Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-05-05, n. 201702054

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-05-05, n. 201702054
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201702054
Data del deposito : 5 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/05/2017

N. 02054/2017REG.PROV.COLL.

N. 02964/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2964 del 2013, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

A D N, rappresentato e difeso dall'avvocato M S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Parioli, 180;

nei confronti di

V G A, U S, A M C, F M, F T, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO, SEZ. II n. 00069/2013, resa tra le parti, concernente procedura di avanzamento carriera


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di A D N;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Sanino e l’Avv.to dello Stato G. Natale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame, il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando generale della Guardia di Finanza impugna la sentenza 7 gennaio 2013 n. 69, con la quale il TAR per il Lazio, sez. II, in accoglimento del ricorso proposto dal col. A D N, ha annullato “per quanto di interesse” il giudizio di avanzamento a scelta al grado di generale di brigata per l’anno 2010.

Nell’ambito di tale giudizio, il ricorrente in I grado risultava collocato al 14° posto della graduatoria di merito, con punti 28,62/30, fuori dal numero delle promozioni da effettuare per l’anno 2010.

La sentenza impugnata – richiamati taluni principi generali elaborati dalla giurisprudenza in ordine al giudizio di avanzamento degli ufficiali ed ai limiti del sindacato di legittimità del giudice amministrativo – afferma:

- nel caso di specie, occorre rilevare “l’incongruenza in termini assoluti del punteggio attribuito al ricorrente avuto riguardo al percorso professionale e di carriera dello stesso, agli incarichi espletati e alle esperienze di comando effettuate, ai titoli culturali posseduti, alle valutazioni caratteristiche ricevute”;
e dunque “non si tratta di accertare alcuna superiorità assoluta del ricorrente, operazione neppure consentita al giudice adito, quanto di rilevare come il punteggio al ricorrente attribuito non appaia in linea con le risultanze documentali in possesso della stessa amministrazione”;

- la valutazione dell’attitudine agli incarichi superiori va compiuta . . . in maniera autonoma rispetto agli altri parametri e, traducendosi in una prognosi sulla potenzialità del singolo ufficiale ad operare in un contesto diverso da quello precedente, le relative valutazioni risultano caratterizzate da ampia discrezionalità”, tuttavia soggetta a motivazione “che renda possibile comprenderne le ragioni”;

- “la qualificazione di detta attitudine, riferita al ricorrente, è stata ritenuta . . . “molto elevata” (piuttosto che “elevatissima” ovvero di “livello assolutamente elevato”), così come la tendenza di carriera del ricorrente è stata valutata “brillante”. Le operate valutazioni . . . risultano quindi carenti sul piano motivazionale avuto riguardo al complessivo quadro di riferimento fattuale . . . a cominciare dalle emergenze della documentazione caratteristica”;

- in definitiva, la valutazione operata dalla Commissione superiore di avanzamento, in relazione al requisito di cui alla lettera d) (attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore, con specifico riferimento ai settori di impiego di particolare interesse della P.A.), risulta “prima ancora che incongrua priva del necessario supporto motivazionale”;

- inoltre, “proprio il complessivo esame della carriera del ricorrente, con specifico riferimento agli incarichi ricoperti, ivi compresi quelli a carattere interforze ed internazionale, rende per le medesime ragioni innanzi esposte, illegittimo il punteggio attribuito alla categoria titoli b) (qualità professionali dimostrate durante la carriera)”.

Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desunti e sintetizzati dalle pagg. 5 – 15 del ricorso):

a) erronea percezione degli atti di causa;
valutazione apodittica del profilo di carriera del ricorrente appellato;
eccesso di potere giurisdizionale;
posto che l’ufficiale scrutinato non presenta (v. pagg. 9 – 13 app.) – come richiesto dalla consolidata giurisprudenza – un “livello macroscopicamente eccezionale dei precedenti di carriera . . . tale da evidenziare ictu oculi l’assoluta inadeguatezza del punteggio assegnato”;
al contrario, “si è in presenza di un curriculum che – pur positivo – non può certamente affermarsi a livelli di eccezionalità tale da poter ritenere manifestamente inadeguato, in senso assoluto, il punteggio attribuito dalla CSA in sede di scrutinio”;

b) error in iudicando , poiché non sussiste il riscontrato deficit motivazionale, poiché “il momento centrale del giudizio rimane l’attribuzione di un punteggio numerico che, al di la delle parafrasi lessicali, è l’unico elemento in grado di precisare anche le più sottili sfumature di merito ed al quale rimane legato il valore di fine discriminazione per la formazione della graduatoria finale”;
a fronte di ciò, “la funzione delle schede è quella di fornire un’indicazione – peraltro schematica e concisa – dei dati acquisiti sul conto del singolo candidato alla promozione, ripercorrendo, anche nel loro ordine espositivo, gli elementi che il d. lgs. n-. 69/2001 ed il DM. N. 266/2007 pretendono siano considerati per addivenire al giudizio finale”.

