Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-08-30, n. 201805103

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-08-30, n. 201805103
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805103
Data del deposito : 30 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/08/2018

N. 05103/2018REG.PROV.COLL.

N. 07513/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7513 del 2011, proposto dalla società Esposito S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore F N, nonché E C, E P, E L, E S, E S, E M ed E E nella qualità di eredi di F N, tutti rappresentati e difesi dall’avv. S R, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. F M, in Roma, via Alessandro III, n. 6;

contro

Comune di Acerra, in persona del Sindaco in carica pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania - Napoli, Sezione II, n. 346 del 19 gennaio 2011, resa inter partes , concernente ordinanza di demolizione e diniego di condono.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la memoria dell’appellante;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e udito, per l’appellante, l’avvocato Francesco M. Caianiello su delega dichiarata di S R;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con quattro distinti ricorsi, tutti proposti innanzi al T.a.r. per la Campania - Napoli, Sezione II, gli appellanti hanno chiesto:

A) l’annullamento dell’ordinanza di demolizione prot. n° 122 del 16 giugno 1994 relativa all’installazione di due cancelli scorrevoli a protezione di varchi carrabili prospicienti via Pastiniello (ricorso r.g.n. 11482/1994 proposto dalla società Esposito s.n.c.);

B) l’annullamento del provvedimento prot. n° 17696 del 6 ottobre 1994 di diniego della domanda di condono edilizio relativa a fabbricato industriale e successivo ordine di demolizione n. 22 del 30 gennaio 1995 nonché l’accertamento del silenzio-assenso formatosi sull’istanza di condono in questione (ricorso r.g.n. 3290/1995 proposto dalla società Esposito s.n.c.);

C) l’annullamento del provvedimento n° 10 del 19 ottobre 1995, di diniego della domanda di condono, e dell’ordinanza di demolizione n° 22 del 30 gennaio 1995 nonché l’accertamento dell’assenso-assenso e la conseguente declaratoria al conseguimento della relativa concessione edilizia in sanatoria (ricorso r.g.n.15983/1994 proposto dalla società Esposito s.n.c.);

D) ordinanza n° 146 del 3 dicembre 2008 di demolizione (ricorso r.g.n.2010/2009 proposto da E C, E P, E L, E S, E S, E M ed E E nella qualità ut supra )

2. Avverso detti atti sono state articolate plurime censure tra le quali l’incompetenza, il difetto di istruttoria, la carenza di legittimazione passiva, il difetto dei presupposti.

3. Costituitasi l'Amministrazione comunale, il Tribunale, con la sentenza in epigrafe (n. 346 del 19 gennaio 2011), ha così deciso:

i) ha previamente riunito i ricorsi ai fini della loro trattazione unitaria (questo capo della sentenza non è stato impugnato ed è pertanto passato in giudicato);

ii) ha dichiarato improcedibile il ricorso sub B) (anche questo capo della sentenza non è stato impugnato);

iii) ha rigettato i restanti ricorsi;

iv) ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese di lite (€ 2.000,00 oltre accessori di legge) in favore del resistente Comune.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- le opere oggetto dell’ordinanza n. 122 del 1994 richiedevano il rilascio del permesso di costruire in quanto con le stesse << era stato anche annesso il “fosso colatoio della strada” destinato a raccogliere le acque meteoriche, impedendo in tal modo le necessarie opere di manutenzione e pulitura che competono all’ente proprietario della strada >>;

- è improcedibile il ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego del 6 ottobre 1994, in quanto, con l’atto n. 10 del 19 gennaio 1995, “ il Commissario straordinario del Comune di Acerra ha nuovamente respinto l’istanza di condono edilizio del 1 aprile 1986, n. 1002 ”;

- non si configura la dedotta incompetenza del Commissario straordinario (a beneficio della Commissione straordinaria) in quanto trattasi di atto che rientra nella originaria competenza del Sindaco quale organo monocratico;

- “ La falsa attestazione dell’opera ultimata nel termine fissato dal legislatore, integra una inesatta rappresentazione della realtà e, di conseguenza, configura un’ipotesi di domanda dolosamente infedele ai sensi dell’art. 40 l. 28 febbraio 1985, n. 47 ”;

- tale circostanza osta alla formazione del silenzio-assenso;

- non ricorre il difetto di legittimazione passiva dedotto nei riguardi dell’ordinanza n. 146 del 2008 che per giunta contiene un’esatta descrizione degli interventi abusivi;

- la destinazione commerciale del manufatto abusivo lo rende incompatibile con la vocazione urbanistica ad uso pubblico del terreno;

- l’Amministrazione non è tenuta ad accertare e dimostrare l’epoca in cui l’opera è stata realizzata ed i poteri sanzionatori possono essere adottati anche a distanza di anni dalla realizzazione dell’abuso.

