Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-03-12, n. 202102153

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-03-12, n. 202102153
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102153
Data del deposito : 12 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/03/2021

N. 02153/2021REG.PROV.COLL.

N. 00577/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 577 del 2013, proposto dalla società
Scirè Aktiengesellschaft, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti A L F e D V e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3

contro

Comune di Campione d’Italia (CO), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. A M, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Corbyons, in Roma, via Cicerone, n. 44
Provincia di Como, non costituita in giudizio

nei confronti

Regione Lombardia, non costituita in giudizio

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – sede di Milano, Sezione Seconda, n. 1440/2012 del 25 maggio 2012, con la quale è stato in parte respinto e in parte dichiarato irricevibile e inammissibile il ricorso R.G. n. 1239/2010, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla ricorrente per l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale di Campione d’Italia (CO) n. 5 del 15 febbraio 2010, di approvazione del P.G.T., nonché per l’annullamento degli atti presupposti e connessi e per la condanna delle Amministrazioni al risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente o, in subordine, all’indennizzo ex art. 21- quinquies della l. n. 241/1990.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Campione d’Italia (CO);

Visto il successivo atto di costituzione del Comune a mezzo di nuovo difensore;

Visti le memorie, i documenti e le repliche delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176;

Visto l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;

Relatore nell’udienza del giorno 26 gennaio 2021 il Cons. P D B e uditi per le parti gli avv.ti A L F e Paola Polzano su delega dell’avv. A M, in collegamento da remoto in videoconferenza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

La società appellante, Scirè Aktiengesellschaft (d’ora in poi anche solo “Società” o “Scirè”) espone di essere proprietaria dagli anni ’70 del Novecento di un’ampia area, avente superficie di mq. 14.000 circa, ubicata nel Comune di Campione d’Italia (CO), che costituisce un’enclave di territorio italiano nella Confederazione Elvetica ed è connotato da limitate dimensioni territoriali e dall’orografia tipica del territorio (montuoso) della Svizzera.

Detta area – precisa l’esponente – aveva ricevuto, per una porzione di circa mq. 7.000, la destinazione urbanistica edificatoria residenziale sia nel Programma di Fabbricazione del 1972, sia nel P.R.G. del 1998.

Con delibera consiliare n. 15 dell’11 agosto 2009 il Comune di Campione d’Italia adottava il nuovo P.G.T. (Piano di Governo del Territorio), che confermava, per l’area in questione, la destinazione residenziale edificabile (comparto P2). Senonché, sulla scorta del parere di compatibilità del P.G.T. al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) espresso dalla Provincia di Como l’8 febbraio 2010, la citata destinazione veniva totalmente sovvertita con la definitiva approvazione del P.G.T., intervenuta con delibera consiliare n. 5 del 15 febbraio 2010, in cui l’area de qua mutava la propria destinazione, venendo ricondotta dal Comune a previsioni di “ area ecologica ”.

Avverso la suddetta delibera consiliare di approvazione del P.G.T. e il parere di compatibilità emesso dalla Provincia insorgeva la Scirè, impugnando tali atti innanzi al T.A.R. per la Lombardia – Milano e chiedendone l’annullamento. La Società presentava, inoltre, domanda di risarcimento del danno o, in subordine, di indennizzo ex art. 21- quinquies della l. n. 241/1990.

Successivamente la Società proponeva tre ricorsi per motivi aggiunti, a mezzo dei quali impugnava: gli atti inerenti la procedura di V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) sul P.G.T. e la delibera di adozione del Piano;
la nota della Provincia di Como recante le valutazioni dell’Ente sulla V.A.S.;
la nota della stessa Provincia del 27 gennaio 2010, contenente il verbale dell’incontro tenutosi in data 13 gennaio 2010 tra i rappresentanti del Comune e quelli della Provincia.

Con sentenza n. 1440/2012 del 25 maggio 2012 l’adito Tribunale dichiarava in parte inammissibile e per il resto respingeva il ricorso introduttivo;
analogamente, dichiarava in parte inammissibile e per il resto respingeva il primo ricorso per motivi aggiunti;
infine, dichiarava in parte inammissibili e per il resto irricevibili il secondo ed il terzo gruppo di motivi aggiunti, e respingeva, altresì, la domanda di risarcimento del danno e quella di indennizzo.

La Sciré ha, quindi, proposto l’appello in epigrafe, impugnando l’ora vista sentenza e chiedendone la riforma e/o l’annullamento. A supporto del gravame la Società ha dedotto n. 12 motivi attinenti a vizi di legittimità degli atti impugnati che il T.A.R. non avrebbe rilevato, con conseguente erroneità della sentenza appellata. Con l’ultimo motivo di appello ha poi contestato specificamente la pronuncia sulle spese emessa dal primo giudice.

La Società ha, inoltre, riproposto la domanda di condanna delle Amministrazioni resistenti, in solido, al risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente e, in subordine, per l’ipotesi del rigetto della domanda principale di annullamento degli atti impugnati, di condanna delle Amministrazioni stesse a corrisponderle l’indennizzo ex art. 21- quinquies della l. n. 241/1990.

Si è costituito in giudizio il Comune di Campione d’Italia (CO), depositando memoria difensiva in vista dell’udienza di discussione della causa e concludendo per la reiezione dell’appello.

La Provincia di Como e la Regione Lombardia, pur evocate, non si sono costituite in giudizio.

Anche la Scirè ha depositato memoria, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

Le parti hanno depositato repliche.

