Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-07-17, n. 202306958
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 17/07/2023
N. 06958/2023REG.PROV.COLL.
N. 07627/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7627 del 2016, proposto da S s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato E S D, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, n. 26;
contro
la Regione Puglia, in persona del Presidente
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato T T C, con domicilio eletto presso la Regione Puglia, delegazione in Roma, via Barberini, n. 36;
l’Azienda Sanitaria Locale di Bari - Dipartimento di prevenzione territorio di Putignano – Servizio igiene e sanità pubblica
ex
Asl Ba/5, non costituita in giudizio;
l’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente, non costituita in giudizio;
nei confronti
la Unipol Sai Assicurazioni, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Bari, Sezione prima, n. 261 del 24 febbraio 2016;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2023 il consigliere E L;
Viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello avverso la sentenza del T.a.r. per la Puglia, sede di Bari, n. 261 del 24 febbraio 2016, con la quale è stata respinta la domanda di risarcimento del danno proposta dalla ditta S s.p.a.
2. In primo grado, la ditta ha domandato il ristoro dei danni cagionati dalla condotta della Regione Puglia che non avrebbe rispettato il termine del procedimento intrapreso per l’autorizzazione di un impianto fotovoltaico sito nel comune di Bari.
3. In data 24 aprile 2008, la ditta ha presentato l’istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica acquisita al prot. n. 38/4560 del Servizio energia della Regione, per l’impianto di produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica sito nel comune di Bari in contrada Lezzi di Turi, della potenza di 8.820 MW.
3.1. Con note del 1° luglio 2008 e del 22 settembre 2009, la Regione richiedeva alla ditta il deposito di ulteriore documentazione, concedendo alla ricorrente il termine di 90 giorni per integrare la documentazione necessaria all’avvio della fase istruttoria.
3.2. La ditta provvedeva al deposito con una prima nota dell’11 agosto 2009 e poi del 7 ottobre 2009.
3.3. Con nota prot. n. A00-46 n. 12479 del 19 ottobre 2009 la Regione Puglia comunicava l’avvio del relativo procedimento.
3.4. La società, a seguito dell’avvio del procedimento, presentava in data 6 novembre 2009, agli enti partecipanti alla conferenza di servizi, la documentazione progettuale per l’espressione dei pareri, nulla-osta o atti di assenso comunque denominati previsti dalle leggi vigenti.
3.5. Con nota prot. n. 14214 del 17 dicembre 2009 veniva convocata la riunione della conferenza di servizi per il successivo 26 gennaio 2010.
3.6. Seguivano i pareri delle varie amministrazioni in conferenza di servizi;l’Arpa evidenziava la mancata presentazione di una versione completa e definitiva della soluzione proposta nonché alcune censure di tipo contenutistico.
In data 14 ottobre 2010 la ricorrente depositava il progetto aggiornato.
3.7. In data 17 febbraio 2011 veniva pubblicata sul Bollettino ufficiale della regione Puglia l’autorizzazione unica, che con atto dirigenziale n. 39 del 4 febbraio 2011 l’autorizzazione veniva trasmessa (in data 24 febbraio 2011) alla ricorrente.
3.8. Ritenendo violato il termine di conclusione del procedimento previsto dalla legge e altresì di essere stata lesa da questa circostanza ascrivibile alla condotta colpevole della Regione Puglia (essendo intervenuta normativa restrittiva del regime delle incentivazioni per il fotovoltaico), la società proponeva ricorso innanzi al competente T.a.r., per domandare il risarcimento del danno.
3.9. Si costituiva in giudizio la Regione Puglia, formulando compiute difese sull’infondatezza della domanda proposta e sollevando, in rito, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per decadenza dall’azione.
4. Con l’impugnata sentenza non definitiva n. 261 del 24 febbraio 2016 il T.a.r. adito ha respinto la domanda risarcitoria e con separata ordinanza ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2 lett. c) della l.r. Puglia 21 ottobre 2008 n. 31 per contrasto con gli artt. 3, 41 e 117 commi 1, 2, lett. m) e 3 della Costituzione, rinviando alla sentenza definitiva la statuizione relativa alle spese del giudizio.