5. Avverso tale pronuncia la società Esposito s.n.c. e gli eredi del suo legale rappresentante pro tempore hanno interposto appello, ritualmente notificato il 21 luglio 2011 e depositato il 24 settembre 2011, articolando otto motivi di gravame (pagine 8-19) nei termini di seguito sintetizzati:

I) è privo di senso logico il passaggio motivazionale della sentenza ove si evidenzia la mancata contestazione circa la effettiva realizzazione “ dei varchi e dei manufatti indicati nel provvedimento ” demolitorio sub A) essendo censurato il difetto dei presupposti in fatto e in diritto a base di tale determinazione;

II) il Tribunale ha omesso di pronunciarsi circa la denunciata violazione dell’ iter procedimentale nell’adozione della diffida a demolire n° 122 del 1994;

III) il Tribunale avrebbe altresì omesso di pronunciarsi sulla omessa irrogazione della meno grave sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria;

IV) incompetente deve ritenersi il Commissario straordinario essendo la Commissione straordinaria un collegio perfetto;

V) il Tribunale è incorso in errore laddove ha rilevato che la società non ha contestato l’idoneità dei rilievi aerofotogrammetrici a fornire prove certe sullo stato dei luoghi;

VI) contrariamente a quanto opinato dal T.a.r. è da ritenere quindi illegittima per via derivata l’ordinanza di demolizione n° 22 del 30 gennaio 1995;

VII) l’ordinanza di demolizione n° 146 del 2008 presenta l’erronea individuazione dei soggetti destinatari del provvedimento sanzionatorio;

VII) tale ordinanza è affetta altresì da grave carenza motivazionale e comunque il Tribunale non ha tenuto conto che il manufatto sito al piano terra è privo di rilevanza volumetrica, che è decorso un notevole lasso di tempo (26 anni circa) dalla commissione dell’abuso e che l’atto non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio procedimentale.

6. Il Comune di Acerra, ancorché ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

7. In vista della trattazione nel merito del ricorso, l’appellante ha presentato memoria, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., insistendo per l’accoglimento del gravame.

8. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 5 luglio 2018, non merita accoglimento.

8.1. Preliminarmente il Collegio rileva che un’eventuale omissione di pronuncia su una o più delle censure articolate con il ricorso di primo grado non giustifica la rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 105 c.p.a..

8.1.1 Infatti, secondo la giurisprudenza consolidata del giudice di appello - che la Sezione condivide e fa propria - “ Nel processo amministrativo l'omessa pronuncia, da parte del giudice di primo grado, su censure e motivi di impugnazione costituisce tipico errore di diritto per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, deducibile in sede di appello sotto il profilo della violazione del disposto di cui all' art. 112 c.p.c. , che è applicabile al processo amministrativo con il correttivo secondo il quale l'omessa pronuncia su un vizio del provvedimento impugnato deve essere accertata con riferimento alla motivazione della sentenza nel suo complesso, senza privilegiare gli aspetti formali, cosicché essa può ritenersi sussistente soltanto nell'ipotesi in cui risulti non essere stato esaminato il punto controverso e non quando, al contrario, la decisione sul motivo d'impugnazione risulti implicitamente da un'affermazione decisoria di segno contrario ed incompatibile;
peraltro, l'omessa pronuncia su una o più censure proposte con il ricorso giurisdizionale non configura un error in procedendo, tale da comportare l'annullamento della decisione, con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado ex art. 105, comma 1, c.p.a ., ma solo un vizio dell'impugnata sentenza che il giudice di appello è legittimato ad eliminare, integrando la motivazione carente o, comunque, decidendo sul merito della causa;
non rientrando l'omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado su un motivo del ricorso, nei casi tassativi di annullamento con rinvio, ne consegue che, in forza del principio devolutivo ( art. 101, comma 2 c.p.a .), il Consiglio di Stato decide, nei limiti della domanda riproposta, anche sui motivi di ricorso non affrontati dal giudice di prime cure
” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 07 febbraio 2018, n. 782).