All’udienza del 26 gennaio 2021, tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176, dopo sintetica discussione la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Viene in decisione l’appello proposto dalla Scirè Aktiengesellschaft contro la sentenza del T.A.R. per la Lombardia – Milano, Sez. II, n. 1440 del 25 maggio 2012, che ha in parte dichiarato inammissibili, in parte irricevibili e per il resto respinto il ricorso ed i motivi aggiunti proposti dalla Società avverso gli atti con cui il Comune di Campione d’Italia ha modificato la destinazione urbanistica dell’area di proprietà della ricorrente, trasformandone una porzione di circa mq. 7.000 (facente parte di un più vasto compendio) da zona C2 residenziale d’espansione, com’era nel previgente P.R.G., in ambito P2 “ boschivo della rete ecologica ”.

Tale modifica è stata introdotta con la delibera di approvazione del P.G.T., a seguito del recepimento, da parte del Comune, delle indicazioni espresse dalla Provincia di Como nel parere di compatibilità del P.G.T. al sovraordinato P.T.C.P.;
oltre a tali atti la Scirè ha impugnato, con i motivi aggiunti, gli atti di sottoposizione del P.G.T. alla V.A.S. e la nota provinciale recante il verbale dell’incontro del 13 gennaio 2010, svoltosi tra i rappresentanti del Comune e quelli della Provincia, nel quale è stata espressa concordia tra le Amministrazioni circa la suindicata modifica.

Il T.A.R., dopo aver dichiarato l’inammissibilità dell’impugnativa, attraverso il ricorso introduttivo, degli atti diversi dalla delibera di approvazione del P.G.T. e dal parere provinciale di compatibilità, ha proceduto alla disamina analitica delle censure della ricorrente, respingendole in quanto infondate nel merito.

Nello specifico, il primo giudice ha evidenziato, anzitutto, come la valutazione di compatibilità del P.G.T. al P.T.C.P. non possa intendersi quale un mero riscontro della conformità estrinseca del piano comunale, ma sia volta a verificare l’idoneità del piano comunale a raggiungere gli obiettivi del piano di coordinamento. Ciò comporta l’infondatezza: a) della censura della Scirè, secondo cui la Provincia si sarebbe dovuta limitare a valutare solo la compatibilità del P.G.T. con la previsioni prescrittive e vincolanti del P.T.C.P., in modo da salvaguardare l’autonomia comunale in ambito pianificatorio;
b) dell’ulteriore censura – dedotta con il quinto motivo – di incompetenza del dirigente della Provincia ad emanare il parere, non implicando questo, per sua natura, una scelta di indirizzo che radichi la competenza del Consiglio Provinciale e non sussistendo neppure gli estremi per attribuirne l’adozione alla Giunta Provinciale: tale parere, infatti, non trasmoda in una proposta di modifica o integrazione del P.T.C.P. (v. art. 13, comma 5, della l.r. n. 12/2005).

Quanto, poi, all’estraneità della zona interessata dalla modifica rispetto alla rete ecologica, il T.A.R. richiama l’art. 11 delle N.T.A. del P.T.C.P., che estende l’ambito di tutela a quelle zone le quali, pur non essendo comprese nella rete, presentano elementi di continuità strumentali con le altre zone che, invece, di quella rete fanno parte: ciò – nota la sentenza – è coerente con una concezione della tutela del paesaggio finalizzata alla protezione di una bellezza d’insieme, che si estende, perciò, ad aree le quali, pur se non gravate da specifici vincoli, contribuiscono alla tutela complessiva dell’interesse protetto.

Al riguardo, viene respinta anche la doglianza relativa all’impossibilità di comprendere se l’area per cui è causa appartenga all’ambito boschivo provinciale o locale, poiché la documentazione versata in atti dà ragione delle valutazioni espresse nel parere provinciale. L’area, infatti, – precisa la sentenza – risulta posizionata all’esterno del tessuto urbano, compresa fra due rami della viabilità principale e caratterizzata dalla presenza di un bosco. Con il ché, viene confutata anche la censura, contenuta nel sesto motivo, per cui la destinazione impressa al terreno non terrebbe conto delle sue caratteristiche reali e sarebbe illogica, rispetto allo sviluppo delle aree circostanti, mentre la censura di disparità di trattamento nei confronti di dette aree – aggiunge il T.A.R. – oltre che infondata, è inammissibile per genericità.

La scelta dell’Amministrazione di mutare la destinazione edificatoria dell’area, impressa a questa da tempo, è dunque espressione di discrezionalità e non necessita di specifica motivazione, visto che, a fronte di essa, la posizione della Società è di generica aspettativa alla conservazione della precedente disciplina, non vantando la Sciré un affidamento qualificato meritevole di una particolare tutela sotto il profilo motivazionale. Neppure è fondata – osservano i giudici lombardi – la doglianza avente ad oggetto l’omessa ripubblicazione del P.G.T., poiché nel caso di specie la modifica ha riguardato la destinazione impressa ad una singola area (il comparto P2), che non è idonea ad alterare i criteri di impostazione del Piano: del resto, l’art. 13, comma 9, della l.r. n. 12/2005 esclude la ripubblicazione della deliberazione comunale di recepimento delle prescrizioni provinciali o regionali, senza ulteriori specificazioni.

