Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-25, n. 201907298

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-25, n. 201907298
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907298
Data del deposito : 25 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/10/2019

N. 07298/2019REG.PROV.COLL.

N. 07741/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7741 del 2018, proposto dal Comune di Nova Siri, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

I.T.M. Iniziative Turistiche Matarazzo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F C, R L F e M A R P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P B in Roma, via Cicerone, n. 49;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Basilicata (Sezione Prima) n. 104 del 2018, resa tra le parti, concernente impugnazione dell'ingiunzione di pagamento prot. n. 0006005, emessa dal Comune di Nova Siri in data 3 aprile 2013, ai sensi del R.d. n. 639 del 1910


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2019 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati R M e M A R P.


FATTO e DIRITTO

1. La controversia concerne una lottizzazione relativa alla realizzazione di un’attività turistico recettiva in Nova Siri Marina, regolata dalla convenzione del 13 novembre 1996, nell’ambito della quale il Comune di Nova Siri ha emanato una ingiunzione di pagamento nei confronti dei lottizzanti a titolo di conguaglio del corrispettivo;
corrispettivo, che era dovuto per la cessione delle aree a verde attrezzato in luogo della acquisizione gratuita delle stesse aree da parte del Comune.

2. Rilevano due disposizioni della convenzione: l’art. 3 individua le aree che i lottizzanti devono cedere al Comune senza corrispettivo;
l’art. 8 regola il corrispettivo per la cessione dal Comune ai lottizzanti. Testualmente: a) l'art. 3 lett. e) recita: " cessione (ndr da parte dei lottizzanti), senza corrispettivo, al Comune di Nova Siri, delle aree relative ….al verde attrezzato di cui alla lettera d). ”;
b) l’art. 8 recita: “ ai sensi dell’art. 12 della legge regionale 28/78 il Comune cede ai lottizzanti un’area pari a metri quadrati 14.570 destinati dalla variante al P.L. a verde attrezzato…, dietro il corrispettivo di lire 183.560.840, così calcolato: -lire 5.074/mq x mq 14.570 uguale a lire 73.938.180, salvo conguaglio per le motivazioni riportate nell’atto deliberativo del Consiglio Comunale n. 17/96;
-lire 109.632.660 costo opere di urbanizzazione previste ai sensi della legge regionale n. 28/78 sull’area da cedere ai lottizzanti. Il pagamento dovrà avvenire nel modo seguente: 1) - il costo dell’area al rilascio della prima concessione edilizia ad edificare;
2) – il costo delle opere di urbanizzazione in due rate di pari importo: la prima entro un anno dalla stipula della convenzione, la seconda entro un anno dal pagamento della prima rata.

2.1. Va preliminarmente precisato che la controversia concerne, con riferimento al costo delle aree, solo il conguaglio, previsto nel richiamato art. 8, e non l’importo individuato nella stessa clausola che, pacificamente, è stato corrisposto dai lottizzanti al Comune. Inoltre, non concerne il costo delle opere di urbanizzazione.

2.2. Per comprendere il contenuto della clausola che regola l’importo del conguaglio è necessario esplicitare il richiamo alla deliberazione del C.C. n. 17 del 1996 (il documento non è in atti, ma non è contestato nel suo contenuto, il quale, peraltro, emerge anche da altri documenti prodotti).

Si tratta di una delibera annullata dalla sezione di controllo. Per quanto di interesse ai nostri fini, il suo contenuto è stato ripreso per i terreni della convenzione in argomento dalla delibera del C.C. n. 32 del 26 luglio 1996, di adozione della variante della lottizzazione, e dalla delibera del C.C. n. 47 del 12 novembre 1996, di approvazione della stessa variante). Nelle suddette delibere comunali si prevede che, sul prezzo di retrocessione delle aree ricomprese nel Piano di Lottizzazione, è dovuto un conguaglio sulla base dell'esito di un giudizio intrapreso da un privato (il signor L) nei confronti del Comune di Nova Siri, avente ad oggetto l'indennità per l'espropriazione di un'area, attigua a quelle retrocesse in favore dei lottizzanti, finalizzata alla realizzazione di un campo di calcio da parte del Comune.

