Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-10-31, n. 201907466

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-10-31, n. 201907466
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907466
Data del deposito : 31 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2019

N. 07466/2019REG.PROV.COLL.

N. 06515/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6515 del 2011, proposto dalle signore G S, M B e M S, in qualità di eredi del signor C S, tutte rappresentate e difese dall'avvocato A R, con domicilio eletto presso lo studio Ennio Luponio in Roma, piazza Don Minzoni, n. 9,

contro

il Comune di Castel Volturno, in persona del Commissario prefettizio pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato R M, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato N B in Roma, via Germanico, n. 107,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, Sez. VIII, n. 550 del 27 gennaio 2011, resa inter partes , concernente il diniego di condono edilizio avente ad oggetto opere realizzate in assenza di titolo abitativo in area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Castel Volturno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2019 il consigliere Giovanni Sabbato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto innanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, il signor C S aveva chiesto l’annullamento del provvedimento del 24 ottobre 2006, con cui il Comune di Castel Volturno aveva respinto la domanda di condono presentata dallo stesso ricorrente in data 9 dicembre 2004 ed il consequenziale ordine demolitorio del 1° dicembre 2008.

2. A sostegno della proposta impugnativa, il ricorrente aveva dedotto:

a) la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 per vizio del procedimento;

b) la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 comma 27 lett. d) della legge n. 326/2003, nonché della circolare del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti prot. n. 2699/C del 7.12.2005, per carenza assoluta di presupposti e per vizio del procedimento.

3. Costituitasi l’Amministrazione comunale al fine di resistere, il Tribunale ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha respinto il ricorso ed i motivi aggiunti, reputando infondate tutte le censure articolate;

- ha condannato parte ricorrente al pagamento, in favore di parte resistente, delle spese processuali (€ 1.500,00).

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- “ nelle aree assoggettate a vincolo paesaggistico cd. relativo, il riconoscimento del beneficio in argomento non è correlato "solo" al rilascio del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, essendo richiesto il concorso altresì di ulteriori condizioni ”;

- “ per le opere abusive realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo in area sottoposta a vincolo di inedificabilità, il condono è escluso qualora il vincolo sia stato istituito prima dell'esecuzione delle opere abusive e le opere non siano conformi alle norme urbanistiche e prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore del decreto. Dunque, la sanatoria delle opere realizzate su aree vincolate deve ritenersi ammessa solo qualora il vincolo sia stato imposto successivamente alla realizzazione dell'opera e le opere risultino comunque conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore del decreto ”;

- “ gli stessi elementi forniti in giudizio da parte ricorrente. non avrebbero potuto orientare diversamente l'amministrazione comunale, in senso a lei favorevole ”.

5. Avverso tale pronuncia il signor S ha interposto appello, notificato il 25 luglio 2011 e depositato il 28 luglio 2011, lamentando, attraverso due motivi di gravame (pagine 2-3), quanto di seguito sintetizzato:

I) avrebbe errato il Tribunale nel ritenere le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio non suscettibili di sanatoria laddove siano realizzate in zone soggette a vincoli istituiti prima dell’esecuzione delle stesse e risultino non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;

I.1.) il Tribunale non avrebbe infatti dato rilevanza al combinato disposto degli articoli 32 della legge n. 47/1985 e 32, comma 27, lett. d), del d.l. n. 269/2003, dal quale emerge la necessità che coesistano entrambi i presupposti – imposizione del vincolo di non edificabilità relativa prima della esecuzione delle opere e non conformità di queste ultime alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici – ai fini della non condonabilità;

I.2.) il Tribunale non avrebbe considerato che, non sussistendo, nel caso di specie, entrambi i presupposti suddetti, l’opera urbanistica abusiva sarebbe connotata da inedificabilità relativa, invece che assoluta, e la sanatoria sarebbe subordinata al mero rilascio di nulla osta da parte delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo gravante sull’area;

II) avrebbe errato il Tribunale nel rigettare la censura relativa alla violazione dell’art. 6 della legge n. 15/2005 per omesso preavviso di diniego, essendovi in capo alla pubblica Amministrazione, nei procedimenti ad istanza di parte, l’obbligo di comunicare tempestivamente al richiedente i motivi che ostano all’accoglimento della domanda prima della formale adozione di un provvedimento negativo.

6. In data 14 novembre 2011, il Comune appellato si è costituito con memoria di controdeduzioni al fine di evidenziare che le opere in questione non sono suscettibili di sanatoria anche in virtù ed ai sensi dell’art. 32, comma 27°, della legge n. 326/2003, in quanto la zona ove sorge l’opera abusiva è soggetta al vincolo sotto l’aspetto paesistico ambientale per effetto del D.M. del 19 maggio 1965 e della legge 42/04, e che l’ordinanza di demolizione non deve essere preceduta dall’avviso di avvio del procedimento;

b) il manufatto abusivo ricade nella fascia R del P.S.D.A. predisposta dall’Autorità di Bacino dei fiumi Liri, Garigliano e Volturno con particolare riferimento all’art. 16 del D.P.C.M. del 10 dicembre 2004.

