Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-07-08, n. 202105198

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-07-08, n. 202105198
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105198
Data del deposito : 8 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/07/2021

N. 05198/2021REG.PROV.COLL.

N. 05151/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5151 del 2018, proposto da
-OMISSIS-S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L D P, L M e L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Sutrio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Giuffre' e C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesca Giuffrè in Roma, via dei Gracchi n. 39;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sutrio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2021 il Cons. F D L e udito per la parte appellata l’avvocato C M in collegamento da remoto, ai sensi ai sensi dell'art.25 Decreto Legge 28 ottobre 2020 n. 137 conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio, la società -OMISSIS-SrL ha appellato la sentenza n. 165 del 2018, con cui il T Friuli Venezia Giulia ha rigettato il ricorso di prime cure, diretto ad ottenere l’annullamento: a) del provvedimento del Comune di Sutrio d.d. 11.10.2017 prot. n. 6943 di rigetto dell’istanza presentata da -OMISSIS-S.r.l. in data 13.06.2017, volta a ottenere la riduzione a conformità di una tettoia in legno giusta art. 51comma 4-bis della l.r. FVG 19/2009;
b) del provvedimento del Comune di Sutrio d.d. 11.09.2017, n. prot. 3892/6066, emesso ai sensi dell’art. 10-bis l. 241/1990, recante i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza presentata da -OMISSIS-s.r.l.;
nonché c) dei relativi atti connessi, presupposti e/o conseguenti.

Secondo quanto dedotto dall’appellante:

- la società -OMISSIS-SrL è proprietaria di un immobile, sito in Comune di Sutrio (UD), Località -OMISSIS-, su due piani, con al piano terra un ristorante (operante per tutto l’anno) e ai piani superiori quattro unità abitative destinate a residenza (utilizzate nel solo periodo invernale);

- il riscaldamento dell’edificio, a energia elettrica, sarebbe garantito da un impianto generatore, per la protezione del quale sarebbe stato necessario provvedere alla realizzazione di una tettoia di legno di 14,65 metri quadri, posta a ridosso del fabbricato principale, sul lato Est dello stesso, e addossata alla retrostante scogliera di contenimento in pietra, aperta su tre lati;

- con ordinanza n. 3082 del 10.5.2016 l’Amministrazione comunale ha ordinato la demolizione della tettoria per presunta abusività;

- l’ordinanza è stata impugnata dinnanzi al T Friuli Venezia Giulia;

- con comunicazione di inizio lavori per interventi di edilizia libera, depositata in data 13.06.2017, -OMISSIS-S.r.l. ha presentato istanza al Comune di Sutrio volta a ottenere la “riduzione a conformità di una tettoia in legno giusto art. 51 comma 4-bis della L.Reg. n. 19/2009”;

- l’Amministrazione comunale (dopo avere comunicato il preavviso di rigetto, riscontrato dall’istante con la presentazione di osservazioni) ha negato la riconduzione a conformità del deposito;

- la -OMISSIS-SrL ha, dunque, impugnato l’atto di diniego dinnanzi al T Friuli Venezia Giulia, deducendo la riconducibilità delle opere in contestazione al regime dell’edilizia edilizia libera, in quanto area pertinenziale dell’edificio principale preesistente e non comportante un’occupazione complessiva di 25 metri quadrati di superficie coperta e, dunque perfettamente aderente alle prescrizioni previste dall’art. 16 co. 1 lett. n) l.r. F.V.G. 19/2009;

- il giudice adito ha rigettato il ricorso.

2. In particolare, alla stregua di quanto emergente dalla sentenza gravata, il T ha rilevato che:

- ai sensi della normativa urbanistica vigente, la tettoia in questione non risultava interrata, ponendosi in contrasto con la disciplina applicabile nell’area del demanio sciabile dello Zoncolan, ove “ è sempre ammessa la facoltà di realizzare volumi di servizio solo interrati ”, che “ potranno avere uno sviluppo in pianta all’interno della sagoma dell’edificio o a fianco dello stesso, entro il profilo naturale del terreno ”;