2.3. Per verificare lo stato della condizione cui le parti hanno collegato la possibilità del conguaglio, è necessario, altresì, dare sinteticamente conto dell’andamento del giudizio richiamato, quale emerge dagli atti di parte e dalla documentazione.

2.3.1. Nel marzo 1995, il signor L aveva proposto opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione determinata dall’UTE nel 1995 e aveva chiesto la determinazione giudiziale dell’indennità di esproprio e dell’indennità di occupazione legittima. Con la sentenza della Corte di appello di Potenza, n. 15 del 1999, sono state dichiarate inammissibili: - la richiesta di determinare l’indennità di espropriazione, per non essere stato emesso il decreto di esproprio;
- la richiesta di determinare l’indennità da occupazione legittima, essendo stata effettuata l’immissione in possesso dopo la scadenza del decreto di occupazione. La Corte ha aggiunto che la perenzione del decreto di occupazione e la mancata emissione del decreto di esproprio conferivano titolo per l’azione di risarcimento del danno.

2.3.2. Nel giugno del 2000, il signor L ha adito il Tribunale civile di Matera, chiedendo il risarcimento del danno da perdita della proprietà per l’irreversibile trasformazione del fondo e da occupazione illegittima. Con la sentenza, non definitiva, n. 5 del 2005 e con la sentenza definitiva, n. 9 del 2009, il Tribunale ha accolto le domande proposte.

2.3.2.1. Gli appelli del Comune avverso le suddette sentenze sono stati accolti dalla sentenza della Corte di appello di Potenza, n. 378 del dicembre 2013.

In estrema sintesi, la Corte ha così statuito:

- esiste un tempestivo decreto di esproprio del 5 dicembre 1995;
la sentenza di inammissibilità pronunciata dalla Corte di appello nel 1999 non comporta giudicato sull’inesistenza del decreto di esproprio, avendo giudicato sulla legittimatio ad causam e non essendo stato esibito tale decreto dall’opponente;

- è rigettata la domanda di danno per equivalente da perdita della proprietà per occupazione espropriativa;

- spetta l’indennità di occupazione legittima, ma non come determinata nella sentenza gravata nella misura degli interessi legali sulla somma a titolo di risarcimento riconosciuta nella stessa sentenza, bensì come percentuale dell’indennità di espropriazione;

- l’indennità di espropriazione è stata determinata dall’UTE, con provvedimento tuttora valido ed efficace, vanamente opposto alla Corte di appello che ha dichiarato inammissibile l’opposizione;
l’indennità di occupazione legittima dovrà essere parametrata a detto importo.

2.3.3. Le parti, concordemente, riferiscono che avverso la suddetta sentenza è pendente il ricorso per Cassazione proposto dal signor L.

3. Al fine di rendere più lineare l’esposizione delle questioni di diritto rilevanti nella controversia, è opportuno dare preliminarmente conto degli atti del Comune successivi alla stipula della convenzione, nelle more del diverso giudizio cui era condizionalmente collegato il conguaglio, e sino all’emanazione dell’ingiunzione di pagamento.

a) Con la nota dell’11 gennaio 2007, il Comune ha invitato alcune ditte, interessate da convenzioni che prevedevano lo stesso meccanismo di conguaglio, ad una riunione per la definizione bonaria dello stesso.

b) Con la delibera del C.C. n°9 del 25 febbraio del 2008, il Comune si è occupato direttamente di altre lottizzazioni, per le quali il conguaglio per le aree retrocesse era stato disciplinato mediante lo stesso meccanismo di rinvio ad un diverso giudizio pendente, ed ha disposto che - previa verifica delle situazioni in atto in tutti i Piani di lottizzazione della zona lido - anche per le altre aree retrocesse ai lottizzanti con analogo parametro nel periodo precedente agli atti direttamente esaminati, sarà affidato l’incarico all’UTE di procedere alla stima e sarà “ trasmessa contestuale informativa del procedimento amministrativo attivato ai soggetti interessati ”.

