Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-11-05, n. 201907552

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-11-05, n. 201907552
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907552
Data del deposito : 5 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/11/2019

N. 07552/2019REG.PROV.COLL.

N. 04280/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4280 del 2013, proposto dal Comune di Grosseto, in persona del Sindaco in carica pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato G G, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato A P in Roma, via degli Scipioni, n. 268/A,

contro

- il signor G C M, rappresentato e difeso dall’avvocato V V, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, viale G. Mazzini, n. 11;
- i signori S Drelli, C Mni, N S, L M, S S, L S e A C, non costituiti in giudizio;

nei confronti

della s.p.a. Ericsson Telecomunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Massimiliano de Luca, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Salaria, n. 400,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Toscana, Sezione I, n. 1829 del 19 novembre 2012, resa inter partes , concernente la realizzazione di una stazione radio base.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del signor G C M e della s.p.a. Ericsson Telecomunicazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 24 settembre 2019 il consigliere G S e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati G G, V V e Massimiliano De Luca;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con i ricorsi n. 129/2008 e n. 1369/2009, di cui il primo conseguente alla trasposizione in sede giurisdizionale di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, entrambi proposti innanzi al T.a.r. per la Toscana, gli appellati avevano impugnato, rispettivamente, quanto segue:

a) il silenzio assenso formatosi sulla d.i.a. n.3204/2006 presentata in data 14 dicembre 2006 dalla Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. al Comune di Grosseto per la realizzazione di un impianto stazione radio base SRB UMTS denominato “ Grosseto Castiglionese GR-3567 ” in Grosseto, via Fiesole snc;

b) il provvedimento n. 19 del 31 gennaio 2007 del Comune di Grosseto, Sportello unico per le attività produttive, con cui veniva autorizzata la società all’effettuazione dei lavori di realizzazione di un sito raw land (palo ed apparati a terra) a servizio della rete radiomobile cellulare dell’operatore H3G, in Grosseto, via Fiesole.

2. A sostegno della proposta impugnativa, i ricorrenti avevano dedotto l’incidenza del provvedimento di sospensione, il mancato rispetto delle prescrizioni apposte al provvedimento impugnato dall’ARPAT e la violazione degli artt. 87, comma 4, del d.lgs. n. 259/2003 e 7 della legge n. 241/1990.

3. Costituitesi ad infringendum l’Amministrazione comunale e la società controinteressata, il Tribunale adìto, Sezione I, ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha disposto, preliminarmente, la riunione dei due ricorsi “ per evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva ” (questo capo della sentenza non è stato impugnato ed è pertanto passato in giudicato);

- ha dichiarato inammissibile il ricorso n. 129/2008 alla luce del sopraggiunto rilascio di um provvedimento autorizzativo espresso (anche questo capo non è stato impugnato);

- ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso n. 1369/2009 per difetto di interesse, sollevata dall’Amministrazione comunale, facendo leva sul provvedimento di sospensione dei lavori, disposta con nota del 26 marzo 2007, non avendo determinato “la definitiva rimozione in via di autotutela del provvedimento, ma, al più, una privazione temporanea degli effetti dell'autorizzazione ” (anche questo capo non è stato impugnato);

- ha respinto i primi due motivi del ricorso n. 1369/2009 (anche questo capo non è stato impugnato);

- ha accolto il terzo motivo del ricorso n. 1369/2009 e quindi, ritenuta assorbita ogni altra censura, ha annullato il provvedimento di autorizzazione del 31 gennaio 2007;

- ha condannato il Comune di Grosseto al rimborso delle spese di lite (€ 4.000,00) mentre ha compensato le spese con la società controinteressata.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- contrariamente a quanto dedotto in ricorso, le prescrizioni dell’ARPAT, emesse con il parere del 15 gennaio 2007, risultano rispettate;

- è da reputare manifestamente fondata la censura relativa alla violazione dell’art. 87, comma 4, del d.lgs. n. 259 del 2003, non avendo il Comune pubblicizzato la relativa istanza prima di provvedere al rilascio del provvedimento abilitativo.

