Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-09-12, n. 202308273
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Testo completo
Pubblicato il 12/09/2023
N. 08273/2023REG.PROV.COLL.
N. 02808/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2808 del 2017, proposto da
Racop S.r.l. in proprio e quale mandataria della costituenda Ati, Icv S.r.l. in proprio e quale mandante cosituenda Ati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato R B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via A. Pollaiolo n. 3;
So.L.E.S. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato L D'Ottavi, con domicilio eletto presso gli Uffici della Avvocatura Comunale in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;
nei confronti
Acea Ato2 Spa, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 01229/2017, resa tra le parti su appalto CIG 05430570D0.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2023 il Cons. M S e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società appellante partecipava alla gara per la realizzazione di un tronco dell’impianto fognario dell’Acqua Traversa in Roma (in particolare il VI, ubicato nel Municipio Roma XV) e risultava aggiudicataria provvisoria all’esito della gara stessa, ossia in data 6 ottobre 2011. Importo della commessa: oltre 5 milioni di euro.
Il Comune di Roma avviava la procedura di verifica dei requisiti senza tuttavia concluderla per diversi anni.
Nel 2013 il Comune di Roma chiedeva agli uffici di ragioneria se si potesse chiudere la procedura di aggiudicazione nel rispetto del patto di stabilità che, nel frattempo, era entrato in vigore con legge n. 183 del 2011. La Ragioneria, viene riferito nel provvedimento di revoca poi impugnato, avrebbe frapposto ostacoli alla chiusura della procedura di gara proprio a causa dei suddetti vincoli di bilancio. Tale carteggio o comunque tali difficoltà non venivano comunicate alla RACOP nella qualità di aggiudicataria provvisoria.
Nel frattempo lo Stato italiano subiva una procedura di infrazione, nel corso del 2015, per la cattiva gestione degli impianti fognari e di depurazione, ivi ricompresi quelli del Comune di Roma e, tra questi, il collettore fognario dell’Acqua Traversa. Di qui il commissariamento delle opere tra cui anche quella in esame.
Con nota del 22 gennaio 2016 il Comune di Roma chiedeva comunque alla RACOP la disponibilità alla conclusione della procedura di gara (aggiudicazione definitiva e stipula del contratto) agli stessi prezzi offerti in gara nel 2011. RACOP insisteva invece per un aggiornamento dei prezzi (nota RACOP 25 febbraio 2016). Il richiesto aggiornamento e modifica dei prezzi veniva rifiutato dai competenti uffici del Comune di Roma in quanto ciò avrebbe comportato una sostanziale variazione dell’offerta con cui RACOP si era aggiudicata la gara nel 2011, e tanto con conseguente possibile violazione della par condicio rispetto agli altri concorrenti della stessa gara.
A questo punto la procedura di gara (ivi ricompresa la aggiudicazione provvisoria) con determinazione dirigenziale n. 882 del 14 giugno 2016 veniva revocata e aggiudicata ad ACEA ATO 2, come da indicazione del commissario di governo.
2. La revoca veniva impugnata dinanzi al TAR Lazio che rigettava il ricorso anche con riguardo ai profili risarcitori da responsabilità precontrattuale. In particolare il giudice di primo grado affermava che:
2.1. Sussistevano i presupposti della revoca ex art. 21- quinquies della legge n. 241 del 1990;
2.2. Il meccanismo del silenzio assenso non si applica alla aggiudicazione definitiva;
2.3. Non è intervenuto alcun provvedimento di aggiudicazione definitiva;
2.4. Sul piano risarcitorio, la sola approvazione della aggiudicazione provvisoria è insuscettibile di ingenerare alcun affidamento in capo al privato;
2.5. Sul piano del risarcimento da responsabilità precontrattuale, non si è registrata alcuna assenza di buona fede o di diligenza da parte del Comune di Roma, il quale non si sarebbe ingiustificatamente ritirato dalle trattative (queste ultime sarebbero state infatti interrotte per eventi “esogeni” come il patto di stabilità nonché il commissariamento delle opere e dunque la sostanziale sostituzione dell’amministrazione comunale nella gestione della suddetta opera).