Nelle premesse, ha dato atto che: - per le cessioni a titolo oneroso, il corrispettivo è stato calcolato, per quanto attiene al valore dell’area oggetto di retrocessione, “ in via provvisoria e parametrato al valore di aree della stessa zona come determinato nel contenzioso in atto presso la Corte di appello di Potenza nella causa L…afferente il campo di calcio ”;
- “ conseguentemente….il Consiglio comunale ha subordinato il saldo del prezzo per la retrocessione delle aree all’esito del contenzioso citato… ”.

Nel considerato, ha aggiunto che: - “ il parametro originario della stima del valore delle aree retrocesse relazionato al valore di esproprio del campo sportivo risulta essere tramutato in una diversa ipotesi di risarcimento danni ancora sub judice ”.

Poi, ha rilevato “ la necessità di addivenire ad una chiara e definitiva soluzione della questione senza subordinarla agli esiti procedurali del giudizio di risarcimento, attese …le prevedibili lungaggini giudiziarie e la necessità per l’Ente di incamerare il residuo prezzo delle retrocessioni, come peraltro già formalizzato ai lottizzanti ” con nota dell’11 gennaio 2007.

Quindi, ha affidato all'UTE di Matera il compito di procedere alla stima delle aree retrocesse, attualizzando il prezzo, e, all’esito della stima, ha demandato al responsabile del Comune l’adozione dei “ nuovi schemi di convenzione da stipulare con i lottizzanti per la modifica degli atti in precedenza stipulati ”.

c) Il 19 giugno 2008, il Comune ha comunicato alla società l’avvio del procedimento amministrativo, inteso ad affidare all'U.T.E. di Matera l'incarico di procedere ad una nuova stima delle aree retrocesse, attualizzando il prezzo, così come riportato nella deliberazione di Consiglio comunale n. 9 del 2008.

d) Con nota del 21 luglio 2011, il Comune ha comunicato l’esito della valutazione UTE ed ha invitato i lottizzanti a versare l’importo residuo.

e) Con nota del 7 dicembre 2012, il Comune ha diffidato la società ricorrente al pagamento della somma di € 310.037,11 a titolo di conguaglio, oltre interessi, con riserva di risarcimento e preannunciando il recupero coattivo.

f) Il 3 aprile 2013, il Comune ha emesso ingiunzione di pagamento (n. 0006005), ai sensi dell’art. 7, comma 2 del d.l. n. 70 del 2011 - come introdotto dalla l. di conversione n. 106 del 2011 e modificato dall'art. 14- bis , comma 1, lett. a), n. 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214 - e dell’art. 2 del R.d. n. 639 del 1910, per la riscossione della somma di € 310.037,11 a titolo di conguaglio di oneri reclamati dal Comune di Nova Siri per la retrocessione di aree comprese nel piano di lottizzazione in zona TR, dello stesso Comune.

4. Con il ricorso depositato il 6 maggio 2013 innanzi al Tribunale civile di Matera, i lottizzanti (la società Matarazzo Nicola e F.lli s.n.c., successivamente incorporata nella società ITM s.r.l.), hanno proposto opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento;
il Tribunale, con sentenza n. 297 del 15 febbraio 2016, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, rimettendo le parti dinanzi al T.a.r. per la Basilicata per l’eventuale riassunzione.

5. Il processo riassunto è stato deciso con la sentenza del T.a.r. n. 104 del 2018, che ha accolto il ricorso dei lottizzanti ed ha annullato l’atto di ingiunzione.

5.1. Avverso la suddetta sentenza, il Comune ha proposto appello, affidato a cinque motivi.

5.2. Si è costituita la società, instando per il rigetto e riproponendo, in via subordinata, le censure rigettate o non esaminate dal primo giudice.

