Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-08-08, n. 202307674
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Pubblicato il 08/08/2023
N. 07674/2023REG.PROV.COLL.
N. 08759/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8759 del 2022, proposto dalla ditta -OMISSIS- di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato N C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Germanico, n. 172;
contro
il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
il Comune -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanna Mollica, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, Sezione Prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria e del Comune -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 luglio 2023 il Cons. E F e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La ditta -OMISSIS- è destinataria dell’informazione interdittiva antimafia prot. n. -OMISSIS-, emessa il 25 luglio 2019 dal Prefetto di Reggio Calabria, nonché della nota del 26 luglio 2019, ad essa consequenziale, con la quale il Comune -OMISSIS- ha respinto l’istanza presentata dalla ricorrente il 17 maggio 2019 per la partecipazione all’avviso pubblico per una concessione demaniale marittima a carattere stagionale, per “ sopravvenuta carenza dei requisiti ” in ragione dell’adottata interdittiva prefettizia.
La Prefettura ha desunto il rischio di infiltrazione delle consorterie criminali nell’impresa ricorrente dai seguenti elementi istruttori:
- i pregiudizi penali del -OMISSIS-, tratto in arresto in data -OMISSIS- per associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti nell’ambito dell’operazione denominata “ -OMISSIS- ”, scarcerato a seguito dell’annullamento da parte del Tribunale del Riesame della misura cautelare applicata con l’ordinanza n. -OMISSIS- del Tribunale di Reggio Calabria, e destinatario di decreto di divieto di detenzione di armi, munizioni e esplosivi;
- i pregiudizi penali del -OMISSIS-, anch’egli tratto in arresto nell’ambito della suddetta operazione di Polizia e condannato con sentenza -OMISSIS- della Corte d’Appello di Reggio Calabria alla pena -OMISSIS- di reclusione, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti;
- il legame -OMISSIS-, indagata nell’ambito della suddetta operazione di polizia, -OMISSIS-, già sorvegliato speciale di P.S., coinvolto in vicende giudiziarie per gravi reati anche di carattere associativo e ritenuto organico all’omonima cosca di ‘ndrangheta;-OMISSIS- è inoltre -OMISSIS-, già sorvegliato speciale di P.S. e segnalato in banca dati -OMISSIS- per vari reati anche di carattere associativo, nonché ritenuto capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta attiva in -OMISSIS-;
- i pregiudizi penali dell’-OMISSIS-, condannato con sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria -OMISSIS- ancora per il reato di coltivazione illecita di sostanze stupefacenti e detenzione abusiva di munizioni;
- il coinvolgimento del -OMISSIS-, in vicende giudiziarie per associazione di tipo mafioso, omicidio, detenzione e porto abusivo di armi;
- la segnalazione in banca dati per associazione di tipo mafioso a carico di -OMISSIS-, condannato per associazione di tipo mafioso e ritenuto al vertice dell’omonima cosca di ‘ndrangheta;
- la segnalazione in banca dati per associazione di tipo mafioso a carico di -OMISSIS-, segnalato in banca dati per associazione di tipo mafioso, -OMISSIS-;
- la segnalazione in banca dati per sostituzione di persona a carico di -OMISSIS-, colpita dal provvedimento interdittivo -OMISSIS-;-OMISSIS-, è stato tratto in arresto per associazione di tipo mafioso nell’ambito del procedimento penale -OMISSIS-;
- il rapporto di dipendenza del -OMISSIS-, nella cui compagine societaria figura -OMISSIS-;
- le frequentazioni del ricorrente con soggetti gravati da pregiudizi penali anche per reati di natura associativa.
2. Il T.A.R., richiamati i vigenti orientamenti interpretativi in tema di presupposti del provvedimento interdittivo (rilevando in particolare che ai fini della sua adozione occorre “ non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, ma soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali - secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale - sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata ”), ha evidenziato come “ il gravato provvedimento dia conto dell’articolato intreccio di legami familiari e cointeressenze economiche che legano la ditta odierna ricorrente con soggetti che risultano pesantemente coinvolti in vicende anche di particolare rilevanza penale ”.
3. La sentenza suindicata costituisce oggetto della domanda di riforma proposta dall’originario ricorrente, al cui accoglimento si oppongono le Amministrazioni appellate, ovvero il Ministero dell’Interno, l’Ufficio territoriale del Governo di Reggio Calabria ed il Comune -OMISSIS-.
