametri delle offerte. E ciò soprattutto nel mercato della telefonia fissa, tradizionalmente caratterizzata da periodi di fatturazione ordinaria su base mensile, a sua volta coincidente con le modalità di fatturazione di altri servizi ed utenze, oltre che con la cadenza con la quale si genera usualmente il reddito mensile dei consumatori. Ritenne quindi l’AGCOM che tal manovra avesse determinato una compressione della «… libertà di scelta degli utenti e vanificato, anche considerate le tempistiche ed il contesto di mercato, la ratio sottesa all'esercizio del diritto di recesso nel caso di mancata accettazione di modifiche contrattuali, così come statuito dall'articolo 70, comma 4, del Codice delle comunicazioni elettroniche …».

Sicché l’AGCOM, con delibera n. 121/17/CONS del 15 marzo 2017, modificò la citata delibera n. 252/16/CONS col medesimo obiettivo di assicurare che fossero fornite agli utenti «… informazioni trasparenti, comparabili, adeguate e aggiornate in merito ai prezzi vigenti in materia di accesso e di uso dei servizi forniti …». Tanto in conformità all’art. 71 del CCE, il quale, attuando l’art. 8 della direttiva quadro sul servizio universale di comunicazioni elettroniche (dir. n. 2002/21/CE), proprio in tali termini delinea il principio di trasparenza a fini informativi e di scelta consapevole del consumatore. Pertanto, l’Autorità impose ai predetti operatori di telefonia di ritornare, entro il 23 giugno 2017, alla fatturazione su base mensile o suoi multipli per i servizi di telefonia fissa e ad una periodicità almeno quadrisettimanale per quelli di telefonia mobile. Tanto perché, ad avviso dell’Autorità, tal intervento riguardò non già libere scelte imprenditoriali degli operatori di TLC, bensì le modalità della cadenza di fatturazione, rivelatasi non rispettosa della dovuta trasparenza, nei confronti degli utenti, in quanto sostanzialmente rivolta a realizzare aumenti tariffari di non immediata percezione da parte dei consumatori.

2. – Avverso tal delibera la Vodafone Italia s.p.a. si gravò innanzi al TAR Lazio, deducendo vari profili d’irragionevolezza e contraddittorietà, la violazione del quadro legislativo e regolamentare di riferimento, nonché la sproporzione della misura adottata dall’AGCOM rispetto all’obiettivo in concreto perseguito.

Nelle more di quel giudizio, è intervenuto l’art. 19-quinquiesdecies del DL 16 ottobre 2017 n. 148 (conv. modif. dalla l. 4 dicembre 2017 n. 172), introducendo talune novelle all’art. 1 del DL 31 gennaio 2007 n. 7 (conv. modif. dalla l. 2 aprile 2007 n. 40). In particolare, il nuovo art. 1, co. 1 del DL 7/2007 ha stabilito che « i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, prevedono la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi, ad esclusione di quelli promozionali a carattere temporaneo di durata inferiore a un mese e non rinnovabile, su base mensile o di multipli del mese ». La novella ha altresì disposto: a) l’obbligo di adeguamento di tutti gli operatori di TLC, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, alla predetta cadenza di fatturazione entro 120 gg. dall’entrata in vigore della legge di conversione;
b) la garanzia dell’AGCOM sulla pubblicazione dei servizi offerti e delle tariffe generali, in modo da consentire ai consumatori scelte informate;
c) il potere dell’AGCOM di ordinare «… in caso di violazione del comma 1-bis… all'operatore la cessazione della condotta e il rimborso delle eventuali somme indebitamente percepite o comunque ingiustificatamente addebitate agli utenti, indicando il termine entro cui adempiere, in ogni caso non inferiore a trenta giorni …». Il successivo co. 4 prevede inoltre che « la violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater è sanzionata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni applicando l'articolo 98, comma 16, del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni. L'inottemperanza agli ordini impartiti ai sensi del comma 1-quinquies è sanzionata applicando l'articolo 98, comma 11, del medesimo codice …».