6. Il T.a.r. - dopo aver disatteso l’istanza di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. rispetto al giudizio pendente presso la Corte di cassazione, e dopo aver rigettato la seconda e la terza delle eccezioni di rito, tutte sollevate dal Comune e non riproposte con l’appello - ha argomentato l’accoglimento sulla base delle essenziali argomentazioni che seguono:

a) non ha pregio l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto d’interesse e “intervenuta acquiescenza”, per essersi la società ricorrente limitata a «impugnare l'ingiunzione di pagamento che costituisce l'atto finale di un complesso procedimento amministrativo a formazione progressiva», non proponendo impugnazione avverso gli atti presupposti, in particolare, la deliberazione del C.C. n. 9 del 25 febbraio 2008;

a1) gli atti presupposti sono tutti sprovvisti di autonoma lesività;
in particolare: - la deliberazione consiliare n. 9 del 2008 non ha direttamente inciso la posizione giuridica della ricorrente, limitandosi a conferire un incarico a soggetto terzo, quale l'U.T.E. di Matera, e a demandare a successivi atti la rideterminazione del prezzo delle aree e del conguaglio dovuto dai lottizzanti;
- l’avviso di avvio di un procedimento amministrativo per la determinazione della stima delle aree, è atto endoprocedimentale, non direttamente impugnabile e sprovvisto di autonoma lesività;
- non assumono valenza preclusiva dell’opposizione all’ingiunzione di cui al R.d. n. 639 del 2010 gli atti di “diffida e messa in mora” richiamati dalla difesa comunale, risolvendosi questi ultimi in mere richieste di pagamento di somme;

b) l’ingiunzione opposta è illegittima per mancanza di certezza, liquidità ed esigibilità del credito azionato perché:

- lo speciale procedimento disciplinato dal r.d. 14 aprile 1910, n. 639 è utilizzabile da parte della pubblica amministrazione per le entrate strettamente di diritto pubblico e per quelle di diritto privato, trovando il suo fondamento nel potere di autoaccertamento della medesima amministrazione, con il solo limite che il credito in base al quale viene emesso l'ordine di pagare sia certo, liquido ed esigibile, dovendo la sua sussistenza, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati ;

- nella specie, il credito fatto valere dal Comune con la procedura ingiunzionale corrisponde alla pretesa di conseguimento del «saldo degli oneri di retrocessione dovuti a seguito della convenzione di lottizzazione stipulata con i ricorrenti in data 13 novembre 1996»;

- ma, la convenzione all’art. 8, individua il criterio di determinazione di tale saldo;

con la conseguenza, che alcun potere di stabilire unilateralmente, secondo parametri differenti, la sussistenza e l'ammontare di tale obbligo può essere ravvisato in capo all’Ente comunale e il credito vantato da quest’ultimo non può ritenersi né certo, né liquido, non rinvenendo direttamente in una norma di legge, né nell’accettazione dell’impresa interessata, il titolo e gli elementi per la sua determinazione concreta;

b1) l’Amministrazione comunale ha sostenuto che il predetto credito avrebbe i caratteri della certezza, della liquidità e della esigibilità in quanto sarebbe stato determinato dall’U.T.E. di Matera a seguito della deliberazione consiliare n. 9 del 2008, non impugnata dal ricorrente;

- in senso contrario, va tuttavia richiamato quanto affermato in giurisprudenza, secondo cui la deliberazione comunale costituisce un atto meramente interno all'amministrazione, che non può avere alcuna efficacia vincolante per il privato che non vi abbia espressamente aderito, atteso che, secondo il fondamentale principio dettato dall'art. 23 Cost., nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta a chicchessia se non in base alla legge;