- il provvedimento gravato si manifestava, dunque, idoneamente e sufficientemente sorretto da quella, tra le autonome e distinte motivazioni esplicitate a suo supporto, che evidenziava, per l’appunto, che “ ai sensi del primo capoverso dell’art. 9 citato, per i depositi e vani accessori i volumi di servizio consentiti sono solo quelli interrati ”, senza che alcun rilievo potessero assumere, nei sensi auspicati dalla ricorrente, né la ritenuta riconducibilità dell’intervento alle ipotesi di cui all’art. 16, comma 1, lett. aa), della l.r. 11 novembre 2009, n. 19;
né la circostanza che, ai sensi dell’art. 61, della l.r. citata, le definizioni di cui alla legge medesima “ prevalgono, a decorrere dalla sua entrata in vigore, su quelle contenute negli strumenti urbanistici vigenti e adottati e nei regolamenti edilizi comunali ” e ciò avuto riguardo al chiaro disposto di cui all’art. 16, comma 3, della l.r. stessa, e al fatto che la ritenuta illegittimità delle norme comunali avrebbe dovuto – occorrendo – essere fatta valere in uno con quella dell’atto applicativo, ma estendendo, però, anche ad esse la domanda caducatoria, pena l’inammissibilità, come nel caso di specie, del rilievo mosso alle restrizioni normative introdotte a livello comunale;

- risultavano inammissibili le ulteriori e nuove censure che la società medesima aveva introdotto con la memoria dimessa in vista dell’udienza pubblica, in quanto tardive e irritualmente proposte.

3. La ricorrente ha proposto appello avverso la sentenza pronunciata dal T, censurandone l’erroneità con l’articolazione di due motivi di impugnazione.

4. L’Amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio, resistendo all’appello, di cui ha eccepito: nel rito, l’improcedibilità e l’inammissibilità;
nel merito, l’infondatezza.

5. In vista dell’udienza di discussione dell’appello, le parti hanno depositato memorie conclusionali insistendo nelle rispettive conclusioni. L’Amministrazione comunale ha pure depositato memoria di replica. L’appellante ha argomentato in ordine alla fondatezza dei motivi di impugnazione anche sulla base di nuova documentazione prodotta in data 12.2.2021.

6. L’appellante ha depositato note di udienza in data 24 marzo 2021.

7. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 25 marzo 2021.

8. L’infondatezza dell’appello esime il Collegio dallo statuire sulle eccezioni di rito opposte dall’Amministrazione comunale.

9. Con il primo motivo di appello la società -OMISSIS-SrL censura l’omessa pronuncia sul motivo di ricorso svolto in prime cure, diretto a dedurre l’illegittimità della prima ragione motivazionale dei provvedimenti impugnati, afferente all’asserita natura non pertinenziale del manufatto per cui è causa.

Secondo la prospettazione attorea, infatti:

- la tettoia in parola sarebbe riconducibile al disposto dell’art. 16 co. 1 lett. n) l.r. F.V.G. 19/2009, sarebbe connotata da un oggettivo nesso funzionale e strumentale rispetto all’edificio principale, in quanto edificata appositamente per proteggere dalle intemperie il generatore di emergenza necessario per il riscaldamento del fabbricato principale;
la tettoia, inoltre, sarebbe destinata ad un uso pertinenziale durevole, non sarebbe suscettibile di autonoma utilizzazione, sarebbe priva di autonomo valore di mercato, presenterebbe ridotte dimensioni e, comunque, non determinerebbe un’alterazione dell’assetto del territorio, accederebbe ad un edificio principale e sarebbe dotata di una individualità fisica e strutturale propria;
sarebbe, infine, aperta su tre lati;

- secondo quanto statuito dalla giurisprudenza sarebbero sottratte all’obbligo di rilascio del previo titolo abilitativo edilizio le tettoie -quale quella di specie- meramente strumentali all’edificio principale e di ridotte dimensioni non comportanti volumetria, la cui installazione rientrerebbe necessariamente tra le attività di edilizia libera.

10. Con il secondo motivo di appello viene censurato il capo decisorio con cui il T ha riscontrato la violazione dell’art. 9 NTA PAC demanio sciabile dello Zoncolan.

In particolare, secondo quanto dedotto in appello:

- l’area pertinenziale sulla quale è stata realizzata la tettoia non sarebbe classificata dal Comune di Sutrio come zona “A” o “B0” – presenti nel PRGC del Comune di Sutrio ma che interessano altre parti del territorio comunale – bensì come zona G3;

- difetterebbe un’espressa equiparazione tra gli immobili presenti sulle pendici della montagna e quelli presenti nelle zone A e B0, non potendo, dunque, trovare applicazione l’art. 16, comma 3, L.R. n. 19/2009;

- la tettoia sarebbe posta a ridosso del fabbricato principale e, comunque, gli schemi contenuti nell’All. 4 richiamato dall’art. 9 NTA PAC sarebbero meramente esemplificativi, essendo ammesse anche altre soluzioni progettuali;

- si farebbe questione di manufatto riconducibile al disposto dell’art. 16, comma 1, òett. Aa), L.R. n. 19/09;

- ai sensi dell’art. 61 l.r. F.V.G. 19/2009, gli strumenti urbanistici comunali non potrebbero comunque prevalere sulle disposizioni della legge regionale medesima.

11. I motivi di appello, esaminabili congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati;
il che esime il Collegio dal pronunciare sulle eccezioni di rito opposte dall’Amministrazione comunale.

12. Il Comune intimato ha rigettato l’istanza di riduzione a conformità presentata dalla ricorrente, rilevando che:

- le opere oggetto dell’istanza non costituirebbero pertinenza;

- l’art. 9 N.T.A. del Piano Attuativo Comunale Demanio sciabile dello Zoncolan (per brevità, PAC) precluderebbe la realizzazione di nuovi manufatti in corpo distaccato rispetto all’immobile oggetto di intervento anche se riconducibili ad interventi di edilizia libera;

- ai sensi della medesima previsione, per i depositi e vani accessori, i volumi di servizio consentiti sarebbero soltanto quelli interrati;

- non potrebbe pervenirsi a diversa valutazione sulla base del richiamo alla fattispecie di cui alla lettera aa), dell’art. 16 L.R. n. 16/09.

Si è, dunque, in presenza di un atto plurimotivato, incentrato su plurime autonome r ationes decidendi, ciascuna delle quali idonea a giustificare la decisione amministrativa all’uopo assunta.

In subiecta materia , questo Consiglio ha precisato che, “ in presenza di un atto c.d. plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale;
in sostanza, in caso di atto amministrativo, fondato su una pluralità di ragioni indipendenti ed autonome le una dalla altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento (Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2017, n. 2910;
sez. V, 12 settembre 2017, n. 4297;
sez. V, 21 agosto 2017, n. 4045)” (Cons. Stato, IV, 30 marzo 2018, n. 2019)
” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 17 settembre 2019, n. 6190).

Pertanto, avuto riguardo all’atto di diniego censurato in prime cure, ove dovesse ritenersi legittima anche soltanto un’autonoma ratio decidendi , non occorrerebbe esaminare le censure riferite alle ulteriori rationes decidendi , la cui ipotetica fondatezza non potrebbe comunque arrecare alcuna utilità concreta in capo al ricorrente, essendo inidonea a determinare l’annullamento dei provvedimenti impugnati in prime cure, comunque da confermare nel loro contenuto dispositivo perché sorretti da un’autonoma ragione giustificatrice immune dai vizi censurati in giudizio.

13. Sulla base di tali considerazioni, è possibile soffermarsi sulla rato decidendi riguardante la violazione dell’art. 9 N.T.A. P.A.C. cit., nella parte in cui preclude la realizzazione di volumi di servizio non interrati.

Al riguardo, giova ricostruire il quadro regolatorio di riferimento, esaminando, in particolare, la disciplina dettata dalla legislazione regionale e dagli strumenti di pianificazione comunale.

Ai sensi dell’art. 16, comma 3 della L.R. FVG n. 19/2009, “ Gli interventi previsti dal presente articolo non possono essere vietati dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi comunali, fatta eccezione per le zone A e B0 o singoli edifici a esse equiparati per motivi paesaggistici o storico-culturali, come individuati dagli strumenti urbanistici comunali vigenti o adottati. In nessun caso il Comune può introdurre forme procedimentali diverse o maggiormente gravose rispetto a quelle stabilite dal presente articolo, ferma restando la facoltà di vietarne l'esecuzione in forza di motivi paesaggistici o storico-culturali ”.

Tale previsione permette alle Amministrazioni comunali di derogare la disciplina regionale in materia di edilizia libera “ per le zone A e B0 o singoli edifici a esse equiparati per motivi paesaggistici o storico-culturali ”, come individuati dagli strumenti urbanistici comunali vigenti ed adottati.

