Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-29, n. 202006628

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-29, n. 202006628
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006628
Data del deposito : 29 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/10/2020

N. 06628/2020REG.PROV.COLL.

N. 10434/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10434 del 2010, proposto da
AP Immobiliare S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , F T, E T, M M, rappresentati e difesi dall’avvocato A V, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Bonaccio in Roma, via Filippo Corridoni, 15 Scala B;

contro

Comune di Fano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia di Pesaro e Urbino, in persona del Presidente pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato M B R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Pesaro, via Gramsci 4;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 2822/2010, resa tra le parti, concernente l’impugnazione della delibera di approvazione del PRG del Comune di Fano e la domanda di risarcimento danni


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fano e della Provincia di Pesaro e Urbino;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione orale presentata dalle difese di Comune e Provincia;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2020 il Cons. C A, nessuno comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Gli appellanti sono comproprietari dell’area sita in Via Fanella distinta al catasto al foglio 36 mappali 2420-2423-2424-2427-2412-2363-2413-2416-2220- 2221-2226 per una superficie complessiva di 10.915 mq.

Nel Piano regolatore generale, adottato con la delibera della Giunta provinciale n. 316 dell’8 settembre 1998, era prevista per tale area la destinazione F2, “ verde pubblico di quartiere ”, con “ attrezzature di gioco ed impianti ricreativi culturali e sportivi ” con indice di utilizzazione territoriale pari a 0.02.

Con delibera n. 337 del 19 dicembre 2006 il consiglio comunale adottava un nuovo Piano regolatore generale, inserendo tale area in un comparto residenziale, con un’area residenziale adiacente al quartiere Fano2 comprensiva di aree di verde attrezzato e di zone per parcheggi, attribuendo quindi all’area in questione l’indice di utilizzazione fondiaria pari a 0.20.

Tale previsione è stata confermata con la delibera n. 232 del 29 settembre 2007 di adozione definitiva della variante, a seguito delle osservazioni, prevedendo leggere modifiche alle caratteristiche del comparto in relazione alla superficie interessata, mantenendo inalterato l’indice di utilizzazione fondiaria e inserendo una ulteriore area a parcheggio (P2) fronteggiante via Roma.

La Giunta provinciale di Pesaro e Urbino, in sede di parere previsto dall’art. 26 della legge regionale 5 agosto 1992 n. 34, sulla base della istruttoria tecnica del 27 ottobre 2008 -che aveva rilevato che l’“ area verde, su cui insiste una scuola per l’infanzia, assume un forte ruolo di interconnessione urbana all’interno del quartiere di Fano2 dove si rileva una forte carenza di aree a standard pubblico. Per tali motivazioni si ritiene di prescrivere lo stralcio del comparto mantenendo la previsione vigente ”- e del parere del Comitato provinciale per il territorio del 6 novembre 2008, con la delibera n. 421 del 14 novembre 2008, esprimeva il parere al piano adottato, nel senso di stralciare la modifica confermando la destinazione vigente, secondo quanto indicato in sede di istruttoria tecnica.

Con delibera n. 34 del 19 febbraio 2009, il consiglio comunale approvava il piano adeguandosi al parere provinciale. Peraltro, per l’area in questione è stata prevista la destinazione (F1) “ verde attrezzato ” consentendo attrezzature per il verde (U5.6- attrezzature per il gioco, impianti ricreativi, culturali, sportivi all’aperto) e attrezzature ricreative e pubblici esercizi (U2.5 musei, biblioteche, cinema, teatri, locali per lo spettacolo, locali da ballo, sale di ritrovo, bowling, centri culturali e per il tempo libero, ristoranti, bar, pizzerie e similari) con un indice di utilizzazione fondiaria pari a 0.05. E’ stata confermata l’area a parcheggio (P2) fronteggiante via Roma

Avverso tale delibera, avverso la delibera della giunta provinciale, nonché avverso tutti gli atti preordinati e connessi, comprese la delibera di adozione della variante e, in subordine, il piano territoriale di coordinamento provinciale (PTC), se interpretato nel senso di attribuire alla Provincia il potere di esprimere valutazioni di merito al piano adottato, è stato proposto ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale della Marche per i seguenti motivi:

- violazione di legge in relazione ai principi generali dell’ordinamento in tema di titolarità dello ius aedificandi, e agli articoli 3, 42 e 97 Cost. e 10-13-25-40 L 17.8.1942 n. 1150 e 39 DPR 327/2001 e D.M. 1444/68;
violazione di legge in relazione ai principi del giusto procedimento;
eccesso di potere per difetto di presupposti e motivazione, irrazionalità, perplessità, contraddittorietà;
eccesso di potere per assenza di motivazione per discriminazione e disparità di trattamento;
eccesso di potere per travisamento dei fatti e dello stato dei luoghi;
illegittimità derivata,
con cui si deduceva che la decisione di istituire la nuova zona residenziale, comprensiva di aree di verde, sarebbe stata ampiamente giustificata sia dalle linee guida del PRG, sia dal PTC, in particolare in quanto la relazione di accompagnamento prevedeva la riqualificazione di alcune zone;
inoltre nella lottizzazione Fano 2 erano previsti già standard di legge superiori rispetto a quelli richiesti dal D.M. 1444/68;
si lamentava quindi la illogicità e irragionevolezza della scelta comunale nonché il difetto di motivazione, essendo stato stravolto il piano adottato senza una specifica motivazione;
inoltre, secondo i ricorrenti, sarebbe stato reiterato un vincolo non giustificato da alcuna motivazione, in violazione del combinato disposto della legge n. 1150/1942 dell’art. 39 del DPR 327/2001 e dei principi enunciati nella sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1999;

- violazione dell’art. 26 della L.R. 34/92, della L. 1150/1942 dell’art. 117 Cost., del principio di sussidiarietà;
incompetenza;
violazione della legge n. 241/1990, dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per straripamento, difetto di motivazione e di istruttoria, contraddittorietà tra atti, illegittimità derivata
, con cui si sosteneva la illegittimità dei rilievi della Provincia, che avrebbe dovuto solo verificare la conformità del PRG con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale e, in particolare, con le previsioni e gli indirizzi del PPAR, del PIT e del PTC, mentre, nel caso di specie, avrebbe valutato le scelte urbanistiche discrezionali effettuate dal Comune, esorbitando, quindi, dalla sua competenza.

Inoltre, i ricorrenti lamentavano che le disposizioni del vigente piano territoriale di coordinamento non permetterebbero il pesante intervento della Provincia e, se interpretate nel senso di consentirlo, sarebbero state illegittime;
in via subordinata sono state, infatti, impugnate le disposizioni del PTC;
è stato, poi, contestato il parere della Provincia per difetto di motivazione e di istruttoria, nonché dedotta la mancata ripubblicazione del PRG a seguito delle modifiche introdotte.

E’ stata proposta domanda di risarcimento dei danni per la riduzione del valore del terreno.

Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso, ritenendo rientranti nelle competenze della Provincia anche le valutazioni sul dimensionamento complessivo del piano regolatore;
inoltre, la scelta suggerita dalla Provincia era stata comunque fatta propria dal Comune nell’esercizio del potere discrezionale in materia urbanistica;
ha escluso la sussistenza di un particolare obbligo di motivazione, nel caso di specie, non essendo configurabile alcun affidamento rispetto alle indicazioni contenute nella delibera di adozione;
ha escluso altresì la sussistenza di un vincolo espropriativo nonché l’obbligo di ripubblicazione del piano.

Con l’atto di appello sono state riproposte le censure del ricorso di primo grado formulando i seguenti motivi:

- violazione di legge in relazione all’art. 3 della l. 241/90 e agli art. 3 e 88 del d.lgs. 104/2010 per difetto di motivazione della sentenza;
violazione dell’art. 10 della legge 150/1942, dell’art. 26 della legge regionale 34/92;
della legge 241/90 e dell’art. 97 Cost.;
eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, carenza di presupposti e sviamento, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e contraddittorietà, illegittimità derivata
, con cui si sostiene l’ obbligo di ripubblicazione del PRG in relazione alle modifiche apportate, nonché la mancanza di partecipazione al procedimento;
inoltre, l’erroneità della sentenza di primo grado circa l’obbligo di motivazione degli atti di pianificazione;
inoltre, l’intervento della Provincia avrebbe esorbitato dai poteri provinciali, riguardando le scelte dell’amministrazione comunale;