L’adito TAR, con sentenza n. 4988 del 4 maggio 2018, ha respinto l’impugnazione attorea, in sintesi perché: a) la delibera n. 121/17/CONS fu adottata dall’AGCOM nell’esercizio dei poteri di regolazione riconosciuti dall’art.1 della l. 249/1997 e, nella specie, «… tale potere è posto anche al fine di garantire in concreto una tutela effettiva alla parte debole del rapporto contrattuale dei servizi di telefonia, ovvero all’utente del servizio …»;
b) detta delibera fu emanata «… al fine di consentire all’utente, in un regime di asimmetria informativa cui porre rimedio, la trasparenza e in particolare la confrontabilità delle varie offerte, ex art.71 del D.Lgs. n. 259 del 2003 …»;
c) siffatta regolazione si fondava su valutazioni tecnico-discrezionali all’evidenza non irragionevoli, essendosi attestata su «… livelli minimi di intervento, lasciando pressoché intatta l’autonomia negoziale degli operatori sui contenuti rilevanti del rapporto contrattuale, quali modalità di erogazione del servizio e prezzo”, senza comprimere eccessivamente l’autonomia negoziale degli operatori …». Il TAR ha inoltre precisato che, ben lungi dall’abrogare la delibera n. 121/17/Cons, la disciplina generale posta dall’art. 19- quinquiesdecies del DL 148/2017 «… si salda con la disciplina dettata dall’Autorità, rafforzandone le previsioni e disponendo per l’avvenire …», sì da escludere ogni incompatibilità tra la regolazione anteriore ed il citato jus superveniens .

Contro tal sentenza, la Vodafone Italia s’è appellata col ricorso NRG 7102/2018, tuttora pendente.

3. – Detta Società dichiara d’aver comunque mantenuto il suo periodo di fatturazione a 28 giorni, anziché a 30.

Pertanto, con l'atto n. 7/17/DTC del 26 settembre 2017, il Direttore della Direzione dei consumatori dell’AGCOM ha disposto l’avvio del procedimento sanzionatorio nei confronti di detta Società, per non aver adottato una cadenza di rinnovo delle offerte di telefonia fissa e di fatturazione su base mensile, in violazione della delibera n. 252/16/Cons, come novellata dalla delibera n. 121/17/Cons.

In esito a tal procedimento, l’Autorità ha emanato la delibera n. 498/17/Cons del 19 dicembre 2017, con cui anzitutto ha irrogato alla Vodafone Italia s.p.a., la sanzione amministrativa pecuniaria di € 1.160.000,00 per la violazione dell'art. 3, co. 10 della delibera n. 252/16/Cons come sopra novellata. In secondo luogo, ha ordinato a detta Società «… a provvedere –in sede di ripristino del ciclo di fatturazione con cadenza mensile o di multipli del mese– a stornare gli importi corrispondenti al corrispettivo per il numero di giorni che, a partire dal 23 giugno 2017, non sono stati fruiti dagli utenti in termini di erogazione del servizio a causa del disallineamento fra ciclo di fatturazione quadrisettimanale e ciclo di fatturazione mensile. Nella prima fattura emessa con cadenza mensile l’operatore è tenuto a comunicare con adeguato risalto che lo storno è avvenuto in ottemperanza al presente provvedimento …».

