Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-06-20, n. 202205022

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-06-20, n. 202205022
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202205022
Data del deposito : 20 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/06/2022

N. 05022/2022REG.PROV.COLL.

N. 02542/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA IIANA

IN NOME DEL POPOLO IIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2542 del 2022, proposto dal Centro fisiocinesiterapia S s.p.a., in proprio e nella qualità di capogruppo della costituenda associazione temporanea d’imprese con Vivisol Napoli s.r.l. e Centro studi della scoliosi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato A T, con domicilio digitale come da pec nei registri di giustizia;

contro

l’Azienda sanitaria locale Napoli 1 centro, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato A C, con domicilio digitale come da pec nei registri di giustizia ed eletto presso il suo studio, sito in Roma, viale Regina Margherita, n. 269;

nei confronti

della Medicasa Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati Filippo Brunetti ed Alfredo Vitale, con domicilio eletto presso lo studio del primo, sito in Roma, via XXIV maggio, n. 43;
di G consorzio di cooperative sociali, in proprio e nella qualità di capogruppo mandatario del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con ICARO onlus consorzio di cooperative sociali e Medicasa Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocato Lucio Perone, con domicilio digitale come da pec nei registri di giustizia;
e di Icaro onlus consorzio di cooperative sociali, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sezione quinta, n. 1710 del 2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio della Medicasa Italia s.p.a., di G consorzio di cooperative e dell’Azienda sanitaria locale Napoli 1 centro;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nell’udienza pubblica del 9 giugno 2022, il Cons. Pier Luigi Tomaiuoli e uditi per le parti gli Avvocati A T, A C, Lucio Perone e Filippo Brunetti.


FATTO e DIRITTO

1.- Il Centro fisiocinesiterapia S s.p.a (d’ora in avanti, S), in proprio e nella qualità di capogruppo della costituenda associazione temporanea d’imprese (d’ora in avanti Ati) in epigrafe indicata, impugnava innanzi al T Campania gli esiti della gara avente ad oggetto il «servizio integrato di cure domiciliari (SICUD) nei confronti degli utenti aventi diritto residenti nell’ambito dei Comuni di Napoli, Capri e Anacapri», indetta dall’Azienda sanitaria Napoli 1 centro (d’ora in avanti ASL), da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per un importo a base d’asta di € 35.490.698,42.

La ricorrente in primo grado si classificava seconda con un punteggio di 89,69 punti, mentre il costituendo raggruppamento d’imprese (d’ora in avanti, Rti o raggruppamento) tra G consorzio di cooperative sociali (d’ora in avanti, G), Icaro onlus consorzio di cooperative sociali e Medicasa Italia s.p.a. (d’ora in avanti, Medicasa) totalizzava il punteggio massimo di 100, aggiudicandosi la gara.

Con il ricorso innanzi al T Campania, S lamentava l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore del raggruppamento controinteressato per mancanza, in capo al consorzio mandatario G, dei requisiti di capacità tecnica previsti dalla lex di gara, nonché dei requisiti necessari ad eseguire le prestazioni in misura maggioritaria, in violazione dell’art. 83, comma 8, cod. contratti pubblici, nonché del punto 8.4. del disciplinare, mancanza che, sotto entrambi gli aspetti, avrebbe dovuto condurre all’esclusione del raggruppamento controinteressato;
lamentava, altresì, l’anomalia dell’offerta avversaria e l’illegittimità della procedura di verifica seguita dall’Amministrazione.

La società ricorrente formulava, inoltre, una domanda di risarcimento in forma specifica, mediante aggiudicazione dell’appalto e subingresso nel contratto eventualmente stipulato, e, in subordine, per equivalente monetario.

Con motivi aggiunti, essa faceva valere ulteriori vizi relativi all’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, in relazione a diversi aspetti del costo del lavoro.

Si costituivano i controinteressati G e Medicasa, nonché l’Amministrazione resistente, instando per la reiezione del ricorso avversario.

Con la sentenza in epigrafe indicata, il giudice di primo grado respingeva il ricorso e i motivi aggiunti e condannava la ricorrente a rifondere le spese di lite in favore dell’Asl e delle imprese controinteressate.

2.- Avverso tale decisione ha proposto appello S, lamentandone l’erroneità per le ragioni che si esamineranno dappresso.