A tali fini, diversamente da quanto dedotto dall’appellante, non sembra occorra una formale dichiarazione di equiparazione -non prevista dal disposto positivo-, essendo sufficiente l’individuazione puntuale di specifici edifici, meritevoli di una particolare considerazione per motivi paesaggistici o storico culturali, caratterizzati da elementi tali da esigere un loro assoggettamento ad un regime di tutela speciale, al pari di quello riservato alle zone A e B0.

Del resto, la pianificazione urbanistica non tende a garantire soltanto il corretto ed ordinato sviluppo del territorio, potendo il Comune, altresì, tutelare interessi pubblici sensibili, afferenti pure alla materia ambientale e paesaggistica.

Secondo quanto precisato da questo Consiglio, “ La giurisprudenza ha, infatti, evidenziato che all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l'ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi (così, Cons. Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6656). E ciò in quanto l'urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l'esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari. In tale contesto, spetta all’ente esponenziale effettuare una mediazione tra i predetti valori e gli altri interessi coinvolti, quali quelli della produzione o delle attività antropiche più in generale, che comunque non possono ritenersi equiordinati in via assoluta (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710;
id. 22 febbraio 2017, n. 821;
id. 13 ottobre 2015, n. 4716;
Sez. II, 10 luglio 2020, n. 4467)
” (Consiglio di Stato, sez. II, 29 ottobre 2020, n. 6628).

L’Amministrazione comunale, pertanto, già in via generale, nel regolare lo sviluppo del proprio ambito territoriale, ben può tenere conto delle esigenze di tutela ambientale e paesaggistica, alla cui realizzazione condizionare le future trasformazioni urbanistiche ed edilizie incidenti su contesti sensibili.

Esaminando la documentazione acquisita al giudizio, emerge che il Comune appellato ha effettivamente provveduto ad una specifica individuazione degli immobili meritevoli di speciale protezione per motivi storico culturali o paesaggistici, dettando, a tutela di interessi sensibili, una disciplina derogatoria rispetto alle previsioni altrimenti operanti in materia di edilizia libera.

In particolare, il Demanio Sciabile dello Zoncolan rientra nella zona omogenea G3, per la quale l’art. 16 NTA P.R.G.C. (variante n. 22 sub doc. 17 produzione comunale in primo grado) prevede quale strumento di attuazione il P.R.P.C. di iniziativa pubblica, strumentale, altresì, alla salvaguardia delle risorse naturali presenti, nonché alla cura in modo particolare dell’inserimento ambientale e della rimessa in pristino delle aree interessate dagli interventi regolati.

Gli edifici sparsi sulle pendici del Monte Zoncolan sono stati puntualmente censiti, regolamentati e contraddistinti numericamente: la variante al P.R.G.C. n. 10 bis (relazione per il superamento delle riserve regionali e norme di attuazione – doc. 16 produzione comunale in primo grado), in particolare, ha regolato gli interventi ammissibili riconducendo gli immobili a distinti gruppi;
l’edificio per cui è causa è stato classificato con il n. 97 gruppo E (doc. 15 produzione comunale in primo grado). Il raggruppamento degli edifici de quibus in sette categorie di differente qualità tipologica è stato confermato dalla variante n. 22 cit. (art. 45 N.T.A.).

L’Amministrazione comunale nell’agosto 2013 ha adottato il piano attuativo comunale “ demanio sciabile dello Zoncoland contenente le aree a regime P.I.P. ” (doc. 18 produzione comunale di prime cure), regolante il perimetro della sottozona G3 del P.R.G. relativa al Demanio sciabile dello Zoncolan: gli artt. 5 e 9, in particolare, hanno disciplinato l’ambito B1 degli ambiti e piste per lo sci alpino, nonché gli stavoli e i villini.

Per quanto di maggiore interesse ai fini dell’odierno giudizio, occorre fare riferimento all’art. 9 NTA PAC, recante previsioni a salvaguardia delle “ caratteristiche storico tipologiche degli edifici, qualora presenti, e con la necessità di favorire una soddisfacente integrazione paesaggistico ambientale per quelli di recente realizzazione, curando particolarmente la sistemazione delle aree esterne ”.

Tale articolo rinvia alla cartografica di zonizzazione TAV.

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