Ancora, la sentenza appellata respinge il motivo di ricorso incentrato sulla mancata previsione di un indennizzo ex art. 21- quinquies della l. n. 241/1990, atteso che l’impugnata delibera di approvazione del P.G.T. non può qualificarsi come un provvedimento di revoca. Da ultimo, respinge il motivo di mancata contezza, da parte del Consiglio Comunale, delle valutazioni espresse nel parere provinciale (protocollato dal Comune appena sei giorni prima della seduta dell’organo consiliare), poiché dette valutazioni sono state analizzate e discusse dai rappresentanti del Comune nell’incontro tenutosi il 13 gennaio 2010 con i rappresentanti della Provincia.

Così conclusa la disamina del ricorso introduttivo, il T.A.R. è poi passato al primo gruppo di motivi aggiunti, dichiarando anzitutto inammissibili per difetto di interesse le censure incentrate sulle pretese violazioni delle norme in materia di V.A.S., in quanto la Società non ha dimostrato l’incidenza di tali violazioni sulla destinazione urbanistica dell’area di sua proprietà. Ha, poi, respinto nel merito le altre censure, atteso che:

- dagli atti impugnati emerge come la ratio dell’azzonamento dell’area della Scirè risieda nell’intento di preservare l’ambito boschivo esistente, sul presupposto che esso, pur non appartenendo alla “ rete ecologica provinciale ”, presenti elementi di continuità con le altre zone che di detta rete fanno parte, di tal ché l’area appartiene ad un ambito che possiede caratteristiche di naturalità tali da giustificarne la classificazione e da preservarla dall’edificazione;

- la censura di disparità di trattamento rispetto all’ambito P4 (per il quale – lamentava la ricorrente – è stata mantenuta l’edificabilità, sebbene presentasse elementi di boscosità identici all’ambito P2) è priva di fondamento: ciò, sia per la mancata prova dell’identità dei due ambiti, sia perché solamente per l’ambito P4 vi era una situazione di affidamento qualificato dei proprietari, di cui il Comune ha dovuto tenere conto, mentre analogo affidamento non sussisteva – come già visto – relativamente alla posizione della Società.

Con riguardo ai secondi motivi aggiunti il T.A.R. osserva, da un lato, come essi siano inammissibili, avendo ad oggetto un atto (la nota della Provincia del 28 luglio 2009 recante le valutazioni dell’Ente sulla V.A.S., in vista dell’adozione del P.G.T.) privo di autonoma lesività e di cui, peraltro, la stessa ricorrente dimostra l’irrilevanza, con il sostenere che di tale nota il Comune non avrebbe tenuto conto;
dall’altro, come i citati motivi aggiunti, nella parte in cui riproducono le censure già formulate con il ricorso originario e con i primi motivi aggiunti, siano tardivi, perché presentati per la notifica in data 29 novembre 2010 (a fronte della pubblicazione del P.G.T. nel B.U.R. della Regione Lombardia del 16 giugno 2010).

Quanto, infine, ai terzi motivi aggiunti, la sentenza appellata li dichiara inammissibili nella parte in cui hanno ad oggetto un atto (il verbale dell’incontro svoltosi il 13 gennaio 2010 tra i rappresentanti del Comune e della Provincia) avente natura interlocutoria ed endoprocedimentale e, in quanto tale, privo di autonoma lesività. Li dichiara, invece, tardivi nella parte in cui recano censure riproduttive del ricorso originario e dei precedenti motivi aggiunti, essendo stati presentati per la notifica in data 28 giugno 2011.

Infine, il T.A.R. ha respinto le domande di risarcimento del danno e di indennizzo ex art. 21- quinquies della l. n. 241/1990, presentate dalla Società con il ricorso introduttivo e reiterate con i vari gruppi di motivi aggiunti, per difetto dei rispettivi presupposti.

Nell’appello la Scirè deduce i seguenti motivi, aventi ad oggetto vizi di legittimità degli atti gravati che il primo giudice avrebbe mancato di rilevare:

I) error in iudicando, travisamento dei presupposti, violazione della l. Reg. Lombardia n. 12/2005, omessa motivazione, perché l’area di proprietà della ricorrente non farebbe parte della rete ecologica provinciale, ma lambirebbe una zona definita come “ rete ecologica locale ”, di tal ché il parere reso dalla Provincia di Como, avendo inserito l’area stessa nella rete ecologica del P.T.C.P., non sarebbe un mero giudizio di compatibilità del P.G.T. rispetto alle previsioni del P.T.C.P., ma consisterebbe in una modifica delle “ rete ecologica provinciale ”;

II) error in iudicando, omessa e contraddittoria motivazione, extra petizione, violazione della l.r. n. 12/2005, travisamento del presupposto, poiché la riconduzione dell’area della ricorrente nell’ambito della “ rete ecologica provinciale ” avrebbe determinato un’illegittima previsione vincolistica in danno dell’area stessa, con effetti di sostanziale inedificabilità;

III) error in iudicando, omessa motivazione, travisamento dei presupposti, violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, in quanto la modifica in peius della destinazione dell’area di proprietà della ricorrente (comparto P2) sarebbe sprovvista di motivazione, sebbene la Società si trovasse in una posizione di interesse differenziato, che avrebbe richiesto la spendita di una specifica motivazione;

IV) error in iudicando, insufficiente e contraddittoria motivazione, violazione della l. n. 241/1990, della l.r. n. 12/2005 e delle garanzie di partecipazione al procedimento, giacché nel caso in esame non sarebbe stata garantita la partecipazione della Sciré al procedimento tramite la ripubblicazione del Piano o l’invio di apposita comunicazione individuale;

