Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-01-09, n. 201700018

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-01-09, n. 201700018
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700018
Data del deposito : 9 gennaio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/01/2017

N. 00018/2017REG.PROV.COLL.

N. 04003/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4003 del 2006, proposto dal Comune di Grado, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati G R e S C , con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Pisistrato, 11;

contro

Società Quattro Esse s.r.l., ora Spa.Da s.r.l, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati G O e P G, con domicilio eletto presso il primo in Roma, piazza Cola di Rienzo, 69;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il FRIULI-VENEZIA-GIULIA, n. 51 del 1 marzo2005, resa tra le parti, concernente ordine di demolizione di un manufatto abusivo.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Quattro Esse s.r.l. ora Spa.Da s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2016 il consigliere Fabio Taormina e udito per parte appellante l’avvocato Galante su delega dell’avvocato S. Cavallo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe - n. 51 dell’1 marzo 2005 - il T.a.r. per il Friuli Venezia Giulia ha accolto, previa loro riunione, due ricorsi, proposti dalla odierna parte appellata volti ad ottenere l’annullamento:

a) (con il ricorso di primo grado r.g.n. 323/01) dell’ordinanza sindacale prot. n. 13591/RT del 18.5.2001, di demolizione, e rimessione in pristino stato, di manufatto abusivo, con comminatoria, in difetto, di esecuzione in danno;

b) (con il ricorso di primo grado r.g.n. 410/01) dell’ordinanza sindacale prot. n. 173447RT del 25.6.2001, di demolizione, e rimessione in pristino stato, di manufatto abusivo, con comminatoria, in difetto, di esecuzione in danno.

1.1. In punto di fatto era accaduto che:

a) la parte originaria ricorrente aveva provveduto a sostituire ( previa presentazione, in data 5.4.2001, della denunzia di inizio attività) la tenda parasole nello spiazzo antistante il bar pizzeria “Alla Caina” da essa gestito, senza che il Comune avesse sollevato, nel previsto termine di 20 giorni, obiezione alcuna;
con l’ordinanza sindacale del 18.5.2001 (impugnata con il ricorso di primo grado n. 323/01), il comune ne aveva ingiunto la rimozione perché - a suo dire- la tenda installata contrastava con il dettato dell’art. 66 del regolamento edilizio (in quanto realizzata in materiale lucido e non opaco) e la Dia presentata difettava del titolo legittimante ad eseguire l’opera, non essendo stata autorizzata l’occupazione di suolo comunale per detto manufatto ma solo l’occupazione, in via temporanea, con sedie e tavoli, dell’area interessata;
in ogni caso l’opera era difforme, per altezza e tipo di tessuto, dalla stessa Dia;

b) in seguito al rigetto della proposta istanza cautelare nel ricorso n. 323/01, il Comune, previa determinazione n. 16130/RT dd. 13.6.2001, aveva provveduto d’ufficio alla rimozione della nuova tenda dal detto esercizio, e la parte originaria ricorrente aveva (in pretesa esecuzione dell’ordinanza sindacale prot. n. 173447RT del. 25.6.2001 impugnata e non sospesa), provveduto a ripristinare la tenda preesistente;
a questo punto, però, il Comune emetteva l’ulteriore ordinanza sindacale prot. n. 173447RT del. 25.6.2001 (impugnata con il ricorso di primo grado n. 410/01) con cui veniva disposta la rimozione anche di tale manufatto, perché in contrasto con la nuova disciplina urbanistica nelle more entrata in vigore nel territorio comunale.

2. Il Comune di Grado si era costituito in entrambi i ricorsi chiedendone la reiezione.

3. Con la sentenza impugnata il T.a.r. ha disatteso le eccezioni preliminari ed ha accolto entrambi i riuniti ricorsi di primo grado, deducendo che:

a) quanto al ricorso di primo grado n. 323/01, esso era fondato sotto l’assorbente profilo per cui la Dia era stata depositata in Comune il 5.4.2001 e nessun provvedimento era stato assunto prima di quello impugnato (adottato in data 18.5.2001 e notificato il successivo 21.5. 2001);

b) ai sensi del combinato disposto del 4° e 7° comma dell’art. 80 della L.R. n. 52/91 la Dia doveva essere presentata almeno venti giorni prima dell’inizio dei lavori, e il Sindaco doveva entro tale termine (da ritenersi perentorio) notificare agli interessati l’ordine motivato di non effettuare le previste trasformazioni, ove riscontri “l’assenza di una o più delle condizioni stabilite;

