Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-09-18, n. 202308419

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-09-18, n. 202308419
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308419
Data del deposito : 18 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

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Pubblicato il 18/09/2023

N. 08419/2023REG.PROV.COLL.

N. 08949/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8949 del 2019, proposto dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M S, A C, V T e V S, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, in Roma, Via Cesare Beccaria, n. 29 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Vidori Servizi Ambientali S.r.l. (già Vidori Servizi Ambientali S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F F e E M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Corbyons, in Roma, via Cicerone, n. 44, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione III, 3 aprile 2019, n. 413, resa tra le parti e non notificata, che ha accolto il ricorso proposto dalla Vidori Servizi Ambientali S.p.a. per l’ammissione al Fondo integrazione salariale (Fis) per il suoi 34 dipendenti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Vidori Servizi Ambientali S.r.l. (già Vidori Servizi Ambientali S.p.a.);

relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 settembre 2023 il consigliere Luca Di Raimondo e uditi gli avvocati presenti, come da verbale dell’udienza;

Ritenuto in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il presente contenzioso origina dalla domanda, con indicazione della causale “ Incendi, crolli, alluvioni, sisma ”, presentata il 1° settembre 2019 dalla Vidori Servizi Ambientali S.r.l. (già Vidori Servizi Ambientali S.p.a., d’ora in poi anche “VSA”), società esercente un’impresa di raccolta, trattamento, smaltimento e stoccaggio di rifiuti, per ottenere l’autorizzazione al pagamento per i suoi trentaquattro dipendenti dell’assegno ordinario di integrazione salariale di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 a carico del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) a seguito di un incendio, sviluppatosi il 18 agosto 2017 durante la chiusura per le ferie estive, che aveva provocato ingenti danni presso l’impianto della società sito nel Comune di Vidor (TV).

L’evento ha comportato anche il sequestro penale dello stabilimento disposto dai Carabinieri di Valdobbiadene, convalidato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso, per appurare la natura dell’incendio nell’ambito del procedimento penale contro ignoti, successivamente conclusosi con il decreto di archiviazione ex articolo 415 c.p.p. del competente Giudice per le indagini preliminari in data 8 gennaio 2019 (n. 2212/2017 r.g. Notizie di reato mod. 44, n. 1721/2018 r.g. G.I.P.), disposto su istanza della competente Procura della Repubblica 4 dicembre 2018, n. 01258, che aveva segnalato che “ le approfondite indagini espletate e gli accertamenti, anche di carattere tecnico, effettuati non hanno consentito di individuare i soggetti che si sono resi responsabili dell’incendio di origine dolosa che ha interessato il complesso immobiliare ” della società appellata.

2. L’istanza della VSA è stata respinta dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (di seguito anche “INPS”) con nota n. 5717 del 19 gennaio 2018, con la quale l’Ente ha comunicato che in data 22/09/2017 con PEC sono stati richiesti documenti integrativi della causale: incendio, alla data del 19/01/2018 nulla è pervenuto ”.

3. Per l’annullamento del citato provvedimento, la società appellata ha presentato ricorso amministrativo al Comitato amministratore del FIS in data 27 aprile 2018, contestando la motivazione del diniego e, in particolare, rilevando che le relazioni rispettivamente del consulente tecnico della Procura della Repubblica e del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco erano state depositate successivamente al disposto rigetto, e lamentando che non era stata raggiunta certezza sulle cause dell’incendio.

Con provvedimento n. 84000-18-0025 del 25 maggio 2018, l’INPS ha confermato in autotutela l’atto di diniego del 19 gennaio 2018, ritenendo, ad integrazione della precedente motivazione del 19 gennaio 2018, considerata incompleta, che “ non sono pervenute alla data del rigetto – 19/01/2018 – il verbale e l’attestazione delle competenti autorità VV.FF. comprovanti la natura e la causa dell’evento, richiesti in data 15/09/2017 in osservanza all’art. 11 del D.M. n. 95442/2016, documentazione ritenuta fondamentale per valutare l’integrabilità della causale incendio (elemento determinante per l’accoglimento è la causa NON dolosa dell’evento) ”.