V) error in iudicando, errata e insufficiente motivazione, violazione dell’art. 13 della l.r. n. 12/2005 e degli artt. 42 e 48 del d.lgs. n. 267/2000, travisamento, in quanto il parere di compatibilità espresso dalla Provincia sarebbe affetto da incompetenza, essendo stato emesso dal dirigente;

VI) error in iudicando, insufficiente e contraddittoria motivazione, omessa istruttoria ed illogicità manifesta, giacché la scelta della P.A. di stralciare il comparto P2 della ricorrente per ragioni di rete ecologica sarebbe affetta da arbitrarietà e carenza di istruttoria, vista la scelta diversa fatta per un altro comparto (il P4), confermato, invece, tra gli ambiti di trasformazione;

VII) error in iudicando, omessa e insufficiente motivazione, travisamento del presupposto, violazione dell’art. 21- quinquies della l. n. 241/1990, poiché, qualora la modifica di destinazione dell’area della ricorrente fosse legittima, essa costituirebbe il frutto di una nuova e diversa valutazione dell’interesse pubblico, con conseguente spettanza alla predetta ricorrente dell’indennizzo ex art. 21- quinquies della l. n. 241/1990;

VIII) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, travisamento dei fatti, in quanto il parere di compatibilità emesso dalla Provincia sarebbe pervenuto al Comune di Campione d’Italia in data 9 febbraio 2010, ossia nella stessa data di convocazione della seduta del Consiglio Comunale deputata all’approvazione del P.G.T. e ciò dimostrerebbe che l’organo consiliare non sarebbe stato messo in grado di avere contezza della portata del citato parere;

IX) error in iudicando, insufficiente e contraddittoria motivazione, travisamento, in quanto sarebbe falso il presupposto sulla cui base il Comune ha deciso di recepire la prescrizione della Provincia e cioè che tale prescrizione non fosse superabile da una diversa determinazione comunale;

X) error in iudicando, errata motivazione, travisamento del presupposto, perché la Provincia avrebbe richiesto già nel procedimento relativo alla V.A.S. lo stralcio del comparto P2, omettendo qualsiasi verifica istruttoria in ordine alla consistenza ed all’effettiva valenza dell’area, e perché anche in tale specifico procedimento di V.A.S. la Provincia avrebbe inteso estendere la rete ecologica provinciale, senza servirsi del procedimento a ciò deputato ed incorrendo in questo modo nel vizio di sviamento di potere;

XI) error in iudicando, omessa motivazione, travisamento dei presupposti, violazione dell’art. 43 c.p.a. e dell’art. 13- bis del d.P.R. n. 115/2002, poiché il deposito nel giudizio innanzi al T.A.R. del verbale della riunione del 13 gennaio 2010 tra rappresentanti della Provincia e del Comune, da una parte sarebbe tardivo e quindi inammissibile, dall’altra dimostrerebbe ancora il difetto di istruttoria da cui sono affetti gli atti impugnati per la carenza di qualsiasi indagine in ordine alla reale consistenza del comparto P2;

XII) error in iudicando, erronea e insufficiente motivazione in ordine alla domanda risarcitoria ed a quella subordinata di indennizzo, in quanto a causa della previsione del P.G.T. approvato la Scirè si vedrebbe impedita la possibilità di realizzazione immobiliare residenziale sul comparto P2 e anche in caso di annullamento di detta previsione e di ripristino di una destinazione edificabile del comparto stesso, la Società subirebbe un danno da ritardata iniziativa immobiliare. In subordine, le spetterebbe comunque l’indennizzo ex art. 21- quinquies della l. n. 241/1990.

Da ultimo la Società ha proposto il seguente motivo di appello, volto a contestare specificamente la pronuncia sulle spese emessa dal T.A.R.:

XIII) error in iudicando, omessa motivazione sulle spese di giudizio, violazione dell’art. 26 c.p.a., in quanto la quantificazione delle spese di giudizio che la ricorrente è stata condannata a pagare sarebbe priva di motivazione e comunque errata alla luce delle circostanze sottese al ricorso.

La Scirè ha, infine, ripresentato le domande di risarcimento del danno e, in subordine, di indennizzo, respinte dal primo giudice.

Il Comune di Campione d’Italia, nel controbattere ai motivi di appello, ha ripercorso le motivazioni della sentenza impugnata, sottolineando in particolare:

- che nel caso de quo non si sarebbe in presenza di una modificazione strutturale della rete ecologica, come preteso dall’appellante, né di una variante del P.T.C.P., che avrebbe richiesto l’intervento della Giunta Provinciale: dall’approvazione del P.G.T. di Campione d’Italia, infatti, non sarebbe derivata alcuna modifica al P.T.C.P. della Provincia di Como;

- che nel parere della Provincia si darebbe conto che l’area della Scirè è caratterizzata dalla presenza di un bosco, avente natura di bosco “ ceduo invecchiato ”, di “ buona qualità eco sistemica e forestale ”, nonché “ interessato da un’area seppure marginale di pertinenza idraulica ”: alla luce di tali elementi – comprovati dalla documentazione in atti – il Comune, in sede di approvazione del P.G.T., avrebbe quindi aderito all’indicazione della Provincia di stralciare l’area in esame dalle previsioni edificatorie espansive, al fine di salvaguardarne i pregi ambientali, panoramici e paesaggistici, in coerenza con le scelte del P.G.T. stesso;

- che il potere pianificatorio esercitato avrebbe portato all’istituzione di un vincolo non espropriativo, ma conformativo, per il quale, dunque, non vi sarebbe obbligo d’indennizzo;

- che la sussistenza di un obbligo di ripubblicazione del Piano sarebbe esclusa dal fatto che la modifica di destinazione, impressa alla singola area, non altererebbe i criteri di impostazione del Piano, tenuto anche conto del fatto che tale modifica sarebbe in sostanza obbligatoria, rispondendo essa allo scopo di assicurare il rispetto delle finalità di tutela paesaggistica perseguite dal P.T.C.P.;

- che l’esigenza e la decisione della parte pubblica di preservare questa parte di territorio, limitandone l’edificazione, non sarebbe inficiata da errori di fatto, né da abnorme illogicità. Né sussisterebbe la disparità di trattamento lamentata dalla Società, atteso che la valutazione circa l’idoneità di un’area a soddisfare, tramite le possibili destinazioni, un dato interesse urbanistico, costituirebbe esercizio di un potere discrezionale di scelta, rispetto al quale non sarebbe ipotizzabile quell’identità di situazioni soggettive e oggettive che rappresenta il presupposto necessario alla configurazione della disparità di trattamento;

- che il richiamo, da parte dell’appellante, all’art. 21- quinquies della l. n. 241/1990 sarebbe del tutto inconferente, poiché il potere di pianificazione urbanistica si presenta come ontologicamente distinto da quello di autotutela amministrativa, cui rimanda la norma in questione;

- che il primo giudice avrebbe adeguatamente dato conto dei profili di irricevibilità, inammissibilità ed infondatezza dei vari gruppi di motivi aggiunti;

- che, infine, alla luce di tutto quanto precede, giustamente il T.A.R. avrebbe respinto la domanda di risarcimento dei danni e quella, subordinata, di indennizzo ex art. 21- quinquies cit., e che il capo della sentenza appellata attinente alle spese di lite farebbe rigorosa e corretta applicazione delle regole della soccombenza.

Così riportate le posizioni delle parti, osserva il Collegio che l’appello è fondato nei termini ed entro i limiti che di seguito si vanno ad esporre.

Nell’esaminare i motivi di appello, va data precedenza a quelli (il quinto e in parte qua il primo) con i quali la Società ha dedotto la doglianza di incompetenza del dirigente della Provincia ad emanare il parere di compatibilità del P.G.T. con il P.T.C.P., alla stregua della pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 27 aprile 2015, la quale, muovendo dalla disciplina dettata dall’art. 34, comma 2, c.p.a., ha evidenziato come il vizio di incompetenza: a) debba essere esaminato con priorità dal giudice; b) non possa essere graduato dalla parte.

Il motivo è infondato, atteso che nella fattispecie in esame, per quanto di seguito si esporrà, ci si trova dinanzi a un parere di compatibilità illegittimo, il quale perciò vizia l’atto comunale che ne ha recepito le prescrizioni, ma non di fronte a un atto che introduce surrettiziamente, attraverso la modifica della “ rete ecologica ” prevista dal P.T.C.P., una modifica di siffatto strumento (ciò che avrebbe richiesto l’intervento della Giunta e del Consiglio Provinciali).

Per quanto riguarda la disamina degli altri motivi di appello, in adesione all’insegnamento espresso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 5/2015 cit., si ritiene di procedere, nell’ordine logico, prioritariamente all’esame di quei motivi che rivelano, in astratto, una più radicale illegittimità degli atti impugnati, per passare poi, soltanto in caso di rigetto di tali censure, all’esame degli altri motivi, i quali, pur idonei a determinare l’annullamento degli atti stessi, rivelino profili di illegittimità meno radicali.

Ciò premesso, il Collegio reputa anzitutto infondati i motivi dell’appello (settimo e dodicesimo) con i quali si lamenta l’omessa previsione, in favore dell’appellante, dell’indennizzo previsto dall’art. 21- quinquies della l. n. 241/1990, essendo di palmare evidenza che le modifiche, in sede di procedimento di approvazione dello strumento urbanistico, alla destinazione urbanistica impressa ad un’area dalla delibera di adozione del Piano, nulla hanno a che vedere con l’esercizio del potere di revoca di cui al citato art. 21- quinquies .

Ritiene, altresì, infondata la censura di disparità di trattamento dedotta con il sesto motivo d’appello, stante, a tacer d’altro, l’erroneità del presupposto di fatto su cui la stessa si basa e cioè l’omogeneità delle zone poste in comparazione, i comparti P2 e P4 (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 27 febbraio 2018, n. 566): tali comparti, infatti, non sono tra loro omogenei, sussistendo in relazione al “P4” una convenzione (all’epoca dei fatti in fase di attuazione) in zona “ Poserona ” che ha suggerito, per esso, il mantenimento della destinazione ad “ ambito di trasformazione ”.

Il Collegio reputa invece fondate le doglianze mosse avverso la sentenza di prime cure per non avere questa accolto i motivi del ricorso con cui si era censurato il difetto di motivazione degli atti impugnati e, in specie, del parere della Provincia di Como – Settore Pianificazione Territoriale dell’8 febbraio 2010 (doc. 4 del Comune nel giudizio innanzi al T.A.R.).

Il predetto parere, che si presenta, nell’oggetto, come “ provvedimento di valutazione di compatibilità con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) ” del Piano di Governo del Territorio (P.G.T.) adottato dal Comune di Campione d’Italia (CO) con delibera del Consiglio Comunale n. 15 dell’11 agosto 2009, nella parte riguardante il comparto o “ ambito di trasformazione ” P2 (pag. 12), così si esprime:

Occorre premettere che la legge regionale vigente orienta la pianificazione del territorio alla riqualificazione e all’utilizzazione ottimale delle risorse territoriali a disposizione, prediligendo proposte volte alla minimizzazione di consumo di suolo libero. Risulta pertanto discriminante, nell’individuazione degli obiettivi quantitativi di sviluppo ed in una logica di costruzione di politiche virtuose di riuso del territorio, non solo verificare le potenzialità residue preliminarmente all’occupazione di nuove aree non urbanizzate, ma anche valutare il posizionamento di tali previsioni non attuate in riferimento al territorio comunale.