- secondo la giurisprudenza, le convenzioni urbanistiche rientrano nel novero degli accordi tra privati e amministrazione, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990;
con riferimento alla natura di tali accordi, e al ruolo che in essi gioca l’autonomia negoziale, la giurisprudenza si è oramai orientata nell’affermare, all’interno delle convenzioni di urbanizzazione, la prevalenza del profilo della libera negoziazione;
infatti, si è affermato che, sebbene sia innegabile che la convenzione di lottizzazione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale, rappresenti un istituto di complessa ricostruzione, non può negarsi che in questo si assista all’incontro di volontà delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile;
secondo la giurisprudenza, dalla natura contrattuale del rapporto instaurato con il privato in virtù della convenzione urbanistica discende, quale necessario corollario, il carattere vincolante per entrambe le parti dell’accordo e il divieto per l’Amministrazione di apportarvi modifiche unilaterali;

b2) pertanto, non è consentito al Comune di incidere unilateralmente su singole previsioni della convenzione urbanistica, potendo l’Amministrazione soltanto valersi, in presenza dei relativi presupposti, della facoltà di recesso dall’accordo per “sopravvenuti motivi di interesse pubblico”, salva la corresponsione di un indennizzo, ai sensi dell’articolo11, comma 4, della legge n. 241 del 1990;

c) poiché l’oggetto del giudizio non è costituto dall’accertamento dell’ammontare dell’eventuale credito residuo vantato dal Comune nei confronti della società ricorrente, bensì dalla legittimità dell’ingiunzione impugnata, è rigettata l’ulteriore richiesta del Comune volta alla nomina di un consulente tecnico che proceda ad accertare «ex art. 1474 cod. civ. il giusto prezzo applicabile».

7. Così ricostruito il contenuto della sentenza di primo grado, preliminarmente, deve rilevarsi l’inammissibilità del motivo di appello (rubricato come terzo) con il quale il Comune denuncia l’omessa pronuncia da parte del giudice in ordine: a) alla richiesta di dichiarazione della nullità della clausola sul conguaglio contenuta nell’art. 8 della convenzione del 13 novembre 1996, per violazione di legge ovvero per violazione dell’art. 12 della l.r. Basilicata n. 28 del 1978;
b) alla richiesta di dichiarazione della risoluzione contrattuale per inadempimento dell’obbligo di pagamento e conseguente richiesta di risarcimento dei danni.

7.1. Il motivo è inammissibile sulla base del divieto dei nova in appello. Infatti, nell’atto di costituzione del Comune dinanzi al primo giudice le suddette richieste sono solo riportate nelle conclusioni ed è del tutto assente ogni argomentazione a sostegno delle stesse.

8. Con il secondo motivo di appello, il Comune censura la sentenza per non aver ritenuto inammissibile il ricorso sulla base della mancata impugnazione degli atti presupposti, specialmente la delibera del C.C. n. 9 del 2008, contraddittoriamente argomentando nel senso che tale atto non ha natura di provvedimento e, pertanto non è lesivo, e poi riconoscendo che con tale atto il Comune ha modificato unilateralmente la convenzione urbanistica.

9. Con il quinto motivo di appello, si censura la sentenza per aver travisato il contenuto dell’art. 8 della convenzione;
si sostiene che la clausola del futuro conguaglio rimesso all’esito di altro giudizio richiamato non esclude una futura rideterminazione dello stesso, con la conseguenza che la delibera n. 9 del 2008 non costituisce un atto unilaterale, ma l'esercizio da parte dell’Ente Comunale di una prerogativa riconosciuta dalla convenzione.

Il Comune argomenta, poi, sulle ragioni, desumibili dalla stessa delibera, che lo hanno indotto alla rideterminazione e le individua: a) nel rifiuto opposto dal Conservatore di Matera di trascrivere un’altra analoga Convenzione di lottizzazione per la genericità e l’indeterminatezza del prezzo;
b) nel lungo tempo occorrente per la definizione dell’altro giudizio richiamato, allo stato ancora pendente presso la Corte di cassazione. Infine, l’appellante rileva che il lottizzante non ha mai dato seguito alle comunicazioni in argomento inviate dal Comune (prima comunicazione del 14/03/2006 (all. n. 22) ed una successiva comunicazione dell’11/01/2007 (all. n. 15).