4. Mediante i motivi di appello – ai quali si dedicheranno in seguito più analitiche considerazioni – la parte appellante lamenta essenzialmente l’inidoneità degli elementi indiziari posti dalla Prefettura di Reggio Calabria a fondamento del provvedimento interdittivo, essenzialmente desunti dai rapporti parentali tra -OMISSIS- e soggetti controindicati, a suffragare, secondo gli standard probatori elaborati dalla giurisprudenza amministrativa, il dedotto pericolo di condizionamento.
5. L’appello non è meritevole di accoglimento.
6. Deve premettersi che l’informativa interdittiva costituisce tipica manifestazione del potere di prevenzione demandato alla Prefettura, finalizzato a contenere l’espansione della criminalità organizzata – direttamente o per il tramite di soggetti ad essa variamente collegati – nel tessuto imprenditoriale, con particolare riguardo ai settori che, per il più immediato coinvolgimento di interessi pubblici, siano sottoposti al potere di incentivazione, gestione e controllo della P.A..
Per assolvere efficacemente la suddetta funzione, il potere preventivo in questione si esprime nella misura – radicale quanto necessaria, perché adeguata allo scopo – della interdizione dell’impresa interessata dalla possibilità di instaurare rapporti – di appalto, concessori o autorizzatori – con la P.A.: ciò anche quando “ gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale ” e quindi, nel quadro del regime attualmente vigente, la finalità preventiva sia efficacemente perseguibile mediante l’applicazione, in alternativa a quella interdittiva, delle misure di controllo di cui all’art. 94-bis d.lvo 6 settembre 2011, n. 159 (cfr. art. 92, comma 2- ter , d.lvo cit., come inserito dall’art. 48, comma 1, lett. a), n. 2), d.l. 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla l. 29 dicembre 2021, n. 233).
Sullo sfondo della previsione del potere interdittivo si intravede senza difficoltà la considerazione legislativa della contraddittorietà tra l’ intuitus fiduciae che deve caratterizzare l’ammissione dell’impresa all’intrattenimento di rapporti con la P.A. – sulla scorta di titoli legittimanti diversamente modulati ma presupponenti pur sempre una valutazione di idoneità morale e professionale del soggetto accreditato – e la soggezione della stessa ad influenze criminali da parte di apparati che, per la vastità e pervasività del controllo che si prefiggono di realizzare sulle attività economiche lecite e non, assumono una funzione antagonista rispetto a quella dello Stato, tanto da essere simbolicamente ricondotte alla dimensione del cd. anti-Stato.
Come evidenziato in precedenti occasioni da questa Sezione, infatti, “ l’adozione dell’interdittiva antimafia esclude che un imprenditore, pur essendo dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni, non potendo conseguentemente essere titolare di rapporti contrattuali con le predette Amministrazioni, né destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, né ancora essere destinatario di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo ” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 26 giugno 2019, n. 4401).
Coerentemente con la finalità preventiva da essa perseguita, l’informazione antimafia trova fondamento in una fattispecie di carattere fluido, non ancorata alla sussistenza di presupposti legislativamente tipizzati in modo rigido, ma delineati nella forma elastica della “ sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate ”: è infatti evidente che essa non potrebbe efficacemente realizzare la sua funzione se non potesse essere attivata in chiave anticipatoria rispetto all’effettiva concretizzazione dell’ingerenza mafiosa nell’attività imprenditoriale, del cui manifestarsi presuppone quindi l’accertamento anche in termini di semplice pericolo.
Proprio perché trattasi di una fattispecie di pericolo che non ha ad oggetto un evento di danno riconducibile causalmente ad una condotta né tantomeno ad una volontà anti-giuridica del soggetto, ma una condizione dell’impresa che la espone oggettivamente – quindi anche involontariamente – all’influenza condizionante della criminalità organizzata, è compito della Prefettura enucleare nel corpo del provvedimento interdittivo gli elementi dai quali quel pericolo può essere ragionevolmente desunto: elementi che, quindi, non devono necessariamente attestare una ingerenza mafiosa in atto né imminente, ma la mera probabilità – purché seriamente e concretamente apprezzabile – del suo manifestarsi.
Come evidenziato da questa Sezione, invero, “ la misura interdittiva, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa sussistere il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata ” (così Consiglio di Stato, Sez. III, 6 giugno 2022, n. 4616).
