Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-06-16, n. 202305964

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-06-16, n. 202305964
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202305964
Data del deposito : 16 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/06/2023

N. 05964/2023REG.PROV.COLL.

N. 01866/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1866 del 2022, proposto dalla società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati E C, M C e C B, con domicilio fisico presso lo studio edei primi due in Reggio Emilia, Via Sessi, n.1/1 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Prefetto della provincia di Rimini e il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna-Bologna, Sezione I, 11 agosto 2021, n. -OMISSIS- resa tra le parti, non notificata ed avente ad oggetto la richiesta di annullamento del provvedimento contenente informativa antimafia interdittiva, emesso dall’UT.G Prefettura di Rimini, in data 25 marzo 2019;


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno e della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Rimini;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 giugno 2023 il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;

Ritenuto in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con appello notificato il 28 febbraio 2023 e depositato il 3 marzo successivo, la società -OMISSIS- ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza 11 agosto 2021, n. -OMISSIS-, con la quale il Tribunale amministrativo per l’Emilia Romagna-Bologna, Sezione I, ha rigettato il suo ricorso avente ad oggetto la richiesta di annullamento del provvedimento indicato in epigrafe, ritenuto dal primo giudice congruamente motivato in ordine ai plurimi profili esaminati dal Prefetto di Rimini.

2. In particolare, dopo aver individuato i canoni ermeneutici elaborati dalla giurisprudenza in applicazione della normativa applicabile per l’esame dei provvedimenti interdittivi come quello per cui è causa, il T ha stabilito che le risultanze documentali emerse in rilevo nell’istruttoria compiuta dall’Amministrazione procedente avevano rivelato fondati elementi a giustificazione del provvedimento gravato in prime cure , con riguardo particolare al ruolo del signor -OMISSIS-, ex -OMISSIS- della società appellante, rispetto al quale la sentenza appellata ha posto in evidenza i seguenti rilievi: “ 1) indagato dalla Procura della Repubblica D.D.A. di Reggio Calabria, unitamente a personaggi di spicco della n’drangheta calabrese, nell’ambito di un procedimento penale conseguente agli esiti di una vasta operazione di Polizia denominata “-OMISSIS-”, per accertati contatti criminali tra -OMISSIS- con un’articolata e vasta organizzazione dedita al traffico di stupefacenti (eroina, cocaina e hascisc) attiva su tutto il territorio nazionale. Elementi di spicco di tale organizzazione risultano i sigg. -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, entrambi condannati per gravissimi reati destinatari di misure cautelari e di prevenzione, nonché tratti in arresto per associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti;
-OMISSIS- risulta inoltre tratto in arresto in data -OMISSIS- per omicidio e per effetto di sentenza della Corte di Assise di Locri scarcerato e, quindi, in data -OMISSIS- sottoposto dal Tribunale di Reggio Calabria alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo soggiorno in quanto ritenuto affiliato alla n’drangheta -OMISSIS-, coinvolto nell’omicidio di un esponente del clan mafioso rivale -OMISSIS- e ritenuto legato all’organizzazione criminale di stampo mafioso con solido e stretto legame fiduciario;
2) in relazione alla suddetta operazione di Polizia ed al relativo procedimento penale, -OMISSIS- risulta essere stato condannato alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. n. 703 del 1990 -detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti in associazione con altri soggetti detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti in associazione con altri soggetti
”.

Per quanto concerne, inoltre, i collegamenti accertati tra il signor -OMISSIS- e -OMISSIS- appellante – prosegue il T – “ la Prefettura ha rilevato che detta società, pur avendo quale -OMISSIS- -OMISSIS- (-OMISSIS-), ha quale -OMISSIS-, -OMISSIS-;
4) -OMISSIS- era -OMISSIS- e amministratore di -OMISSIS-, società destinataria in data -OMISSIS- di interdittiva antimafia adottata dalla Prefettura di Rimini, provvedimento nei confronti del quale -OMISSIS- non ha presentato ricorso giurisdizionale;
5) con atto in data -OMISSIS- -OMISSIS- ha ceduto le intere quote sociali di altra società: -OMISSIS- alla stessa -OMISSIS- che, come si è detto, è anche -OMISSIS- della società ricorrente;
4) Dall’interdittiva impugnata emergono inoltre due ulteriori rilevanti elementi che confermano i collegamenti esistenti tra -OMISSIS- e la società ricorrente, costituiti dall’avere, entrambe le citate società, la sede legale ubicata nello stesso indirizzo in comune -OMISSIS- ed avere -OMISSIS- e -OMISSIS- il domicilio/residenza nello stesso indirizzo in comune -OMISSIS-.