c) invece era stato effettuato un sopralluogo presso l’esercizio gestito dalla originaria ricorrente, ben 43 giorni dopo la presentazione della denunzia e l’ordinanza impugnata era stata notificata 46 giorni dopo;

d) neppure poteva sostenersi che sussistevano i presupposti dell’autotutela, in quanto erano state obliate le garanzie partecipative;

e) quanto al ricorso di primo grado n. 410/01, il provvedimento impugnato si fondava sulla circostanza che in data 6.6.2001 era stata approvata la variante n. 10 al regolamento edilizio, che vietava di installare, nell’ambito in cui insisteva il locale gestito dalla originaria ricorrente, tende con montanti verticali e sulla circostanza che la realizzazione delle opere soggette a denunzia di inizio attività era inibita nelle aree vincolate, ove non fosse stata acquisita preventivamente l’autorizzazione paesaggistica: ma entrambi i presupposti di fatto erano invocati a sproposito, in quanto il manufatto in questione non integrava opera nuova, realizzabile in seguito a DIA e assoggettata alle disposizioni appena approvate del regolamento edilizio, ma ( come riconosce lo stesso atto impugnato) si trattava della “vecchia tenda da sole già autorizzata in data 3.6.1988 con prot. n° 4308/RT al sig. Toso Oliviero” che era stata ricollocata al suo posto in seguito a provvedimento dello stesso Comune, che ha fatto smontare quella che l’ha sostituita;

f) posto che le disposizioni urbanistiche non potevano applicarsi ai manufatti già esistenti all’epoca della loro entrata in vigore, non poteva estendersi a una tenda autorizzata nel 1988 l’obbligo della previa presentazione della DIA, con acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, prevista soltanto dalla L.R. 19.11.1991 n. 52 e s.m.i..

3. Il Comune di Grado ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità;
dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del contenzioso, ha dedotto che:

a) il T.a.r. aveva erroneamente disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado n. 323/01 in quanto il provvedimento ivi impugnato si sorreggeva sul rilevato difetto di autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico;
il comune aveva agito a tutela del bene demaniale;
tale autonomo apparato argomentativo non era stato gravato dall’impresa sicché tutti i motivi di censura articolati in primo grado erano da ritenersi inammissibili sotto tale assorbente profilo;

b) il ricorso di primo grado n. 323/01 era comunque infondato nel merito, in quanto:

I) i lavori erano già conclusi e quindi non rispondeva al vero che il Sindaco avrebbe dovuto ordinarne la sospensione, prima di disporre la rimessione in pristino (ed, in tal modo, consentire alla originaria ricorrente di presentare, eventualmente domanda di concessione o autorizzazione in sanatoria);

II) inoltre l’opera ricadeva nel centro della città, vi sarebbe stata la necessità di ottenere l’autorizzazione ai sensi del d.Lgs n. 490/1999;

III) nell’ipotesi di esercizio di autotutela attingente il provvedimento abilitativo di denuncia di inizio attività non era necessario rispettare le garanzie infraprocedimentali;

c) anche il ricorso di primo grado n. 410/01avrebbe dovuto essere respinto in quanto la reinstallazione della “vecchia” tenda (dopo che il comune aveva provveduto a rimuovere la “nuova” tenda), integrava un nuovo intervento edilizio assoggettato alle prescrizioni regolamentari medio tempore entrate in vigore.

4. In data 16.9.2006 la società originaria ricorrente di primo grado, odierna appellata, ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione dell’appello e facendo presente che nella “prima “ordinanza sindacale prot. n. 13591/RT del 18.5.2001(da essa originariamente impugnata con il ricorso di primo grado n. 323/01) non era stato giammai evidenziato che si agiva a tutela della proprietà demaniale, ed in ogni caso l’appellata aveva regolarmente pagato la tassa di occupazione del suolo pubblico nel 2001, non rilevando in senso contrario che la società appellata era subentrata al signor Toso nella gestione del locale.

5.In data 21.11. 2016 la parte odierna appellata si è costituita con un nuovo difensore.

6. Alla odierna pubblica udienza del 20 dicembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è parzialmente fondato, e va accolto, con riforma della impugnata sentenza esclusivamente nella parte in cui essa ha respinto la eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado r.g.n. 323/01;
l’appello è invece infondato nella restante parte, con consequenziale conferma della sentenza impugnata quanto alla statuizione demolitoria pronunciata in accoglimento del ricorso di primo grado r.g.n. 410/01.