L’ambito di trasformazione P2 risulta posizionato all’esterno del tessuto urbano consolidato, in adiacenza alla via Totone, su un’area attualmente caratterizzata dalla presenza di un bosco classificabile come “ceduo invecchiato”, con presenza d’alto fusto di castagno (…...) , frassino (.….) , carpino nero (…..) , roverella (…..) , robinia (…..) e agrifoglio (……) e sottobosco a dominanza di pungitopo (…...) .

In considerazione della buona qualità ecosistemica e forestale dell’ambito, dell’opportunità di non ridurre ulteriormente il comparto boscato, nella logica di perseguire una pianificazione che coerentemente alle scelte del PGT salvaguardi i pregi ambientali, panoramici e paesaggistici del territorio (pag. 51 del DdP) e verificato che l’ambito è interessato da un’area, seppur marginale, di pertinenza idraulica, si ritiene che debba essere stralciato dalla pianificazione proposta e ricondotto a destinazione boschiva.

(…….)

Lo stralcio degli ambiti sopra richiamati (cioè, oltre al P2, il P3) , favorevolmente accolto anche dai rappresentanti del Comune in sede di incontro di confronto datato 13 gennaio 2010, persegue l’obiettivo di mantenimento ed ottimizzazione della rete ecologica definita dal PTCP evitando la dispersione di nuovi insediamenti sul territorio ”.

Sulla base di tali argomentazioni la Provincia perviene dunque, a pag. 18 del parere, alla prescrizione di “ stralciare dalla pianificazione proposta gli ambiti P2 (…..) riconducendoli alla destinazione “Ambiti boschivi della rete ecologica locale”” .

Ad avviso del Collegio, la suesposta motivazione non consente di comprendere appieno le ragioni di non compatibilità della destinazione residenziale impressa all’area in esame dal P.G.T. adottato – che, come ammesso dallo stesso Comune, costituiva una conferma della disciplina del previgente P.R.G. – rispetto al P.T.C.P. della Provincia di Como.

In primo luogo, infatti, il parere richiama, a pag. 6, la “ rete ecologica definita dal PTCP ”, affermando che “ il PGT individua i comparti (compreso, evidentemente, il comparto P2) nei quali sono previsti interventi di trasformazione che ricadono ” in tale rete ecologica, ma non chiarisce quale sarebbe il collegamento tra l’area di proprietà dell’appellante e la rete ecologica stessa e, dunque, non chiarisce in che cosa consista la suddetta ricaduta.

La censura è stata formulata nel primo e richiamata nel secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e il T.A.R. l’ha respinta in base all’orientamento secondo cui è legittimo, ai sensi dell’art. 11 delle N.T.A. del P.T.C.P., inserire tra le componenti essenziali della “ rete ecologica ” anche zone che, pur non essendo in questa ricomprese cartograficamente, presentino tuttavia elementi di continuità strumentali con altre aree, che della rete fanno invece parte.

Senonché, il primo giudice ha omesso poi di specificare in che cosa consista, nel caso di specie, la “ continuità ” dell’area per cui è causa con quelle che fanno parte della rete ecologica della Provincia e quali siano gli “ elementi ” in cui si esprimerebbe la succitata continuità, limitandosi ad un richiamo – generico e perciò, ad avviso del Collegio, insufficiente – alle finalità di protezione di una bellezza d’insieme perseguite dalla tutela paesaggistico-ambientale: finalità, le quali giustificano l’estensione di detta tutela ad aree che, pur senza essere gravate da specifici vincoli, contribuiscono, nondimeno, alla tutela complessiva dell’interesse protetto.

Ma deve obiettarsi, sul punto, che è proprio di fronte ad un’area non gravata da specifici vincoli ( ex lege o amministrativi) ed estranea cartograficamente al perimetro cui ha riguardo il P.T.C.P., che si impone, vieppiù, un obbligo di motivazione rafforzata, il cui adempimento comporta l’indicazione puntuale delle ragioni a supporto della destinazione che si intende apporre all’area in questione e che osta ad interventi edilizi sulla stessa.

In argomento, la sentenza appellata incorre in un ulteriore equivoco, lì dove richiama il consolidato indirizzo giurisprudenziale che ha enucleato le limitate ipotesi di obbligo di motivazione specifica delle scelte discrezionali effettuate dalla P.A. in sede di pianificazione urbanistica, riguardanti i casi in cui sia ravvisabile un affidamento qualificato del privato. Ma il richiamo non è conferente, poiché nella vicenda qui in esame l’obbligo di puntuale e specifica motivazione, nei termini appena esposti, riguarda il parere di compatibilità emesso dalla Provincia di Como e non già – se non per relationem – la delibera di approvazione del P.G.T. da parte del Comune (al quale il predetto parere “ prescrive ” di stralciare dalla pianificazione proposta l’ambito P2).

È indubbio, per il Collegio, che negare l’esistenza, in casi come quello ora in esame, di un obbligo di puntuale indicazione delle ragioni dell’estensione del regime vincolistico ad un’area ad esso estranea formalmente e cartograficamente significherebbe lasciare il privato alla mercé di scelte della P.A. che potrebbero trasmodare nell’arbitrarietà.