4.1. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 14/2018 ha poi dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale.
4.2. Il T.a.r. per la Puglia, con la sentenza n. 982/2018, ha dunque respinto l’appello proposto dalla ricorrente e ha compensato le spese del giudizio.
4.3. L’appello avverso la sentenza n. 982 del 2018 è stato respinto con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4639/2020.
5. La società S s.p.a. ha impugnato la sentenza non definitiva di primo grado, relativamente al rigetto della richiesta risarcitoria, articolando tre motivi di appello.
5.1. Con il primo motivo di appello (esteso da pag. 9 a pag. 15), la società censura il capo della sentenza che ha ritenuto che la domanda risarcitoria fosse infondata.
La ricorrente sostiene che il ritardo nel rilasciare l’autorizzazione unica sia dipeso quanto meno da colpa dell’amministrazione regionale, che ha prima bloccato la domanda di autorizzazione sulla base di un vincolo, poi rivelatosi inesistente, o comunque successivamente rimosso, e poi atteso che la società inviasse il lay out del progetto ridimensionato, che secondo la prospettazione della società, costituirebbe un elemento non sostanziale del progetto.
5.2. Con il secondo motivo di appello (esteso da pag. 16 a pag. 17), la società censura il capo della sentenza che ha escluso la responsabilità della Regione ai sensi dell’art. 2043 c.c. giacché, nell’ambito della responsabilità da ritardo della pubblica amministrazione nel concludere il procedimento, non spetterebbe al privato ricorrente l’onere della prova bensì incomberebbe sull’amministrazione l’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare che scadesse il termine di conclusione del procedimento, allegando, a titolo esemplificativo, la particolare complessità della materia oggetto dell’istanza del privato, ovvero un quadro giurisprudenziale o normativo contrastante ovvero anche la oggettiva difficoltà nell’esitare l’istanza nei termini.
5.3. Con il terzo motivo di appello (esteso da pag. 18 a pag. 20), la società svolge le sue deduzioni sulla perplessità della sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto che dal superamento del termine discenda di per sé l’ingiustizia del danno nonché sull’ammontare del risarcimento del danno, articolando le sue richieste in via principale in euro 2.291.600,00 oppure, in via gradata, rimettendosi alla decisione del Collegio anche con il supporto di una consulenza tecnica d’ufficio, ovvero, in via ulteriormente gradata, domandando la pronuncia di una condanna della regione Puglia ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a.
5.4. Si è costituita in giudizio la Regione Puglia, che ha insistito, con la memoria depositata ex art. 73 c.p.a., in vista della pubblica udienza, sulle eccezioni preliminari di tardività della proposizione dell’azione risarcitoria che il primo giudice ha assorbito.
5.5. Le eccezioni si basano su due argomentazioni:
i) pur aderendo alla tesi della ricorrente, per cui l’atto andava adottato entro la data del 5 aprile 2009, l’azione sarebbe soggetta al termine di prescrizione quinquennale e come tale essendo stata proposta con atto spedito per la notifica il 2 maggio 2014, risulterebbe prescritta;
ii) invero poiché il ritardo sarebbe attribuibile all’esclusiva condotta della società per cui prima della data del 4 febbraio 2011 l’Amministrazione Regionale non avrebbe potuto rilasciare il titolo autorizzativo, l’azione è soggetta al termine decadenziale di cui all’art. 30, comma 3, c.p.a.;pertanto doveva, a pena di decadenza, essere proposta entro 120 giorni decorrenti dalla conoscenza del provvedimento.
Con riferimento all’art. 30, comma 4, c.p.a., tale termine non inizia a decorrere fintanto che perdura l’inadempimento.
Nel caso di specie, il (presunto) inadempimento sarebbe terminato con l’adozione del provvedimento autorizzativo, che è stato emanato il 4 febbraio 2011.