Si sono costituiti i controinteressati G e Medicasa, e l’Asl, eccependo, il primo e la terza, l’inammissibilità dell’appello o di alcuni dei suoi motivi, per le ragioni che pure si illustreranno appresso, e, nel merito, instando per la reiezione del gravame e la conferma della decisione di primo grado.

3.- All’udienza del 9 giugno 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

4.- È pregiudiziale l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dall’Asl per difetto di specificità dei motivi, in violazione dell’art. 101 cod. proc. amm.

L’eccezione è infondata, poiché l’appellante ha analiticamente indicato e riportato le statuizioni del primo giudice oggetto di censura, ha diffusamente indicato le ragioni della sua critica ed ha ulteriormente riproposto e illustrato le tesi in fatto e in diritto a sostegno dell’impugnazione degli atti di gara.

5.- Pregiudiziale allo scrutinio dei primi due motivi di appello rivolti alle statuizioni del primo giudice relative alla mancata esclusione del raggruppamento aggiudicatario è poi l’eccezione, sollevata da G nel corso del giudizio, della loro improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.

Quest’ultimo deriverebbe dalla sopraggiunta sentenza della Corte di giustizia 28 aprile 2022, Caruter s.r.l., in C-642/2020, la quale ha dichiarato che «[l]’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale [n.d.r.: nel caso di specie, dell’art. 83, comma 8, cod. contratti pubblici] secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria».

Secondo G, dunque, quand’anche «il contratto di avvalimento fosse ritenuto nullo per genericità, comunque non ne potrebbe derivare l’esclusione del RTI, atteso che il requisito di capacità sarebbe comunque soddisfatto dal RTI nel suo complesso e, in fase rinnovatoria, la stazione appaltante sarebbe obbligata a disapplicare le previsioni di cui all’art. 83, comma 8, del Dlgs 50/2016 e, con esse, le previsioni del disciplinare di gara che ne fanno applicazione, ritenendo quindi comunque ammissibile l’offerta del RTI GESCO».

L’eccezione è infondata.

Non è necessario, in questa sede, prendere posizione sulla effettiva portata della sentenza della Corte di giustizia, aspetto, questo, su cui le parti hanno ampiamente discusso (e, in particolare, se essa riguardi solo l’esecuzione maggioritaria da parte della mandataria, come sembrerebbe desumersi dal contenuto della motivazione, o si estenda anche al possesso maggioritario dei requisiti, come chiaramente afferma il dispositivo).

Infatti, ad ostare, in sede di rinnovazione del procedimento, alla non applicazione della regola del possesso maggioritario del requisito in capo alla mandataria vi sarebbe, comunque, nel caso di specie, la mancata impugnazione della corrispondente espressa previsione del disciplinare di gara (punto 8.4), avente efficacia direttamente escludente e ormai consolidata (sulla stabilità degli atti amministrativi non impugnati anche in ipotesi di violazione del diritto comunitario, si vedano, tra le tante, Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 9 novembre 2021, nn. 17 e 18, punto 40).

6.- Con il primo motivo di appello, S censura la sentenza del primo giudice là dove ha ritenuto legittima la mancata esclusione del controinteressato dalla gara per mancanza del requisito previsto dall’art.

8.3 del disciplinare, che richiede, a pena di esclusione, una dichiarazione recante lo «[e]lenco delle principali forniture, oggetto dell’appalto effettuate negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi date e destinatari, pubblici o privati».

Errata, in particolare, sarebbe la statuizione del T Campania, secondo cui il requisito oggetto di avvalimento non riguarda le risorse umane e materiali necessarie per la prestazione del servizio oggetto di gara, ma il solo know-how e l’apparato organizzativo. Né sarebbe corretto ritenere, come sostenuto dal primo giudice, che le risorse umane necessarie per l’esecuzione del contratto possano essere rinvenute in un momento successivo, avvalendosi della clausola sociale.

Ancora, il contratto di avvalimento, necessario per dare la dimostrazione del requisito tecnico, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, sarebbe nullo per indeterminatezza, in violazione dell’art. 89, comma 1, cod. contratti pubblici, il quale richiederebbe l’indicazione, in maniera puntuale, del personale messo a disposizione, della sua adibizione alla corretta esecuzione del servizio o alla formazione e dei criteri per la quantificazione delle risorse e/o dei mezzi forniti.