1.1. Preliminarmente il Collegio da atto della circostanza che la parte odierna appellata non ha riproposto i motivi del ricorso di primo grado assorbiti dal T.a.r. e che, pertanto, le uniche questioni da esaminare sono quelle sottese all’appello proposto dall’amministrazione comunale.

2. Come anticipato in premessa, la riproposta eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado r.g. n. 323/01 è fondata in quanto:

a) nella ordinanza n. prot. n. 13591/RT del 18.5.2001 venne evidenziato un profilo di tutela del bene demaniale riposante nella circostanza che l’originaria parte ricorrente in primo grado non era latrice di alcuna autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico;

b) detta ordinanza, quindi, si reggeva su più profili autonomi, ognuno dei quali in grado di supportarne, anche ove isolatamente considerato, la parte dispositiva;

c) per giurisprudenza consolidata (Consiglio di Stato, sez. VI, 30/09/2015, n. 4554) quando l'Amministrazione, ai sensi del citato articolo 823, comma 2 del codice civile, ritenga di esercitare il potere di autotutela possessoria, adottando un'ordinanza di rilascio di un bene demaniale occupato, occorre che l'occupazione sia abusiva e nel caso specifico, tale condizione si era verificata, in quanto la parte originaria ricorrente di primo grado non aveva titolo per occupare l’area;

d) il ricorso di primo grado non conteneva alcuna censura sul punto ed anche in appello la società appellata si è limitata a sostenere che essa era subentrata nella gestione del locale, e che essa ed il precedente titolare avevano pagato la tassa di occupazione di suolo pubblico (che il comune di Grado considerava unico presupposto legittimante);

e) il ricorso di primo grado, conclusivamente, doveva essere dichiarato inammissibile, in armonia con la consolidata tesi giurisprudenziale secondo la quale “ove l'atto impugnato (provvedimento o sentenza) sia legittimamente fondato su una ragione di per sé sufficiente a sorreggerlo, diventano irrilevanti, per difetto di interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso le altre ragioni opposte dall'autorità emanante a rigetto della sua istanza (tra le tante Consiglio Stato , sez. VI, 31 marzo 2011 , n. 1981, ma si veda anche Consiglio Stato , sez. VI, 29 marzo 2011 , n. 1897:“laddove una determinazione amministrativa di segno negativo si fondi su una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse resista alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall'annullamento.”);

f) il T.a.r. ha errato nel non cogliere la pluralità dei versanti di tutela perseguiti dal provvedimento impugnato in primo grado, e non ha tratto le conseguenze dalla omessa contestazione di uno dei medesimi da parte dell’originario ricorrente di primo grado, il cui ricorso doveva essere dichiarato inammissibile.

4. Sono invece infondate le doglianze proposte dall’appellante amministrazione comunale avverso il capo di sentenza demolitorio della ordinanza sindacale prot. n. 173447RT del 25.6.2001 (in accoglimento del ricorso di primo grado r.g.n. 410/01): si osserva in proposito che in parte qua è certamente corretta la valutazione del T.a.r. in quanto nella sostanza la parte odierna appellata stava provvedendo a rimontare il precedente manufatto, e tale operazione non poteva qualificarsi “nuovo” intervento.

4.1. Affermare il contrario, significherebbe incorrere in un paradosso: si dovrebbe ritenere infatti che il privato che chiede di installare un nuovo elemento decorativo, previo smontaggio del precedente, e conformandosi al provvedimento comunale di diniego al montaggio del nuovo elemento, poi non possa più neppure tornare alla situazione di partenza rimontando il vecchio elemento.

Così certamente non è, e pertanto la censura va disattesa, sotto tale profilo, che appare assorbente.

5. Conclusivamente, l’appello deve essere parzialmente accolto, e per l’effetto la sentenza di primo grado deve essere riformata unicamente nella parte in cui ha accolto il ricorso di primo grado r.g. n. 323/01: quest’ultimo deve essere dichiarato inammissibile, con salvezza degli atti ivi impugnati;
l’appello va respinto nella restante parte con consequenziale conferma dell’impugnata sentenza

5.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

5.1.Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

6.Stante la reciproca parziale soccombenza, le spese del doppio grado di giudizio vanno integralmente compensate tra tutte le parti, mentre ciascuna di esse sopporta il peso del contributo unificato versato in relazione ad entrambi i gradi di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi