Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-07-22, n. 202004676

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-07-22, n. 202004676
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004676
Data del deposito : 22 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/07/2020

N. 04676/2020REG.PROV.COLL.

N. 06546/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6546 del 2019, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro in carica, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Latina (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2020 il Cons. A V;

Visto il d.l. n. 28 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Lazio, sede di Latina (R.G. n. -OMISSIS-), l’odierno appellante impugnava il provvedimento del Comandante Interregionale dell'Italia Meridionale della Guardia di finanza del 24 ottobre 2016, notificato il 14 novembre 2016, con cui, ai sensi del d.lgs. n. 66/2010, veniva disposta nei suoi confronti la " perdita del grado per rimozione e l'iscrizione d'ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell'E.I., senza alcun grado, a decorrere dal 15.2.2012 ".

1.1 La sanzione veniva irrogata a conclusione del procedimento disciplinare instaurato a seguito del giudicato penale di condanna alla pena (sospesa) di anni 1 e mesi 6 di reclusione militare per i reati di cui agli articoli 81 cpv. c.p., e 47 nn. 2 e 3 della l. n. 1383/41 (collusione continuata con estranei per frodare la finanza), intervenuto in seguito alla sentenza di condanna del Tribunale Militare di Napoli n. 46 del 18 dicembre 2013, confermata nei successivi gradi di giudizio.

1.2. In particolare, in sede giudiziale veniva accertato che il ricorrente, nel periodo dicembre 2008 —aprile 2009, assentandosi dal reparto di appartenenza e colludendo con estranei al Corpo:

- esponeva e deteneva per la vendita, all'interno di un appartamento un ingente quantitativo di capi e accessori di abbigliamento di illecita provenienza, tutti recanti marchi di fabbrica contraffatti;

- cedeva a terze persone vari prodotti e oggetti recanti marchi contraffatti sia a titolo oneroso che a titolo gratuito, rivestendo un ruolo decisivo nella commercializzazione delle merce contraffatta, curando i rapporti con i fornitori e i clienti;

- ometteva di pagare l'Iva sui suddetti beni acquistati, ancorché provento di fatti illeciti, nonché di pagare l'Irpef sui guadagni ottenuti con le predette vendite;

- proseguiva nella gestione dell'attività anche nei mesi successivi all'operazione di p.g. che aveva determinato il sequestro dei capi.

2. Il T.a.r. per il Lazio, sezione staccata di Latina, con la sentenza n. -OMISSIS-, ha respinto il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio. Secondo il Tribunale, in particolare:

a) il Comandante Regionale Puglia si è discostato legittimamente dalle proposte esternate dall'ufficiale inquirente, fornendone ampia e puntuale motivazione, che costituisce il risultato di una conoscenza approfondita degli atti dell'inchiesta formale;

b) la notificazione dell'ordine di deferimento è stata correttamente eseguita in data 3 agosto 2016 presso la casa coniugale nelle mani della moglie dalla quale allo stato non risultava separato;

c) l'ufficiale difensore è stato convocato formalmente dal Presidente della Commissione per il giorno 23 settembre 2016, al fine di prendere visione degli atti, ma questi ha rappresentato di non poter essere presente;
mentre non corrisponde al vero quanto asserito dal ricorrente secondo cui l'esame del fascicolo sarebbe dovuto avvenire lo stesso giorno della seduta;
da qui l’inconfigurabilità della lesione del diritto di difesa dell’incolpato;

d) per la configurabilità dei delitti contestati non era necessario che il finanziere esercitasse, all’attualità, il servizio di istituto ma era sufficiente che l'agente rivestisse la qualità di militare della Guardia di finanza;

e) l'Amministrazione ha ampiamente spiegato le ragioni per cui le condotte penalmente rilevanti del ricorrente, a cagione della loro gravità, dovessero dare luogo alla sanzione irrogata nonostante lo stato di servizio antecedente e successivo al fatto;

f) l'art. 41 della 1. 3 agosto 1931, n. 833 (“ Stato giuridico dei vicebrigadieri e dei militari di truppa della Guardia di Finanza ”), con previsione ribadita anche dall'art. 861 del codice dell'ordinamento militare (d.lgs. n. 66 del 2010), stabilisce, al comma 3, che "... il militare di truppa incorso nella perdita del grado è iscritto nel proprio distretto di leva come soldato semplice ...";

g) non è condivisibile la prospettata inapplicabilità al Corpo della Guardia di finanza dell'art. 867 cod. ord. mil., poiché non ricompreso nel novero delle norme indicate dall'art. 2136 dello stesso codice;

h) è inconfigurabile l'asserita disparità di trattamento, posto che i precedenti richiamati dal ricorrente si sono conclusi con sentenza del Tribunale militare di Padova di assoluzione per non avere commesso il fatto.

i) è tardiva la memoria difensiva depositata dal ricorrente il 16 maggio 2019 in relazione ai termini di cui all'art. 73, comma 1, c.p.a.

3. Il ricorrente originario ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso di primo grado.

In particolare, l’appellante ha sviluppato le seguenti censure:

i ) “ Motivazione costituita da trasposizione acritica della memoria dell’avvocatura inidonea a palesare le ragioni della decisione ”;

ii ) “ Extrapetizione – elemento introdotto per invenzione – necessità di riedizione del provvedimento in senso meno afflittivo ”;

iii ) “ Sentenza viziata da violazione di legge – violazione legge del c.p.c. sulle notifiche ”;

iv ) “ Sentenza viziata da errore di diritto sul fatto ”;

v ) “ Difetto assoluto di motivazione – disparità di trattamento – necessità di riedizione del provvedimento da modulare in senso meno afflittivo ”;

vi ) “ Manifesta e chiara violazione di legge – violazione in particolare dell’art 2136 c.o.m. in relazione all’applicabilità art. 867 ”;

vii ) “ Violazione art. 92 c.p.c. disparità di trattamento ”.

L’appellante ha infine chiesto il risarcimento del conseguente danno esistenziale, oltre al riconoscimento delle spese di lite.

3.1. Non si è costituito in giudizio il Ministero appellato.

4. All’udienza del 25 giugno 2020, svoltasi in video conferenza ai sensi degli artt. 84 del d.l. n. 18/2020 e 4 del d.l. n. 28/2020, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

5. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.

6. Con l’appello in trattazione il ricorrente ha riproposto criticamente i motivi articolati in primo grado. Il Collegio ritiene, pertanto, di poter esaminare direttamente il ricorso di primo grado - che, del resto, individua e perimetra ab origine l’oggetto del giudizio, ai sensi dell’art. 104 c.p.a. - ed evidenzia quanto segue, con riferimento alle doglianze ivi articolate.

7. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità dell’atto di deferimento alla Commissione di disciplina per assenza di potere in concreto in capo al Comandante della Regione Puglia, con conseguente nullità del procedimento di stato per violazione della circolare n. 1/2006 del Comando Generale, secondo cui “… l’Amministrazione è tenuta a valutare non l’astratta natura del reato, ma la sua obiettiva gravità, secondo i parametri propri del giudizio disciplinare …”. Invero, l’ordine di deferimento sarebbe stato assunto da un’autorità diversa da quella che aveva avviato l’inchiesta formale, quindi in assenza di un’approfondita conoscenza della vicenda, e in totale disaccordo con le conclusioni rassegnate dall’ufficiale inquirente.

7.1. Come correttamente rilevato dal primo giudice la censura risulta strettamente connessa con il quarto ed il quinto motivo del ricorso, atteso che l’insieme di tali motivi è diretto ad affermare il vizio motivazionale degli atti impugnati. Congiuntamente ad essi può pertanto essere esaminato anche il settimo motivo del ricorso.

Invero:

a) con il quarto motivo si censura l’eccesso e lo sviamento di potere dovuto al mero richiamo della sentenza di condanna, al fine di discostarsi dalle conclusioni rassegnate dall’ufficiale inquirente, senza aver effettuato alcuna valutazione delle ripercussioni che il fatto avrebbe, in concreto, avuto sul piano disciplinare interno e senza aver ponderato l’adozione di valide misure alternative alla sanzione espulsiva adottata;

b) con il quinto motivo si deduce che il provvedimento sarebbe affetto da motivazione apparente, in quanto la Commissione di disciplina non avrebbe acquisito e valutato la documentazione caratteristica ed i buoni precedenti di servizio del ricorrente e le memorie difensive prodotte dallo stesso, in violazione dell’art. 1388 del codice dell’ordinamento militare;

c) nel settimo motivo, infine, il ricorrente si lamenta del fatto che l’Amministrazione avrebbe omesso di valutare gli ottimi precedenti di servizio e non avrebbe considerato che il decorso del tempo avrebbe fatto venir meno il concreto interesse punitivo.

7.2. Le censure non sono fondate.

7.3. Il Collegio precisa in primo luogo che per costante giurisprudenza ( cfr . da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484;
sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 381):

a) “ la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità ” (Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791;
sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968;
sez. III, 20 marzo 2015, n. 1537);

b) in sede disciplinare, l’Amministrazione può legittimamente tener conto delle risultanze emerse nelle varie fasi del pregresso procedimento penale, sì da evitare ulteriori accertamenti istruttori alla luce del principio di economicità del procedimento, ma a condizione che di tali risultanze sia autonomamente valutata la rilevanza in chiave disciplinare (Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4392);

c) ciò, peraltro, può valere anche nel caso in cui il processo penale si sia concluso con il proscioglimento dell’imputato, a fortiori se determinato dall’estinzione del reato per prescrizione, atteso che “ uno stesso comportamento del militare mentre, in sede penale, può essere valutato in maniera tale da giustificare una sentenza di proscioglimento, in sede disciplinare, può essere, viceversa, qualificato dall'Amministrazione competente come illecito disciplinare ” (Cons. Stato, sez. IV, 26 novembre 2015, n. 5367).

7.3. Ciò premesso in termini generali, il Collegio, in relazione alla fattispecie in esame, rileva che l’Amministrazione, nel corso del procedimento disciplinare che ha condotto all’irrogazione dell’impugnata sanzione, ha provveduto a valutare congruamente i fatti addebitabili al finanziere, non limitandosi a richiamare le risultanze del procedimento penale.

Non si configurano, pertanto, i lamentati vizi di carenza di motivazione ed istruttoria.

Il provvedimento, infatti, è stato preceduto da approfondita istruttoria e corredato da congrua, logica e coerente motivazione, come si evince dalla lettura degli atti del procedimento disciplinare versati in giudizio:

a) l’Amministrazione, sebbene si sia distaccata dalle conclusioni rassegnate dall’ufficiale inquirente nell’ambito dell’inchiesta formale (motivate in gran parte dall’assenza di prova), ha correttamente valutato le condotte del militare;

b) invero, è stata logicamente rilevata la partecipazione attiva del militare, reiterata e determinante, nella commercializzazione di merce contraffatta, atteso che quest’ultimo seguiva personalmente l’intera catena commerciale, mediante la cura dei rapporti con i fornitori, il procacciamento della clientela e l’assistenza alle attività di vendita;

c) in particolare, nell’ordine di deferimento alla Commissione di disciplina, il Comandante regionale, piuttosto che limitarsi a richiamare il contenuto della sentenza di condanna, ha fatto a questa riferimento al solo fine di ritenere ampiamente dimostrati i fatti addebitati ai sensi dell’art. 653, comma 1- bis , c.p.p. e, successivamente, ha accertato la rilevanza delle responsabilità disciplinari, alla luce della assoluta gravità delle condotte poste in essere;

d) l’Amministrazione, oltre a dare conto dell’esame delle giustificazioni prodotte dall’inquisito nell’ambito del procedimento disciplinare di stato nonché delle dichiarazioni rese dallo stesso innanzi alla Commissione di disciplina, ha provveduto ad analizzare anche i precedenti di servizio;
i quali, tuttavia, non sono stati considerati di rilievo tale da ridimensionare il disvalore morale connesso al comportamento addebitato ed anzi hanno contribuito a ritenere il militare consapevole della gravità dell’illecito, alla luce dell’anzianità di servizio dallo stesso maturata nel Corpo.

7.4. In conclusione, l’Amministrazione, oltre ad utilizzare le risultanze istruttorie della sede penale quali elementi fattuali idonei a supportare il giudizio disciplinare, valutandone la rilevanza in tale diversa prospettiva, analizzava la complessiva condotta tenuta dal finanziere nell’episodio contestato.

8. Parimenti infondato è il secondo motivo, con cui si censura la nullità della notifica dell’ordine di deferimento, per essere stato recapitato alla consorte del ricorrente, il quale in quel momento avrebbe risieduto altrove. Pertanto in tal modo gli sarebbe stato precluso esercitare il diritto di ricusazione nei confronti di taluni dei componenti della Commissione.

8.1. Invero, detta notificazione veniva regolarmente eseguita, in data 3 agosto 2016, presso la casa coniugale mediante consegna dell’atto nelle mani della moglie dalla quale, all’epoca, non risultava separato.

9. Con un terzo motivo di ricorso si denuncia l’illegittimità del procedimento disciplinare per violazione del diritto di difesa: per non essere stata differita di sei giorni la seduta onde consentire la partecipazione del proprio difensore;
per non essere stata accolta la richiesta del ricorrente di audizione di due testimoni a discarico, in piena violazione degli artt. 1370, 1387, c. 4, lett. a), e 1388, c. 6, cod. ord. mil.;
e, infine, per aver consentito l’accesso agli atti del procedimento solo lo stesso giorno della seduta.

9.1. Il Collegio, alla luce degli atti del procedimento disciplinare versati in giudizio, rileva l’infondatezza del motivo, atteso che:

a) sebbene l’Ufficiale difensore nominato dal ricorrente fosse stato convocato, formalmente, con foglio n. 391534 del 12 settembre 2016, dal Presidente della Commissione per il giorno 23 settembre 2016, al fine di prendere visione degli atti, lo stesso, con dichiarazione in data 21 settembre 2016, rappresentava la propria impossibilità a presenziare, manifestando la propria disponibilità a partire dal 9 ottobre 2016;

b) in risposta, il Presidente della Commissione di disciplina, con foglio n. 421929 in data 30 settembre 2016, comunicava che la “… Commissione … era … stata convocata per il giorno 3 ottobre 2016, … e non per il giorno 23 settembre 2016 (data indicata per la consultazione del fascicolo) … ”, come risulta dal foglio n. 391534, e che risultava impossibile rinviare tale data, per un verso, in ragione del rispetto dei termini procedurali e, per altro verso, in assenza della dimostrazione di un legittimo impedimento;
pertanto non è sostenibile quanto affermato dal ricorrente, secondo il quale l'esame del fascicolo sarebbe dovuto avvenire lo stesso giorno della seduta;

c) il Presidente, nella medesima nota, segnalava altresì che i “… termini a difesa per l’esame, lo studio e l’analisi della vicenda … ” erano stati “… congruamente e tempestivamente già comunicati con il più volte richiamato foglio …” ( n. 391534) e, ad ogni modo, che tutta la documentazione di interesse era stata posta a totale disposizione del difensore;

d) in assenza di riscontro di tale comunicazione da parte dell’Ufficiale difensore, l’Amministrazione nel processo verbale ha correttamente dato atto che “… difensore, -OMISSIS-, regolarmente avvisato della data riunione, non si è presentato …”;

e) ad ogni modo, non risulta essere stato leso il diritto di difesa, in quanto il ricorrente, presente alla seduta della Commissione di disciplina, in tale frangente nulla ha sostenuto in merito alla regolarità della comunicazione al difensore, né ha chiesto rinvio per l’assenza del difensore e, piuttosto, ha esposto le proprie ragioni e presentare delle osservazioni scritte, che risultano essere state attentamente esaminate dall’Organo collegiale.

