Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-10-31, n. 202209427
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 31/10/2022
N. 09427/2022REG.PROV.COLL.
N. 09134/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL P I
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9134 del 2021, proposto dal comune di San Vito dei Normanni, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato A V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
le signore A V e R V, rappresentate e difese dagli avvocati N Z e G Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G Z in Roma, via dei Condotti, n. 91;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 1355 del 17 settembre 2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle signore A V e R V;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2022 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati A V e G Z;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dal comune di San Vito dei Normanni avverso la sentenza del T.a.r. per la Puglia n. 1355 del 17 settembre 2021.
2. Nel giudizio di primo grado, le signore A V e R V hanno domandato l’annullamento del decreto n. 1529 del 13 dicembre 2010, notificato il 29 dicembre 2010, con il quale è stata disposta l’occupazione d’urgenza di un terreno di loro proprietà, della delibera del consiglio comunale del comune di San Vito dei Normanni n. 31 del 18 giugno 2007 e di quella di giunta municipale n. 183 del 31 dicembre 2009, con le quali sono state approvate, rispettivamente, il progetto preliminare e quello esecutivo di una strada da realizzare sul fondo di loro proprietà.
2.1. Le ricorrenti hanno altresì proposto le domande di condanna alla restituzione del fondo occupato, al risarcimento del danno patrimoniale che adducono di aver subito e all’indennità per il periodo di occupazione legittima.
3. Le ricorrenti hanno dedotto innanzi al competente T.a.r. di essere comproprietarie di un terreno agricolo sito nel comune di San Vito dei Normanni, censito al catasto al foglio n. 21, particelle 31 e 68, della estensione complessiva di mq. 1.360, interessato dal progetto per la realizzazione di un tronco stradale di collegamento fra via Mare e via Specchiolla (circonvallazione esterna dell’abitato di San Vito dei Normanni).
3.1. Successivamente all’approvazione del progetto preliminare e di quello definitivo, il comune, dopo aver emanato il relativo provvedimento di occupazione, si è immesso nel possesso del fondo, in data 25 gennaio 2011.
3.2. Secondo le interessate, dopo l’emanazione di questi provvedimenti, il comune non ha concluso il procedimento ablatorio, permanendo nel possesso del bene anche dopo la scadenza del termine quinquennale per l’emanazione del decreto di esproprio.
3.3. Si è costituito in giudizio il comune di San Vito dei Normanni, deducendo, in particolare, che sui terreni di proprietà delle medesime di che trattasi sarebbe stato raggiunto un accordo per la cessione bonaria degli stessi, accordo cui sarebbe seguita la determinazione del responsabile dell’ufficio tecnico comunale di San Vito dei Normanni n. 127 del 12 agosto 2011 che espressamente approvava il verbale di cessione bonaria dei predetti terreni intervenuto fra le parti e disponeva la liquidazione alle ricorrenti, rispetto alla maggiore indennità espropriativa convenuta, di un acconto complessivamente pari ad € 5.310,00. Con la determinazione n. 104 del 2 luglio 2012, sarebbe stato poi disposto il pagamento del saldo, pari ad € 10.527,00, a titolo di indennità definitiva di esproprio.
3.4. Con le loro repliche, le proprietarie hanno affermato che non fosse mai intervenuto alcun accordo per la cessione bonaria del fondo. In particolare, con la nota n. 4695/6427 del 20 marzo 2018, il comune, in seguito ad una richiesta di accesso agli atti delle ricorrenti, avrebbe comunicato che “ nei fascicoli agli atti di questo ufficio non è presente il verbale di cessione bonaria dagli istanti in indirizzo, relativo alla indennità di esproprio da corrispondere per le aree individuate al fg.21 p.lle 31 e 68 del NCT .”.
