Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-05-09, n. 202404160

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-05-09, n. 202404160
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404160
Data del deposito : 9 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

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Pubblicato il 09/05/2024

N. 04160/2024REG.PROV.COLL.

N. 06522/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6522 del 2023, proposto dal signor -OMISSIS-, in proprio e quale legale rappresentante della società-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M G e N P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F B, in Roma, via Giuseppe Rosaccio, n. 53, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, in persona del Prefetto pro tempore , e il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, 5 luglio 2023, n.-OMISSIS-, resa tra le parti, non notificata e concernente una interdittiva antimafia.


Visto il ricorso in appello e relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria e del Ministero dell’interno;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2024, il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in appello in esame, notificato il 26 luglio 2023 e depositato il 27 luglio successivo, il signor -OMISSIS-, in proprio e quale legale rappresentante della società-OMISSIS-, ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza 5 luglio 2023, n.-OMISSIS-, con cui il Tribunale amministrativo per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, dopo aver disposto la riunione dei due procedimenti rispettivamente n.r.g. -OMISSIS- e n.r.g. -OMISSIS-, ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell’informativa interdittiva antimafia n. prot. -OMISSIS-– Area I, notificata il 9 gennaio 2023, emanata a seguito di istanza di riesame di un precedente provvedimento inibitorio di analogo tenore del 5 febbraio 2019, la cui legittimità è stata definitivamente accertata dal giudice amministrativo con sentenza passata in giudicato.

Il signor -OMISSIS-, in proprio e nella qualità indicata, affida il proprio gravame a tre motivi di censura, lamentando:

I) Violazione di legge, eccesso di potere, illogicità della motivazione contraddittorietà e travisamento dei fatti in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 84, 85,86, comma 2, 91 e 93 e 94 bis del d.lgs. 159/2011. Violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 della legge n. 241/90. Violazione dell’art. 41 della carta dei diritti fondamentali dell'unione europea- Violazione dei principi di legalità e di tipicità delle fattispecie rilevanti ai fini del d.lgs. 159/2011 in relazione agli art. 1,3,13,27 e 41 della costituzione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e valutazione, errore nei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, irragionevolezza, illogicità, difetto di proporzionalità ed arbitrarietà. Perplessità di comportamento. Ingiustizia manifesta. Grave sviamento di potere. ”: secondo l’appellante, il Tar avrebbe errato nell’applicazione delle disposizioni normative in materia, non avendo esplicitato i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche, in forza dei quali è attuale il rischio di contaminazione del tessuto imprenditoriale, così come risulta dalle due interdittive da cui è stata attinta la società interessata, la seconda delle quali emanata a seguito di istanza di riesame della prima del 5 febbraio 2019, la cui legittimità era stata accertata in via definitiva con sentenza di questa Sezione 10 agosto 2020, n. 4979;

II) Violazione di legge, eccesso di potere, illogicità della motivazione contraddittorietà e travisamento dei fatti in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 84, 85,86, comma 2, 91 e 93 e 94 bis del d.lgs. 159/2011. Violazione dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 della legge n. 241/90. Violazione dell’art. 41 della carta dei diritti fondamentali dell'unione europea- Violazione dei principi di legalità e di tipicità delle fattispecie rilevanti ai fini del d.lgs. 159/2011 in relazione agli art. 1,3,13,27 e 41 della costituzione. Mancata risposta alle violazioni sollevate in ricorso. ”: con tale mezzo, viene dedotta l’erroneità della sentenza, con la quale il Tribunale territoriale avrebbe omesso l’esame dei molteplici profili di doglianza, con particolare riguardo all’occasionalità dei rapporti avuti dai soci della società appellante con soggetti appartenenti alla locale criminalità organizzata;

III) Illegittima della sentenza impugnata per violazione dell’art 83 d.lgs. 159/11, contraddittorietà ed illegittimità della motivazione della stessa ”: secondo l’appellante, il Tar avrebbe errato nel dichiarare inammissibile (per difetto di interesse, trattandosi di aggiornamento ex articolo 91, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e non di originaria adozione della misura inibitoria) ed infondato il motivo di ricorso dedotto in prime cure con riferimento all’impossibilità di richiedere la documentazione antimafia nei confronti della -OMISSIS- di -OMISSIS--OMISSIS-, in quanto impresa attualmente titolare di concessioni e/o autorizzazioni e/o licenze dal valore inferiore a 150.000,00.

2. Il signor -OMISSIS-ha depositato memoria ex articolo 73 c.p.a. il 7 dicembre 2023 e con ordinanza collegiale 16 gennaio 2024, n. -OMISSIS-, la Sezione, riservato ogni provvedimento in rito e nel merito, ha assegnato alla parte appellante il termine di trenta giorni per la rinnovazione della notificazione del ricorso in appello presso l’Avvocatura Generale dello Stato, atteso che l’originaria notifica era stata eseguita presso l’Avvocatura Distrettuale di Reggio Calabria, onerando la parte ricorrente di depositare la prova dell’avvenuto adempimento entro i dieci giorni successivi.