Orbene, nel caso di specie il parere di compatibilità emesso dalla Provincia non assolve tale obbligo, non essendo dato comprendere, in definitiva, in che cosa esattamente consista l’incompatibilità della scelta urbanistica effettuata per l’area in esame dal Comune in sede di adozione del P.G.T. – la quale, si ripete, perpetuava scelte pregresse – con la sovraordinata disciplina del P.T.C.P.: ciò, pur volendo accedere a quella concezione “dinamica” fatta propria dalla sentenza appellata, secondo cui il giudizio di compatibilità non può limitarsi al mero riscontro della conformità estrinseca del Piano comunale alle previsioni ad efficacia prescrittiva e prevalente del Piano provinciale, ma è volto, ai sensi dell’art. 18 della l.r. n. 12/2005, all’accertamento dell’idoneità dell’atto comunale a raggiungere gli obiettivi del Piano di coordinamento.

Di un siffatto accertamento (avente, per il comparto P2, segno negativo) non si rinvengono, invero, idonei elementi nel corpo del parere provinciale, non potendosi tenere conto delle integrazioni fornite sul punto dalla Provincia nel giudizio innanzi al T.A.R., stanti i noti principi in materia di divieto di integrazione postuma della motivazione (cfr., ex plurimis , C.d.S., Sez. III, 28 luglio 2020, n. 4801 e 19 gennaio 2018, n. 357;
Sez. II, 6 maggio 2020, n. 2860;
Sez. VI, 19 ottobre 2018, n. 5984): e questo difetto di motivazione si ripercuote, ovviamente, sulla delibera di approvazione del P.G.T., viziandola in via derivata.

Per vero, la lettura del parere della Provincia di Como mostra come l’Ufficio che lo ha emesso (Settore Pianificazione Territoriale), anziché procedere al riscontro di compatibilità del P.G.T. con il P.T.C.P., si sia preoccupato di verificare la coerenza della destinazione urbanistica impressa al comparto P2 con le scelte del P.G.T. in materia di salvaguardia dei pregi ambientali, panoramici e paesaggistici del territorio comunale: ma è evidente che una simile verifica esulava dai compiti spettanti all’Ufficio provinciale, cui non competeva valutare la complessiva congruenza della disciplina dettata dal P.G.T. rispetto agli obiettivi che il Piano stesso affermava di perseguire.

Il parere della Provincia richiama, inoltre, gli obiettivi della legislazione regionale, ma si tratta di un richiamo generico e che non consente di capirne con esattezza la rilevanza, sul piano giuridico, ai fini del suddetto riscontro di compatibilità.

Neppure soccorre a tal proposito la documentazione fotografica versata in atti, che – contrariamente all’avviso espresso sul punto dal primo giudice – non dà per nulla “ ampia ragione ” delle valutazioni formulate a pag. 12 del parere provinciale e sembra denotare, semmai, uno stato di conservazione non ottimale del bosco esistente nell’area in questione. Tale documentazione conferma la posizione del comparto P2 “ all’esterno del tessuto urbano consolidato ”, come recita a pag. 12 il parere provinciale, ma questo è elemento di per sé insufficiente ai fini che qui interessano, nulla dicendo sulla funzione di “ cuscinetto ” che, secondo quanto emerge dalle difese della Provincia innanzi al T.A.R., verrebbe svolta dall’area in esame, in aderenza ai principi dello sviluppo sostenibile.

Ancora, ai fini dell’individuazione delle ragioni giustificative dello stralcio del comparto P2 dalla destinazione impressagli di “ ambito di trasformazione ”, non fornisce elementi utili il parere espresso dalla Provincia di Como nel sub-procedimento di Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) del P.G.T. del Comune di Campione d’Italia, il quale è fonte, anzi, di ulteriori dubbi.

Detto parere, trasmesso dalla Provincia con nota prot. n. 38053 del 28 luglio 2009 e gravato anch’esso dalla Scirè con il primo con il secondo ricorso per motivi aggiunti, conferma anzitutto come l’ambito di trasformazione P2 non ricada entro il perimetro della “ rete ecologica provinciale ”, quale definito dall’art. 11 delle N.T.A. del P.T.C.P., l’unico ambito ricadente in tale perimetro essendo – precisa il parere – quello denominato “T5” (“ comparto Sant’Evasio ”).

Per il comparto P2, il parere reso dalla Provincia in sede di V.A.S. segnala (con maggiori dettagli sulla questione della presenza, ancorché marginale, di una pertinenza idraulica) le stesse criticità che sono riproposte nella valutazione provinciale di compatibilità del P.G.T. con il P.T.C.P.;
ma ciò non aiuta, poiché il parere in discorso si conclude nel seguente modo: “ La presente relazione riguarda esclusivamente gli aspetti connessi alle valutazioni inerenti il procedimento di VAS, nel principio della leale collaborazione tra Enti.

La Provincia si riserva pertanto di effettuare un più puntuale approfondimento con conseguenti formali determinazioni in relazione alla valutazione di compatibilità del PGT con il PTCP ai sensi della L.R. n. 12 del 2005 e s.m.i. ”.

Ciò fa intendere che la suddetta valutazione di compatibilità avrebbe dovuto avere un oggetto diverso e più ampio, nonché comportare un maggiore approfondimento rispetto al parere provinciale reso in sede di V.A.S., mentre in effetti le cose non risultano essere andate così, atteso che – come detto – le criticità rilevate nei due pareri per il comparto P2 sono le medesime e, semmai, è quello reso in fase di V.A.S. che espone maggiori dettagli.