Avverso tal statuizione e la nota 7/17/DTC, detta Società ha nuovamente adito il TAR Lazio, con il ricorso NRG 810/2018, deducendo:

1) – l’efficacia ex nunc della novella recata dall’art. 19-quinquiesdecies del DL 148/2017 all’art. 1 del DL 7/2007, onde le previsioni della delibera n. 121/17/Cons, di natura regolamentare, son state abrogate da tal jus superveniens e, quindi, è venuto meno dal 5 dicembre 2017 l’obbligo di adeguamento a tal delibera, la Società è soggetta solo a quanto previsto dai commi 1-bis e 1-ter del DL n. 7 e nel termine colà indicato, mentre l’AGCOM avrebbe dovuto arrestare l’ iter sanzionatorio in esecuzione della novella citata;

2) – la nullità in sé (in quanto non basato sull’art. 98, co. 16 del CCE, né tampoco sull’art. 3, co. 10 della delibera n. 252/16/CONS) e l’illegittimità dell’ordine di stornare ai clienti le somme indebitamente da loro versate a causa della fatturazione a 28 gg. (per erroneità del presupposto che tal diversa cadenza del ciclo di fatturazione avesse creato un indebito arricchimento in capo agli operatori;
per violazione dell’art. 47 della CDFUE, poiché solo ad un Giudice competerebbe il potere di condannare al pagamento di queste somme;
per violazione dell’art. 1 della l. 23 novembre 1981 n. 689, ove si ritenesse tale storno a guisa di sanzione amministrativa;
per irretroattività del regime sanzionatorio introdotto dal citato art. 19-quinquiesdecies;
per violazione dello stesso art. 98, co. 16, giacché l’AGCOM ha disposto lo storno per il diverso fine d’evitare il pregiudizio derivante dall’addebito del servizio ai consumatori per i giorni erosi in relazione al disallineamento fra cadenza di fatturazione a 28 gg. e cadenza mensile);

3) – la piena facoltà della ricorrente, quand’anche avesse voluto ottemperare alla delibera n. 121/17, d’aumentare i prezzi (salvo sempre il potere di recesso dei clienti) al fine d’evitare la riduzione del valore dei ricavi anche in caso di ripristino della fatturazione mensile;

4) – l’illegittimo omesso contraddittorio procedimentale (in violazione dell’art. 41 della CDFUE, dei principi e delle regole espresse dagli artt. 1 e ss. della l. 241/1990 e della delibera AGCOM n. 410/14/Cons - Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative), non avendo l’avviso d’avvio del procedimento sanzionatorio fatto alcun riferimento a lesioni sul patrimonio dei consumatori, né alla possibilità che AGCOM potesse imporre agli operatori il predetto storno, né tampoco ad una specifica contestazione sul relativo obbligo (all’inizio del procedimento o durante l’intero suo svolgimento) o su indebite percezioni di somme, tali da giustificare un ordine siffatto;

5) – il difetto di potere dell’AGCOM di determinare il contenuto dei contratti degli operatori coi loro clienti e di limitarne l’esercizio del jus variandi in relazione al periodo di rinnovo delle offerte e di fatturazione dei consumi, nonché la violazione del principio di proporzionalità e l’omessa considerazione delle misure di regolazione già esistenti che assicurano un’adeguata trasparenza informativa agli utenti.

L’adito TAR, con l’ordinanza n. 792 del 12 febbraio 2018, ha sospeso gli effetti della delibera n. 498 per la parte relativa al c.d. ordine di storno, poiché «… il carattere –allo stato– indeterminato della somma da corrispondere agli utenti, per effetto dello storno (nella prima fattura emessa con cadenza mensile) dei predetti importi, appare in grado di incidere sugli equilibri finanziario-contabili della azienda;
tenuto conto, altresì, della dedotta difficoltà per la medesima società di ripetere dai clienti le somme eventualmente corrisposte
…».

Sicché l’AGCOM, con la delibera n. 114/18/Cons del 1°/03/2018, ha revocato la precedente diffida e ha provveduto nuovamente allo scopo di garantire «… un immediato effetto ripristinatorio a beneficio degli utenti, assicurando, al contempo, una soluzione ai rilievi formulati dal Giudice amministrativo con riguardo agli equilibri finanziario-contabili dell’azienda …». Ha poi ingiunto alla ricorrente di «… far venir meno in sede di ripristino del ciclo di fatturazione con cadenza mensile o di multipli del mese gli effetti dell’illegittima anticipazione della decorrenza delle fatture emesse successivamente alla data del 23 giugno 2017. La data di decorrenza delle fatture emesse dopo il ripristino della fatturazione con cadenza mensile o di multipli del mese dovrà pertanto essere posticipata per un numero di giorni pari a quelli erosi in violazione della delibera n. 121/17/CONS, in modo da non gravare gli utenti dei costi derivanti dalla abbreviazione del ciclo di fatturazione …». Così l’AGCOM ha stabilito, in sostituzione dell’invero complicato meccanismo dello storno economico (sì con pagamento diretto ai consumatori, ma col paradossale effetto concreto di vincolarli all’operatore fino all’intero saldo), di far conseguire il medesimo risultato mediante l’erogazione gratuita delle prestazioni per un numero di giorni equivalente a quello cui lo stesso ordine di storno si sarebbe riferito.

Avverso tal statuizione, reputata un unicum nell’ordinamento nazionale, la Vodafone Italia s.p.a. ha proposto l’atto per motivi aggiunti depositato il 16 marzo 2018. Al riguardo deduce:

I) – la violazione dell’ordinanza cautelare n. 792/2018, non appellata, stante l’evidente equivalenza economica pregiudizievole con lo storno della nuova misura compensativa, mercé il differimento della fatturazione per il numero di giorni corrispondenti a quelli che sarebbero stati erosi ai clienti per la mancata immediata ottemperanza alla delibera 121/17/Cons, nonché il difetto di motivazione e l’irragionevolezza della misura assunta a fronte delle varie cause civili già proposte (donde l’esistenza già di acconci mezzi di tutela dei consumatori);

II) – la natura sanzionatoria della misura stessa, stabilita senza previo procedimento, cosa, questa, viepiù grave in quanto promanante da un’Autorità indipendente ed in violazione all’art. 41 del CDFUE;

III) – l’illegittima imposizione d’una prestazione patrimoniale, al contempo sanzionatoria ed ablatoria, in assenza di un potere non certo rinvenibile né nel richiamato art. 98, co. 16 del CCE, né nell’art. 3, co. 10 della delibera n. 252/16/Cons, né nei principi di diritto nazionale e comunitario, fermo restando che la funzione di garanzia dei diritti dei consumatori così esercitata si sovrappone comunque alla tutela in via d’azione assicurata dal potere giudiziario;

IV) – l’omessa valutazione dell’art. 19-quinquiesdecies del DL 148/2017, il cui regime generale ha superato l’assetto recato dalla novella alla delibera n. 252/16/Cons;

V) – l’erroneità del presupposto dell’inadempimento alla delibera n. 121/17/ Cons, avendo la ricorrente non già eluso l’obbligo del ripristino della cadenza mensile di fatturazione, ma solo profittato (dandone comunicazione alla clientela) del nuovo e più ampio termine recato dalla novella all’art. 1 del DL 7/2007 per adeguarvisi, ferma la facoltà attorea di sterilizzare tal cadenza mediante l’aumento delle tariffe;

VI) – l’illegittimità derivata della delibera n. 114/18/Cons dai vizi che affliggono la delibera n. 121/17/Cons.

Col decreto n. 9/18/PRES del 9 aprile 2018, il Presidente dell’ AGCOM ha fissato un nuovo termine per l’adempimento dei citati obblighi, relativi al ripristino della fatturazione con cadenza mensile, rivolto nei confronti di tutti gli operatori telefonici, compresa la Vodafone Italia s.p.a. Con delibera n. 187/18/Cons dell’11 aprile 2018, l’AGCOM ha ratificato il provvedimento presidenziale n. 9/18/PRES. Avverso tali statuizioni, a suo dire confermative nella sostanza della delibera n. 114/18/Cons, il 18 giugno 2018 detta Società ha proposto un secondo atto per motivi aggiunti, ribadendo le doglianze dianzi viste e censurando il decreto n. 9/18/PRES per difetto dei presupposti di necessità e urgenza, senza i quali non si giustifica l’esenzione dal giusto procedimento.