3. L’appellante affida il proprio gravame a due motivi di censura, con i quali lamenta:

I - VIOLAZIONE E/O ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 7 L 241/90 NONCHE’ DEL PRINCIPIO DEL CONTRADDITORIO – TRAVISAMENTO – ILLOGICITA ”: secondo -OMISSIS-, non vi sarebbero stati particolari ragioni di urgenza che avrebbero consentito di escludere l’interessata dalla partecipazione, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al procedimento amministrativo che la riguardava e che è sfociato nell’atto impugnato in primo grado;

II – VIOLAZIONE E/O ERRONEA APPLICAZIONE DELLE NORME E PRINCIPI IN TEMA DI INFORMAZIONE INTERDITTIVA ANTIMAFIA CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL’ART. 84 E 91 DEL DECR. LGS 159/2011 TRAVISAMENTO – ILLOGICITA’ – CONTRADDITORIETA’ – DIFETTO MOTIVO ”: il T avrebbe omesso di esaminare il secondo motivo di ricorso, con cui la società ha stigmatizzato l’assoluzione del signor -OMISSIS- dal reato associativo, essendo la sua condanna irrevocabile alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione per il reato previsto e punito dall’articolo 73 del decreto legislativo 9 ottobre 1990, n. 309 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope).

4. Il Ministero dell’interno e l’UTG - Prefettura di Rimini si sono costituiti in giudizio con atto depositato il 4 marzo 2023 ed hanno depositato memoria ex articolo 73 c.p.a. il 22 aprile 2023;
l’appellante ha depositato memoria conclusiva il 4 maggio 2023.

5. All’udienza del 15 giugno 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L’appello è infondato e i due mezzi su cui fa leva possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di economia processuale.

7. Mette conto, preliminarmente, ricostruire i canoni ermeneutici entro cui si sviluppa correttamente l’esercizio del sindacato di legittimità nella materia disciplinata dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

7.1. Da questo punto di vista, osserva il Collegio che la ratio della normativa è proprio quella di evitare il “rischio” di contaminazione con la criminalità organizzata, che può verificarsi anche senza la necessaria ed immediata connivenza (contiguità soggiacente) dell’operatore economico oggetto di interesse da parte delle organizzazioni malavitose (in tema, la giurisprudenza ha più volte affermato che “ la pluralità ed eterogeneità dei dati sintomatici di un pericolo di infiltrazione, anche solo in forma di contiguità c.d. soggiacente, è infatti tale, ad una valutazione congiunta degli stessi, da far ritenere non implausibile e non irragionevole la valutazione ritenuta dall’Amministrazione in relazione al complessivo quadro indiziario ”;
così, Consiglio di Stato, Sezione III, 29 dicembre 2022, n. 11600;
cfr., altresì, Consiglio di Stato, Sezione III, 15 novembre 2022, n. 10033 e 3 novembre 2022, n. 9629).

7.2. Quanto alla durata dei rapporti tra appartenenti alla impresa (soci o dipendenti) con ambienti della criminalità organizzata, il loro carattere occasionale da cui potrebbe dedursi l’illegittimità del provvedimento interdittivo può consentire, al più, all’impresa di essere ammessa al controllo giudiziario (Cassazione penale, VI, 16 luglio 2021, n. 27704), il cui buon esito consente “ all’impresa ad esso (volontariamente) sottoposta di continuare ad operare, nella prospettiva finale del superamento della situazione sulla cui base è stata emessa l’interdittiva. ” (Consiglio di Sato, Adunanza plenaria, 13 febbraio 2023, n. 7, che ha anche fissato i confini del rapporto tra provvedimento prefettizio e controllo giudiziario, stabilendo che questo “ sopravviene ad una situazione di condizionamento mafioso in funzione del suo superamento ed al fine di evitare la definitiva espulsione dal mercato dell’impresa permeata dalle organizzazioni malavitose” , aggiungendo che ” da un lato il rapporto di successione tra i due istituti si coglie con immediatezza laddove il condizionamento mafioso non possa ritenersi definitivamente accertato, pendente la contestazione mossa in sede giurisdizionale contro la ricostruzione dell’autorità prefettizia;
dall’altro lato la medesima vicenda successoria di istituti non è comunque impedita quando il condizionamento possa invece ritenersi accertato con effetto di giudicato, con il rigetto dell’impugnazione contro l’interdittiva.
”).

7.3. Da un concorrente angolo prospettico, la giurisprudenza ha stabilito che gli elementi posti a base dell’informativa antimafia non devono essere letti ed interpretati in una visione atomistica e parcellizzata, ma nel loro insieme, così da avere un quadro complessivo, da cui si possano inferire dati di un possibile condizionamento della libera attività concorrenziale dell’impresa (a partire da Consiglio di Stato, Sezione III, 3 maggio 2016, n. 1743, ex multis , Consiglio di Stato, Sezione III, 19 maggio 2022, n. 3973, 11 aprile 2022, n. 2712, 22 aprile 2022, n. 2985).

Specularmente, è stata più volte ribadita l’autonomia tra la sfera dell’indagine penale e quella del procedimento amministrativo che conduca ad un provvedimento interdittivo, considerata la funzione di misura preventiva e non inquisitoria del secondo.

7.4. Con argomentazioni dalle quali il Collegio non vede ragioni di discostarsi, la Sezione ha stabilito quanto segue:

3.- La costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già chiarito che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma che implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., per tutte, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758;
Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743 e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme, da aversi qui per richiamata).

3.1. Lo stesso legislatore - art. 84, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 (qui in avanti, per brevità, anche codice antimafia) - riconosce quale elemento fondante l’informazione antimafia la sussistenza di «eventuali tentativi» di infiltrazione mafiosa «tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate».

3.2- Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di queste ad influenzare la gestione dell’impresa sono all’evidenza tutte nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzate, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.

3.3- Il pericolo – anche quello di infiltrazione mafiosa – è per definizione la probabilità di un evento e, cioè, l’elevata possibilità e non mera possibilità o semplice eventualità che esso si verifichi.

3.4- Il diritto amministrativo della prevenzione antimafia in questa materia non sanziona perciò fatti, penalmente rilevanti, né reprime condotte illecite, ma mira a scongiurare una minaccia per la sicurezza pubblica, l’infiltrazione mafiosa nell’attività imprenditoriale, e la probabilità che siffatto “evento” si realizzi. ” (Consiglio di Stato, Sezione III, 31 marzo 2023, n. 3338).

7.5. E ciò pur nella consapevolezza che “ il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, quale emerge dalla legislazione antimafia, “non può tuttavia sostanziarsi in un sospetto della pubblica amministrazione o in una vaga intuizione del giudice, che consegnerebbero questo istituto, pietra angolare del sistema normativo antimafia, ad un diritto della paura, ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal legislatore (art. 84, comma 4, del d. lgs. n. 159 del 2011: si pensi, per tutti, ai cc.dd. delitti spia), mentre altri, “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, che “può” – si badi: può – desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali «unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»” (cfr. Consiglio di Stato, III, n. 6105/2019).

8. Nel caso all’esame del Collegio, oggetto dell’impugnativa in prime cure è un provvedimento plurimotivato, che si poggia su diverse circostanze che attestano, secondo la Prefettura di Modena, il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata nell’attività della società appellante.

In particolare, l’interdittiva si impernia su:

- la condanna definitiva a tre anni e quattro mesi per traffico di stupefacenti a carico del signor -OMISSIS-, -OMISSIS-, nell’ambito di un’indagine a carico di esponenti di una pericolosa cosca operante in Calabria e nell’intero territorio nazionale, che si è conclusa con varie condanne a carico di altri coimputati per gravi reati contro la persona e il patrimonio, con l’aggravante della modalità mafiosa;

- la cessione, particolarmente valorizzata dalla sentenza impugnata, alla società appellante da parte del medesimo signor -OMISSIS-, titolare del -OMISSIS-, destinataria dell’informazione interdittiva antimafia -OMISSIS-, non impugnata;

- la circostanza che -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno la medesima sede sociale in -OMISSIS-.

9. Quanto alla censura concernente la dedotta illegittimità dell’atto impugnato per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 241/1990 (primo motivo di appello), ritiene la Sezione che, nel caso in esame, non sussistesse il relativo onere a carico della Prefettura.