5. Con ricorso gerarchico al Comitato Amministratore del Fondo di Integrazione Salariale, affidato ad un unico motivo, rubricato “ Incertezza delle cause dell’incendio del 18/08/2017 ”, la VSA ha impugnato il provvedimento di conferma del diniego, censurandolo come segue: “ Con riguardo all’evento (incendio del 18/08/20179 accaduto nello stabilimento di Vidori Servizi Ambientali spa, ad oggi pende presso la Procura della Repubblica Tribunale di Treviso, innanzi al Pubblico Ministero dott. Massimo De Bortoli, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Treviso. Nel predetto procedimento, la Società ricorrente è “parte lesa”.

Il Tribunale non si è ancora espresso circa le cause dell’incendio del 18/08/2017 e le eventuali responsabilità ”.

6. La società ha, dunque, impugnato il silenzio-diniego sul secondo ricorso gerarchico con ricorso al Tar Veneto notificato il 23 gennaio 2019, affidato ai seguenti motivi:

“1. Illegittimità del diniego dell’assegno ordinario FIS.

Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 del d. lgs. n. 148/2015, degli artt. 2 e. 8 del d.m. n. 95442/2016 e dell’art. 7 d.m. 94343/2016: il dolo escludente l’accesso alla CIGO deve intendersi limitatamente a quello “imputabile all’impresa”, non anche a quello dei terzi, “non imputabile alla responsabilità dell’impresa”, tanto più quando il dolo è di terzi ignoti.

Violazione del principio di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.).

Eccesso di potere per motivazione contraddittoria e perplessa. Ingiustizia manifesta. ”;

“2. Illegittimità del diniego dell’assegno ordinario FIS.

Illegittimità, in parte qua, dell’art. 8 del d.m. n. 95442/2016 per contrarietà con la norma legislativa primaria dell’art. 11 del d. lgs. n. 148/2015 (richiamata dell’art. 7 d.m. 94343/2016).

Violazione degli artt. 1, 3, 4, 12 delle disposizioni preliminari al c.c.

In subordine, illegittimità costituzionale dell’art. 11 del d.lgs. n. 148/2015 interpretato alla luce dell’art. 11 del d.m. 95442/2016. ”;

3. Illegittimità del diniego dell’assegno ordinario FIS.

Improducibilità per l’impresa della documentazione di cui l’INPS lamenta la carenza e incertezza circa le cause reali dell’incendio.

Eccesso di potere per carenza di istruttoria, motivazione contraddittoria e perplessa, ingiustizia manifesta .

Violazione degli art. 2, 8, 11 del d.m. 95442/2016 e dell’art. 7 d.m. 94343/2016. Violazione della prassi amministrativa (cfr. messaggio INPS n. 1396 del 29 marzo 2018, messaggio INPS n. 1856 del 3.5.2017, circolare n. 139/2016).

Violazione di legge (art. 3 l. n. 241/1990).

7. Con sentenza 3 aprile 2019, n. 413, il Tar Veneto, Sezione III, ha accolto il ricorso, annullando gli atti impugnati nei sensi di cui in motivazione.

8. Con appello notificato il 24 ottobre 2019 e depositato il successivo 4 novembre, l’INPS ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza del Tar Veneto 3 aprile 2019, n. 413, affidando il proprio gravame a tre motivi di censura, con i quali solleva eccezioni in rito e ripropone, anche in chiave critica rispetto alla sentenza impugnata, le difese svolte in primo grado, lamentando:

1) Tardività del ricorso al T.A.R. per il Veneto. ”: secondo l’appellante, la ricorrente avrebbe violato le norme sulla proposizione del rimedio giustiziale avverso il provvedimento di diniego dell’assegno ordinario in questione, tenuto conto del termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso gerarchico improprio;

2) Inammissibilità del ricorso al T.A.R. per il Veneto. ”: con tale mezzo, l’INPS si duole che la società ricorrente non poteva lamentare con il ricorso giurisdizionale vizi e motivi di censura che non sono stati prospettati in sede di ricorso gerarchico ammnistrativo e la cui presunta sussistenza è stata prospettata solamente e per la prima volta in sede giurisdizionale;