È quindi intervenuta la delibera n. 269/18/CONS del 6 giugno 2018, pubblicata il successivo 3 luglio, con cui l’AGCOM ha disposto, nei confronti di tutti gli operatori telefonici e, quindi, della stessa Vodafone, un nuovo termine per l’adempimento agli obblighi di cui alle delibere nn. 112/18/Cons e ss., tra cui la n. 114/18/Cons. Anche contro tal statuizione la Vodafone, in data 2 ottobre 2018, ha proposto un terzo atto per motivi aggiunti, deducendo vari profili di censura, in parte simili a quelli dei due atti precedenti e in parte incentrati sul difetto di motivazione del differimento del predetto termine al 31 dicembre 2018, basato sul generico ed inconferente accenno alla struttura aziendale attorea e non tenendo conto delle osservazione formulate dalla ricorrente all’Autorità.

4. – Con dispositivo n. 11304 del 21 novembre 2018, l’adito TAR ha dichiarato il ricorso della Vodafone in parte improcedibile e in parte infondato, accogliendo una domanda per quanto di ragione. Avverso tal dispositivo la Vodafone Italia s.p.a. ha proposto l’appello di cui al ricorso in epigrafe, deducendo vari profili di censura.

Con sentenza n. 12481 del 21 dicembre 2018, l’adito TAR ha pubblicato la motivazione sulla controversia in esame.

4.1. – Contro detta sentenza è intervenuto l’atto per motivi aggiunti depositato il 4 marzo 2019, con cui la Società appellante ora ne deduce, in via principale, l’erroneità per:

I) – non aver colto, al di là del contraddittorio processuale sviluppatosi dopo l’instaurazione del giudizio di prime cure (che ha indotto l’AGCOM a rivedere in autotutela talune sue statuizioni), del riscontro oggettivo (in sede cautelare innanzi allo stesso TAR ed anche da parte dell’Autorità) degli argomenti attorei comunque esternati, nonché dell’audizione dell’appellante e delle associazioni consumeristiche sulle modalità di adempimento per il concreto ristoro della clientela, come tali vicende, ben lungi dall’aver realizzato un qualunque effetto utile per l’appellante sì da renderne superfluo il contraddittorio procedimentale, ha determinato in realtà: a) la violazione specifica sia di norme nazionali ed eurounitarie, sia, soprattutto, della disciplina regolamentare che AGCOM si è autoimposta e ciò in tutti i passaggi salienti della presente causa, assunti senza tal contraddittorio (l’ordine di storno - delibera n. 498/17/CONS;
l’ordine di erogare prestazioni gratuite al posto dello storno - delibera n. 114/18/CONS;
il decreto n. 9/18/PRES e la delibera di ratifica n. 187/18/CONS, di conferma della delibera n. 114 e d’avvio d’un procedimento sulla sola tempistica d’adempimento dell’ordine confermato);
b) l’effetto nocivo sulla posizione attorea, trattandosi di provvedimenti delle Autorità indipendenti nell’esercizio di forti poteri conformativi, a fronte dei quali le garanzie procedimentali costituiscono un indispensabile contrappeso, donde l’insanabilità della loro omissione, a più forte ragione quando questa abbia riguardato l’applicazione sanzioni di rilevante impatto economico;
c) l’assunto non condivisibile, secondo cui il difetto di contraddittorio procedimentale non possa mai condurre all’annullamento dell’atto impugnato se non si dimostri di non aver potuto presentare osservazioni ed opposizioni idonee ad incidere causalmente, in termini favorevoli, sul provvedimento terminale, poiché, in disparte la prova, in corso di causa, di quegli argomenti che l’AGCOM avrebbe dovuto valutare nel procedimento, pure dinanzi all’esercizio di poteri vincolati (soprattutto di natura sanzionatoria) va sempre assicurata la partecipazione dell’interessato, a prescindere dal contributo che questi apporti al procedimento;
d) l’assenza pure di quel minimo contraddittorio procedimentale, al di là della relativa intensità, che le Autorità indipendenti sono tenute ad assicurare nei propri procedimenti e, per quelli sanzionatori, con uno standard di contraddittorio più elevato rispetto al modello generale della l. 7 agosto 1990 n. 241 (tant’è che per essi il legislatore nazionale ha voluto in parte assimilarlo a quello di matrice processuale e, in ambito UE, vigono le regole del diritto fondamentale di difesa nelle procedure di accertamento degli illeciti, nonché il principio di “parità delle armi”);