Il principio della partecipazione del destinatario del provvedimento finale è immanente al sistema e consente all’interessato di conoscere l’orientamento che la p.a. sta assumendo per l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, cui è consentito prendere parte, fornendo elementi istruttori e formulando memorie, di cui l’amministrazione procedente deve tener conto.

L’istituto partecipativo trova, tuttavia, un giusto contemperamento nella particolare materia del contrasto ai rischi di infiltrazione mafiosa nel tessuto imprenditoriale, come stabilito dalla costante giurisprudenza, dalla quale il Collegio non vede ragione di discostarsi.

La questione relativa alla mancanza di contraddittorio endoprocedimentale è stata ormai da tempo definita “ alla stregua della costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, dalla quale questo Collegio non ha motivo di discostarsi (ex multis, sentenza n. 3182/2021: “la comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall'art. 7, L. n. 241 del 1990 e del preavviso di rigetto, di cui all'art. 10-bis della stessa legge, sono adempimenti non necessari in materia di certificazione antimafia, in cui il contraddittorio procedimentale ha natura meramente eventuale, ai sensi dell'art. 93, comma 7, D.Lgs. n. 159 del 2011. (….) La Sezione ha ritenuto, inoltre, che "l'assenza di una necessaria interlocuzione procedimentale in questa materia non costituisce un vulnus al principio di buona amministrazione, perché, come la stessa Corte UE ha affermato, il diritto al contraddittorio procedimentale e al rispetto dei diritti della difesa non è una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, a condizione che "queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti" (sentenza della Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2017, in C-298/16, 35 e giurisprudenza ivi citata)” (Consiglio di Stato, Sezione III, 23 dicembre 2022, n. 11265).

A ciò si aggiunga che, dal punto di vista della ricognizione della normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta, anche nella presente vicenda il provvedimento interdittivo impugnato in primo grado è stato adottato in data anteriore all’entrata in vigore del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, che ha innovato – per la parte di interesse - la disciplina dell’istituto (in argomento era già intervenuta la Sezione con la sentenza 31 gennaio 2020, n. 820, che cita l’ordinanza 13 gennaio 2020, n. 28, con la quale il T Puglia - Bari, Sezione III, ha rimesso la questione alla CEDU).

10. Da un concorrente angolo prospettico, devono ritenersi infondate anche le altre doglianze concernenti la dedotta incongruenza della motivazione dell’atto impugnato e dell’insufficiente motivazione sul punto della sentenza oggetto di appello.

11. Come già osservato, il provvedimento impugnato in primo grado è atto plurimotivato, rispetto al quale la giurisprudenza ha stabilito che “ per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale è sufficiente la legittimità di una sola delle ragioni espresse;
con la conseguenza che il rigetto delle doglianze svolte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento”, sicché “il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, indipendentemente dall’ordine con cui i motivi sono articolati nel gravame, in quanto la conservazione dell'atto implica la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre doglianze” (cfr., di questa Sezione, pareri n. 357/2022 e n. 205/2022, nonché sentenze Sez. VI, 18 luglio 2022, n. 6114 e Sez. V, 14 aprile 2020, n. 2403, 13 settembre 2018, n. 5362, 3 settembre 2003, n. 437
” ( ex multis , Consiglio di Stato, Sezione I, parere n. 11/2023).

12. Nella fattispecie, l’interdittiva emessa nei confronti de -OMISSIS- ruota attorno, tra l’altro, alla cessione in suo favore delle quote della -OMISSIS-, rispetto alla quale l’appellante non articola alcuna censura.

13. Nell’ambito dell’ampia discrezionalità da cui è connotata l’attività amministrativa in materia, sindacabile in sede giurisdizionale solo per evidente violazione di legge e per macroscopica irrazionalità ( ex multis , Consiglio di Stato, Sezione III, 23 dicembre 2022, n. 11265), il Prefetto di Modena, dunque, ha adottato il provvedimento interdittivo sulla base di plurimi elementi che si fondano sulle emergenze documentali sopra indicate e, al riguardo, ritiene il Collegio che la motivazione sottesa all’atto gravato sia esaustiva e completa e che il Tribunale territoriale abbia fatto buon governo delle regole che presiedono alla disciplina antimafia.

Con argomentazioni che il Collegio condivide, la Sezione ha stabilito che “ in subiecta materia, il nucleo del sindacato giurisdizionale non riposa tanto nella ricognizione, operata alla stregua della copiosa giurisprudenza che si è occupata dell’argomento, dei principi fondanti l’esercizio secundum legem del potere preventivo e dei criteri ai quali il giudice amministrativo deve ispirare la sua attività di controllo di legittimità del provvedimento sottoposto alla sua attenzione, ma nella attenta verifica che, nella fattispecie concreta e pur sullo sfondo della innegabile discrezionalità che caratterizza l’azione amministrativa di matrice preventiva, sia stata fatta corretta e coerente applicazione di quei principi, nel rispetto della loro ratio di fondo.

7.2.- Non può negarsi, invero, che l’estrema variabilità delle fattispecie esaminate, riflesso a sua volta delle molteplici forme in cui si manifesta il fenomeno mafioso ed esigente un attento sforzo – prima dell’Amministrazione, quindi del giudice - inteso a discernere le ipotesi di vero e proprio condizionamento mafioso da quelle in cui esso non è suffragato da concreti elementi probatori, nemmeno di tipo latamente presuntivo, impone all’Amministrazione – e, in sede contenziosa, al giudice, nell’esercizio del suo sindacato di legittimità – di individuare di volta in volta, e sulla base di una attività di bilanciamento e ponderazione sempre diversa nelle modalità del suo svolgimento, il punto di equilibrio tra le esigenze contrapposte che vengono in rilievo ogniqualvolta si tratti di determinare la sostanziale incapacità giuridica dell’impresa interdicenda, cui come è noto, per effetto del provvedimento interdittivo e per un periodo di tempo non determinabile nella sua durata, viene precluso l’esercizio dell’attività economica che ne costituisce la ragion d’essere, in vista della tutela di un interesse altrettanto meritevole di considerazione, come quello proteso alla salvaguardia del mercato e dei rapporti contrattuali coinvolgenti la P.A. dall’ingerenza inquinante della criminalità organizzata. ” (Consiglio di Stato, Sezione III, 23 dicembre 2022, n. 11265).

In applicazione dei principi giurisprudenziali applicabili in materia, la sentenza appellata risulta, dunque, immune dei vizi denunciati, perché adeguatamente motivata con riferimento alle circostanze rilevanti nel caso di specie (sentenza irrevocabile a carico del -OMISSIS- -OMISSIS- nell’ambito di un procedimento penale che ha visto altri soggetti imputati e condannati per reati di mafia, cessione da parte sua delle quote di una società colpita da intterdittiva antimafia, coincidenza della sede del-OMISSIS- e del-OMISSIS-).

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il provvedimento impugnato in prime cure è immune dai vizi denunciati, tenuto conto che, nell’ambito dell’attività dell’Amministrazione procedente con riguardo agli elementi desumibili dai cosiddetti “reati spia” (articolo 84, comma 4, del decreto legislativo n. 159/2011) e da altre condotte libere non tipizzate (articolo 91, comma 6), la Prefettura ha ragionevolmente ritenuto, ai fini dell’adozione del provvedimento interdittivo, che il quadro indiziario delineato dall’istruttoria svolta con le Forze di polizia e la Direzione Investigativa Antimafia competente per territorio potesse condurre a a ritenere sussistente il pericolo di infiltrazione mafiosa, come emergente, soprattutto, dal trasferimento di quote sociali.

Frmo restando quanto sopra osservato in ordine alla necessità di una valutazione complessiva, non atomistica e parcellizzata delle risultanze istruttorie, ritiene la Sezione che, nel caso di specie, il T abbia adeguatamente valorizzato tutti gli elementi a sua disposizione, per come emergenti dalla documentazione versata in atti.

Avendo riguardo all’apparato motivazionale del provvedimento interdittivo impugnato, se ne deduce, in conclusione, che l’Amministrazione ha svolto un’attenta e scrupolosa istruttoria, di cui ha dato conto in modo esaustivo e sufficientemente supportato in ordine all’ iter logico-giuridico seguito per la sua adozione, unitamente alle tante altre adeguatamente valorizzate dal provvedimento impugnato e largamente considerate dal T secondo i canoni ermeneutici sopra richiamati e che avvalorano l’impostazione generale e complessiva del provvedimento impugnato, con la conseguenza che l’appello deve essere respinto.

14. Le spese seguono la soccombenza.

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