Altre perplessità le suscita, poi, il parere motivato conclusivo emesso in sede di V.A.S. dal Comune di Campione d’Italia (v. doc. 6 del Comune nel giudizio innanzi al T.A.R.). Esso, infatti, nel riferire delle criticità emerse in relazione alla “ rete ecologica ”, sotto i profili ecologico e paesaggistico, con riguardo alla “ riconferma delle previsioni insediative residenziali ” degli ambiti di trasformazione, tra cui l’ambito P2, rileva che “ tali ambiti si collocano completamente al di fuori delle aree individuate dal PTCP provinciale come “rete ecologica” e che gli stessi sono le uniche previsioni puramente residenziali che il Documento di Piano prevede al fine di dare una risposta alla domanda abitativa ”, aggiungendo che gli ambiti in questione “ derivano proprio dalle previsioni insediative del precedente strumento urbanistico (PRG) ”. Il parere evidenzia ancora, sul punto, che “ il documento di Piano (…) al fine di garantire una salvaguardia di determinati ambiti ecologici e paesistici, provveda (sic) ad identificare una specifica rete ecologica locale e fasce tampone di connessione con la rete ecologica provinciale, con l’intento proprio di individuare un ambito omogeneo e più esteso di tutela e salvaguardia del sistema boschivo, nonché del relativo sistema paesistico ”.

Ma, allora: o il comparto P2, che è estraneo alla “ rete ecologica provinciale ”, lo è anche alla “ rete ecologica locale ” prevista dal Comune proprio al fine di un raccordo con la rete provinciale, e quindi vieppiù non si comprendono poi le ragioni per le quali, in sede di approvazione del P.G.T., si è inteso assoggettarlo alle previsioni vincolistiche della “ rete ecologica provinciale ” di cui al P.T.C.P.;
ovvero il parere di compatibilità emesso dalla Provincia di Como l’8 febbraio 2010 ha inteso in realtà inserire il comparto nella citata “ rete ecologica locale ”, ma – ancora una volta – senza indicare con sufficiente esaustività le ragioni di un simile inserimento, a fronte dell’elencazione da parte del Comune, nell’ora visto parere finale sulla V.A.S., delle ragioni che deponevano per il mantenimento della destinazione insediativa del comparto derivante dal precedente strumento urbanistico.

Da tutto quanto finora esposto si evince, in conclusione, che sono fondate le doglianze della Sciré formulate con i primi tre motivi d’appello, nonché con il decimo e ( in parte qua ) l’undicesimo, volte a contestare la sentenza impugnata per non avere questa accolto le censure tramite cui la ricorrente aveva lamentato il difetto di motivazione del parere della Provincia di Como sulla compatibilità del P.G.T. adottato con il P.T.C.P.: vizio di legittimità che – come già indicato – affligge in via derivata la delibera di approvazione del P.G.T..

Tali doglianze esprimono una più radicale illegittimità degli atti impugnati rispetto alle altre di natura procedimentale formulate dall’appellante, attinenti alla mancata ripubblicazione del P.G.T. (quarto motivo), alla tardiva ricezione, da parte del Comune, del parere provinciale di compatibilità (ottavo motivo) e al tardivo deposito in giudizio del verbale della riunione svoltasi in data 13 gennaio 2010 (undicesimo motivo, in parte qua ). Per tal ragione, visti la fondatezza e il conseguente accoglimento delle suindicate censure di illegittimità più radicale, il Collegio, richiamando quanto prima detto circa l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria n. 5/2015 cit., ritiene di poter prescindere dalla disamina delle ora viste censure di tenore procedimentale.

La fondatezza dell’appello comporta che, in riforma della sentenza impugnata, va accolta la domanda di annullamento formulata dalla Società nel giudizio di primo grado.

Da ultimo, è appena il caso di sottolineare che l’accoglimento dei riferiti motivi d’appello comporta l’accoglimento, altresì, del motivo (il tredicesimo ed ultimo) volto a censurare la condanna alle spese pronunciata dai giudici di prime cure, stante la riforma della sentenza appellata anche con riguardo al capo recante la pronuncia sulle spese.

L’accoglimento dell’appello non comporta, invece, l’accoglimento né della domanda di risarcimento del danno, né di quella di indennizzo, ripresentate dalla Società appellante:

- della domanda risarcitoria, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, qualora l’annullamento di un provvedimento amministrativo venga disposto per vizi formali, quali il difetto di istruttoria o di motivazione, non è riconoscibile il risarcimento del danno, in quanto in tal caso non è effettuato alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto nel provvedimento oggetto di impugnazione (cfr., ex multis , C.d.S., Sez. V, 21 aprile 2020, n. 2534, 11 marzo 2019, n. 1610, e 17 luglio 2017, n. 3505;
Sez. III, 17 giugno 2019, n. 4097;
Sez. IV, 8 febbraio 2018, n. 825);

- della domanda di indennizzo ex art. 21- quinquies della l. n. 241/1990, in forza di quanto già detto circa l’estraneità degli atti posti in essere dalle Amministrazioni coinvolte rispetto all’istituto della revoca, disciplinato dalla disposizione ora citata.

Alla luce della complessità delle questioni esaminate, sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio, con il conseguente diritto della Società appellante a ripetere quanto da essa versato per effetto della condanna alle spese pronunciata a suo carico dal primo giudice.

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