8.2. Fatta questa doverosa premessa, si deve ravvisare l’infondatezza dei rilievi sollevati con l’appello in esame per le seguenti ragioni:

- è inconferente quanto dedotto dall’appellante nel senso della inadeguatezza del passaggio motivazionale della impugnata pronuncia descritto sub I) in quanto il Tribunale, preso atto della peraltro generica contestazione circa la sussistenza “ dei presupposti di fatto e di diritto dell’avversato provvedimento di ripristino ”, ha mostrato di esaminare il merito di tale doglianza rilevando che l’intervento realizzato dalla società ha determinato l’inclusione del “ fosso colatoio della strada ”;

- trattasi di circostanza invero decisiva in quanto, determinando lo sconfinamento in un’area la cui natura demaniale è comprovata dalle sue stesse ontologiche caratteristiche, giustifica ex se l’adozione della sanzione demolitoria e di ripristino dello stato dei luoghi;

- l’appellante reitera la censura relativa all’omessa previa acquisizione del parere della Provincia, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 47 del 1985, ma questa risulta infondata già solo per il fatto che è rimasto indimostrato l’assunto dell’appartenenza all’ente provinciale della strada in questione;

- nemmeno fondata è la censura relativa all’omessa irrogazione della meno grave sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, secondo la previsione di cui all’invocato art. 22, comma 11, del D.Lgs. n. 285 del 30 aprile 1992 (Codice della Strada), stante la specificità del caso in esame che è caratterizzato, come detto, dell’invasione di terreno demaniale e non solo dall’apertura di un varco carrabile in assenza di autorizzazione, fattispecie sanzionata dalla norma su richiamata;

- l’appellante critica il capo della sentenza relativa alla dedotta pretermissione della competenza della Commissione straordinaria quale organo collegiale facendo leva sulla sua natura di collegio perfetto secondo la previsione di cui all’art. 15 bis della legge n. 55/1990, ma senza ancorare tale assunto a taluna delle numerose disposizioni contenute in tale articolo;

- ad ogni modo, il rilievo, oltre a palesarsi inammissibile per la sua genericità, è contraddetto dal consolidato orientamento di questo Consiglio secondo cui “ Nel silenzio della legge, il criterio più sicuro per individuare un collegio perfetto è costituito dalla previsione, in aggiunta ai componenti elettivi, di componenti supplenti, potendosi unicamente trarre, in questa ipotesi, il convincimento circa l'univoca volontà del legislatore che il valido funzionamento dell'organo richieda la presenza di tutti i membri del collegio;
pertanto, si deve escludere la natura di collegio perfetto della commissione straordinaria contemplata dall'art. 15 bis l. 19 marzo 1990 n. 55, atteso che in quest'ultima disposizione non è dato rinvenire alcuna previsione di componenti supplenti
” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 1° ottobre 2002, n. 5139);

- l’appellante critica ulteriormente la sentenza impugnata evidenziando che, contrariamente a quanto affermato dal Collegio di prime cure, ha provveduto a contestare l’idoneità probatoria dei rilievi aerofotogrammetrici del 1985 dai quali non risulta la presenza del fabbricato industriale oggetto della domanda di sanatoria del 1° aprile 1986;

- tale contestazione non vale a neutralizzare l’efficacia probatoria di detta documentazione in quanto, come osservato da condivisibile giurisprudenza di prime cure, se è vero che “ la sua attendibilità può essere condizionata da una molteplicità di fattori (tecnologici, come la maggiore o minore risoluzione, ambientali, come fenomeni di rifrazione, la presenza di vegetazione che può schermare le costruzioni, etc.), è certamente ammessa la prova contraria, ma questa deve essere concreta e rilevante, senza che possa ritenersi sufficiente, per contrastarne le risultanze, il mero disconoscimento delle stesse ” (cfr. T.A.R. Campania – Napoli, sez. II, 7 agosto 2017, n. 4040);