- violazione di legge in relazione all’art. 3 della l. 241/90, all’art. 26 della legge regionale 34/92;
eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, carenza di presupposti e sviamento, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e contraddittorietà, illogicità derivata
,

con cui si sostiene la illogicità delle valutazioni del Comune di Fano nell’adeguarsi al parere della Provincia e la violazione dell’affidamento dei privati derivante dalla delibera di adozione;

- violazione di legge in relazione ai principi generali dell’ordinamento in tema di titolarità dello ius aedificandi, ed agli articoli 3, 42 e 97 Cost. e 10-13-25-40 L. 17 agosto 1942 n. 1150 e 39 DPR 327/2001 e D.M. 1444/68;
violazione di legge in relazione ai principi del giusto procedimento;
eccesso di potere per difetto di presupposti e motivazione, irrazionalità, perplessità, contraddittorietà;
eccesso di potere per assenza e motivazione per discriminazione e disparità di trattamento;
eccesso di potere per travisamento dei fatti e dello stato dei luoghi;
illegittimità derivata,
con cui si sostiene che nella convenzione di lottizzazione Fano 2 erano già previsti standards superiori a quelli previsti dal D.M. 1444/68, l’inapplicabilità alla lottizzazione delle previsioni in materia di standards previste nella l.r. 34/1992;
la irragionevolezza e illogicità della scelta effettuata del Comune di adeguamento al parere della Provincia nonché la disparità di trattamento rispetto ad aree analoghe a quella di proprietà dei ricorrenti;

- violazione di legge in relazione all’art. 26 L.r. 34/92, alla L. 1150/1942, all’art. 117 Cost.;
-violazione del principio di sussidiarietà ex L. 59/1997;
incompetenza;
violazione di legge in relazione alla L. 241/90 e art. 97 Cost.;
eccesso di potere per straripamento, difetto di motivazione e di istruttoria e contraddittorietà tra atti;
illegittimità derivata
, con cui si deduce che la Provincia non avrebbe potuto spingersi nella valutazione discrezionale delle scelte urbanistiche comunali, né tale potere le sarebbe attribuito dal PTC, avverso cui sono state comunque riproposte le censure se così fosse interpretato;
sono state contestate altresì la ragionevolezza e logicità delle scelte provinciali.

E’ stata riproposta la domanda di risarcimento danni.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Fano e la Provincia di Pesaro e Urbino che hanno contestato la fondatezza dell’appello.

Il 3 luglio 2020 l’avv. A V ha depositato la comunicazione di rinuncia la mandato inviata alla parte appellante il 2 dicembre 2016, ma non è seguita la costituzione di un nuovo difensore.

Le difese del Comune e della Provincia hanno presentato istanza di passaggio in decisione del ricorso senza discussione orale.

All’udienza pubblica del 29 settembre 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

Il Collegio ritiene, nell’ordine logico delle questioni, di esaminare per prime le censure relative alla incompetenza della Provincia, con cui è stata contestata la legittimità del parere della Provincia, in quanto avrebbe travalicato la propria competenza operando valutazioni sulle scelte di merito del consiglio comunale.

Premesso che, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, i rilievi della Provincia sono stati comunque condivisi dal consiglio comunale, che ha scelto di non controdedurre, esercitando, quindi, un potere discrezionale urbanistico;
in ogni caso ritiene il Collegio che l’intervento della Provincia sia stato pienamente conforme ai poteri attribuiti dalla legge regionale delle Marche, 5 agosto 1992, n. 34.

In primo luogo, si deve considerare che con la legge regionale n. 34 del 1992, “ Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio ” sono state attribuite alle province le funzioni relative alla approvazione degli strumenti urbanistici generali comunali.

Con la legge regionale 16 agosto 2001, n. 19 il procedimento di approvazione da parte della Provincia è stato semplificato prevedendo il parere sulla adozione dello strumento urbanistico generale, che viene poi approvato dal consiglio comunale.

In particolare, ai sensi dell’art. 26 della legge regionale n. 34/1992, commi 3 e seguenti, nel testo modificato dalla legge n. 19 del 2001, “ nei trenta giorni successivi all'adozione definitiva, il P.R.G. è trasmesso alla Giunta provinciale, la quale esprime un parere sulla conformità del P.R.G. con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale e, in particolare, con le previsioni e gli indirizzi del PPAR, del PIT e del PTC, ove vigenti.

4. Il parere è espresso dalla Giunta provinciale, sentito il Comitato provinciale per il territorio di cui all'articolo 55, entro centottanta giorni dal ricevimento del P.R.G.;
tale termine è ridotto a centoventi giorni per i comuni fino a 5.000 abitanti. Decorso inutilmente il termine, il parere si intende favorevole. Il termine può essere sospeso, per una sola volta, quando l'Amministrazione provinciale chieda chiarimenti o integrazioni documentali e riprende a decorrere dal ricevimento dei chiarimenti o delle integrazioni.

5. Qualora il parere di cui al comma 3 sia favorevole, il Consiglio comunale provvede all'approvazione del P.R.G. entro sessanta giorni dal ricevimento del parere stesso.

6. Nel caso in cui la Giunta provinciale abbia formulato rilievi in ordine alla conformità del P.R.G. con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale, il Comune:

a) provvede all'approvazione del P.R.G. in adeguamento al parere della Giunta provinciale entro centoventi giorni dal suo ricevimento. Decorso detto termine, il Comune è tenuto a provvedere alla rielaborazione del Piano;

b) qualora ritenga di respingere tali rilievi, controdeduce, con deliberazione consiliare motivata, entro novanta giorni dal ricevimento del parere.

7. La deliberazione di cui al comma 6, lettera b), è trasmessa alla Giunta provinciale, la quale esprime un parere definitivo entro novanta giorni dal ricevimento delle controdeduzioni comunali. Decorso detto termine il parere si intende favorevole.

8. Entro il termine di novanta giorni dalla trasmissione del parere definitivo espresso dalla Giunta provinciale ai sensi del comma 7, il Consiglio comunale provvede all'approvazione del P.R.G. conformemente al suddetto parere. Decorso detto termine, il Comune è tenuto a provvedere alla rielaborazione del Piano ”.

Da tale disciplina legislativa risulta evidente, anche per la Regione Marche, il rilevante potere in materia urbanistica attribuito alla Provincia, in quanto, in caso di mancato adeguamento da parte del Comune ai rilievi della Provincia espressi nel primo parere - pur a seguito dell’ulteriore passaggio procedimentale costituito dalle controdeduzioni da parte del Comune e dal successivo parere della Provincia- è data comunque prevalenza alla posizione della Provincia a cui il Comune, infine, è tenuto ad adeguarsi per l’approvazione del piano, dovendo altrimenti provvedere a rielaborarlo.

Ciò è confermato, del resto, dalla previsione dell’art. 12 della legge regionale n. 34 del 1992, per cui “ i piani territoriali di coordinamento (PTC), nel rispetto del piano paesistico ambientale regionale (PPAR), del piano di inquadramento territoriale (PIT) e dei piani di bacino di cui alla L. 18 maggio 1989, n. 183 e successive modificazioni ed integrazioni, determinano gli indirizzi generali di assetto del territorio provinciale ed in particolare indicano:

a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;

b) la localizzazione di massima delle opere pubbliche che comportano rilevanti trasformazioni territoriali, delle maggiori infrastrutture pubbliche e private e delle principali linee di comunicazione;

c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica, idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;

d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali;

e) l'indicazione dei tempi, delle priorità e delle misure di attuazione del piano territoriale di coordinamento, tra cui eventuali piani, programmi o progetti di scala intercomunale;

f) i criteri ai quali i comuni devono attenersi nel valutare i fabbisogni edilizi e nel determinare la quantità e la qualità delle aree necessarie per un ordinato sviluppo insediativo” .

La disciplina della Regione Marche, pur con l’attribuzione delle funzioni in materia urbanistica alle Province, non è quindi differente da quella delle altre Regioni, per cui il piano regolatore generale deve comunque ritenersi un atto avente natura complessa, in quanto alla sua formazione concorrono le volontà di due enti diversi, la cui funzione non può che essere quella della cura degli interessi affidati al proprio livello di governo, con trasposizione, nel caso di specie, alla Provincia dei principi affermati dalla giurisprudenza rispetto all’intervento regionale, per cui “ il principio di sussidiarietà verticale non vale, pertanto, a relegare a mero suggerimento non vincolante per l’autorità comunale una espressa manifestazione di dissenso formulata dalla Regione in riferimento a interessi conservati al proprio livello di governo da leggi regionali” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6040).

Sono, quindi, integralmente applicabili alla Provincia le affermazioni giurisprudenziali relative al ruolo della Regione rispetto alla pianificazione urbanistica comunale, che non è di mero ausilio e/o di apporto istruttorio e neppure solo quello di esame e controllo dell’attività di iniziativa ed elaborazione delle scelte urbanistiche svolte dal Comune, ma di gestione esclusiva degli interessi sovracomunali di dimensione coinvolti dalla pianificazione territoriale del Comune potendosi ben parlare di una funzione di “ copianificazione urbanistica ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1346;
Sez. IV, 13 novembre 2018, n. 6392).

Anche sulla base delle espresse indicazioni dei poteri attribuiti alla Provincia dall’art. 12 in sede di elaborazione del piano territoriale di coordinamento provinciale, si deve ritenere che alla Provincia siano attribuiti poteri di pianificazione, anche in ordine alla scelta circa la destinazione delle aree sia in termini di quantità che di qualità, al fine di assicurare “un ordinato sviluppo insediativo ”.

Sotto tale profilo, rientra certamente nelle competenze della Provincia la valutazione della esigenza di garantire una area a verde in prossimità di una scuola per l’infanzia, intervento sicuramente funzionale all’ordinato sviluppo del territorio.

Venendo alla scelta comunale di adeguamento ai rilievi della Provincia, lamenta la parte appellante la contraddittorietà della scelta comunale rispetto a quanto espresso nelle delibere di adozione (n. 337 del 19 dicembre 2006) e di adozione definitiva della variante a seguito delle osservazioni (n. 232 del 29 settembre 2007), nonché la illogicità e irragionevolezza del successivo adeguamento al parere della Provincia.

Anche tale motivo è infondato.

Non si può, infatti, ravvisare nella scelta effettuata dal Comune al momento della approvazione del piano un profilo di contraddittorietà rispetto alla volontà espressa dal consiglio comunale in sede di adozione del piano o uno scorretto esercizio del potere discrezionale.

L’adeguamento al parere della Provincia, in base alla disciplina dell’art. 26 comma 6 lettera a) della legge regionale, è, infatti considerata la ipotesi ordinaria del corso procedimentale, successivo al parere della Provincia.

Pertanto, la circostanza che il Comune si sia adeguato a seguito del primo parere, senza controdedurre, non può essere considerato irragionevole, essendo i rilievi della Provincia finalizzati al recepimento nella disciplina urbanistica definitiva. Infatti, il parere espresso dalla Provincia è, comunque, considerato dalla legge prevalente, in quanto se la Provincia non condivide quanto espresso dal Comune in sede di controdeduzioni, il piano è approvato secondo quanto indicato dalla Provincia.

Ne deriva che il consiglio comunale non è tenuto, neppure, ad una particolare motivazione su tale scelta di adeguamento, essendo se mai tenuto a motivare specificamente la posizione contraria, nel senso di non seguire i rilievi della Provincia, scegliendo di controdedurre.

In ogni caso, la giurisprudenza, anche della Sezione, ha già affermato che la responsabilità delle scelte di pianificazione è condivisa tra Comune e Regione ( con argomentazioni applicabili alla Provincia, nel caso di specie, in base alla legge urbanistica della Regione Marche ), e che i rapporti tra Comune e Regione rispetto all’approvazione del piano e, in particolare con riferimento alle scelte del consiglio comunale di adeguamento ai rilievi regionali, appartengono al rapporto tra gli enti che concorrono alla formazione della disciplina urbanistica e all’equilibrio tra le rispettive competenze (Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2018, n. 6392), per cui il Comune può scegliere di adeguarsi ai rilievi regionali anche solo per evitare un conflitto con la Regione senza ulteriore specifica motivazione (Cons. Stato, Sez. II, 20 gennaio 2020, n. 456).

Inoltre, come l’obbligo di motivazione del PRG o di una variante generale può ritenersi assolto con il riferimento complessivo ai criteri seguiti ed alle esigenze cui si intende dare risposta - senza necessità, salvo casi particolari, di motivazione puntuale sulle singole scelte operate - allo stesso modo l’atto definitivo di approvazione del piano da parte del Comune non necessita di puntuale motivazione in ordine alle scelte definitive effettuate (Cons. Stato, Sez. IV, 19 aprile 2017, n. 1829).

Devono, dunque, ritenersi infondati anche i motivi di appello, con cui si lamenta il difetto di motivazione della scelta comunale nonché la irrazionalità e irragionevolezza di tale scelta e la violazione dell’affidamento dei privati.

Come è noto, la giurisprudenza di questo Consiglio è costante nel ritenere che le scelte di pianificazione urbanistica costituiscano esplicazione di potere tecnico-discrezionale della pubblica amministrazione e siano censurabili in sede di sindacato giurisdizionale di legittimità solo in presenza di figure sintomatiche di eccesso di potere per palese irragionevolezza ed illogicità (tra le tante, Cons. Stato, sez. II, 12 febbraio 2020, n. 1095;
sez. IV, 25 maggio 2016 n. 2221);
inoltre, l’esercizio della discrezionalità riguarda non soltanto scelte strettamente inerenti all’organizzazione edilizia del territorio, bensì afferenti anche al più vasto e comprensivo quadro delle possibili opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 agosto 2018 n. 4734;
id. 26 ottobre 2018, n. 6106).

Tali scelte non sono nemmeno condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d’uso edificatorie diverse e più favorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico o di una sua variante, con il solo limite dell’esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione quando quelle indicazioni avevano assunto una prima concretizzazione in uno strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione, piano particolareggiato, piano attuativo) approvato o convenzionato, o quantomeno adottato, e tale quindi da aver ingenerato un’aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 6 novembre 2019, n. 7560;
sez. IV, 1 agosto 2018, n. 4734;
sez. IV, 12 aprile 2018, n. 2204;
sez. IV, 25 agosto 2017, n. 4063) o da giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione (Cons. Stato, Sez. II, 10 luglio 2020, n. 4467;
Sez. VI, 8 giugno 2020, n. 3632;
sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4343).

Con riferimento alla presente vicenda, non sussisteva alcuna posizione di affidamento degli appellanti, in quanto la destinazione impressa con la delibera di adozione non aveva alcuna stabilità essendo naturalmente destinata alla verifica della Provincia per l’approvazione, con la conseguenza della mancanza di qualsiasi posizione consolidata in capo agli appellanti.

La natura di atto complesso del PRG, sopra richiamata, comporta, infatti, che con la delibera di adozione non possa dirsi ancora perfezionato il relativo procedimento, dovendo necessariamente passare al successivo vaglio della Regione o, nel caso di specie, della Provincia.

Peraltro, la previsione inserita in sede di adozione del PRG (comparto residenziale), poi stralciata senza controdedurre in sede di approvazione (con il ripristino di verde attrezzato), non ha determinato neppure alcuna lesione della posizione degli appellanti, essendo stata data, in sede di approvazione, ai terreni di loro proprietà una destinazione, sotto il profilo del possibile sfruttamento edilizio, comunque migliore del previgente piano regolatore generale.

La trasformazione da F2 “ verde pubblico di quartiere ”, con attrezzature di gioco ed impianti ricreativi culturali e sportivi con una utilizzazione territoriale pari a 0.02, a F1 “ verde attrezzato ”, con attrezzature per gioco, impianti ricreativi, culturali, sportivi all’aperto, attrezzature ricreative e pubblici esercizi (quali musei, biblioteche, cinema, teatri, locali per lo spettacolo, locali da ballo, sale di ritrovo, bowling, centri culturali e per il tempo libero, ristoranti, bar, pizzerie e similari) con indice di utilizzazione pari 0,05 consentiva, infatti, agli appellanti interventi edilizi maggiori del precedente piano.