Si è costituito in giudizio il generale Antonino D N, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

L’appellato ha altresì riproposto nella presente sede i motivi, afferenti al vizio di eccesso di potere in senso relativo, assorbiti dalla sentenza impugnata (v. pagg. 26 – 96 memoria del 14 maggio 2013.

All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello del Ministero dell’Economia e delle Finanze è fondato e deve essere, pertanto, accolto.

La giurisprudenza amministrativa (come ha avuto modo di dedurre anche l’appellante amministrazione) ha più volte ribadito, innanzi tutto, la natura dei giudizi di avanzamento ed i limiti del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo in tema di giudizi di avanzamento.

E’ appena il caso di ricordare, dunque, come questo Consiglio di Stato, con considerazioni che in questa sede si ribadiscono, ha avuto modo di affermare che le valutazioni compiute dalle Commissioni Superiori di Avanzamento in sede di giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali sono caratterizzate da un’amplissima discrezionalità, essendo per lo più riferite ad ufficiali dotati di ottimi profili di carriera, le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito che non sono la mera risultanza aritmetica dei titolo e dei requisiti degli scrutinandi, ma implicano una complessiva ponderazione delle loro qualità (Cons. Stato, Sez. IV 9 luglio 2011 n. 4137;
19 marzo 2001 n.1617;
16 ottobre 2002 n.5688;
4 febbraio 2003 n.556;
2 aprile 2004 n.1827;
7 giugno 2004 n.3591).

E’ stato inoltre evidenziato che l’attività valutativa è precipuamente caratterizzata da un approfondito esame collegiale delle qualità e capacità dei valutandi, riscontrandosi in essa l’esercizio da parte dell’Amministrazione militare di una discrezionalità tecnica non sindacabile in sede giurisdizionale, se non in presenza di valutazioni incoerenti o irragionevoli così da comportare un vizio della funzione (Cons. Stato, Sez. IV, 18 dicembre 2006 n.7610;
7 dicembre 2004 n.8207;
25 maggio 2010 n. 3709).

In tema di motivazione dell’atto valutativo si è affermata (Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2011 n. 6095) “la centralità, nel sistema valutativo delineato dal legislatore, dell’attribuzione del punteggio numerico, la cui motivazione non ne costituisce la traduzione ma un elemento complementare in grado di lumeggiarne, seppure in estrema sintesi, gli elementi documentali e il procedimento valutativo utilizzato per la sua formazione “(in senso conforme, Cons. Stato, IV Sez., 4 marzo 2003, n.1193).

A fronte di ciò, è stato sottolineato (Cons. Stato, sez. IV, n. 6095/2011 cit.) “il carattere descrittivo dei giudizi espressi nelle schede”, ritenuto “espressione di lessico personale, che traduce in termini soggettivi concetti suscettibili di essere chiaramente discriminati solo in sede di attribuzione del punteggio numerico” (in senso conforme, ex plurimis Consiglio di Stato, Sez.IV, 4 marzo 2003, n. 1193;
14 dicembre 2004, n. 7963;
31 marzo 2005, n. 1413;
5 aprile 2005, n. 1514;
16 dicembre 2005, n. 7149;
14 febbraio 2005, n. 575).

Più in particolare, la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2012 n. 3367) ha osservato, con considerazioni che si intendono ribadite nella presente sede, come il vizio di eccesso di potere “in senso assoluto” nelle procedure di avanzamento dei militari

“presuppone necessariamente una figura di ufficiale con precedenti di carriera costantemente ottimi (tutti giudizi finali apicali, massime aggettivazioni nelle voci interne, conseguimento del primo posto nei corsi basici, etc.), ed esenti da qualsiasi menda o attenuazione di rendimento, di tal che i sintomi di tale vizio possono cogliersi esclusivamente quando nella documentazione caratteristica risulti un livello tanto macroscopicamente elevato dei precedenti dell'intera carriera dell'ufficiale, da rendere a prima vista il punteggio a lui attribuito dalla Commissione di avanzamento nella scheda valutativa, del tutto inadeguato (Consiglio Stato, sez. IV, 28/09/2009, n. 5833;
Consiglio Stato, sez. IV, 22/03/2011, n. 1744).

Del resto, la indiscussa qualità di coloro che concorrono per giungere ai vertici della carriera militare ed assumere posizioni di comando, spesso comporta il restringimento dei valutandi in una ristretta fascia di punteggio, comunque elevata, nell’ambito della quale finiscono per assumere valenza dirimente aspetti (massime aggettivazioni nelle voci interne, conseguimento dei primi posti nei corsi basici, frequenza di determinati corsi dell’amministrazione) che pur non incidendo sulle qualità di base dell’ufficiale, determinano scostamenti minimi capaci di condizionare l’ingresso nel quadro d’avanzamento.