3. All’udienza del 23 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione, previo avviso alle parti ai sensi dell’articolo 73, comma 3, c.p.a..

4. Va preliminarmente rilevato che il signor -OMISSIS-non ha rispettato quanto stabilito dalla Sezione con la citata ordinanza collegiale, in forza della quale è stato assegnato “ all’appellante il termine di giorni trenta decorrente dalla data di comunicazione della presente ordinanza, affinché proceda al rinnovo della notifica alla Avvocatura Generale dello Stato, depositando la prova dell’avvenuto adempimento entro dieci giorni decorrenti dal giorno dell’avvenuta notifica ”.

L’appellante ha correttamente rinnovato la notificazione dell’appello presso l’Avvocatura Generale dello Stato il 23 gennaio 2024, ma ha depositato la relativa documentazione a comprova soltanto il 5 febbraio 2024, vale a dire oltre il termine di dieci giorni indicato.

5. Sulla base di quanto rilevato, in limine litis devono essere prioritariamente valutati gli effetti del mancato rispetto dei termini assegnati dalla Sezione con l’ordinanza collegiale indicata.

Da questo punto di vista, ritiene il Collegio che l’appello sia improcedibile, atteso che la costituzione delle Amministrazioni appellate con atto depositato il 15 febbraio 2024 non consente di ritenere sanata la nullità della notifica in applicazione dell’articolo 44, comma 4, c.p.a..

A mente dell’articolo 35, comma 1, lettera c ), del codice di rito, il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso “ improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito ”.

Ora, nel caso in esame, la parte appellante non ha provveduto nel termine assegnato al deposito della documentazione attestante la notifica alle Amministrazioni appellate, peraltro regolarmente eseguita nei trenta giorni fissati dal provvedimento interlocutorio della Sezione.

Laddove il giudice non indichi un termine per tale adempimento, la giurisprudenza della Sezione, dalla quale il Collegio non vede ragioni di discostarsi, ha stabilito che trovi applicazione l’articolo 45, comma 1, primo periodo, ai sensi del quale “ il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l’ultima notificazione dell'atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario ”.

Nel caso in cui, come nella fattispecie, sia stato il giudice ad ordinare il rinnovo della notifica, attesa la nullità della prima perché eseguita presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, il termine che la parte onerata deve osservare è quello indicato dal provvedimento giurisdizionale che fissa tale termine.

È stato infatti stabilito che “ il precedente di questa Sezione invocato dalla parte appellante (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 789 del 26 febbraio 2016) afferma espressamente che <allorché il giudice abbia esercitato la facoltà che la norma gli conferisce di fissare il termine sia per la notifica che per il deposito dell’atto di integrazione del contraddittorio, tali termini (di per sé eccezionali rispetto a quelli ordinariamente fissati dal codice per l’instaurazione del contradditorio) devono essere rispettati a pena di irricevibilità del ricorso>, con la conseguenza che laddove, come nella fattispecie in esame, il suddetto termine non sia stato fissato, non può che trovare applicazione la regola generale di cui all’art. 45, comma 1, c.p.a. ” (Consiglio di Stato, Sezione III, 27 ottobre 2022, n. 9146).

Nella stessa direzione, in ordine all’integrazione del contraddittorio nei confronti di altre parti non evocate originariamente in giudizio oltre la prima, è stato recentemente stabilito che “ come sottolineato dalla costante giurisprudenza amministrativa, il termine che il giudice assegna al ricorrente per l’integrazione del contraddittorio e quello per il deposito della prova dell’avvenuto adempimento dell’incombente hanno carattere perentorio, di modo che la loro inosservanza comporta decadenza dal diritto d’azione, con conseguente improcedibilità del ricorso: poiché il giudizio non può continuare senza la partecipazione delle altre parti necessarie (oltre a quelle originariamente intimate), l’inottemperanza all’ordine del giudice di integrazione del contraddittorio entro il termine all’uopo fissato non può, infatti, che comportarne l’assoluta improcedibilità (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2 maggio 2012 n. 2526;
Sez. VI, 10 settembre 2008 n. 4319)
(Consiglio di Stato, Sezione VII, 9 febbraio 2024, n. 1320).

6. In base a tutte le considerazioni che precedono, in conclusione, non resta al Collegio che dichiarare l’appello improcedibile, restando assorbito l’esame dei motivi di gravame, precisandosi che la presente decisione è stata assunta tenendo altresì conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cassazione, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242), tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione Civile, Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cassazione Civile, Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209, 13 settembre 2022, n. 7949, e 18 luglio 2016, n. 3176).

7. La particolarità della vicenda contenziosa consente al Collegio di disporre in via eccezionale la compensazione integrale delle spese del presente grado di giudizio.

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