Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-01-31, n. 202301108

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-01-31, n. 202301108
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301108
Data del deposito : 31 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/01/2023

N. 01108/2023REG.PROV.COLL.

N. 06630/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6630 del 2022, proposto da Dussmann Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

l’Azienda Sanitaria Unica Regionale A.S.U.R. Marche, l’Azienda Sanitaria Unica Regionale A.S.U.R. Marche – Area Vasta 2, l’Azienda Sanitaria Unica Regionale A.S.U.R. Marche – Area Vasta 4, l’Azienda Sanitaria Unica Regionale A.S.U.R. Marche – Area Vasta 5, Stazione Unica Appaltante della Regione Marche (S.U.A.M.), la Regione Marche, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , non costituiti in giudizio;

nei confronti

della Formula Servizi Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Massimiliano Brugnoletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni n. 26/B;
Meranese Servizi S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempor e, rappresentato e difeso dagli avvocati Nicola Creuso, Stefania Lago, Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Manzi in Roma, via Alberico II n.33;
della Coopservice Soc. Coop. P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Greco e Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Pierpaolo Salvatore Pugliano in Roma, largo Messico 7;
della Consip S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. III n. 6451/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Formula Servizi Società Cooperativa, di Meranese Servizi S.p.A. e di Coopservice Soc. Coop. P.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2023 il Cons. Giovanni Tulumello, udito per Formula Servizi Società Cooperativa l’avvocato Massimiliano Brugnoletti e viste le istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati G F, Nicola Creuso, Stefania Lago, Andrea Manzi, Domenico Greco, Pierpaolo Salvatore Pugliano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza n. 6451 del 2022 il Consiglio di Stato, sez. III, ha rigettato l’appello proposto da Dussmann Service s.r.l. per la riforma della sentenza n. 119 del 28 febbraio 2022 del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, con cui, previa riunione dei giudizi ai sensi dell’art. 70 c.p.a., erano stati accolti i distinti ricorsi promossi in primo grado da Coopservice Soc. Coop. p.a. (con R.G. n. 468/2021), Formula Servizi Società Cooperativa (con R.G. n. 483/2021) e Meranese Servizi s.p.a. (con R.G. n. 521/2021), odierne appellate costituite, avverso la determina dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale A.S.U.R. Marche n. 455 dell’8 settembre 2021, avente ad oggetto “Servizio di pulizia per gli Enti del SSR – Determinazioni conclusive del procedimento di valutazione comparativa avviato a seguito della Sentenza del Consiglio di Stato n. 2707/2021”, con cui la pubblica amministrazione appellata aveva concluso il procedimento di valutazione comparativa tra le due procedure di gara svolte da SUAM e da Consip, confermando l’adesione alla Convenzione Consip, ritenuta maggiormente conveniente (dal punto di vista economico-qualitativo) in ordine alle condizioni di svolgimento del servizio di pulizia, in parte qua e cioè limitatamente alle Aree Vaste nn. 2, 4 e 5.

L’appellante, soccombente, ha proposto ricorso per revocazione contro l’indicata sentenza.

Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, le controinteressate Formula, Meranese e Coop service.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 12 gennaio 2023.

2. Giova anzitutto premettere, in ragione della formulazione della censura di natura rescindente proposta nel presente giudizio, i caratteri che la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha enucleato in ordine ai presupposti di ammissibilità del rimedio in esame (da ultimo ricordati dalla sentenza della V Sezione n. 5174/2022: “ il rimedio della revocazione ha natura straordinaria e per consolidata giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, V, 5 maggio 2016, n. 1824) l'errore di fatto idoneo a fondare la relativa domanda, ai sensi del combinato disposto degli articoli 106 cod. proc. amm. e 395 n. 4 cod. proc. civ., deve rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato;
b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa (cfr. Cons. Stato, IV, 14 maggio 2015, n. 2431).

Inoltre, l'errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. Stato, IV, 13 dicembre 2013, n. 6006).

La giurisprudenza ha pertanto elaborato i seguenti principi in ordine all'ammissibilità del ricorso per revocazione per errore di fatto revocatorio:

a) l'errore di fatto, idoneo a costituire un vizio revocatorio ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c., è identificabile con l'errore di percezione sull'esistenza o sul contenuto di un atto processuale, che si traduca nell'omessa pronuncia su una censura o su un'eccezione (per lo meno a far tempo da Cons. Stato, Ad. plen., 22 gennaio 1997, n. 3, ribadita da Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5;
successivamente cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099;
sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5347;
sez. IV 28 ottobre 2013, n. 5187;
6 agosto 2013, n. 4156;
sez. III 29 ottobre 2012, n. 5510;
sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587);
l'errore revocatorio è … configurabile in ipotesi di omessa pronuncia su una censura sollevata dal ricorrente purché risulti evidente dalla lettura della sentenza che in nessun modo il giudice ha preso in esame la censura medesima;
si deve trattare, in altri termini, di una totale mancanza di esame e/o valutazione del motivo e non di un difetto di motivazione della decisione (cfr., Cons. Stato, Sez. V, 5/4/2016, n. 1331;
22/1/2015, n. 264;
Sez. IV, 1/9/2015, n. 4099)".

b) conseguentemente, non costituisce motivo di revocazione per errore di fatto la circostanza che il giudice, nell'esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni proposte dalla parte a sostegno delle proprie censure (Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 21);

c) non può giustificare la revocazione, inoltre, una contestazione sull'attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall'erronea percezione del contenuto dell'atto processuale, in cui si sostanzia l'errore di fatto (Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2015, n. 3852;
sez. V 12 maggio 2015, n. 2346;
sez. III 18 settembre 2012, n. 4934);
di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono "fatti" ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c. e perché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l'attività valutativa ed interpretativa del giudice (Cass. 22 marzo 2005, n. 6198);

d) non può giustificare la revocazione, altresì, una contestazione concernente il mancato esame di un qualsivoglia documento (come, ad es., di un allegato a una relazione istruttoria) o di qualsiasi altra prova offerta dalle parti, dal momento che in casi del genere si potrebbero configurare soltanto errores in iudicando, non contemplati dall'art. 395 c.p.c. quale motivo di ricorso per revocazione (Cons. Stato, Ad. plen., 11 giugno 2001, n. 3);
non sussiste pertanto errore revocatorio per il mero "fatto" che alcuni documenti o atti siano stati non esplicitamente esaminati o valorizzati in sentenza, giacché non sussiste alcun obbligo di motivare sulla corretta lettura di ciascun documento di causa, essendo sufficiente rispondere al motivo proposto, dando atto naturalmente di averlo rettamente inteso nella sua reale portata giuridica in ragione dei fatti a cui esso fa riferimento (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2017, n. 8)" (Cons. Stato Sez. V, 2 febbraio 2022 n. 725;
nello stesso senso Cons. Stato, sez. VI, 2 febbraio 2022 n. 729/2022);

e) affinché possa dirsi sussistente il vizio revocatorio contemplato dalla norma è inoltre necessario che l'errore di fatto si sia dimostrato determinante, secondo un nesso di causalità necessaria, nel senso che l'errore deve aver costituito il motivo essenziale e determinante della decisione impugnata per revocazione. È stato puntualizzato che il nesso causale non inerisce alla realtà storica, ma costituisce un nesso logico-giuridico, nel senso che la diversa soluzione della lite deve imporsi come inevitabile sul piano, appunto, della logica e del diritto, e non degli accadimenti concreti (Cons. Stato, sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 826);
la falsa percezione della realtà processuale deve dunque riguardare un punto decisivo, anche se non espressamente controverso della causa (Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099);

f) l'errore deve poi essere caduto su un punto non espressamente controverso della causa e in nessun modo deve coinvolgere l'attività valutativa svolta dal giudice circa situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (Cons. Stato, Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5).

Alla stregua di tali principi l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice, relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento.

Insomma, l'errore di fatto, eccezionalmente idoneo a fondare una domanda di revocazione, è configurabile solo riguardo all'attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto a loro esistenza e a loro significato letterale, per modo che del fatto vi siano due divergenti rappresentazioni, quella emergente dalla sentenza e quella emergente dagli atti e dai documenti processuali;
ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, cioè di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice (Cons. Stato, V, 7 aprile 2017, n.1640).

Così, si versa nell'errore di fatto di cui all'art. 395 n. 4 cod. proc. civ. allorché il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo (Cons. Stato, III, 24 maggio 2012, n. 3053);
ma se ne esula allorché si contesti l'erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o di un esame critico della documentazione acquisita
”.

3. Date tali premesse, va osservato che la società ricorrente deduce, come motivo d’impugnazione rescindente, “ Error in iudicando. Errore di fatto revocatorio per supposta inesistenza di fatti la cui verità è positivamente stabilita. Erroneità nei presupposti della sentenza impugnata ”.

Ad avviso della ricorrente l’errore di fatto revocatorio consisterebbe nel non avere la sentenza d’appello considerato “ una pluralità di circostanze fattuali ”, ancorché “ positivamente accertate dal Collegio ”.

Come correttamente dedotto dalle parti resistenti, già la stessa formulazione della censura ne disvela l’inammissibilità.

Le circostanze fattuali in questione, infatti, sarebbero state dapprima “positivamente accertate” dal Collegio, ma le stesse non sarebbero state “considerate” dalla sentenza impugnata.

Tale fattispecie, invero, non concreta alcun errore di fatto: dal momento che sintetizza l’ordinario, corretto svolgimento della fase decisoria dell’attività giurisdizionale, consistente nel selezionare i fatti rilevanti e nell’attribuire agli stessi il ruolo decisivo o meno ai fini dell’individuazione della soluzione processuale assunta.

La società ricorrente, pertanto, non lamenta che il Collegio abbia ignorato i fatti in questione, ma che non abbia attribuito agli stessi, ai fini della decisione, il significato e il ruolo che il ricorso in appello pretendeva di assegnare loro.