9.2. La censura si palesa pertanto del tutto infondata.

10. Con il sesto motivo di ricorso si deduce l’illegittimità del provvedimento in quanto, ad avviso del ricorrente, il fatto commesso non sarebbe ascrivibile al contesto dell’attività d’ufficio, essendo egli, all’epoca dei fatti, in convalescenza, con la conseguenza che l’Amministrazione avrebbe erroneamente disposto, in assenza di presupposti, la sospensione obbligatoria, a seguito della condanna, applicato i termini procedimentali di cui alla legge n. 19/1990 anziché quelli di cui alla legge n. 97/2001 e asserito che il ricorrente, con la condotta tenuta, avrebbe “… dimostrato la propensione a piegare a vantaggio privato il pubblico interesse …” denotando “… rilevanti carenze di qualità morali di carattere, ingenerando dubbi sull’operato degli appartenenti al Corpo ”. In senso contrario, l’evento si sarebbe verificato a 600 km di distanza dalla sede di servizio e la presunta eco a livello mediatico assunta dalla vicenda andrebbe circoscritta a tre articoli apparsi sui quotidiani locali.

Per le medesime ragioni, infine, l’Amministrazione non avrebbe disposto la sospensione del procedimento disciplinare pur essendo pendente, innanzi all’Autorità giudiziaria di Lecce, altro processo penale vertente sugli stessi fatti.

10.1. La censura non può essere accolta, in quanto, come correttamente rilevato dal primo giudice, per la configurabilità dei delitti contestati (e per la rilevanza disciplinare degli stessi) non rileva l’esercizio attuale del servizio di istituto da parte del finanziere, per converso essendo sufficiente che l’agente rivesta la qualità di militare della Guardia di Finanza. Invero, ai fini dell’integrazione dell’illecito penale e disciplinare rileva esclusivamente la violazione del generico dovere di fedeltà del militare, connessa con lo status di finanziere.

11. Risulta altresì infondato l’ottavo motivo con cui si censura l’illegittimità del provvedimento recante la rimozione dal grado laddove è stato fatto “… regredire il ricorrente al nessun grado, da qui l’iscrizione senza alcun grado nell’albo dei militari dell’E.I., sulla prospettiva che l’ultimo grado di allievo finanziere, sarebbe un grado previsto nell’ordinamento esclusivamente per i frequentatori dei corsi …”, senza che si sia provveduto a garantire il mantenimento del posto di lavoro, disponendo contestualmente il mantenimento dello status di finanziere.

11.1. Invero, come correttamente rilevato in primo grado dall’Amministrazione resistente, ai sensi dell'art. 861 cod. ord. mil. “. .. la perdita del grado, se non consegue all'iscrizione in altro ruolo, comporta che il militare è iscritto d'ufficio nei ruoli dei militari di truppa, senza alcun grado”, in tal modo ribadendo la previgente previsione di cui all'art. 41 della 1. 3 agosto 1931, n. 833 (“ Stato giuridico dei vicebrigadieri e dei militari di truppa della Guardia di Finanza ”), richiamata nel provvedimento impugnato (che, al comma 3, stabilisce che “... il militare di truppa incorso nella perdita del grado è iscritto nel proprio distretto di leva come soldato semplice ...”).

12. Con il nono motivo si lamenta la violazione dell’art. 2136 cod.ord.mil. per essere stata disposta, nel provvedimento impugnato, l’iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’E.I., senza alcun grado, a decorrere dal 15 febbraio 2012 ai sensi dell’art. 867, comma 5, c.o.m., in quanto tale ultima disposizione, secondo cui la perdita del grado decorre, ai soli fini giuridici ed economici, dalla data di applicazione della sospensione precauzionale, non sarebbe applicabile non essendo contemplata, dall’art. 2136, tra quelle applicabili alla Guardia di Finanza.