Quindi da tale data decorrerebbe il termine decadenziale di 120 giorni per chiedere il risarcimento del danno determinato dalla inosservanza del termine per concludere quel procedimento.
Dall’altra parte parrebbe davvero sproporzionato consentire la proposizione di una domanda di risarcimento del danno a fronte di un provvedimento favorevole, decorsi oltre tre anni dal rilascio di quel provvedimento che comunque consentiva alla parte istante la soddisfazione dei propri interessi realizzando l’impianto.
Sempre secondo la prospettazione regionale, ne conseguirebbe che in entrambe le ipotesi la domanda per risarcimento del danno è inammissibile prima ancora che infondata e non provata.
6. Con memoria di replica del 22 dicembre 2022 la società ha replicato alle eccezioni di tardività sollevate dall’amministrazione, rilevando che:
i) in via preliminare, le eccezioni sono state proposte irritualmente nella memoria difensiva depositata in vista dell’udienza, mentre avrebbero dovuto essere proposte con appello incidentale, trattandosi di eccezioni che erano state, sia pure implicitamente, respinte dal T.a.r.;
ii) la Regione avrebbe dovuto proporre le eccezioni ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. e dunque entro il termine di costituzione in appello;
iii) le eccezioni sarebbero, in ogni caso, infondate poiché alla fattispecie in esame non si applicherebbe l’art. 30 c.p.a., entrato in vigore il 16 settembre 2010, bensì l’art. 2 bis della legge n. 241 del 1990, ai sensi del quale il termine di prescrizione per il danno da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo è quinquennale.
7. All’udienza pubblica del 12 gennaio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Il Collegio ritiene, per ragioni di economia decisionale e motivazionale in attuazione dei principi ex art. 3 c.p.a., di poter prescindere dallo scrutinio delle eccezioni, sollevate dall’appellata, di irricevibilità per tardività del ricorso di primo grado, stante la complessiva infondatezza nel merito dell’appello.
8.1. In merito alla infondatezza dell’appello il Collegio richiama, anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) c.p.a. e con valore di precedente giurisprudenziale conforme, le numerose sentenze su cause riguardanti il medesimo oggetto (nn. 9417/2022, 9418/2022, 9419/2022, 2848/2021).
9. Il Collegio ritiene invero che il primo e il secondo motivo d’appello siano infondati avendo la sentenza del T.a.r. per la Puglia correttamente applicato i consolidati principi che la giurisprudenza amministrativa ha enucleato in materia di responsabilità dell’amministrazione, anche con riferimento alla fattispecie in cui l’esercizio del potere avvenga in violazione del termine fissato per concludere il procedimento amministrativo.
9.1. È stato recentemente ribadito che la responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi, sia da illegittimità provvedimentale sia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano (Cons. Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7).
9.2. Conseguentemente, costituiscono elementi costitutivi di questa fattispecie sia i presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) (Cons. Stato, Sez. VI, 24 maggio 2022, n. 4100;Sez. II, 20 maggio 2019, n.3217;Sez. IV, 15 gennaio 2019, n. 358).
9.3. Al riguardo, si evidenzia che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questo plesso giurisdizionale, cui il T.a.r. ha dato applicazione, l’esercizio illegittimo o in violazione dei termini della funzione amministrativa non integra di per sé la colpa dell’amministrazione, dovendo anche accertarsi se l’adozione o la mancata o ritardata adozione del provvedimento amministrativo lesivo sia conseguenza della grave violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede - alle quali deve essere costantemente ispirato l’esercizio dell'attività amministrativa - e si sia verificata in un contesto di fatto ed in un quadro di riferimento normativo tale da palesare la negligenza e l’imperizia degli uffici o degli organi dell’amministrazione ovvero se per converso la predetta violazione sia ascrivibile all'ipotesi dell’errore scusabile, per la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali, per l’incertezza del quadro normativo o per la complessità della situazione di fatto (Cons. Stato, Sez. VI, 30 agosto 2021, n. 6111;Sez. V, 9 ottobre 2013, n. 4968;Sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5600).