La censura in esame si duole, in altre parole, della valutazione che il giudice di appello ha compiuto con riguardo a tali fatti.

La circostanza che è pacifico, per la stessa ricorrente, che gli elementi fattuali allegati, pur non “considerati” dalla sentenza, siano stati “positivamente accertati” nel giudizio di appello, fa ritenere che gli stessi siano stati “esattamente percepiti nella loro oggettività” (Cons. Stato, Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5).

4. Né a diverse conclusioni si giunge se si tiene conto dei chiarimenti resi dalla ricorrente in sede di memoria di replica, laddove si afferma che “ Con il ricorso in epigrafe, infatti, Dussmann ha chiaramente evidenziato come la sentenza impugnata fosse affetta – in ossequio al disposto di cui agli artt. 106, c.p.a. e 395 n. 4, c.p.c. – da palesi errori di fatto, frutto dell’inesatta percezione del contenuto materiale degli atti del giudizio, tale da indurre l’organo giudicante a decidere in senso contrario a quanto inizialmente presupposto ”.

In disparte la difficoltà di cogliere il significato del non perspicuo riferimento all’asserito mutamento d’avviso del Collegio d’appello rispetto “a quanto inizialmente presupposto” (posto che anche in sede cautelare la domanda dell’appellante era stata rigettata), il chiarimento, come esplicitato nei successivi passaggi argomentativi della memoria di replica, se pur modifica la prospettiva di radicale inammissibilità connessa all’originaria formulazione del mezzo tuttavia conferma, sotto un diverso ma connesso profilo, l’inevitabilità di tale esito.

In altre parole la precisazione della ricorrente pone l’accento sul fatto che il Consiglio di Stato si sarebbe “ determinato in maniera del tutto avulsa dalle circostanze di fatto evidenziate in partenza ”;
il che si ricaverebbe dal fatto che, ad esempio (con riguardo alla principale questione dedotta), rispetto alla circostanza della valutazione comparativa compiuta dai singoli enti sanitari “ il Consiglio di Stato non ha speso alcuna argomentazione in sentenza ”.

La stessa ricorrente, tuttavia, immediatamente dopo precisa che la sentenza di appello ha ritenuto “ di esprimersi sulla specifica questione oggetto d’appello senza tenere in debita considerazione un aspetto di fondamentale rilievo ai fini del decidere ”.

La ricorrente dunque non lamenta che la sentenza d’appello abbia esattamente colto e deciso la “specifica questione” oggetto del giudizio, ma piuttosto che, nel farlo, non abbia valorizzato come dalla stessa auspicato determinate circostanze fattuali.

Quand’anche la prospettazione di parte ricorrente fosse assistita da un sufficiente livello di plausibilità, essa nondimeno sconterebbe il limite di riferirsi, al più, ad un errore di valutazione giuridica, come tale del tutto inidoneo a supportare l’ammissibilità del rimedio in esame.

5. Inoltre, anche a voler in tesi accedere a tale prospettazione, difetta comunque l’evidenza della pretesa decisività di tale errore ai fini della decisione assunta.

La sentenza d’appello ha infatti ritenuto non doverosa la comparazione: tale decisione ha evidentemente una portata radicale ed assorbente rispetto alla (irrilevanza della) deduzione dell’appellante circa gli esiti concreti della comparazione medesima.

Il che, oltre a disvelare ancora una volta che la ricorrente si duole (in un auspicato terzo grado di giudizio) della valutazione della propria doglianza, dimostra inconfutabilmente che comunque il giudice di appello non ha ignorato la deduzione, ma l’ha ritenuta logicamente e giuridicamente irrilevante in conseguenza del carattere preclusivo della valutazione giuridica operata in merito alla non doverosità della comparazione: dal che deriva, ulteriormente, che anche ammesso che si fosse trattato di un errore di fatto revocatorio, esso non avrebbe avuto comunque alcuna influenza sulle ragioni che hanno ispirato la decisione contestata.

6. I limiti del mezzo in esame non discendono soltanto dalla prospettazione e formulazione testuale dello stesso, ma piuttosto dal profilo sostanziale della censura dedotta.

Va infatti ulteriormente rilevato che, come ricorda (al punto 1.6. della motivazione) la sentenza impugnata nel presente giudizio, “ in seguito ad un contenzioso promosso da una delle imprese partecipanti alla gara regionale avverso il provvedimento sopra richiamato, questo Consiglio di Stato, con sentenza n. 2707 del 31 marzo 2021, ha precisato che, in detta situazione, la «soluzione più ragionevole non avrebbe appunto potuto essere che quella di attingere alla gara nazionale […] al fine di consentire, una volta che la gara regionale si fosse conclusa, le opportune valutazioni di convenienza (economica e qualitativa) in ordine alle condizioni di svolgimento del servizio medesimo garantite dalla gara regionale (a fronte di quelle derivanti dalla gara nazionale): consentendo, in tal modo, l’attuazione del principio di (tendenziale) prevalenza della gara regionale rispetto a quella nazionale».

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