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 30 del D. Lgs. n. 148/2015 e 7 del D.M. n. 94343/2016, in relazione agli artt. 11 e 16 del D. Lgs. n. 148/2015 nonché 1 e 8 del D.M. n. 95442/2016. Motivazione insufficiente. ”: il motivo censura la sentenza del Tar, che non avrebbe adeguatamente valorizzato la circostanza che, in base alla normativa applicabile, la società ricorrente non aveva dimostrato il verificarsi di tutti i presupposti di legge per la concessione del beneficio invocato (vale a dire, l’esclusione di qualsiasi responsabilità della VSA in ordine alla causazione dell’incendio e la prova di aver adottato ogni misura atta a prevenire o contenerne gli effetti).

9. Con memoria depositata il 19 marzo 2023, la VSA si è costituita in giudizio, eccependo, in via preliminare, l’ammissibilità dell’appello per avvenuta acquiescenza, avendo l’INPS dato esecuzione senza riserve alla sentenza appellata con provvedimento del 2 maggio 2019, e contestando nel merito la fondatezza del gravame.

10. In adempimento di quanto disposto con l’ordinanza presidenziale 6 giugno 2023, n. 730, con dichiarazione depositata il 21 giugno 2023, l’INPS ha confermato la sussistenza dell’interesse alla decisione dell’appello.

Con dichiarazione depositata il 23 giugno 2023, la VSA ha rappresentato che, con provvedimento del 2 maggio 2019, l’appellante ha dato esecuzione alla sentenza impugnata, con ciò ingenerando nella società il convincimento che le somme erogate dall’INPS non fossero ripetibili, secondo il principio dell’affidamento.

11. Il 12 luglio 2023 l’Ente appellante ha depositato memoria ex articolo 73 c.p.a., alla quale ha replicato la VSA con memoria depositata il 24 luglio 2023.

12. All’udienza del 14 settembre 2023, la causa è passata in decisione.

13. Prima di analizzare i singoli mezzi di gravame, dal punto di vista logico è preliminare l’esame dell’eccezione sollevata dalla VSA di inammissibilità dell’appello, per avere l’INPS fatto acquiescenza alla sentenza del Tar Veneto, avendone dato esecuzione con provvedimento del 2 maggio 2019.

L’eccezione è infondata per due concorrenti ordini di motivazioni.

Da un prima punto di vista, il provvedimento del 2 maggio 2019 è motivato esclusivamente sulla circostanza per cui “ la domanda è stata accolta a seguito della sentenza del TAR ”, non risultando altre ragioni che hanno indotto l’Amministrazione ad emanare il provvedimento.

Né, da questo angolo prospettico, assume rilievo nel senso auspicato dall’appellata la locuzione contenuta nell’atto, secondo cui “ il presente provvedimento annulla e sostituisce il provvedimento n. FIS5717-2018, Protocollo INPS.8400.16/09/2017.0208224 ”, poiché l’obbligo di dare esecuzione al dictum del giudice comportava l’adozione di un atto uguale e contrario a quello oggetto di impugnativa giurisdizionale, fatto salvo il riespandersi dei suoi effetti in caso di accoglimento dell’appello, non potendo l’effetto conformativo delle sentenze di annullamento del giudice amministrativo “ spingersi, al di fuori dei casi eccezionali di giurisdizione di merito, sino a prefigurare una soluzione precisa ”(Cassazione Civile, Sezioni Unite18 febbraio 2022, n. 5365).

La giurisprudenza amministrativa sul punto è chiara: relativamente al rapporto tra provvedimento sopravvenuto ed acquiescenza alla decisione giudiziale, in mancanza di un atto formale dell’Amministrazione, ovvero di comportamenti concludenti che, valutati complessivamente, indichino la volontà inequivocabile di fare acquiescenza alla decisione del giudice, la mera, doverosa esecuzione di quanto stabilito in sentenza non comporta automaticamente l’intento, che la VSA vorrebbe attribuire all’Ente, di rinunciare implicitamente all’appello proposto, “ a meno che nell’ambito dell’esecuzione così intrapresa quest’ultima dichiari in modo espresso di accettare la decisione o comunque tale accettazione sia inequivocabilmente evincibile dal complessivo comportamento tenuto (Consiglio di Stato, Sezione VI, 13 giugno 2023, n. 5774;
sull’esecuzione della parte privata della sentenza senza riconoscimento dell’irreversibilità dei suoi effetti, cfr. Consiglio di Stato, Sezione VII, 7 agosto 2023, n. 7631).