3.5. Con l’ordinanza collegiale n. 210 del 18 febbraio 2020, il T.a.r. ha disposto “ l’esibizione di una dettagliata relazione di chiarimenti sulla vicenda dedotta in contenzioso a firma del Dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale, con particolare riferimento all’atto di cessione bonaria dell’immobile (o atto equivalente) menzionato dal Comune nella propria memoria depositata in data 19 ottobre 2016 e, soprattutto, nella determina n. 127 del 12 agosto 2011, con cui il Responsabile del Servizio Lavori Pubblici dell’U.T.C. del Comune di San Vito dei Normanni esplicitamente approvava il verbale di bonario componimento intervenuto fra il predetto Comune e le odierne ricorrenti (verbale, però, del tutto assente dalla produzione documentale), chiarendo compiutamente se tale verbale (o altro equivalente) sia effettivamente intervenuto e producendo copia dello stesso, debitamente sottoscritta dalle parti in causa, atteso che l’esistenza di tale atto non può certo essere ritenuta sussistente dal semplice richiamo dello stesso contenuta nella determina n. 127/2011 sopra menzionata o in altro provvedimento amministrativo ”.
3.6. L’incombente istruttorio è stato reiterato con l’ulteriore ordinanza n.1383 del 11 dicembre 2020, rimasta parimenti non ottemperata da parte del comune.
4. Trattenuta la causa in decisione, con la sentenza n. 1355/2021, il T.a.r. ha dichiarato il ricorso in parte irricevibile, in parte inammissibile e in parte fondato, compensando le spese del grado di giudizio tra le parti.
4.1. In particolare, il T.a.r. ha dichiarato irricevibile per tardività la domanda di annullamento proposta avverso i provvedimenti di dichiarazione di pubblica utilità e di occupazione d’urgenza, “ per l’evidente superamento del termine decadenziale previsto dagli artt. 29 e 41 c.p.a. ” (capo non impugnato).
4.2. Il T.a.r. poi dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione la domanda di condanna al pagamento dell’occupazione legittima, la cui competenza giurisdizione è attribuita al giudice civile (capo non impugnato), mentre ha dichiarato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla somma domandata a titolo di occupazione illegittima (capo non impugnato).
4.3. Il T.a.r. ha inoltre dichiarato non provato il perfezionamento dell’atto di cessione bonaria del bene nelle forme di cui all’art. 12 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e ha, pertanto, accolto la domanda alla restituzione del fondo, previa riduzione in pristino del bene, medio tempore “trasformato” in una strada comunale (capo impugnato), facendo salvo il potere discrezionale dell’amministrazione civica di emanare il provvedimento di acquisizione ai sensi dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001 (capo non impugnato).
4.4. Infine, ha accolto la domanda di risarcimento del danno per il mancato godimento dell’area nel periodo di occupazione senza titolo da parte del comune e ha fissato i seguenti criteri per la liquidazione del danno ai sensi dell’art. 34 c.p.a.:
i) il 5% per ogni anno di occupazione abusiva, da calcolare sul valore del fondo ai sensi dell’art. 19 legge regione Puglia n. 3 del 2005;
ii) la superficie occupata risulta pari a mq 1.360;
iii) il ristoro del valore del soprassuolo pari a quello risultante al momento immissione in possesso (capo non impugnato);
iv) ha individuato le modalità di calcolo degli accessori (capo non impugnato);
v) ha assegnato il termine di 60 gg per la scelta dalla comunicazione della sentenza (capo non impugnato).
5. Il comune di San Vito dei Normanni ha impugnato la sentenza di primo grado, proponendo due motivi di appello, il secondo in subordine al primo.
5.1. Invertendo l’ordine delle questioni, l’appellante, con il primo motivo (esteso da pagina 4 a pagina 6), censura, in subordine, per l’eventualità che la domanda principale non venga accolta, il criterio di quantificazione del risarcimento per illecita occupazione del bene, ritenendo che piuttosto che la percentuale del valore venale del bene indicata dall’art. 42 bi s d.P.R. n. 327/2001, debba farsi applicazione del suo valoro locativo, tenendo conto che il bene occupato era un fondo agricolo inutilizzato.
5.2. Con il secondo motivo di appello (esteso da pagina 6 a pagina 9), il comune propone il motivo di impugnazione proposto in via principale, con la quale si domanda il rigetto del ricorso introduttivo del giudizio “ in considerazione dell’avvenuta traslazione del bene, in conseguenza della determina 127/11 ”.