In un siffatto contesto può dibattersi di eccesso di potere in senso assoluto solo ove vi sia effettivo e palese scollamento tra documentazione e valutazione, in guisa da far ritenere che, posta la meritevolezza del punteggio massimo per l’ufficiale che ha primeggiato in ogni profilo rilevante, anche interno, nonché nei corsi basici, una diversa valutazione in assenza di documentati elementi decrementativi possa presumersi in assoluto non ragionevole. Ciò detto, è parimenti evidente che non possa concepirsi una rigida, dettagliata e millimetrica scala di corrispondenze tra valutazione e documentazione caratteristica, non foss’altro perché quest’ultima descrive l’intera vita professionale dell’aspirante esaminando fatti, comportamenti e circostanze la cui rilevanza e meritorietà non può che passare attraverso il filtro di un’indefettibile discrezionalità tecnica del valutatore, al quale solo l’ordinamento opportunamente riserva l’esercizio”.

Alla luce di quanto esposto, appare evidente la fondatezza dell’appello proposto dall’Amministrazione.

Al (allora) colonnello D N è stato attribuito un punteggio di 28,62/30, e – come si legge nella sentenza impugnata (pag. 6) - “inferiore di soli 17 centesimi di punto rispetto a quello attribuito al 1° classificato nella graduatoria finale di merito”, il che comporta, a tutta evidenza, che ben 14 ufficiali sono compresi in soli 17 centesimi di punto.

Per un verso, quindi, l’amministrazione non ha affatto attribuito un giudizio finale espresso in termini numerici “abnorme” o “irragionevole” per la sua modestia, sia in assoluto sia relazione ai precedenti di carriera, bensì un punteggio elevatissimo, nell’ambito di una procedura in cui il massimo punteggio non è stato attribuito ad alcun candidato.

Per altro verso, appare veramente difficile che il giudice amministrativo – a fronte di tale valutazione – possa cogliere – senza sconfinare in un non consentito sindacato di merito - la sussistenza del vizio di eccesso di potere per irragionevolezza, posto che questa, a tutto concedere, dovrebbe essere colta nel difetto di alcuni centesimi di punto sul punteggio comunque molto elevato, in concreto attribuito.

Con ciò non si intende declinare il sindacato di legittimità sull’atto valutativo, ma solo rappresentare come il vizio di eccesso di potere in senso assoluto – il quale emerge, come si è detto, da una valutazione macroscopicamente illogica rispetto ai dati risultanti dalla documentazione – non può ragionevolmente prospettarsi in presenza di attribuzione di punteggi elevati, che separano solo di pochi centesimi di punto lo scrutinando rispetto ai colleghi e dal conseguimento del risultato utile.

3. L’accoglimento dell’appello del Ministero dell’Economia e delle Finanze comporta il necessario esame dei motivi assorbiti dalla sentenza di I grado e riproposti dall’appellato con la propria memoria di costituzione;
motivi riferiti alla denuncia del vizio di eccesso di potere in senso relativo.

Al fine dell’esame di detti motivi, occorre ribadire quanto innanzi già affermato in ordine al fatto che le valutazioni compiute dalle Commissioni Superiori di Avanzamento in sede di giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali sono caratterizzate da un’amplissima discrezionalità, essendo per lo più riferite ad ufficiali dotati di ottimi profili di carriera, le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito che non sono la mera risultanza aritmetica dei titolo e dei requisiti degli scrutinandi, ma implicano una complessiva ponderazione delle loro qualità.

In tale contesto, la valutazione del giudice amministrativo è limitata al riscontro di palesi irrazionalità nell’assegnazione del punteggio, tali da non richiedere analisi dettagliate e volte a cogliere singoli particolari di differenza, ma che risaltano per la loro macroscopica evidenza;
di modo che l’incoerenza della valutazione, la sua abnormità, in contrasto con i precedenti di carriera, nonché la violazione delle regole di tendenziale uniformità del criterio di giudizio, debbono pertanto emergere dall’esame della documentazione con assoluta immediatezza.

Nel caso di specie, l’esiguità del distacco tra i punteggi attribuiti ai primi 14 scrutinandi (17 centesimi di punto), che si riduce a 12 centesimi di punto tra il D N e l’ultimo candidato in posizione utile, rende di per sé estremamente arduo – come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente (v. pag. 27 memoria) – “contestare, sotto il profilo della legittimità, la valutazione della Commissione”.

Nondimeno, lo stesso ricorrente richiede che, proprio in questi casi, “il giudice tenga conto della situazione concreta, nella quale l’esiguità della differenza del punteggio rende decisiva ogni singola valutazione da parte di ogni singolo commissario”, poiché “qualsiasi diversa valutazione avrebbe potuto comportare per l’appellante l’inserimento in una posizione utile nella graduatoria” (pag. 28 memoria).

