Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-07-01, n. 202105018
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Pubblicato il 01/07/2021
N. 05018/2021REG.PROV.COLL.
N. 04432/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4432 del 2019, proposto dal signor G D C, rappresentato e difeso dall’avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il comune di Santa Maria la Carità, in persona del sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F A in Roma, largo della Gancia, n. 1;
nei confronti
del signor D E, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (sezione sesta) n. 6372 del 31 ottobre 2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di Santa Maria la Carità;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 giugno 2021, svoltasi da remoto in video conferenza ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, il consigliere Michele Conforti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. G D C, odierno appellante, ha impugnato l’atto di diniego di variante al permesso di costruire n. 43/2013, per la costruzione di un complesso sportivo, in località Pontone.
2. L’interessato ha premesso:
a) di essere proprietario di un fondo censito al catasto al fg. 7, p.lle nn. 1192, 1198, 1194 del comune di Santa Maria La Carità;
b) che il fondo ricade in zona tipizzata dal P.r.g. vigente “Verde e sport - F3”, a cui si applicano le previsioni dell’art. 14 delle n.t.a.;
c) di aver ottenuto il permesso di costruire n. 43/2013 per la realizzazione di un complesso sportivo composta da una piscina, con edificio di servizio di circa mq 2.154;
d) di aver stipulato, come atto propedeutico al rilascio del titolo edilizio, ai sensi dell’art. 14 delle n.t.a., una convenzione con il comune, assumendo una serie di obblighi riferiti alla gestione dell’impianto sportivo;
e) di aver presentato, in data 4 ottobre 2017, un’istanza di variante, necessaria per poter ampliare gli spogliatoi dell’impianto, per poter così ottenere l’accreditamento alla Federazione italiana nuoto.
3. Con il provvedimento n. 2285 del 13 febbraio 2018, il comune ha respinto l’istanza, rilevando, in particolare, che “ l’indice volumetrico riscontrato nel progetto allegato alla domanda risulta ben oltre il volume consentito ” (punto “a”), oltre ad enumerare altre criticità del progetto (punti “b-e”).
4. L’interessato ha proposto ricorso avverso il diniego, con il quale ha dedotto:
a) con il primo motivo, il vizio di incompetenza, perché l’atto sarebbe stato sottoscritto dal dirigente del settore non preposto all’esame delle pratiche inerenti all’edilizia privata;
b) con il secondo motivo, l’illegittimità del provvedimento per violazione di legge, in quanto il diniego sarebbe stato adottato successivamente alla formazione del silenzio assenso e senza che il provvedimento formatosi per silentium fosse stato ritirato in autotutela;
c) con il terzo motivo, la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, perché il provvedimento finale non avrebbe tenuto adeguatamente conto delle controdeduzioni presentate dal privato al preavviso di rigetto;la violazione dell’art. 14 delle n.t.a., con particolare riferimento all’ultimo comma;il difetto di istruttoria e la violazione dell’art. 20, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, per non avere il comune chiesto la documentazione integrativa al progetto.
5. Il comune di Santa Maria La Carità non si è costituito in giudizio.
6. Con la sentenza n. 6372 del 31 ottobre 2018, il T.a.r. per la Campania ha respinto il ricorso.
6.1. Segnatamente, il giudice di primo grado:
a) ha respinto la censura di incompetenza, perché il progetto presentato contemplava la stipulazione di una convenzione con il comune, sicché il procedimento si è correttamente incardinato presso l’ufficio comunale, 4° Settore, competente per “Edilizia convenzionata”;
b) ha respinto la censura relativa alla formazione del silenzio assenso, perché con il preavviso di rigetto, comunicato il 21 giugno 2017, il comune ha rilevato la mancanza di alcuni documenti di cui sarebbe stata priva la proposta progettuale: secondo la costante giurisprudenza del Giudice amministrativo il silenzio assenso di cui all’art. 20 d.P.R. n. 380 del 2001 si forma soltanto se il privato ha fornito al comune tutti gli elementi necessari per la valutazione dell’intervento;
c) ha respinto la censura relativa all’art. 14 n.t.a., evidenziando che tale norma consente uno scostamento dalla volumetria assentibile, ma “ non può ritenersi idonea a legittimare qualunque volumetria in eccedenza, senza limiti. Trattasi di previsione derogatoria e, come tale, di stretta interpretazione rispetto all’ordinario regime di zonizzazione ”;
d) ha dichiarato assorbite le ulteriori censure, perché “ non idonee a fondare un diverso esito del giudizio ”, essendo il provvedimento impugnato plurimotivato.
7. L’interessato ha impugnato la sentenza di primo grado, proponendo appello.
8. Con il primo motivo di gravame, ci si duole dell’errata applicazione dell’art. 14 delle n.t.a., tale che avrebbe determinato uno sconfinamento del T.a.r. nel merito amministrativo.