9.4. In base a criteri di giudizio oramai consolidati, la colpevolezza dell’amministrazione può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di violazioni commesse in un contesto di circostanze di fatto ed in un quadro di riferimento normativo, giuridico e fattuale tale da palesarne la negligenza e l'imperizia, cioè l'aver agito intenzionalmente o in spregio alle regole di correttezza, imparzialità e buona fede nell'assunzione del provvedimento viziato, mentre deve essere negata la responsabilità quando l’indagine conduce al riconoscimento di un errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per la incertezza del quadro normativo di riferimento, per la complessità della situazione di fatto (Consiglio di Stato Sez. VI, 28 giugno 2019, n. 4454).
9.5. All’esito del processo di primo grado, il T.a.r. per la Puglia ha escluso la responsabilità dell’amministrazione rilevando “che nella specie non risulta accertata né la colpa dell’Amministrazione, né risulta fornita prova del nesso causale tra ritardo e danni subiti”, emergendo con chiarezza “che sulla procrastinazione dei tempi previsti per la sua conclusione risulta aver influito in maniera determinante il ritardo della stessa società istante, prima nel rendere procedibile la domanda presentata in data 24 aprile 2008, corredandola di tutta la documentazione necessaria - condizione verificatasi solo in data 6 novembre 2009 – e, poi, nell’evadere le diverse richieste di integrazione documentale e di modifiche tecnico – progettuali provenienti dagli organi ed enti intervenuti in sede conferenziale, volti al ridimensionamento dell’impianto.”
9.6. Inoltre il primo giudice ha rilevato che “emerge, in sostanza, come sulla dilatazione dei tempi procedimentali – in misura tale da far scattare la modifica della normativa sulle tariffe incentivanti (cd. IV conto energia entrato in vigore il 5 maggio 2011) - abbia influito in maniera determinante proprio il comportamento poco solerte della società, sicché la stessa non può poi dolersi ex art. 1227, secondo comma, c.c. dei danni subiti ma che la stessa avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza” e come “nemmeno sia stata fornita prova dell’impossibilità (rimasta solo asserita) di concludere i lavori di costruzione dell’impianto fotovoltaico entro il 31 agosto 2011 - termine previsto per poter usufruire delle tariffe incentivanti - benché la società ricorrente avesse avuto all’uopo a disposizione circa sette mesi dalla data di conseguimento dell’autorizzazione unica del 4 febbraio 2011.”
9.7. La valutazione del giudice di primo grado risulta sostanzialmente corretta in relazione alle risultanze processuali.
9.8. In primo luogo, dagli atti del processo è emerso che la tempistica del procedimento sia stata influenzata anche dalla non completezza della documentazione presentata dall’istante, che non ha certamente facilitato lo svolgimento di un ordinato e celere procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica.