Come ugualmente chiarito da questa Sezione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105), il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere ad un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sì da far ritenere “ più probabile che non ”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa.
La stessa Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 57 del 2020, ha recentemente affermato la legittimità costituzionale del provvedimento di interdittiva anche quando incida su attività d’impresa di natura esclusivamente privata, trattandosi di misura giustificata dall’estrema pericolosità del fenomeno mafioso, in grado di compromettere la concorrenza, la dignità e la libertà umana: in tale sede, il giudice delle leggi ha riconosciuto il merito del giudice amministrativo di aver dato vita in questa specifica materia ad un sistema che la Corte definisce di “ tassatività sostanziale ”, mediante la progressiva definizione di un nucleo ormai consolidato di situazioni-tipo, sintomatiche ed indiziarie della ricorrenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, in grado di sviluppare e completare il dettato legislativo.
Necessario corollario di tale impostazione, sul piano del sindacato giurisdizionale, è che gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, alla luce del quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 13 aprile 2018, n. 2231).
Anche, infatti, elementi privi di univoca significatività indiziaria, o addirittura dotati di sintomaticità di segno contrario alla prospettiva preventiva, ove isolatamente analizzati, possono, se valutati unitariamente, corroborare il pericolo di condizionamento mafioso dell’attività di impresa: ciò che è necessario, infatti, è che la Prefettura abbia inquadrato gli elementi raccolti in una cornice unitaria, fornendone una lettura d’insieme che, rispondendo a canoni di logicità argomentativa e plausibilità secondo massime di comune esperienza, consenta di affermare come sia “più probabile che non” l’assoggettamento dell’impresa all’influsso criminale.
Come osservato da questa Sezione, infatti, “ la connotazione preventiva del potere interdittivo colloca al di fuori dei presupposti necessari del provvedimento inibitorio l’accertamento di condotte obiettivamente rivelatrici del pericolo di condizionamento, in quanto indicative della attuale sottomissione degli organi dell’impresa controllata alla signoria criminale, essendo sufficiente il riscontro di elementi o situazioni suscettibili di favorire, secondo una valutazione ex ante basata sull’analisi di quel peculiare fenomeno sociale quale è, prima ancora che dal punto di vista giuridico-repressivo, il fenomeno mafioso, l’ingerenza della criminalità organizzata nei processi decisionali aziendali ” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 28 giugno 2022, n. 5375).
Prima di concludere l’analisi del quadro ordinamentale e giurisprudenziale, non può non accennarsi – perché, come si vedrà meglio infra , più direttamente attinenti alla fattispecie in esame - agli orientamenti giurisprudenziali formatisi in tema di rilevanza indiziaria dei legami parentali e di interdittive cd. a cascata.
Dal primo punto di vista, deve segnalarsi l’indirizzo secondo cui “ ai fini dell’interdittiva antimafia, la Pubblica amministrazione può dare rilievo ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari - che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose - laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto ” (così, ex multis , Consiglio di Stato, Sez. III, 17 marzo 2022, n. 1935).
Dal secondo punto di vista, invece, può segnalarsi il precedente col quale è stato affermato che l’instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un’impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale giustifica l’adozione di una “ informativa a cascata ”, tuttavia precisando che perché possa presumersi il “ contagio ” alla seconda impresa della “ mafiosità ” della prima “ è necessario che la natura, la consistenza e i contenuti delle modalità di collaborazione tra le due imprese siano idonei a rivelare il carattere illecito dei legami stretti tra i due operatori economici;viceversa, ove l’esame dei contatti tra le società riveli il carattere del tutto episodico, inconsistente o remoto delle relazioni d’impresa, deve escludersi l’automatico trasferimento delle controindicazioni antimafia dalla prima alla seconda società ” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 22 giugno 2016, n. 2774).
7. Ciò premesso, deve evidenziarsi che le ragioni sottese all’adozione del provvedimento interdittivo impugnato, quali si evincono dal relativo apparato motivazionale e dagli atti istruttori, sono riconducibili a tre snodi principali:
- i legami parentali del titolare della ditta interdetta con soggetti controindicati ( ergo , ritenuti suscettibili di costituire, in ragione del loro coinvolgimento in vicende criminose anche di carattere associativo e/o dei legami familiari a loro volta mantenuti con soggetti interessati da precedenti penali e/o di polizia, il veicolo per l’attrazione dell’impresa nel circuito criminali del quale gli stessi sono risultati partecipi);
- il collegamento tra la ditta interdetta ed altra società colpita da provvedimento interdittivo;
- le frequentazioni del titolare della ditta interdetta e soggetti controindicati, nel senso (e con il significato indiziario) prima precisato.
Come si evince dalla struttura motivazionale del provvedimento impugnato, trattasi di profili motivazionali strettamente intrecciati e complessivamente conducenti alla formulazione della prognosi interdittiva: la loro tenuta giustificativa va quindi apprezzata in una logica di carattere non atomistico, ma unitaria e complessiva, dal momento che se essi, isolatamente valutati, possono risultare inidonei a giustificare la sussistenza del pericolo di condizionamento, a diverse conclusioni potrebbe pervenirsi se correttamente collocati in una prospettiva globale, in cui ciascuno illumina l’altro e gli fornisce il supporto necessario a coglierne e completarne la valenza indiziaria.
Occorre quindi procedere ad una duplice analisi:
- la prima, intesa a verificare se gli elementi suindicati siano inficiati, nei loro presupposti fattuali e/o nella loro significatività (anche solo, per quanto detto, parziale ed embrionale), dalle deduzioni attoree;
- la seconda, finalizzata a stabilire se quelli eventualmente residuati alla selezione suindicata conservino, nella prospettiva unitaria innanzi illustrata, un sufficiente grado di pregnanza indiziaria, atta a sorreggere la prognosi interdittiva da cui è scaturito il provvedimento impugnato in primo grado.
8. Prima ancora, tuttavia, deve rilevarsi che non può essere accolta la censura intesa a lamentare che il provvedimento impugnato si sostanzierebbe esclusivamente in una mera elencazione dei precedenti giudiziari dei familiari dell’odierno appellante, senza dimostrare – o quantomeno affermare – se e come tali contatti si siano successivamente trasformati in effettive cointeressenze.
Basta rilevare, in senso contrario, che i rapporti parentali menzionati dalla Prefettura non sono confinati in una dimensione statico-genealogico, ma si colorano di una connotazione dinamico-imprenditoriale, come si evince dal fatto che -OMISSIS- è stato dipendente a più riprese della società -OMISSIS-, della quale sono proprietari -OMISSIS-, e che la suddetta società è stata titolare -OMISSIS- della concessione demaniale avente ad oggetto -OMISSIS-, per la cui acquisizione -OMISSIS- la ditta appellante ha presentato l’istanza al Comune -OMISSIS-, che ha occasionato la richiesta di informazioni antimafia da questo presentata alla Prefettura di Reggio Calabria ai sensi dell’art. 100 d.lvo n. 159/2011 (in quanto Comune sciolto ai sensi dell’art. 143 d.lvo 18 agosto 2000, n. 267) e riscontrata con l’impugnato provvedimento interdittivo.
Ne consegue che i suddetti rapporti parentali sono appunto integrati da profili di cointeressenza economico-imprenditoriale che costituiscono, secondo la giurisprudenza citata, l’elemento qualificante atto a farne emergere la valenza indiziaria.
Come anche recentemente affermato da questa Sezione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 20 ottobre 2022, n. 8926), infatti:
- l’Amministrazione può dare rilievo anche ai rapporti di parentela tra titolari e familiari che siano soggetti affiliati, organici o contigui a contesti malavitosi, laddove tali rapporti, per loro natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lascino ritenere, secondo criteri di verosimiglianza, che l’impresa ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla criminalità organizzata;
- tale influenza può essere desunta dalla doverosa constatazione che l’organizzazione mafiosa tende a strutturarsi secondo un modello “clanico”, che si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della famiglia, sicché in una famiglia mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso - pur quando comincia un’attività economica - può subire, nolente, l’influenza, diretta o indiretta, del capofamiglia e dell’associazione;
- a comprovare la verosimiglianza di tale pericolo assumono rilevanza da un lato, sia circostanze obiettive, come la convivenza, la cointeressenza di interessi economici o la mancata giustificazione dei mezzi necessari per lo svolgimento di attività, il coinvolgimento nei medesimi fatti che pur non abbiano dato luogo a condanne;sia le peculiari realtà locali, ben potendo l’amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza su un’area più o meno estesa del controllo di una “ famiglia ” e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti;
- il puntuale riferimento ai vincoli familiari con soggetti controindicati, doverosamente rilevato nei provvedimenti prefettizi, non esprime, dunque, alcuna presunzione tesa ad affermare che il legame parentale implica necessariamente la sussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, ma vale a descrivere la situazione, concreta ed attuale, nella quale l’impresa si trova ad operare;
- la rilevanza sintomatica di tali legami può risultare ulteriormente corroborata, oltre che dai caratteri ad essa intrinseci o estrinseci sin qui riepilogati, anche dal fatto che il destinatario della misura non abbia dato prova di alcuna sua scelta di allontanarsi o di emanciparsi dal contesto familiare di riferimento e della liceità delle fonti di provenienza delle sue risorse economiche.
9. Nella specie, la comune attività imprenditoriale svolta dalla società suindicata – destinataria, a sua volta, del provvedimento interdittivo del 24 luglio 2019 – e la linea di continuità in cui la ditta dell’odierno appellante, secondo le stesse allegazioni attoree, si pone rispetto ad essa induce appunto ad affermare ragionevolmente, non solo, che il pericolo di condizionamento ravvisato con il precedente provvedimento interdittivo si estenda e riguardi anche la seconda, ma anche che i soggetti coinvolti partecipino di una comune rete familiare-imprenditoriale che ricalca e richiama quella, analogamente strutturata, di carattere associativo, la quale si nutre della forza, della influenza e del vincolo di solidarietà propri dei legami parentali.
10. In tale contesto, assume rilievo secondario che i soggetti menzionati dalla Prefettura di Reggio Calabria non solo non sono -OMISSIS-, ma che sono o -OMISSIS- ovvero legati al primo da un rapporto di parentela profondamente distante, come nel caso di -OMISSIS-.
Deve infatti sottolinearsi che se le suddette deduzioni riguardano solo alcuni dei soggetti controindicati richiamati dalla Prefettura, i suddetti rapporti parentali assumono rilievo in una prospettiva di carattere unitario, la quale fa univocamente emergere l’inserimento dell’appellante in un contesto familiare che, sia nelle sue articolazioni più prossime (-OMISSIS-), sia in quelle più remote (come quelle cui si riferiscono le deduzioni suindicate), presenta complessivamente punti di molteplice contatto con il mondo della criminalità organizzata.
11. Quanto poi alle deduzioni concernenti i parenti più prossimi dell’appellante, non può ritenersi idoneo ad inficiare la tenuta giustificativa del provvedimento impugnato il fatto che il sig. -OMISSIS-, già tratto in arresto in data -OMISSIS- nell’ambito dell’operazione di polizia denominata “ -OMISSIS- ”, sia stato successivamente assolto ed indennizzato per la ingiusta detenzione patita: basti rilevare che l’eventuale neutralizzazione della valenza indiziaria del suddetto rapporto di parentela, derivante dalla intervenuta assoluzione del -OMISSIS-, è “ compensata ”, nell’ottica preventiva, da quello intrattenuto con -OMISSIS-, coinvolto nella suddetta operazione di polizia e condannato, all’esito del relativo procedimento penale, alla pena -OMISSIS- di reclusione per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Né rileva che -OMISSIS- sia formalmente estraneo alla compagine societaria della società -OMISSIS-, assumendo rilievo decisivo, ai fini preventivi, che l’appellante sia inserito in una struttura familiare collegata alla criminalità organizzata ed avente la sua “ sponda ” sul piano societario-imprenditoriale, per legittimare la ragionevole conclusione che, nel contesto considerato, i rapporti parentali non sono relegati ad un piano meramente formale, ma riflettono e predispongono rapporti di cointeressenza di carattere economico, che costituiscono il naturale terreno di coltura degli interessi criminali.
12. Irrilevante, altresì, è -OMISSIS-, sia perché sopravvenuta al provvedimento impugnato in primo grado, sia perché il rapporto di affinità -OMISSIS- costituisce, come si è visto, solo uno degli elementi di controindicazione a carico del suddetto.