Orbene, occorre precisare che il giudice amministrativo, nell’esame dei motivi di ricorso con i quali, in sede di giudizio di avanzamento, si lamenta la sussistenza del vizio di eccesso di potere “in senso relativo” non deve effettuare, attraverso un’analisi parcellizzata, una comparazione tra singoli candidati, valutando – per così dire, elemento per elemento – la correttezza dei singoli punteggi parziali a ciascuno di essi attribuito, e dunque porre a confronto il giudizio finale numericamente espresso.

E ciò in quanto il vizio di eccesso di potere in senso relativo non è ravvisabile attraverso l’analisi delle “aggettivazioni” utilizzate e messe a confronto per ciascun singolo candidato, né, come si è detto, dai singoli elementi considerati e punteggi attribuiti, ma è ravvisabile laddove il confronto tra giudizi espressi sui singoli candidati riveli, con riferimento ai requisiti da ciascuno di essi posseduti, in modo evidente ed immediatamente percepibile, una difformità dei criteri di valutazione, che, in presenza di situazioni analoghe se non identiche, ha portato all’attribuzione di punteggi differenti, ovvero a valutazioni meno favorevoli pur in presenza di risultati di carriera migliori.

Ciò deve però essere, come si è già detto, non il risultato di una operazione aritmetica condotta sui titoli di ciascun candidato e poi oggetto di comparazione, quanto il risultato di una evidente disparità di giudizio ovvero di contraddittorietà del canone valutativo.

Allo stesso tempo, e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non è possibile procedere ad una analisi di “ogni singola valutazione da parte di ogni singolo commissario”, anche in presenza di esigue differenze di punteggio, posto che non è ammissibile una segmentazione del giudizio collegialmente espresso e che costituisce una “sintesi” – non già la somma o la media - delle singole valutazioni dei commissari.

Tanto precisato, il D N pone a raffronto (pagg. 29 – 96 memoria) i propri requisiti e qualità con quelli di sette colleghi (classificati dal III al IX) dei nove promossi al grado superiore, evidenziando (in sede di ricapitolazione complessiva delle “differenze”: v. pagg. 92 – 96) “le illegittimità perpetrate a suo danno dall’amministrazione, che ha attribuito . . . valutazioni incoerenti con le qualità dimostrate e deteriori rispetto a quelle dei colleghi promossi”.

Tuttavia, pur prendendo atto della analisi effettuata dal ricorrente, il Collegio rileva come le “difformità” ovvero le incoerenze di giudizio lamentate non si manifestano affatto ictu oculi , evidenziando la sussistenza del vizio di eccesso di potere, né assumono un rilievo tale da poter incidere sulla legittimità del giudizio finale espresso, con riferimento ai criteri previsti dal d. lgs. n. 69/20901 e dal D.M. n. 266/2007.

In tal senso, la esposizione di migliori giudizi, in particolare, per un numero di mesi superiore a quello di altri colleghi;
il conseguimento di onorificenze e/o di titoli di studio, lo svolgimento di attività di docenza e l’essere autore di una pubblicazione non denotano né in sé, né poste a raffronto con i punteggi attribuiti agli altri scrutinandi, l’uso di un canone valutativo irragionevole o incoerente o connotato da disparità di trattamento.

Né può rilevare, ai fini della valutazione di cui all’art. 21, lett. d) d. lgs. n. 69/2001, la circostanza che solo il D N “ha già svolto funzioni di generale di brigata, avendo offerto ampie garanzie di idoneità e capacità” (pag. 71 memoria);
e ciò sia in quanto lo svolgimento di funzioni di fatto non può costituire un elemento da valutarsi, in assenza di procedure oggettive di conferimento dell’incarico, sia in quanto tale svolgimento di funzioni può costituire al più un elemento da valutare, insieme ad altri, ai fini del giudizio prognostico sulle attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore

D’altra parte, in difetto di evidenze tali da denotare con immediatezza il vizio di eccesso di potere, l’esame dettagliato dei requisiti e delle qualità possedute dall’ufficiale (una volta che si intende procedervi) non può risolversi solo nella considerazione di singoli elementi posti in risalto dallo stesso, ma dovrebbe riguardare tutti gli elementi di ciascuno degli scrutinandi considerati (in tal senso, si vedano le riserve espresse dall’amministrazione appellante a pagg. 10 – 13 appello);
ma ciò comporterebbe una nuova valutazione, effettuata dal giudice in luogo della Commissione, con un inammissibile sconfinamento nel sindacato di merito.

4. Per le ragioni si qui esposte, l’appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere accolto e l’appello incidentale del D N, con il quale si sono riproposti i motivi assorbiti in I grado, deve essere rigettato, stante la sua infondatezza;
da ciò consegue, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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