6. Si sono costituite le signore Valente, contestando entrambi i motivi di appello con la memoria del 10 novembre 2021.
7. All’udienza del 13 ottobre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
7.1. In limine litis , va dichiarata l’inammissibilità dell’appello nella parte in cui ripropone “ Ai sensi e per gli effetti di cui al comma 2 dell’art.101 c.p.a., […] le domande, le eccezioni e le deduzioni proposte innanzi al Primo Giudice, eventualmente assorbite e non esaminate ” (arg. da Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2020, n. 2216;sez. IV, 24 gennaio 2020, n. 572;sez. V, 10 ottobre 2019, n. 6908;sez. IV, 26 settembre 2019, n. 6439).
7.1.1. Al pari delle domande, anche le eccezioni devono essere espressamente riproposte in sede di appello, non essendo sufficiente un generico rinvio agli scritti difensivi di primo grado (nella specie il comune innanzi al T.a.r. ha assunto la posizione di convenuto).
7.2. Il Collegio ritiene che, in considerazione dell’ordine logico delle questioni, vada prima esaminato il secondo motivo di appello, con il quale il comune di San Vito dei Normanni insiste sulla valenza di atto traslativo del bene della determina n. 127 del 2011, con la quale “ l’ufficio procedeva riassuntivamente all’approvazione dell’accordo bonario, e al pagamento dell’acconto, seguito successivamente dal pagamento del saldo, all’esito della determinazione dell’area effettivamente occupata ”. Qualora questa censura venisse accolta, il primo motivo di appello rimarrebbe assorbito, essendo tale declaratoria totalmente satisfattiva dell’interesse dell’amministrazione civica.
7.3. Tuttavia, il motivo di appello è infondato.
7.3.1. Rileva il Collegio che costituisce oramai jus receptum l’orientamento del giudice amministrativo, che - escludendo il trasferimento del diritto di proprietà di un bene oggetto dell’occupazione da parte dell’amministrazione e “trasformato” da quest’ultima con la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblico interesse attraverso il meccanismo della c.d. “rinuncia abdicativa” (Cons. Stato, Ad. plen., 20 gennaio 2020, nn. 2 e 4) - àncora il trasferimento del diritto dominicale su di esso alla sussistenza di un valido decreto di esproprio, alla stipulazione di un accordo transattivo, all’accertamento (dinanzi al giudice civile, munito di giurisdizione) dell’avvenuta usucapione “ nei ristretti limiti perspicuamente individuati dal Consiglio di Stato ” oppure all’emanazione di un provvedimento di acquisizione ai sensi dell’art. 42 bis d.P.R. n. 380/2001 (Cons. Stato, Ad. plen., 9 febbraio 2016, n. 2).
7.3.2. L’avvenuto acquisto del bene richiede dunque la prova, da parte dell’ente, di aver stipulato, nelle forme di legge, ossia ai sensi dell’art. 12 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, l’accordo per la cessione del bene, non potendosi attribuire al provvedimento cui fa riferimento l’amministrazione comunale valenza probatoria circa l’avvenuta traslazione del bene.
7.3.3. Benché sia stato ordinato due volte dal T.a.r., con le ordinanze suindicate, il deposito del suddetto accordo, nulla è stato prodotto in giudizio per fornire la prova dell’avvenuto acquisto.
7.3.4. Il capo della sentenza che ha ordinato la restituzione del bene, salva l’emanazione del provvedimento di acquisizione ai sensi dell’art. 42 bis d.P.R. n. 380/2001, risulta dunque corretto e va confermato.
Si puntualizza che, in alternativa all’esercizio del potere autoritativo da parte del comune di San Vito dei Normanni, le parti sono sempre libere di valutare anche la cessione consensuale del bene occupato.
7.3.5. Il secondo motivo di appello va pertanto respinto.
7.4. Può quindi procedersi all’esame del primo motivo di appello, riguardante i criteri che il T.a.r. ha stabilito affinché l’ente proceda alla liquidazione del danno cagionato dall’occupazione senza titolo del bene, protrattasi negli anni.
7.5. Il motivo è fondato, limitatamente al capo della sentenza che individua il criterio di liquidazione del danno da perdita del godimento del suolo, facendo applicazione della percentuale del 5% da calcolare sul valore venale del fondo ai sensi dell’art. 19 legge regione Puglia n. 3/2005, per ogni anno di occupazione abusiva.
7.6. Relativamente all’accoglimento del secondo motivo di appello, il Collegio richiama anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) c.p.a. e con valore di precedente giurisprudenziale conforme, la precedente sentenza della sezione n. 4709 del 23 luglio 2020.
7.6.1. Con riferimento ai criteri di quantificazione del danno per equivalente derivante dalla perdita/compromissione della facoltà di godimento del diritto di proprietà, la Sezione ha avuto modo di delineare i principi ispiratori cui la liquidazione di questo danno deve ispirarsi.
7.6.2. Si è affermato che:
a) “… la Sezione ritiene che vada rimeditato il richiamato precedente orientamento che liquidava in via automatica il danno derivante dal mero mancato godimento del bene immobile occupato utilizzando, a titolo equitativo ex art. 1226 c.c., il parametro del 5% di cui al più volte menzionato art. 42 bis, comma 3, del d.P.R. n. 327 del 2001. ” (§ 18.);
b) “… ritiene il Collegio che, per la quantificazione del danno, in difetto di una prova più puntuale sulle poste negative legate al mero mancato godimento dell’immobile, possa farsi applicazione di altri criteri equitativi .” (§ 22.):
c) “ Nel compiere tale valutazione, il giudice amministrativo deve tenere conto delle circostanze salienti relative al caso di specie, come emergenti dalle allegazioni delle parti e dagli atti di causa, così da liquidare un danno, che rispecchi, nella misura maggiore possibile, il pregiudizio economico sofferto. ” (§ 22.1.);
d) “… potrà tenersi conto della maggiore o minore estensione dell’area occupata, della durata dell’occupazione, dell’uso che fino a quel momento ne aveva fatto il suo proprietario, di circostanze attinenti al proprietario (se, ad es., è un imprenditore o un agricoltore o comunque è un soggetto che impiega o può impiegare proficuamente quel bene per scopi produttivi) oppure al bene stesso (destinazione urbanistica del bene occupato, il contesto territoriale e il tessuto economico in cui esso è inserito, la possibilità, in atto o in potenza, di adoperare quel bene per scopi economici o di svago) ” (§ 22.2.).
7.7. Il Collegio rileva che, nel caso di specie, il bene immobile occupato dall’amministrazione (e successivamente trasformato) è costituito da un fondo agricolo.
7.7.1. Dagli atti processuali e dalle allegazioni delle parti il fondo non risulta coltivato né adibito dalle proprietarie ad un particolare uso.
7.7.2. Risulta irrilevante che il bene risulta “ inserito in un contesto ampiamente urbanizzato con la realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria… ” (pag. 8, ricorso di primo grado), in quanto questa circostanza non muta minimamente la natura e le modalità di godimento concretamente attuate sul fondo da parte delle proprietarie fino al momento dell’occupazione e di cui quest’ultime lamentano la lesione.
7.8. Il Collegio ritiene, allora, che il criterio che il Comune dovrà adoperare per risarcire il danno da occupazione senza titolo del fondo altrui (qualora non intenda acquisirlo ai sensi dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001 o mediante un serio ed effettivo accordo consensuale con le proprietarie), sia costituito dal criterio del canone locativo ritraibile dal fondo agricolo, calcolato sulla durata dell’intera occupazione senza titolo.
7.8.1. Nel calcolare la somma complessivamente dovuta a titolo di risarcimento, il comune dovrà tenere conto delle somme che sono state già corrisposte in passato per l’acquisizione dell’area poi non validamente perfezionatasi a causa della mancata stipulazione, nelle forme di legge, del relativo atto traslativo.
7.8.2. L’offerta dovrà essere formulata alle proprietarie del fondo, da parte del Comune, entro 60 giorni dalla comunicazione della presente sentenza.
7.9. Rimangono ferme le statuizioni della sentenza di primo grado non espressamente riformate dalla presente sentenza.
8. In conclusione, per le motivazioni fin qui esposte, l’appello va parzialmente accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
9. La reciproca soccombenza delle parti consente la compensazione integrale delle spese del doppio grado di giudizio.
10. Ai fini del pagamento del contributo unificato deve ritenersi soccombente il comune per entrambi i gradi di giudizio.