10. Con il primo e il quarto motivo di appello si censura la sentenza nella parte in cui, una volta riconosciuto il difetto delle condizioni di legittimità ed ammissibilità dell’ordinanza d’ingiunzione, non si è pronunciata sul merito della pretesa creditoria e non ha accertato quanto dovuto dai lottizzanti al Comune a titolo di conguaglio, rigettando di conseguenza la richiesta di consulenza tecnica (primo motivo). Ciò, nonostante l’istituto della retrocessione delle aree lottizzate sia disciplinato dall’art. 12 dalla l.r. n. 28 del 1978, dove si prevede che il corrispettivo delle retrocessione non può essere inferiore all’utilità economica conseguita;
con la conseguenza che il titolo giustificativo che fonda la richiesta di pagamento del Comune sarebbe rinvenibile proprio nel suddetto articolo (quarto motivo).

11. Tutti i motivi di appello sono infondati e vanno rigettati. Per le connessioni argomentative tra gli stessi essi sono scrutinati congiuntamente.

12. Il Comune, avvalendosi dell’introduzione nell’ordinamento del potere di effettuare la riscossione coattiva delle proprie entrate (art. 7 del d.l. n. 70 del 2011, convertito nella l. 106 del 2011, e successive modificazioni), ha fatto ricorso allo speciale strumento dell’ingiunzione fiscale, previsto dal r.d. n. 639 del 1910, che cumula le caratteristiche e gli effetti del decreto ingiuntivo e del precetto, secondo uno schema derogatorio dell’ordinario procedimento di riscossione che necessita invece della previa iscrizione a ruolo e della notifica della cartella di pagamento (Cons. Stato, Sez. IV, n. 3413 del 2012).

Proprio perché l’ingiunzione di pagamento della somma dovuta entro un termine costituisce l’inizio di un procedimento di coazione, presupposto indispensabile è che il credito in base al quale viene emesso l’ordine di pagare sia certo, liquido ed esigibile. Queste caratteristiche del credito delimitano l’ambito del giudizio che è introdotto con l’opposizione al decreto di ingiunzione, il quale, infatti, è costituito dall’accertamento del giudice in ordine alla sussistenza, o meno, di tali presupposti in concreto e non dall’accertamento sul merito della pretesa creditoria.

12.1. Le amministrazioni pubbliche possono utilizzare tale strumento sia per le entrate di diritto pubblico che per quelle di diritto privato, ma tale potere, proprio perché diretto alla formazione di un titolo esecutivo, si fonda su quello di autoaccertamento e non sul potere di determinazione unilaterale dell’amministrazione. Con la conseguenza, che la sussistenza del credito, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità devono derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati, potendo l’amministrazione solo accertarli. Per questo, affinché l’amministrazione possa fare ricorso all’ingiunzione di pagamento è necessario che la somma dovuta sia certa, liquida ed esigibile, e l'Amministrazione si limiti ad individuarla in via meramente ricognitiva. (ex multis, Cass. civ. Sez. 1, n. 7076 del 2016;
Sez. Un. civ. n. 11992 del 2009;
Cass. civ. Sez 1, n. 16855 del 2004).

13. A giudizio del Collegio il credito fatto valere dal Comune con l’ingiunzione non è certo, liquido ed esigibile, sulla base di due essenziali argomentazioni. La prima è che la clausola della convenzione rimette il conguaglio al verificarsi di una condizione che ancora non si è verificata. La seconda è che la clausola non poteva essere unilateralmente modificata dal Comune. L’esplicazione di tali ragioni fonda il rigetto del secondo motivo di appello.