13. Quanto invece alla posizione di -OMISSIS-, a cui carico la Prefettura pone una segnalazione per associazione di tipo mafioso -OMISSIS-, deve ugualmente osservarsi che l’eventuale sua estraneità alla vicenda – sostenendo la parte appellante, senza peraltro fornire alcuna documentazione a sostegno, che il coinvolgimento nel procedimento penale riguarda in realtà due omonimi del suddetto – così come le sue condizioni di salute – anch’esse prive di qualsiasi supporto probatorio - è bilanciata, nell’ottica interdittiva, dal fatto che alla suddetta società partecipano -OMISSIS-, anch’essi controindicati: ciò non senza trascurare che l’attrazione del -OMISSIS- nell’orbita mafiosa è fondata dalla Prefettura anche sul rapporto di affinità tra il suddetto e -OMISSIS- (-OMISSIS-), “ più volte condannato ” – come afferma la Prefettura – “ per associazione di tipo mafioso ”, non rilevando che, come afferma la parte appellante (anche in questo caso senza fornire alcun documento a supporto) che esso è stato assolto (in sede di revisione) dalle accuse di omicidio e tentato omicidio, restando immutate le controindicazioni derivanti dalle condanne per il reato associativo.
14. Analoghe considerazioni – con particolare riguardo alla mancata produzione di qualsivoglia elemento documentale a supporto, sia in relazione a-OMISSIS- che all’estraneità alla vicenda penale concernente il reato associativo oggetto della segnalazione -OMISSIS- – devono formularsi con riguardo a-OMISSIS-.
15. Quanto infine al -OMISSIS-, il fatto che lo stesso -OMISSIS-, oltre a non essere in alcun modo documentato, non elide ogni rilevanza sintomatica ascrivibile al rapporto di affinità con -OMISSIS-, tratto in arresto per associazione di tipo mafioso nell’ambito del procedimento penale -OMISSIS-.
16. Né rileva, proseguendo con l’esame delle deduzioni attoree, che la Prefettura non abbia indicato alcuno specifico episodio o comportamento mediante i quali il soggetto “ affiliato ” abbia, concretamente e direttamente, manifestato l’ingerenza, il condizionamento e la volontà di infiltrarsi, essendo estranea alla logica preventiva la necessità che il pericolo di condizionamento – proprio perché tale – abbia trovato manifestazione in concrete azioni infiltrative.
Allo stesso modo, la condizione di incensuratezza dell’appellante non elide la valenza indiziaria delle circostanze indicate, potendo il provvedimento interdittivo trovare fondamento anche in rapporti di carattere indiretto – ovvero, mediati da soggetti contigui - con la criminalità organizzata.
17. In conclusione, gli elementi indiziari posti dalla Prefettura di Reggio Calabria a fondamento del provvedimento impugnato non sono inficiati – né nella loro individualità, né nella loro valutazione complessiva – da profili di illogicità e/o carenza istruttoria atti a giustificarne l’annullamento.
18. Respinte le censure attinenti al provvedimento interdittivo, non può non pervenirsi alla stessa conclusione relativamente a quelle di carattere derivato rivolte avverso il provvedimento comunale di rigetto dell’istanza di partecipazione all’avviso pubblico per l’assegnazione della concessione demaniale, conseguente al primo.
19. Quanto invece ai pretesi vizi di carattere autonomo, incentrati sulla deduzione del cattivo esercizio fatto dall’Amministrazione comunale della discrezionalità di cui dispone, la quale avrebbe dovuto valutare “ la convenienza e la opportunità di mantenere o meno il rapporto giuridico già instaurato ”, deve osservarsi, da un lato, che il diniego incide su un rapporto da costituire (e non già costituito ed oggetto di risoluzione), dall’altro lato, che nessuna aspettativa meritevole di considerazione potrebbe predicarsi in capo all’appellante “ circa l’ottenimento della concessione demaniale -OMISSIS- ”, già per il fatto che in realtà, e secondo le stesse deduzioni della parte appellante, per gli anni precedenti la suddetta concessione era stata richiesta ed ottenuta da altro soggetto giuridico (incarnato dalla menzionata società).
20. Infine, non assume rilievo ai fini della decisione il dedotto annullamento, da parte del T.A.R. per la Calabria, dell’interdittiva emessa nei confronti della società “-OMISSIS-”, non essendo stata fornita traccia dello stesso ed essendo peraltro tale circostanza del tutto irrilevante nella valutazione del solido ed articolato percorso motivazionale che sorregge il provvedimento impugnato.
21. L’appello, in conclusione, deve essere complessivamente respinto.
22. La complessità dell’oggetto della controversia giustifica la compensazione delle spese del giudizio di appello.