Peraltro, come sopra ricordato, le scelte riguardanti la classificazione dei suoli sono il frutto di complesse valutazioni tecniche e amministrative, riservate al livello politico;
in tale ambito la posizione dei privati risulta recessiva rispetto alle determinazioni istituzionali in quanto scelte di merito non sindacabili dal giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento di fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare, potendosi derogare a tali regole solo in presenza di situazioni di affidamento qualificato del privato a una specifica destinazione del suolo. Inoltre, il sindacato giurisdizionale su tali valutazioni è di carattere estrinseco e limitato al riscontro di palesi elementi di illogicità ed irrazionalità apprezzabili ictu oculi, mentre a tale sindacato è estraneo l’apprezzamento della condivisibilità delle scelte, profilo già appartenente alla sfera del merito (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 2020, n. 2284;
31 dicembre 2019, n. 8917;
12 maggio 2016, n. 1907).

Quanto alla illogicità e irragionevolezza delle indicazioni della Provincia, si devono escludere tali vizi della discrezionalità, risultando in base alla istruttoria provinciale la riconsiderazione degli standards del quartiere Fano 2 in relazione alla popolazione “attualmente insediata”.

Tale valutazione non può ritenersi manifestamente illogica o irragionevole, essendo comunque trascorsi quasi venti anni dalla stipula della Convenzione avvenuta nel febbraio 1989, ed essendo quindi ragionevole una scelta effettuata in base ad esigenze mutate della popolazione e comunque in funzione di una maggiore adeguatezza di standards pubblici.

Sotto tale profilo si deve, infatti, considerare che la giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che l’interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio del territorio non sia limitato alla considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma sia funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti (Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710;
Sez. II, 4 febbraio 2020, n. 915).

La giurisprudenza ha, infatti, evidenziato che all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l'ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi (così, Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6656). E ciò in quanto l'urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l'esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari. In tale contesto, spetta all’ente esponenziale effettuare una mediazione tra i predetti valori e gli altri interessi coinvolti, quali quelli della produzione o delle attività antropiche più in generale, che comunque non possono ritenersi equiordinati in via assoluta (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710;
id. 22 febbraio 2017, n. 821;
id. 13 ottobre 2015, n. 4716;
Sez. II, 10 luglio 2020, n. 4467).

In tale ambito assume senz’altro rilevanza la indicazione della Provincia di garantire una idonea area a verde attrezzato in prossimità della scuola della infanzia del quartiere Fano 2, espressione dell’interesse alla maggiore vivibilità del quartiere facente capo anche alla Provincia, in base alla già citata disposizione dell’art. 12 della legge regionale 34 del 1992.

Inoltre, la stessa parte appellante deduce che la legge regionale n. 34 del 1992, successiva alla convenzione di lottizzazione “Fano 2”, ha richiesto un maggiore rapporto standards per abitante.

Risponde, quindi, a tale previsione della maggiore adeguatezza degli standards , la eliminazione del comparto residenziale contestata dalla parte appellante.

Né si può condividere quanto sostenuto nell’atto di appello, ovvero che le previsioni della legge 34 del 1992 non sarebbero applicabili alla convenzione Fano 2, che avrebbe previsto già standards adeguati, essendo stata comunque stipulata nel 1989, prima della entrata in vigore della legge n. 34 del 1992.

E’ evidente, infatti, che la questione posta nei rilievi della Provincia non riguarda l’adeguatezza originaria degli standards previsti nella convenzione del 1989, stipulata in base alle norme allora vigenti, e su tale base realizzata. Si tratta di valutazioni operate dalla Provincia con riferimento ad una situazione di fatto esistente al momento di approvazione della nuova disciplina urbanistica, considerata dalla Provincia carente rispetto alle esigenze attuali e anche future del territorio, legittimamente prese in considerazione, vista la durata indeterminata del piano regolatore generale, non certo vincolato sul punto da una convenzione di lottizzazione che ha esaurito i suoi effetti.

Sostengono poi gli appellanti che con l’approvazione del nuovo PRG sarebbe stato reiterato senza alcuna motivazione un vincolo espropriativo suscettibile, quindi, di essere indennizzato.