7. In data 1° dicembre 2016, a seguito del decesso dell’appellante, avvenuto in data 24 dicembre 2013, le signore M B, G e M S - rispettivamente moglie e figlie del de cuius - hanno depositato memoria di riassunzione del giudizio chiedendo l’accoglimento dell’appello.

8. In vista della trattazione nel merito del ricorso le parti non hanno svolto difese scritte.

9. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2019, è stato introitato in decisione.

10. Il Collegio ritiene che l’appello sia infondato e vada pertanto respinto.

11. Va premesso che, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., non possono essere utilizzati documenti non prodotti nel giudizio di prime cure. Infatti il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda anche le prove c.d. precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata al pari delle prove c.d. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado ovvero alla valutazione della loro indispensabilità (Cons. Stato, sez. IV, 20 agosto 2018, n. 4969). Ebbene, nel caso di specie non si rinviene alcuno delle speciali ragioni previste dall’art. 345 c.p.c. in grado di giustificare il superamento del citato divieto (Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703). Non possono quindi avere accesso nel presente giudizio i nuovi documenti prodotti da parte appellante in data 18 luglio 2019.

12. Con il primo motivo, l’appellante auspica un approccio interpretativo alla disciplina del cd. terzo condono (legge n. 326/2003) in base al quale se il vincolo paesaggistico, comportante inedificabilità relativa, è successivo alla realizzazione delle opere, è sufficiente ai fini del conseguimento della sanatoria, il parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo e quindi a prescindere dalla conformità delle opere alla disciplina urbanistica.

Occorre premettere alla disamina del rilievo che la domanda di condono – per la sanatoria di un appartamento realizzato in assenza di permesso di costruire, della superficie di mq. 81,37, altezza mt. 3, 10 ed il volume di 420,70 mc. – è stata respinta con il provvedimento del 24 ottobre 2006, impugnato in prime cure, sulla base della seguente triplice considerazione: a) la zona ove sorge l’opera abusiva è soggetta a vincolo sotto l’aspetto paesaggistico ambientale per effetto del D.M. del 19 maggio 1965 e della legge 42/04;
b) il manufatto abusivo ricade nella fascia R del P.S.D.A. predisposta dall’Autorità di Bacino dei fiumi Liri, Garigliano e Volturno con particolare riferimento all'art. 16 del D.P.C.M. del 10.12.2004;
c) il manufatto è stato realizzato in assenza del titolo edilizio ed in contrasto con l’art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001, disciplinante le aree prive di destinazione urbanistica (cd. zone bianche).

Orbene, a norma del combinato disposto dell’art. 32 della L. n. 47/1985 e dell’art. 32, comma 27, lett. d), della L. 326/2003, un abuso commesso su un bene sottoposto ad un vincolo di inedificabilità, sia esso di natura relativa o assoluta, non può essere oggetto di condono laddove, congiuntamente: a) l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa sia anteriore alla esecuzione delle opere;
b) la realizzazione delle stesse sia stata effettuata in assenza o difformità dal titolo edilizio;
c) la costruzione non sia conforme alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ( ex multis , Cons. Stato Sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4599). Nel caso di specie, il manufatto incorre nella violazione di tutte e tre le ipotesi ostative su descritte, con conseguente esclusione di ogni possibilità di conseguire il condono ai sensi dell’art. 32 comma 27 lett. d) della legge n. 326/2003. L’appellante si limita ad osservare che l’aspetto relativo alla non conformità urbanistica sarebbe privo di rilievo in considerazione del fatto che l’introduzione del vincolo è intervenuta dopo l’esecuzione delle opere. In realtà tale circostanza non è evincibile dagli atti di causa, essendo il vincolo introdotto per effetto già del D.M. del 19 maggio 1965 quindi ben prima l’edificazione del manufatto, risalente, a dire dello stesso appellante, agli anni “ 1998/1999 ” (cfr. pagina 1 dell’appello). Alcun riferimento vi è peraltro nell’atto di appello alla presenza del vincolo idrogeologico sull’area, sebbene sia stato a sua volta valorizzato dall’amministrazione in sede di diniego, oltre che contestato in prime cure, così come alcuna articolazione difensiva è dedicata al profilo della non conformità urbanistica, anch’esso parte integrante del quadro motivazionale del diniego. Le deduzioni dell’appellante lasciano intendere che rilevi ex se la natura relativa del vincolo di inedificabilità per ragioni di tutela paesaggistica quando invece, come correttamente rilevato dal Tribunale, a ciò deve comunque aggiungersi, al fine di conseguire la sanatoria in presenza di un parere favorevole, la conformità urbanistica delle opere, nel caso di specie invece esclusa dall’amministrazione con un preciso versante motivazionale mai contestato. Questo Consiglio (sez. IV, 12 marzo 2018, n. 1528) ha infatti rilevato che “ Ai sensi dell'art. 32 comma 27 lett. d), d.l. 30 settembre 2003, convertito con modificazioni nella l. 24 novembre 2003, n. 326 , devono intendersi espressamente escluse dal condono edilizio le opere che siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
allo stato sono condonabili soltanto le opere realizzate su immobili assoggettati a vincolo dopo la loro realizzazione, e soltanto per esse si pone l’esigenza della verifica delle ulteriori congiunte condizioni della conformità urbanistica
”. Deve quindi concludersi che, a tutto concedere alla tesi di parte secondo cui il vincolo sarebbe stato introdotto successivamente all’esecuzione delle opere, tale circostanza non escluderebbe la necessità, secondo quanto stabilito dalla legge sul cd. terzo condono, che le stesse siano conformi alla disciplina urbanistica. Su tale aspetto alcuna deduzione è stata sollevata né in prime né in seconde cure a fronte di quanto osservato in sede motivazionale circa la violazione dei ristretti limiti di edificabilità nelle zone bianche ovverosia prive di regolamentazione urbanistica. Ne deriva che la preesistenza del vincolo e il contrasto con la destinazione urbanistica dell’area impediscono, a tacer d’altro, di ritenere condonabile un’opera edilizia. Si tratta, come evidenziato da questo Consiglio in un caso analogo (sez. VI, 28 maggio 2015, n. 2678), “ di impedimenti oggettivi che operano automaticamente senza che sia necessario acquisire il parere della Soprintendenza. Soltanto se fossero state assenti le condizioni ostative indicate nel riportato art. 32, l'amministrazione comunale, in presenza di un vincolo di in edificabilità relativa, avrebbe dovuto chiedere il parere dell'organo tenuto per valutare la possibilità di rilasciare all'interessato un provvedimento favorevole ”.