- inoltre, secondo consolidato orientamento di questo Consiglio, “ L'onere della prova circa l'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la sanatoria, dal momento che solo l'interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione di un manufatto e, in difetto di tali prove, resta integro il potere dell'Amministrazione di negare la sanatoria dell'abuso ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2018, n. 1837;
sez. IV, 19 marzo 2018, n. 1711;
5 marzo 2018, n. 1391;
11 ottobre 2017, n. 4703);

- orbene, alla luce di tale criterio distributivo dell’onere della prova, assume rilievo dirimente il mancato raggiungimento della dimostrazione circa l’anteriorità dell’intervento oggetto di condono alla data del 1° ottobre 1983 alla luce della documentazione versata in atti;

- non risulta quindi fondata la censura di illegittimità derivata dell’ordinanza di demolizione n. 22 del 1995 (impugnato col ricorso r.g.n. 3290/1995) dai vizi denunciati con riferimento al previo diniego di condono stante la loro rilevata infondatezza;

- l’appellante reitera la censura del difetto di legittimazione passiva evidenziando che non ricorre la qualità di proprietario in capo agli appellanti nei cui confronti è stata emessa l’ordinanza di demolizione n. 146 del 2008 (impugnata col ricorso n. 2010/2009), essendo l’immobile intestato alla società Esposito snc, ma di contro va osservato che è sufficiente a fondare la legittimazione passiva di un ordine di demolizione di opera abusiva il trovarsi “ al momento dell'irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell'ordine giuridico violato ” (cfr. Adunanza plenaria 17 ottobre 2017, n. 9);

- nel caso di specie tale legittimazione è da correlarsi alla qualità degli appellanti, valorizzata con lo stesso ricorso di primo grado, di eredi del legale rappresentante della predetta società di persone;

- l’intervento contestato risulta meritevole dell’irrogata sanzione demolitoria già solo per la rilevanza urbanistica delle opere trattandosi della realizzazione di una tettoia che, secondo consolidato orientamento assunto in sede pretoria, rientra nell’alveo applicativo del regime concessorio (Cons. Stato, sez. IV, 28 giugno 2016, n. 2864;
12 dicembre 2016, n. 5108);

- né la soggezione al regime del permesso di costruire può dirsi contraddetta dalla funzione, valorizzata dall’appellante, di ospitare impianti tecnologici sì da assumere le caratteristiche di volume tecnico;

- secondo consolidato orientamento di questo Consiglio, infatti, “ Possono considerarsi volumi tecnici solo quei volumi che sono realizzati per esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori), che non possono essere ubicati all'interno di questa e che sono del tutto privi di propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale ” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 giugno 2016, n. 2658);

- dagli atti di causa non emerge tale specifico ed esclusivo assetto funzionale del manufatto che, per giunta, si presenta di rilevanti dimensioni (mq. 134) e con una struttura consistente (in parte in muratura ed in parte in ferro, come rilevato dal Giudice di prime cure);

- nemmeno può condividersi il rilievo, articolato con l’ottavo motivo d’appello, con il quale si deduce il difetto di comunicazione di avviso di avvio del procedimento nonchè di motivazione, in quanto, come ha avuto modo di rilevare la giurisprudenza di questo Consiglio (in particolare la già citata Adunanza plenaria 17 ottobre 2017, n. 9;
successivamente si veda la prima applicazione fattane da Cons. Stato, sez. IV, 29 novembre 2017, n. 5595), “ l’ordine di demolizione è un atto vincolato ancorato esclusivamente alla sussistenza di opere abusive e non richiede una specifica motivazione circa la ricorrenza del concreto interesse pubblico alla rimozione dell’abuso. In sostanza, verificata la sussistenza dei manufatti abusivi, l’Amministrazione ha il dovere di adottarlo, essendo la relativa ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore. In ragione della natura vincolata dell’ordine di demolizione, non è pertanto necessaria la preventiva comunicazione di avvio del procedimento (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 12 dicembre 2016, n. 5198), né un'ampia motivazione ”;

- né può rilevare il notevole lasso di tempo decorso dalla consumazione dell’abuso, in quanto “ Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso neanche nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino ” (cfr. Adunanza plenaria n. 9 cit.).

9. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

10. Va dichiarato non luogo a provvedere in ordine alle spese di giudizio, stante la mancata costituzione del Comune di Acerra.

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