Secondo la prospettazione di parte appellante, l’art. 14, ultimo comma - che prevede che “ sono ammessi aggiuntivamente i parametri di edificabilità volumetrici occorrenti per conseguire la conformità delle opere da realizzare eventualmente indoor, alle relative norma di settore ” - disporrebbe un rimando alle normative di settore, in chiave etero integrativa del precetto.
Tale normativa integrativa, che nel caso di specie sarebbe costituita da alcune circolari del C.o.n.i., che disciplinano le dimensioni degli spogliatoi degli impianti destinati alla disciplina del nuoto, permetterebbe la realizzazione della volumetria aggiuntiva ove occorra per ottenere l’accreditamento dell’impianto.
Il T.a.r. avrebbe dunque sostituito la sua valutazione di opportunità circa la volumetria assentibile a quella normativamente discendente dal raccordo fra gli strumenti urbanistici e le circolari del C.o.n.i..
9. Con il secondo motivo, l’interessato si duole della sentenza per non aver ritenuto perfezionatosi il silenzio assenso di cui all’art. 20 d.P.R. n. 380 del 2001.
Si evidenzia che la documentazione asseritamente carente, che determinerebbe la mancata formazione del silenzio assenso, può essere soltanto quella tipica e necessaria per rilasciare il titolo edilizio e non qualsiasi documentazione istruttoria che il comune ritenga di dover chiedere.
Nel caso di specie, il comune avrebbe richiesto, per l’appunto, documenti non necessari alla valutazione dell’istanza di variante, cosicché la loro mancata produzione non precluderebbe il formarsi del titolo edilizio per silentium .
10. Con il terzo ed ultimo motivo di appello, si ripropone, criticamente, la doglianza di incompetenza già proposta come primo motivo di ricorso.
11. L’appellante ha poi ritrascritto tutti i motivi del ricorso di primo grado, sostanzialmente già riproposti con i motivi di impugnazione.
12. Si è costituito in giudizio il Comune, resistendo all’impugnazione e domandando il rigetto dell’appello.
13. In data 24 maggio 2021, l’appellante ha depositato una memoria difensiva, con la quale ha ulteriormente insistito per l’accoglimento dell’appello.
14. All’udienza del 24 giugno 2021, la causa è stata trattenuta in decisione previa reiezione, con decreto n. 1002 del 2021 (che il Collegio fa proprio), della istanza di discussione “da remoto”.
15. Va osservato come i motivi di gravame dedotti dall’appellante abbiano fatto sostanzialmente riemergere il thema decidendum di primo grado, consentendo perciò il riesame delle doglianze espresse dalla ricorrente in prime cure con i motivi di impugnazione formulati dinanzi al Tribunale amministrativo regionale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 7619 del 2020 § 3.3. e 1173 del 2020).
16. Può procedersi, pertanto, all’esame della censura relativa al presunto vizio di incompetenza dell’organo comunale che ha adottato il diniego, corrispondente al primo motivo del ricorso di primo grado.
16.1. La censura è infondata.
16.2. L’opera la cui realizzazione è controversa nel presente giudizio è costituita da un impianto sportivo per la pratica del nuoto, collocata in zona “verde e sport F3” del P.r.g. del comune di Santa Maria la Carità e la cui cubatura, da progetto, ammonta a circa 2.035,64 mc.
16.3. Si tratta, dunque, di un’infrastruttura sportiva ad uso pubblico da realizzare nella zona del territorio comunale destinata alla localizzazione di impianti sportivi e, conseguentemente, di competenza del settore grandi opere e pianificazione, piuttosto che del settore edilizia privata.
16.4. Conseguentemente, la doglianza relativa al vizio di incompetenza è destituita di fondamento e il primo motivo di del ricorso di primo grado va pertanto respinto.
17. Può ora esaminarsi il secondo motivo di ricorso, con il quale si è censurato il provvedimento, assumendosene l’illegittimità per l’asserita formazione del silenzio assenso sull’istanza di variante.
17.1. La doglianza è infondata.
17.2. Per costante giurisprudenza di questo Consiglio, la formazione del silenzio assenso postula la piena conformità dell’istanza alla normativa e alla strumentazione urbanistica ed edilizia di riferimento.
17.3. In difetto di siffatta circostanza, costituisce una regola consolidata quella che esclude che il decorso del tempo previsto dall’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 determini il perfezionamento del titolo edilizio per silentium .
17.4. Come ribadito, di recente dalla Sezione, “ il silenzio assenso non si forma ai sensi del più volte menzionato art. 20 (nel testo ratione temporis vigente) se l’intervento edilizio non è conforme agli strumenti urbanistici ed alle altre disposizioni di legge, nonostante la natura tendenzialmente vincolata del permesso di costruire (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3680 del 2017, sez. IV, n. 3805 del 2016, sez. V, n. 1364 del 2012) ” (Cons. Stato, sez. IV, 25 febbraio 2021, n. 1629).
17.5. Il secondo motivo di ricorso va pertanto respinto.
18. Residua, infine, l’esame del terzo motivo di ricorso, con il quale sono state articolate tre diverse censure.
18.1. Il terzo motivo di ricorso è in parte infondato e in parte improcedibile.
18.2. Per quanto riguarda le censure relative alla violazione dell’art. 10 bis legge n. 241 del 1990 e dell’art. 14 n.t.a., si osserva che, con il provvedimento impugnato, il comune ha fornito un’esaustiva risposta alla memoria endoprocedimentale, presentata a seguito del preavviso di rigetto, sicché la censura relativa alla violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 è infondata.
18.3. In argomento, è sufficiente ribadire l’orientamento consolidato secondo cui “ La motivazione finale di un provvedimento amministrativo non deve contenere un'analitica confutazione delle osservazioni procedimentali svolte dalla parte, ex art. 10 bis della Legge n. 241/1990, reputando sufficiente che dalla motivazione si evinca che l'Amministrazione abbia nella sostanza tenuto conto, nel loro complesso, di quelle osservazioni e controdeduzioni per la corretta formazione della propria volontà, e siano nella sostanza percepibili le ragioni del loro mancato recepimento ” (Cons. giust. amm., 24 aprile 2018, n. 231, Cons. Stato, sez. IV, 18 aprile 2018, n. 2330).
18.3.1. In particolare, l’ente ha chiarito – tra le altre ragioni giustificatrici del diniego - che il provvedimento di variante non può essere rilasciato perché la cubatura che la società intenderebbe realizzare è di gran lunga superiore a quelle astrattamente assentibile.
18.3.2. Secondo il comune, tale previsione progettuale “ è in contrasto con la norma urbanistica ”, ossia con l’art. 14 n.t.a..
18.4. Secondo il primo comma di questa norma, “ E’ ammessa la realizzazione di campi di bocce, tennis, calcio, basket, pallavolo, minigolf, piste ciclabili, di pattinaggio, piscine, con le relative strutture di servizio, nonchè piste da ballo all’aperto nel rispetto dell’indice fondiario massimo di 0,20 mc/mq ”.
Secondo il terzo comma di questa norma, “ Sono ammessi, aggiuntivamente i parametri di edificabilità volumetrici occorrenti per conseguire la conformità delle opere da realizzare eventualmente indoor, alle relative norme di settore, nel rispetto delle norme del PUT ”.
18.5. Ad una lettura congiunta, in chiave sistematica, delle due norme, emerge l’infondatezza della tesi prospettata dalla società, a mente della quale, in base al terzo comma, sarebbe realizzabile qualsivoglia cubatura che appaia astrattamente necessaria per rendere uno degli impianti indicati dal primo comma della norma conforme alle prescrizioni delle federazioni sportive di riferimento, necessario per ottenerne il relativo accreditamento al fine di ospitare le competizioni agonistiche.
18.6. È evidente, tuttavia, che una simile interpretazione finisce per rendere del tutto irrilevante l’inciso contenuto nel primo comma, in base al quale l’edificazione degli impianti dovrà avvenire “ nel rispetto dell’indice fondiario massimo di 0,20 mc/mq ” e attribuisce, surrettiziamente e di fatto, ad atti di enti diversi dal comune una competenza indiretta e trasversale in materia urbanistica ed edilizia, rendendo malferma ed incerta la conformazione di intere aree del territorio comunale.
18.7. Il non perspicuo terzo comma dell’art. 14 n.t.a. va invece correttamente inteso come segue.
18.7.1. Esso consente la realizzazione, anche in deroga all’indice fondiario massimo di 0,20 mc/mq, della copertura degli impianti destinati ad ospitare taluna delle attività sportive enumerate dalla norma (in questo senso va inteso il riferimento alle “ opere da realizzare eventualmente indoor ”).
18.7.2. Questa interpretazione consente infatti di conciliare il primo con il terzo comma della norma divisata, permettendo un’edificazione maggiore rispetto a quella astrattamente conseguibile in base al (solo) primo comma dell’art. 14, ma che però non risulta né rimessa “in bianco” alle indicazioni di altri enti, per quanto concerne l’individuazione della volumetria totale assentibile, né implica l’edificazione di un carico urbanistico maggiore rispetto a quello permesso dal primo comma della medesima disposizione.
18.8. Trattandosi di provvedimento plurimotivato, la legittimità di questa ragione giustificatrice determina la sopravvenuta carenza d’interesse all’esame della censura relativa alla violazione dell’art. 20, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, per non avere il comune chiesto la documentazione integrativa al progetto.
18.8.1. Costituisce infatti jus receptum , l’orientamento secondo cui “ In presenza di un atto c.d. plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l'atto in sede giurisdizionale. In pratica, in caso di atto amministrativo, fondato su una pluralità di ragioni indipendenti ed autonome le una dalla altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l'esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento ” (Cons. Stato, sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2366;Sez. V, 12 marzo 2020, n. 1762;12 febbraio 2020, n. 1101).
19. In definitiva, alla luce delle suesposte motivazioni va respinto l’appello, con il quale parte appellante ha riproposto le originarie censure di primo grado.
20. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.