II) – l’evidente contraddittorietà ravvisabile nell’affermazione del TAR, per cui l’ordine di restitutio in integrum dei giorni erosi mediante il differimento della fatturazione al posto di quello di storno sia stato emanato in acquiescenza al decisum cautelare e, al contempo, sia una misura di carattere ripristinatorio a favore degli utenti rientrante nei poteri regolatori previsti dalla l. 14 novembre 1995 n. 481 (cui rinvia l’art. 1, co. 6, lett. c, n. 14 della l. 31 luglio 1997 n. 249, istitutiva dell'AGCOM), poiché: a) ordine di storno e restituzione dei giorni erosi con la fatturazione a 28 giorni sono misure d’identico tenore e, quindi, in entrambi i casi l’AGCOM non ha il potere di adottare misure di tal fatta non essendovi norma nazionale o UE che glielo abbia consentito;
b) tutto ciò è in violazione del principio di legalità ex art. 23 Cost. e determina la nullità ex art. 21-septies della l. 241/1990 delle delibere e dei provvedimenti così assunti (sono atti “atipici” ed “innominati”);
c) a nulla giova il richiamo del TAR ai poteri regolatori ex l. 481/1995 e, in particolare, al potere d’imporre, qualora non rispetti le clausole contrattuali, indennizzi al soggetto esercente il servizio a favore dell'utente, sia perché l’AGCOM, nell’adottare le varie delibere, non ha mai affermato il fondamento di dette misure ripristinatorie nel potere d’indennizzo ex art. 2, co. 20, lett. d) della l. 485/1995 (tal norma è stata citata dall’Avvocatura erariale nei suoi scritti difensivi);
d), la misura posta dall’AGCOM è comunque un’erogazione gratuita di prestazioni, non un indennizzo (men che mai un indennizzo automatico), giacché l’art. 2, comma 20, lett. d) dà all’Autorità il potere di far cessare comportamenti lesivi dei diritti degli utenti imponendo (ai sensi del co. 12, lett. g), l’obbligo di corrispondere loro un indennizzo, mentre il co. 12, lett. g) le consente a sua volta di determinare «… altresì i casi di indennizzo automatico da parte del soggetto esercente il servizio nei confronti dell’utente ove il medesimo soggetto non rispetti le clausole contrattuali o eroghi il servizio con livelli qualitativi inferiori a quelli stabiliti nel regolamento di servizio …»;
e) una cosa è l’erogazione d’un indennizzo, ben altra l’adozione d’un ordine restitutorio (o ripristinatorio) che preveda l’erogazione di prestazioni gratuite all’utente e, comunque, il potere d’indennizzo implica il previo ordine di cessazione d’un determinato comportamento ritenuto lesivo e l’inadempimento di questo, fermo restando che il co. 12, lett. g) consente all’Autorità di determinare ex ante le ipotesi tassative al ricorrere delle quali sorga automaticamente il diritto all’indennizzo e, comunque, a seguito di richiesta dell’utente interessato, azionandolo dinanzi all’AGO (prova ne sia la novella recata dalla l. 172/2017 all’art. 1 del DL 7/2007, mercé il co.

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