14. La clausola della convenzione (art. 8, § 2) àncora il possibile conguaglio del corrispettivo ad una condizione, costituita dall’esito di un diverso giudizio per la determinazione dell’indennità di esproprio di un terreno simile;
condizione che, allo stato, non si è verificata (cfr. § 2 e ss.)

14.1. La clausola, peraltro, al contrario di quanto sostiene l’appellante, è conforme all’art. 12 della l.r. n. 28 del 1978. Questa disposizione, al comma 1, stabilisce: << La convenzione alla quale è subordinata l'autorizzazione comunale prescritta per le lottizzazioni, deve prevedere: 1) la cessione gratuita, entro i termini prestabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, indicate nell'art. 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nella misura richiesta dalla legislazione vigente, salvo che gli strumenti urbanistici vigenti nei Comuni prevedano misure più elevate. Qualora la acquisizione di tali aree non venga ritenuta opportuna dal Comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipula i lottizzanti corrispondano al Comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree. >>.

La legge regionale prevede l’obbligatorietà del corrispettivo e stabilisce il parametro generale per la sua determinazione nella “ utilità conseguita dal privato ”, individuando poi una soglia minima non superabile nel costo dell’acquisizione di altre aree, che, evidentemente, può essere stato sostenuto da Comune per indennità di esproprio o per cessioni volontarie.

Nella convenzione le parti hanno stabilito il corrispettivo, che è stato corrisposto, secondo il valore determinato dall’UTE;
hanno, poi, fatto salvo l’eventuale conguaglio, da determinarsi sulla base dell'esito di un giudizio, intrapreso da un privato nei confronti del Comune di Nova Siri, di opposizione all’indennità di stima dell’espropriazione di un’area espropriata limitrofa;
quindi, hanno utilizzato il criterio della soglia minima prevista nella legge.

14.2. Né, come emerge inequivocabilmente dal tenore letterale della clausola, le parti hanno previsto un potere unilaterale del Comune di modificare il pattuito per adeguare l’importo all’“ utilità economica conseguita ” dal privato per effetto della mancata cessione, come sostiene l’appellante con il quinto motivo di appello.

15. La seconda argomentazione si fonda sulla risposta negativa alla domanda se una clausola della convenzione possa essere modificata mediante atti unilaterali pubblicistici.

15.1. Con la delibera n. 9 del 2008, il Comune, preso atto dei problemi sorti sulla base della clausola pattuita, si è determinato nel senso della modifica della stessa, dandone notizia ai lottizzanti e prevedendo, peraltro, la successiva modifica in tal senso delle relative convenzioni (cfr. § 3 lett. b). Successivamente, probabilmente per la non disponibilità dei lottizzanti a pervenire ad un accordo, ha posto tale deliberazione alla base della richiesta di adempimento del credito residuo ed, infine, alla base dell’ingiunzione di pagamento.

Ma la regolamentazione delle modalità di calcolo del conguaglio del corrispettivo in una clausola della convenzione stipulata dalle parti impedisce che tali modalità possano essere modificate unilateralmente dal Comune perché esso opera su un piano di parità con il privato e, se utilizza strumenti pubblicistici, non esercita poteri autoritativi. Né è ipotizzabile una modifica orale dell’accordo, come sembra sostenere il Comune, nel reiterare la richiesta di interrogatorio formale del rappresentante della società e di prova testimoniale del segretario comunale, per dimostrare l’assenso delle parti nell’affidare all’UTE la stima del conguaglio nell’ambito di una riunione per la composizione bonaria, convocata con nota dell’11 gennaio 2007.