Anche questo assunto della motivazione si presenta corretto in fatto e in diritto, emergendo dagli scritti processuali e dalla documentazione depositata quanto segue: in data 24 aprile 2008 la ricorrente ha presentato l’istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dell’impianto fotovoltaico in questione;in data 1 luglio 2008 l’amministrazione regionale ha richiesto integrazioni della documentazione allegata all’istanza che si presentava priva di diversi documenti ai fini della stessa procedibilità;in data 11 agosto 2009 la società ha fornito un parziale riscontro;la società ha presentato domanda di riesame dell’istanza di autorizzazione unica a seguito dell’entrata in vigore il nuovo Piano faunistico venatorio regionale 2009/2014;in data 22 settembre 2009 l’amministrazione ha dato riscontro alla richiesta di riesame e contestualmente ha richiesto il Piano economico finanziario, la bancabilità e il certificato destinazione urbanistica non ancora depositati;in data 7 ottobre 2009 la società ha presentato il certificato di destinazione urbanistica riservandosi di presentare
l’ulteriore documentazione richiesta, depositata unitamente alla relazione agronomica in data 6 novembre 2009;l’amministrazione ha comunicato l’avvio del procedimento, disponendo la convocazione della conferenza di servizi per il giorno 26 gennaio 2010;
la conferenza di servizi si è conclusa con l’invito alla società di ottemperare alle richieste di integrazioni documentali da parte degli enti e al Comune di Turi di attivare le procedure per la verifica della compatibilità del progetto con il vincolo paesaggistico ATE B, come anche rappresentato nel parere espresso dalla Arpa Puglia;anche il Servizio assetto del territorio, con nota n. 5740 in data 22 marzo 2010, ha comunicato il proprio parere di competenza non favorevole;l’appellante ha presentato le sue controdeduzioni ai pareri sfavorevoli il 22 giugno 2010 e ha depositato la documentazione integrativa richiesta in data 5 luglio 2010;in data 12 agosto 2010 il Servizio assetto del territorio ha espresso parere favorevole subordinato allo stralcio dal progetto dell’area interessata dalla presenza dell’ATD "Boschi e Macchie" e del relativo buffer di 100 mt.;ciò ha comportato la variazione del lay-out dei pannelli fotovoltaici e la riduzione della potenza dell'impianto da circa 8,9 MW a circa 7,5 MW;tali significative e necessarie modifiche progettuali sono state apportate dalla società soltanto in data 22 novembre 2010;in data 2 dicembre 2010 l’Ufficio energia ha comunicato la chiusura positiva del procedimento e ha disposto che in data 3 dicembre 2010 venisse firmata la convenzione;la società ha dunque presentato il progetto definitivo adeguato solo il 21 gennaio 2011 e il provvedimento autorizzativo è stato emanato il 4 febbraio 2011.
9.9. Dai dati sopra indicati risulta accertato che la tempistica del procedimento è stata influenzata dalla non perfetta conformità della documentazione presentata dall’istante, che non ha certamente facilitato lo svolgimento di un ordinato e celere procedimento di rilascio dell’autorizzazione unica.
Il quadro fattuale così delineato nella sentenza di primo grado non viene scalfito dalle critiche rivolte con l’impugnazione.
9.10. All’esito delle reciproche difese delle parti la complessità fattuale non scompare, ma si enfatizza nel “rimpallo” di vicendevoli mancanze e responsabilità, che per quanto riguarda l’amministrazione regionale – come correttamente rappresentato dal giudice di primo grado – sono “comunque sussumibili nell’ambito dell’errore scusabile, considerata la complessità insita nel procedimento di autorizzazione unica che richiede il bilanciamento in sede conferenziale di delicati interessi pubblici attraverso il coordinamento delle posizioni espresse dalle varie Autorità preposte alla loro cura, in vista della promozione di fonti di energia rinnovabili, purché in armonia con le esigenze di salvaguardia ambientale.”
9.11. In proposito, i sopra indicati passaggi procedimentali, piuttosto farraginosi, si sono resi necessari per soddisfare, in un’ottica di reciproca collaborazione, l’evidenziata esigenza di promozione delle energie rinnovabili, consentendo alla società istante di integrare la documentazione oltre i termini assegnati dalla Regione e di individuare le modifiche da apportare al progetto, al fine di superare i sopra indicati dissensi espressi in conferenza (in particolare del Servizio assetto del territorio che aveva chiesto un sostanziale ridimensionamento dell’impianto – la cui potenza passava da 8,9 MW a circa 7,5 MW - con stralcio dal progetto dell’area interessata dall’ATD “Boschi e macchie” e relativo buffer di 100 mt).
Alla luce di tali evidenze, appare giustificabile una mancata tempestiva conclusione del procedimento, anche nell’ottica di evitare un suo esito non favorevole conseguente all’incompletezza della documentazione necessaria. In ogni caso, come bene evidenziato dai primi Giudici il ritardo addebitabile alla Regione, se vi è stato, è stato comunque di lieve incidenza.