3. La sentenza veniva appellata sia per quanto riguarda i profili annullatori, sia per quelli risarcitori. Più in particolare si deduceva erroneità per i motivi di seguito sintetizzati:
3.1. Omessa considerazione della avvenuta aggiudicazione definitiva della commessa in questione;
3.2. Mancata comunicazione di avvio del procedimento di revoca della gara e della aggiudicazione provvisoria;
3.3. Omessa considerazione della violazione del principio del legittimo affidamento e difetto di motivazione in ordine alle ragioni legate al provvedimento di revoca;
3.4. Omessa considerazione, di conseguenza, del diritto al risarcimento da atto illegittimo e dunque per il mancato utile (chiesto nella misura del 10% dell’importo dell’appalto) nonché per il danno curricolare subito (chiesto nella misura del 3% del medesimo importo);
3.5. Omessa considerazione, in ogni caso, dei presupposti per il riconoscimento della responsabilità precontrattuale in capo alla PA per violazione dei canoni della buona fede e della correttezza. Ciò in particolare per la mancata tempestiva comunicazione delle ragioni legate alla possibile revoca dei suddetti atti di gara. Veniva a tal fine richiesto il risarcimento dell’interesse negativo per le spese inutilmente sostenute (a titolo di danno emergente) nonché per la perdita di altre occasioni contrattuali (a titolo di lucro cessante).
4. Si costituiva in giudizio l’appellata amministrazione comunale per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione.
5. Alla pubblica udienza del 15 giugno 2023 la causa veniva infine trattenuta in decisione.
6. Tutto ciò premesso, in merito ai profili annullatori si osserva che:
6.1. Quanto al motivo sub 3.1. la aggiudicazione definitiva non v’è stata, ancor prima non si è perfezionata la verifica dei requisiti e neppure può applicarsi il meccanismo del silenzio assenso, che vale soltanto per la approvazione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1766). Al riguardo è stato in particolare affermato che: “Né può sostenersi che il lungo tempo trascorso tra l'aggiudicazione e la revoca della stessa, nonché dell'intera gara abbia mutato la natura giuridica di atto provvisorio, ad effetti instabili, dell'aggiudicazione provvisoria, atteso che il termine di trenta giorni stabilito dall'art. 12 del d.lgs. n. 163 del 2006 comporta solamente che l'aggiudicazione si consideri, nel silenzio dell'Amministrazione, approvata, ma non che essa determini l'aggiudicazione definitiva, la quale resta sempre sottoposta alla verifica del possesso dei requisiti in capo all'aggiudicataria” (Cons. Stato, sez. V, 10 ottobre 2018, n. 5834). Ed ancora che: “il meccanismo del silenzio assenso prefigurato dall'art. 12, comma 1, riguarda solo l'approvazione dell'aggiudicazione provvisoria, mentre l'aggiudicazione definitiva richiede una manifestazione di volontà espressa dell'Amministrazione, ossia un provvedimento” (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1766, cit.). Più in particolare: “la censura proposta si fonda sul ritenuto perfezionamento dell'aggiudicazione definitiva sulla base della mera inerzia della stazione appaltante, mentre invece, come sopra evidenziato, è la stessa norma che rende palese la necessità di un provvedimento ulteriore dell'amministrazione, non altrimenti sostituibile benché vincolato nei contenuti” (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1766, cit.).
Alla luce di quanto sopra riportato il motivo deve dunque essere respinto dal momento che, pur a seguito di richiesta documentale da parte dell’amministrazione in data 21 novembre e di relativo deposito da parte di RACOP il successivo 29 novembre 2011, l’amministrazione comunale stessa non risulta avere mai formalmente concluso il procedimento mediante adozione espressa di formale provvedimento di aggiudicazione.
6.2. Quanto al motivo sub 3.2., per giurisprudenza costante la comunicazione di avvio del procedimento non è obbligatoria per la revoca della aggiudicazione provvisoria (Cons. Stato, sez. V, 10 ottobre 2018, n. 5834). Al riguardo è stato in particolare affermato che: “la possibilità che all'aggiudicazione provvisoria della gara non faccia seguito quella definitiva è evento del tutto fisiologico, che esclude qualsivoglia affidamento tutelabile; pertanto