15.2. Le suddette conclusioni, come sostenuto condivisibilmente dal primo giudice che richiama ampia giurisprudenza in tema di convenzioni di lottizzazione, si fondano su principi consolidati, secondo cui:

- le convenzioni di lottizzazione rientrano nel novero degli accordi tra privati e amministrazione, in ciascuno dei quali confluiscono in unico atto la volontà pubblica e la volontà privata, e, come previsto all'art. 11, comma 2, della l. 7 agosto 1990 n. 241, si applicano i principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti, per aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica (Cons. Stato, Sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 324;
Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 616;
Cons. Stato, Sez. IV, 2 agosto 2011, n. 4576;
Cass. civ., S.U., 1 luglio 2009, n. 15388);

- è prevalente il profilo della libera negoziazione con l’incontro di volontà delle parti contraenti nell’esercizio della propria autonomia (Cons. Stato, Sez. IV, n. 4015 del 2005);

- la modifica delle condizioni contrattuali deve essere accettata da controparte secondo i comuni principi civilistici (Cons. Stato, Sez. IV, n. 2313 del 2015).

15.3. Se la delibera del Comune in argomento, al più, può costituire solo la manifestazione della volontà dell’Ente di modificare il precedente accordo, senza effetti modificativi su di esso, essendo unilaterale, ne consegue: - che non è conferente la questione sulla lesività o meno della stessa ai fini del rispetto del termine decadenziale di impugnazione, perché l’atto non è l’espressione di un potere autoritativo ma paritetico;
- che non è contraddittoria la tesi del primo giudice, secondo cui il giudizio non restava precluso dalla mancata impugnazione della delibera e la delibera costituiva illegittima modifica unilaterale della regolamentazione convenzionale. D’altra parte, lo stesso appellante – pur invocando la inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione della delibera, ed in genere degli atti precedenti all’ingiunzione di pagamento – non deduce la decadenza dall’impugnazione, ma, piuttosto, l’acquiescenza alla volontà dell’amministrazione unilateralmente formatasi.

16. Le ragioni individuate dall’Amministrazione nella delibera n. 9 del 2009, a sostegno di una modifica della clausola, avrebbero potuto trovare eventuale rimedio nell’utilizzo del recesso per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, ai sensi dell’art. 11, co.4 della l. n. 241 del 1990, come pure sottolineato dal primo giudice. Infatti, esse sono connotate da una valenza pubblicistica, stante il notevole allungamento dei tempi dovuto alla peculiarità della condizione, per di più rispetto ad un processo che appariva configurarsi come risarcitorio dopo la sentenza della Corte di appello del 2009 (cfr. § 2.3.2.), con conseguente impossibilità di avveramento della condizione, e la contrapposta esigenza dell’Ente di percepire il residuo pagamento del prezzo.

17. Restano da trattare il primo e il quarto motivo di appello, che lamentano la mancata pronuncia del giudice adito in ordine al quantum della pretesa creditoria del Comune. Anche questi motivi sono infondati.

17.1. Correttamente, nella sentenza gravata, si ricollega la mancata pronuncia ai limiti propri del giudizio di opposizione all’ingiunzione di pagamento, di cui si è detto (cfr. § 12 e ss.), che non è costituto dall’accertamento dell’ammontare dell’eventuale credito azionato con l’ingiunzione.

17.2. Né può sostenersi, come fa l’appellante (quarto motivo), che trovando il credito un titolo giustificativo nell’art. 12 della l.r. n. 28 del 1978, il giudice avrebbe dovuto procedere ad accertare se il credito vantato come residuo del corrispettivo fosse o meno commisurato all'utilità economica conseguita dal privato per effetto della mancata cessione.

Infatti, la determinazione del conguaglio rispetto alla convenzione non può discendere direttamente dall’art. 12 cit. posto che, per l’ipotesi che il Comune non ritenga opportuna l’acquisizione delle aree che devono essere cedute gratuitamente, la legge individua nella convenzione lo strumento per la determinazione dell’obbligatorio corrispettivo e si limita a stabilire il parametro generale per la sua determinazione nella “utilità conseguita dal privato”, individuando poi solo una soglia minima non superabile nel costo dell’acquisizione di altre aree.

18. In conclusione, sulla base delle argomentazioni che precedono, l’appello è rigettato.

19. In ragione della particolarità della fattispecie, le spese del grado di appello sono interamente compensate.

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