Tale motivo è infondato, in relazione al costante orientamento giurisprudenziale, per cui il vincolo di verde attrezzato, consentendo interventi edificatori quali, ad esempio, impianti sportivi, non ha natura espropriativa, qualificandosi come vincolo di natura conformativa della proprietà, con la conseguenza che la sua reiterazione non necessita di una specifica motivazione (Consiglio di Stato sez. IV, 12 maggio 2010, n.2843;
id. 30 luglio 2012, n. 4321;
Sez. II, 10 marzo 2020, n. 1726).

Nel caso di specie, la destinazione del nuovo PRG consentiva “ impianti ricreativi, culturali, sportivi all’aperto, attrezzature ricreative e pubblici esercizi ”;
deve quindi escludersi che si trattasse di un vincolo espropriativo, consentendo una serie di attività edilizie, con previsioni anche migliorativa della precedente destinazione del PRG del 1998.

Quanto all’obbligo di ripubblicazione, ritiene il Collegio sufficiente richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui non intende discostarsi nel caso di specie, per cui nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione prevista dall’art. 9 l. 17 agosto 1942, n. 1150, è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati, ma non è richiesta per le successive fasi del procedimento, anche se il piano originario risulti modificato a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni o in sede di approvazione regionale. Al suddetto principio si pongono come eccezioni le ipotesi di accoglimento delle osservazioni comportanti una profonda deviazione dai criteri posti a base del piano adottato e una modifica immediata del piano stesso;
ovvero qualora il Comune in fase di controdeduzione alle proposte di modifica regionali deliberi una sostanziale modifica immediata del piano regolatore generale (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4033;
id., 9 marzo 2011, n. 1503). La pubblicazione del piano regolatore generale non è, dunque, richiesta per le successive fasi del procedimento, anche se il piano risulti modificato a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni o modifiche introdotte in sede di approvazione regionale, salvo che si tratti di modifiche tali da stravolgere il piano nella sostanza (Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2018, n. 6392;
id., sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1241). L’ iter di formazione dei piani regolatori deve essere interpretato alla luce del principio generale del non aggravamento di cui alla l. 7 agosto 1990 n. 241;
di conseguenza una ripubblicazione del piano regolatore generale è necessaria solo in caso di modifiche che comportano uno stravolgimento dello strumento adottato ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi criteri ispiratori, e non anche per variazioni di dettaglio che comunque ne lascino inalterato l'impianto originario, anche quando queste sono numerose sul piano quantitativo ovvero incidono in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree (Consiglio di Stato sez. IV, 4 dicembre 2013, n.5769).

Inoltre, nella stessa Delibera di approvazione del PRG - in conformità ai rilievi della Giunta provinciale n. 421 del 14 novembre 2008 - n. 34 del 19 febbraio 2009 si dà espressamente atto: “ di non dover procedere alla ripubblicazione del PRG in quanto le modifiche apportate a talune previsioni del piano in fase di adozione definitiva non sono tali da influire complessivamente sulle linee programmatiche in modo da stravolgerle con previsioni di piano sostanzialmente diverse .”

Del tutto irrilevante, oltre che generica, è la censurata disparità di trattamento, in relazione al costante orientamento giurisprudenziale per cui in materia di scelte pianificatorie non sussistono zone perfettamente identiche, avendo ognuna proprie caratteristiche territoriali, a pena di azzerare completamente la discrezionalità di scelta, anche innovativa limitatamente a singole porzioni del territorio, facente capo al Comune procedente (cfr. Cons. Stato Sez. II, 28 febbraio 2020, n. 1461;
id. 24 luglio 2020, n. 4750).

L’appello è dunque infondato e deve essere respinto con conferma della sentenza di primo grado.

L’infondatezza dell’appello comporta, altresì, il rigetto della domanda di risarcimento danni per la sua infondatezza.

Le spese complessive delle parti costituite del presente grado di giudizio, liquidate in complessive per entrambe le parti euro 4000,00 (quattromila,00) oltre accessori di legge -pari a euro 2000,00 (duemila,00) in favore di ciascuna parte, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico della parte appellante.

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