12.1. La censura non è fondata.

12.2. Il Collegio, richiamando i consolidati principi della giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. IV, nn. 1864 del 2020, 1826 del 2020, 486 del 2020), osserva che:

- in base al combinato disposto degli artt. 1, comma 2, del codice dell’ordinamento militare e 10, l. n. 189 del 1959, al personale della Guardia di finanza continuano ad applicarsi automaticamente tutte le disposizioni in materia di disciplina previste per gli appartenenti all’Esercito Italiano (e ciò per il carattere strutturalmente militare del Corpo e per la sua sottoposizione alla disciplina militare – cfr . Corte cost. n. 35 del 2000 e n. 30 del 1997);

- l’art. 2149, comma 8, cod. ord. mil. stabilisce che la perdita del grado, con riferimento al personale della Guardia di finanza, consegue, di regola, a procedimento disciplinare, “ fermo restando quanto previsto dall'articolo 866 ”, ai sensi del quale, per quanto qui di interesse, “ la perdita del grado, senza giudizio disciplinare, consegue a condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione ”;
dal combinato disposto delle due norme, dunque, si trae che, nei particolari casi in cui un militare della Guardia di finanza sia attinto da una condanna penale definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o per delitto (comune) che comporti la pena accessoria della rimozione, l’effetto giuridico della rimozione si produca di pieno diritto, senza che sia necessario instaurare il procedimento disciplinare (o, eventualmente, proseguire il procedimento in precedenza già avviato);

- peraltro, l’art. 2149, comma 8, del codice, nel dettare tale disciplina di coordinamento, presuppone logicamente proprio l’applicazione, tra l’altro, anche dell’art. 867 del codice (sebbene non espressamente richiamato);

- la novella apportata dal d.lgs. n. 126 del 2018 (che ha incluso nell’art. 2136 il richiamo, tra l’altro, anche all’art. 867) non ha avuto valenza innovativa, ma semplicemente ricognitiva, in ossequio a ragioni di chiarezza e di qualità della regolazione.

12.3. Con riferimento al caso in esame, risulta pertanto legittima la disposta applicazione delle disposizioni del codice dell’ordinamento militare anche al personale del Corpo della Guardia di finanza.

13. È poi infondato il decimo motivo con cui si censura la disparità di trattamento, atteso che i precedenti richiamati dal ricorrente in cui, a suo avviso, l’Amministrazione avrebbe assunto un atteggiamento meno rigido, non sono in alcun modo paragonabili al caso in esame, essendosi conclusi con sentenza del Tribunale Militare di Padova di assoluzione per non avere commesso il fatto.

14. Infine con il settimo motivo di appello si contesta la condanna alle spese disposta dal primo giudice e la sua entità, anche avuto riguardo alla disparità trattamento osservata nella causa definita con la sentenza del T.a.r. Lazio, sezione staccata di Latina, n. 108 del 2019.

14.1. La censura non è fondata in quanto:

a) nella richiamata decisione il T.a.r. ha affrontato una fattispecie del tutto differente avente ad oggetto la perdita grado per rimozione per accertata positività all’uso di sostanze stupefacenti ed ha concluso con l’accoglimento del ricorso;

b) non sono stati violati i parametri per la determinazione della condanna alle spese, anche tenuto conto dell’eccessiva lunghezza del ricorso di primo grado (40 pagine);

c) per costante giurisprudenza ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, n. 7224 del 2018), la regolazione delle spese costituisce esercizio di potere discrezionale del Giudice nel quadro di quanto prescritto dagli artt. 91 ss. c.p.c. - non censurabile in sede di impugnazione se non in presenza di evidenti abnormità ( cfr . Cons. Stato, sez. V, n. 5400 del 2015) – fermo restando che la compensazione delle medesime è da ritenersi derogatoria di una regola generale di segno contrario ( cfr . Corte cost. n. 77 del 2018;
successivamente Cons. Stato, sez. III, n. 4275 del 2018).

15. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

16. Nulla sulle spese del secondo grado di giudizio, in ragione della mancata costituzione della parte appellata.

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