Peraltro, la stessa pacifica rilevanza plano-volumetrica delle opere realizzate assume carattere ostativo, in quanto, prevedendo la norma di cui all’art. 27, comma 12, lett. d) la sanabilità delle sole opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), deve ritenersi che “ non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2017, n. 813).

13. Infondato è anche il secondo motivo di appello, col quale si lamenta la pretermissione del diaframma dialogico innescato dalla comunicazione del preavviso di diniego di cui all’art. 10 bis della l.n. 241/1990, il quale impone all’amministrazione, nei procedimenti ad istanza di parte, di comunicare tempestivamente al richiedente i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Difatti, secondo consolidato orientamento di questo Consiglio, “ in tema di condono edilizio il diniego di condono ha natura essenzialmente vincolata, per cui è da escludere un annullamento per meri vizi procedimentali, a meno che l'interessato non adempia all’onere di dimostrare che il contraddittorio procedimentale, qualora un preavviso di rigetto fosse stato comunicato, avrebbe condotto ad un esito conclusivo diverso” ( ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 30 aprile 2019, n. 2809). Difatti, la valorizzazione di una irregolarità meramente formale risulterebbe in contrasto con i principi di economicità, speditezza ed efficienza dell’azione amministrativa, sanciti dalla stessa legge n. 241/1990 di cui si invoca l’applicazione. Sul punto, ha correttamente statuito il Tribunale che, laddove la suddetta regola formale fosse stata rispettata dall’amministrazione appellata, l’esito del provvedimento non sarebbe stato diverso, in quanto gli elementi di valutazione offerti con il ricorso introduttivo della lite non avrebbero potuto orientare diversamente ed in senso favorevole l’amministrazione.

14. La dedotta violazione del principio partecipativo, sub specie di avviso di avvio procedimentale, non è suscettibile di inficiare la legittimità degli atti impugnati nemmeno con riferimento al conseguente ordine demolitorio, atteso che, come affermato di recente da questo Consiglio, “ il procedimento repressivo degli abusi edilizi, in quanto integralmente disciplinato dalla legge speciale e da questa rigidamente vincolato, non richiede la previa comunicazione di avvio ai destinatari dell'atto finale, per cui l’omessa comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della Legge n. 241/1990 non costituisce vizio dell’ordinanza di demolizione ” ( ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 18 gennaio 2018, n. 289;
A.p. n. 9 del 2017). Nell’ambito della repressione dell’abusivismo edilizio, specie laddove si sia in presenza di un vincolo paesaggistico-ambientale e ad opere realizzate in totale assenza di titolo abilitativo (come nel caso di specie), il mancato rispetto dell’art. 7 della l.n. 241/1990 e, dunque, la omissione della comunicazione di avvio del procedimento, risulta irrilevante a fronte di un’attività da considerare del tutto doverosa e pertanto priva di quei diaframmi di discrezionalità rispetto ai quali potrebbe risultare utile il contributo dialettico dell’interessato.

15. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

16. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo il criterio della soccombenza, sono liquidate nella misura stabilita in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.

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