9.12. Peraltro, anche gli accadimenti occorsi successivamente al rilascio del provvedimento autorizzativo attestano quanto meno che le conseguenze dannose che la società chiede che siano causalmente (ed esclusivamente) attribuite all’amministrazione, siano quanto meno attribuibili ex art. 1227 c.c. anche alla società medesima, la quale peraltro, con nota del 5 maggio 2011, ha comunicato la data di inizio dei lavori e, con nota n. 9332 del 20 luglio 2011, ha comunicato la cessione dei titoli autorizzativi a favore della società Turi Solare s.r.l., segno evidente che non aveva più un interesse alla realizzazione dell’impianto entro il termine del 31 agosto 2011, termine previsto per poter usufruire delle tariffe incentivanti del c.d. Terzo conto energia.
Non è quindi condivisibile sotto due profili quanto affermato dall’appellante circa il fatto che, per esclusiva volontà della Regione, non avrebbe potuto addivenire alla stipula del contratto del definitivo di compravendita delle quote con altro soggetto societario:
i) in primo luogo, perché non ha fornito prova dell’impossibilità (rimasta solo asserita) di concludere i lavori di costruzione dell’impianto fotovoltaico entro il 31 agosto 2011;
ii) in secondo luogo, il riconoscimento della sovvenzione non è ancorato al solo possesso del titolo autorizzativo, ma prevede la necessaria costruzione e messa in esercizio dell’impianto, ma l’appellante correla il “bene della vita” al solo conseguimento del titolo autorizzatorio, senza che risulti allegata (né, tanto meno, provata) la sicura o, quanto meno, l’altamente probabile spettanza delle tariffe incentivanti in ragione dell’avvenuto rilascio del provvedimento di autorizzazione unica.
9.13. Invero, si rammenta che in un precedente di questo Consiglio, in cui si è riconosciuta la spettanza del risarcimento del danno in una fattispecie concreta di danno c.d. da ritardo, l’imprenditore che ha agito in giudizio ha provato l’avvenuta realizzazione e messa in esercizio dell’impianto, prefigurando in tal modo che in caso di rilascio del titolo nei termini avrebbe potuto fruire della sovvenzione illo tempore prevista dalla legge e poi modificatasi nelle more della conclusione del procedimento (Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 2022 n. 5977).
Orbene, del verificarsi di questi necessari presupposti non v’è alcuna prova in atti.
10. Inoltre, va altresì rilevato come la normativa di riferimento applicabile ratione temporis , in caso di tempestiva conclusione del procedimento di autorizzazione unica, risulta essere, secondo le allegazioni dell’appellante, il d.m. del Ministero dello sviluppo economico del 6 agosto 2010 ( “Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare” ).
10.1. Questa disciplina, all’art. 7, prevede i seguenti requisiti oggettivi per la fruizione dei benefici da parte degli impianti fotovoltaici:
a) potenza nominale non inferiore a 1 kW;
b) conformità alle pertinenti norme tecniche richiamate nell’allegato 1;
c) realizzazione con componenti di nuova costruzione o comunque non già impiegati in altri impianti così come stabilito dal decreto ministeriale 2 marzo 2009;
d) collegamento alla rete elettrica o a piccole reti isolate, in modo tale che ogni singolo impianto fotovoltaico sia caratterizzato da un unico punto di connessione alla rete, non condiviso con altri impianti fotovoltaici.
10.2. Anche della sussistenza di questi presupposti per il conseguimento delle tariffe incentivanti non vi è alcuna deduzione e alcuna prova.
10.3. Pertanto, il Collegio evidenzia che non risulta accertata la prospettica spettanza delle tariffe, beneficio di cui si lamenta la perdita a causa del ritardo nella definizione del procedimento di autorizzazione unica.
11. In conclusione, dunque, e per tutto quanto sopra considerato, l’appello va respinto.
12. La complessità delle questioni esaminate giustifica nondimeno l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti costituite.