5. Avverso tale pronuncia il Comune di Grosseto ha interposto appello, notificato il 16 maggio 2013 e depositato il 4 giugno 2013, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame (pagine 5-10), quanto di seguito sintetizzato:

I) il Tribunale non avrebbe considerato che, per gli impianti con tecnologia UMTS, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, l’art. 87 del Codice delle Comunicazioni non prevede l’obbligo del Comune di dare pubblicità alla denuncia di inizio della attività, norma peraltro ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale, fermo restando l’applicabilità dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 che ne neutralizzerebbe ogni ricaduta patologica;

II) sarebbero infondate le ulteriori censure non esaminate dal Tribunale perché assorbite, ed in particolare: la violazione dell’art. 10 del Regolamento comunale in termini di distanze minime di 200 mt dai siti sensibili come le scuole, siccome esclusa dall’ARPAT a seguito degli espletati accertamenti;
la mancanza della valutazione di impatto ambientale, non necessaria a seguito dell’abrogazione della norma di riferimento;
la mancanza di autorizzazione per gli scavi per le fondazioni, in realtà implicita nell’autorizzazione rilasciata.

6. L’appellante ha conclusivamente chiesto, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto del ricorso di prime cure.

7. In data 19 luglio 2013 si è costituito l’appellato signor G C M. anche al fine di reiterare le censure ritenute assorbite dal Giudice di prime cure, ed in particolare:

a) la violazione dell’art. 89 del d. lgs. 259/2003 e dell’art. 1 della l. regione Toscana n. 54/2000, per aver l’Amministrazione consentito l’installazione di due SRB prossime tra loro, anziché richiederne la coubicazione;

b) la mancata sottoposizione del progetto alla valutazione d’impatto ambientale;

c) la mancanza di autorizzazione all’effettuazione di scavi per le fondazioni, a norma dell’art. 88 del Codice delle comunicazioni elettroniche, e la mancata effettuazione della procedura, ex art. 93 del medesimo Codice, prevista per le opere in cemento armato.

8. In data 30 luglio 2013 si è costituita anche la società controinteressata s.p.a. Ericsson Telecomunicazioni proponendo appello incidentale avverso la medesima pronuncia odiernamente impugnata, al fine di reiterare l’eccezione, obliterata dal Tribunale, d’inammissibilità del gravame per carenza di legittimazione dei ricorrenti di primo grado, nonché per il mancato coinvolgimento in giudizio dell’ARPAT e comunque l’infondatezza delle censure di primo grado, ivi comprese quelle reiterate in questa sede ad opera dell’appellato costituitosi nel presente giudizio, evidenziando che si sarebbe ingenerata una condizione di affidamento incolpevole per effetto del decorso del tempo dall’installazione della stazione radio base a far data dal 28 settembre 2007.

9. In vista della trattazione nel merito del ricorso, le parti hanno svolto difese scritte, anche con memoria di replica depositata a cura di parte appellante in data 2 settembre 2019, insistendo per le rispettive conclusioni. In particolare, l’appellante principale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di legittimazione ad impugnare e l’irricevibilità dello stesso per tardività, mentre l’appellante incidentale ha opposto l’insussistenza del danno ingiusto ex adverso lamentato.

10. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 24 settembre 2019, è stato introitato in decisione.

11. Va premesso che, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., non possono essere utilizzati documenti non prodotti nel giudizio di prime cure. Infatti il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda anche le prove c.d. precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata al pari delle prove c.d. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado ovvero alla valutazione della loro indispensabilità (Cons. Stato, sez. IV, 20 agosto 2018, n. 4969). Ebbene, nel caso di specie non si rinviene alcuna delle speciali ragioni previste dall’art. 345 c.p.c. in grado di giustificare il superamento del citato divieto (Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703). Non possono quindi avere accesso nel presente giudizio i nuovi documenti prodotti da parte appellante in data 11 luglio 2019.

12. Al fine di stabilire l’ordine col quale vanno esaminate le plurime contrapposte questioni, ritiene il Collegio di dare la precedenza a quella in rito sollevata dall’appellante incidentale circa la pretesa inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di legittimazione processuale e per mancata instaurazione del contraddittorio nei riguardi di ARPAT.

Giova premettere che la mancata pronuncia su una o più eccezioni non giustifica la rimessione del giudizio al giudice di prime cure. Il Collegio osserva che tale eventuale difetto, così come rappresentato in ricorso, non può precludere la disamina del merito del gravame, non integrando un’ipotesi di rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., che così dispone: “ Il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza o l'ordinanza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l'estinzione o la perenzione del giudizio ”.

Vanno richiamati i consolidati principi elaborati dalla recente giurisprudenza dell’adunanza plenaria che si è pronunciata più volte, nell’arco del 2018, sui limiti applicativi dell’art. 105 c.p.a. (cfr. sentenza 30 luglio 2018, n. 10;
sentenza 30 luglio 2018, n. 11;
sentenza 5 settembre 2018, n. 14;
sentenza 28 settembre 2018, n. 15).

L’adunanza plenaria, in tali occasioni, ha osservato in primo luogo che le ipotesi di annullamento con rinvio al giudice di primo grado previste dall’art. 105 c.p.a. hanno carattere eccezionale e tassativo e non sono, pertanto, suscettibili di interpretazioni analogiche o estensive.

In particolare, non può rientrarvi “ la mancanza totale di pronuncia da parte del primo giudice su una delle domande del ricorrente, rientrandovi invece il difetto assoluto di motivazione della sentenza di primo grado ” (cfr. ad. plen. n. 10 e 11 del 2018).

13. Orbene, transitando alla disamina delle eccezioni in rito, sollevate dall’appellante nei termini anzidetti, se ne deve rilevare l’infondatezza.

13.1 Per la prima, va osservato che i ricorrenti di primo grado avevano rappresentato (vedi pagina 2 del ricorso) e documentato (documenti 2-3-4) di essere residenti o proprietari di immobili posti nelle vicinanze del sito interessato dall’installazione della stazione radio base ed in particolare nella stessa via Fiesole in cui è ubicata la contestata SRB e questo integra il requisito della vicinitas in grado di consolidare la legittimazione processuale. La vicinanza di numerose abitazioni al sito è peraltro confermata dalla planimetria scala 1:2000 allegata al progetto presentato dalla Ericsson. Né può rilevare il fatto che le emissioni prodotte non sarebbe in grado di incidere sulla salute umana oltre il raggio di 50 metri, non interessato dalla presenza di abitazioni, implicando ciò considerazioni che afferiscono al merito della controversia invece che al rito.

13.2 Per la seconda, va rilevato che è sufficiente la notifica del ricorso ad almeno uno dei controinteressati per la corretta instaurazione del contraddittorio ai fini dell’ammissibilità del ricorso, notifica effettuata nei confronti dell’appellante incidentale;
invero non sono stati impugnati provvedimenti dell’ARPAT, non potendosi quindi atteggiare questa a contraddittore necessario quale Amministrazione emanante.

14. Infondata è l’eccezione in rito, in punto di tardività del ricorso di primo grado, sollevata dall’appellante con la memoria depositata in data 24 luglio 2019, in quanto non vi è prova che i ricorrenti abbiano avuto conoscenza dell’atto autorizzativo espresso in maniera da far ritenere decorso il termine per la sua impugnativa giurisdizionale.

15. Trascorrendo al merito delle critiche sollevate dall’appellante principale, è meritevole di essere esaminata con precedenza rispetto alle altre quella relativa al terzo motivo del ricorso di prime cure, accolto dal Tribunale, in ordine alla violazione dell’art. 87 del Codice delle Comunicazioni laddove prevede l’obbligo di pubblicazione della d.i.a..

15.1 Il motivo è infondato.

L’art. 87, terzo comma, del Codice delle comunicazioni elettroniche statuisce che “ Nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità sopra indicati, è sufficiente la segnalazione certificata di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13 ”.

Il quarto comma, che si assume violato da parte dei ricorrenti di primo grado, prevede a sua volta che “ Lo sportello locale competente provvede a pubblicizzare l'istanza, pur senza diffondere i dati caratteristici dell'impianto ”.

Poiché quest’ultima disposizione si è riferito alla “ istanza ”, si deve ritenere che essa non si applichi agli impianti di potenza inferiore a 20 Watt per i quali è prevista la d.i.a. Del resto, come evidenziato dall’appellante, si è pronunciata sulla legittimità di tale disciplina, secondo tale linea interpretativa, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 232 del 21 giugno 2007.

Tuttavia, la vicenda di causa riguarda non la d.i.a del 14 dicembre 2006, essendo il relativo ricorso dichiarato improcedibile dal Tribunale con statuizione passata in giudicato, bensì il successivo provvedimento del 31 gennaio 2007, frutto di apposita istanza della società e pertanto riconducibile all’alveo applicativo della norma di cui si è lamentata la violazione.

Né la ricaduta patologica di tale violazione può dirsi sterilizzata dall’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, avendo correttamente rilevato il Tribunale che l’Amministrazione ha fornito la necessaria dimostrazione della impraticabilità di soluzioni alternative per quanto attiene all’ubicazione dell’impianto.

16. Dall’esito sfavorevole delle critiche sollevate dall’appellante principale discende la superfluità di ogni disamina circa le deduzioni dichiarate assorbite dal Tribunale e tempestivamente riproposte in questa sede da parte appellata.

17. In conclusione, sia l’appello principale che quello incidentale sono infondati e devono essere respinti.

18. La soccombenza parziale e reciproca giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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