A tale indirizzo giurisprudenziale aderisce anche la Sezione, che, con motivazioni dalle quali il Collegio non vede ragione di discostarsi, ha stabilito che “ l’adozione di nuovi atti da parte dell’amministrazione soccombente, a seguito della sentenza di primo grado di annullamento, non costituisce affatto, in difetto di chiari e univoci elementi sul punto, acquiescenza o rinuncia all’appello proposto dalla stessa amministrazione avverso tale sentenza, e pertanto a fortiori tale appello non può essere dichiarato improcedibile (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 novembre 2015, n. 5136;
id., 23 giugno 2015, n. 3182;
id., sez. III, 1 agosto 2014, n. 4103;
id., sez. IV, 22 agosto 2013, n. 4248.
(Consiglio di Stato, Sezione III, 24 maggio 2023, n. 5121).

14. Una volta stabilito che l’appello è ammissibile sotto l’aspetto analizzato, mette conto esaminare i mezzi in cui il gravame si articola.

Risulta fondato il secondo motivo di appello, concernente la modifica dei mezzi di censura dedotti da VSA in sede giurisdizionale rispetto a quello, unico, formulato nel secondo ricorso gerarchico, con conseguente violazione del principio di divieto di introdurre nova nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo .

Da questo angolo prospettico, perde consistenza l’eccezione della società appellata, secondo cui l’INPS non avrebbe potuto eccepire in secondo grado la tardività del ricorso in prime cure , non avendo mai formulato una contestazione di tal genere nel giudizio dinanzi al Tar.

Osserva il Collegio che la giurisprudenza circoscrive chiaramente il perimetro delle eccezioni rilevabili solo in primo grado, restringendone l’ambito solo a quelle non rilevabili d’ufficio (cfr., ex multis , Consiglio di Stato, Sezione III, 21 maggio 2021, n. 3964, secondo cui in casi come il presente deve escludersi il giudicato implicito, atteso che “ non sussiste alcuna preclusione alla deducibilità, in sede di appello (tanto più in quanto espressamente sollevate mediante apposita censura avverso la sentenza appellata), di questioni di rito rilevabili d’ufficio ”;
cfr., altresì, Consiglio di Stato, Sezione II, 2 maggio 2023, n. 4438).

15. La tesi di fondo dell’INPS per l’aspetto in esame fa leva sulla lamentata novità delle censure dedotte da VSA in giudizio rispetto a quelle prospettate con il ricorso gerarchico.

Il motivo è fondato.

Non occorre, al riguardo, un esame sinottico delle doglianze contenute nel ricorso amministrativo rispetto a quelle di cui al ricorso giurisdizionale, atteso che, come già osservato, le prime si esauriscono nella lamentata illegittimità del diniego sulle base della seguente, unica doglianza: “ Con riguardo all’evento (incendio del 18/08/2017 accaduto nello stabilimento di Vidori Servizi Ambientali spa), ad oggi pende presso la Procura della Repubblica Tribunale di Treviso, innanzi al Pubblico Ministero dott. Massimo De Bortoli, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Treviso. Nel predetto procedimento, la Società ricorrente è “parte lesa”.

Il Tribunale non si è ancora espresso circa le cause dell’incendio del 18/08/2017 e le eventuali responsabilità.

Nel ricorso al Tar, viceversa, come risulta dalla rubrica dei mezzi di gravame, VSA ha dedotto vizi sintomatici dell’esercizio del potere pubblico, nuovi rispetto ai quali dedotti in sede di ricorso amministrativo

In questa prospettiva, il secondo motivo di appello va accolto, in applicazione del costante orientamento giurisprudenziale (tra le tante, Consiglio di Stato, Sezione VI, 21 novembre 2022, n. 10230;
id. 19 novembre 29018, n. 6491;
id., Sezione III, 17 aprile 2018, n. 2286;
id., Sezione VI, 2 luglio 2015, n. 3299;
id., Sezione V, 15 marzo 2012, n. 1444), secondo cui “ in tema di rapporti tra ricorso gerarchico e ricorso giurisdizionale, la giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, VI, 19-11-2018, n. 6491;
III, 17-4-2018, n. 2286;
VI, 2-7-2015, n. 3299;
V, 15-3-2012, n. 1444) afferma che
in sede di ricorso giurisdizionale contro una decisione adottata a seguito di ricorso gerarchico, sono inammissibili i motivi nuovi di ricorso che non siano stati proposti nella predetta sede contenziosa amministrativa, a meno che il termine a ricorrere contro l’originario provvedimento impugnato non sia ancora decorso, e ciò al fine di evitare che la mancata impugnativa di un atto asseritamente illegittimo attraverso il rimedio giustiziale e la sua successiva impugnativa (per saltum) con il rimedio giurisdizionale possa costituire la via attraverso la quale eludere l’onere di impugnare tempestivamente l’atto nell’ordinario termine decadenziale. ”.

E’ stato ulteriormente chiarito che “ la presentazione del ricorso gerarchico non ha efficacia sospensiva dei termini di impugnazione giustiziale o giurisdizionale del provvedimento avversato in sede amministrativa. Ciò comporta che l’oggetto del contendere, la “causa petendi”, viene perimetrata dal ricorrente con il gravame gerarchico. La successiva impugnazione della decisione del ricorso amministrativo non potrebbe, pertanto, rappresentare uno strumento surrettizio per ampliare il “thema decidendum” per come delineato dal ricorrente. Tale principio trova supporto nella natura specificamente impugnatoria del rimedio, allorquando le posizioni giuridiche possedute dal ricorrente hanno consistenza di interesse legittimo. In questi casi il ricorso giurisdizionale o giustiziale sconta termini decadenziali perentori a fronte dei quali, se si ammettesse la possibilità di ampliamento postumo del “thema decidendum”, mediante la proposizione di motivi nuovi di gravame, verrebbe facilmente aggirato quel termine concretandosi una indebita rimessione in termini non consentita dall’ordinamento giuridico. ” (Consiglio di Stato, Sezione I, parere n. 745/2021).

L’accoglimento del secondo motivo di appello potrebbe comportare l’assorbimento dell’esame del primo e del terzo.

16. Per completezza espositiva, sotto questo ultimo punto di vista, la Sezione ritiene che il comportamento tenuto dalla società non è immune dalle critiche mosse dall’INPS, con particolare riferimento alla dimostrazione della transitorietà e non imputabilità all’impresa dell’evento che ha dato luogo alla richiesta di ammortizzatori sociali, in relazione alla mancata diligenza legata alla circostanza che le telecamere di sicurezza non risultavano attive al momento dell’incendio e che lo stabilimento è stato lasciato senza alcuna sorveglianza nel lungo periodo di chiusura per ferie (cfr. la relazione del consulente tecnico della Procura della Repubblica e la relazione del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Treviso), impedendo che un tempestivo intervento scongiurasse il verificarsi di danni così ingenti (Consiglio di Stato, Sezione III, 15 ottobre 2019, n. 7000), anche senza tener conto dei pericoli di per sé legati alle modalità di stoccaggio di materiali che, proprio perché molto infiammabili, devono essere conservati separatamente (cfr. relazione del consulente tecnico di parte della VSA e quella del CTU nel procedimento penale).

17. Va precisato che la presente decisione è stata assunta tenendo altresì conto dell'ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 5 gennaio 2015, n. 5 nonché Cassazione, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242), tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione Civile, Sezione II, 22 marzo 1995, n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione Civile, Sezione V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sezione VI, 2 settembre 2021, n. 6209, 13 settembre 2022, n. 7949, e 18 luglio 2016, n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

In conclusione, l’appello va accolto, sussistendo, tuttavia, sufficienti ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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