Il motivo è infondato.

L’avvalimento per cui è causa riguarda, oltre a un requisito economico non oggetto di contestazione, il requisito tecnico sopra menzionato e relativo allo «[e]lenco delle principali forniture, oggetto dell’appalto effettuate negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi date e destinatari, pubblici o privati».

Per prestare tale requisito, l’ausiliaria mandante si è impegnata a fornire all’ausiliata mandataria «il proprio know how, il proprio apparato organizzativo (procedure di gestione dei servizi di assistenza sanitaria domiciliare integrata (ADI) e di assistenza domiciliare ad altissima intensità (ospedalizzazione domiciliare) ivi compreso il personale necessario», nonché «il connesso patrimonio esperienziale, le competenze acquisite nella gestione delle risorse umane (personale tecnico e loro interazione con i pazienti) e materiali (mezzi, beni, attrezzature utilizzate nell’ambito dell’attività), sistema web di memorizzazione, archiviazione e condivisione dei dati gestiti, software informatico e informativo di gestione dell’attività di assistenza domiciliare: flussi amministrativi, gestionali, clinici arredi per la centrale di coordinamento, linee telefoniche, fax, telefoni, personal computer e stampanti, strumenti di comunicazione a ciascun operatore per accedere ai dati dell’assistito al fine di gestire le attività domiciliari a livello amministrativo e sanitario, dispositivi di protezione individuale per i professionisti quali guanti, camici monouso, mascherine, calzari, occhialini e cuffia e, quando necessari, i DPI aggiuntivi per la prevenzione delle infezioni in base alla via di trasmissione;
in caso di necessità di automezzi a noleggio per i professionisti e per la logistica in relazione a tutta la durata dell’Appalto, compresa l’eventuale proroga».

Il Collegio condivide l’assunto di fondo del primo giudice, secondo cui l’oggetto dell’avvalimento deve essere interpretato alla luce del requisito che esso è dichiaratamente e logicamente volto a soddisfare.

Quest’ultimo, nel caso si specie, si risolve nell’avere prestato nel triennio precedente l’attività d’impresa oggetto di gara, avente ad oggetto la prestazione di attività di cure fisioterapiche a domicilio, senza peraltro che il bando indichi un importo minimo necessario.

Quello che il bando richiede, dunque, è un’esperienza triennale nel settore.

Coerentemente, l’oggetto dell’avvalimento è l’esperienza di gestione («il patrimonio esperenziale»), ossia le «competenze acquisite», il «know-how» e lo «apparato organizzativo» dell’ausiliaria, mentre il personale e i mezzi sono o l’ambito di esplicazione delle competenze trasferite («competenze acquisite nella gestione delle risorse umane […] e materiali») o ad esse strettamente funzionali («ivi compreso», quanto al personale).

Così ricostruito l’ambito oggettivo del requisito tecnico e del connesso avvalimento, quest’ultimo è sufficientemente specifico e idoneo a comprovare il prestito all’ausiliata della non contestata esperienza pluriennale dell’ausiliaria.

7.- Con il secondo motivo di appello, S si duole che il T Campania, in violazione dell’art. 89, comma 1, cod. contratti pubblici, abbia escluso la necessità che, in relazione al requisito esperenziale sopra detto, il contratto di avvalimento preveda un impegno diretto ed espresso dall’ausiliaria a prestare in proprio le prestazioni oggetto del servizio.

Anche questa statuizione del primo giudice, che si fonda sulla medesima considerazione sopra svolta - e cioè che oggetto del prestito non sia il personale qualificato ma l’esperienza triennale di gestione - è corretta.

Questo Consiglio ha più volte affermato (sezione quarta, sentenza 17 dicembre 2020, n. 8111;
sezione quinta, sentenza 26 aprile 2021, n. 3374;
sezione terza, sentenza 9 marzo 2020, 1704) che l’art. 89, comma 1, cod. appalti - nell’imporre in capo all’ausiliario l’esecuzione diretta dei lavori o dei servizi in caso di avvalimento relativo ai «criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f, o alle esperienze professionali pertinenti» - pone una norma di stretta interpretazione (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 24 febbraio 2022, n. 1308), perché restringe l’ambito di operatività dell’istituto tratteggiato al primo periodo della stessa disposizione, secondo cui, «[l]’operatore economico, singolo o in raggruppamento di cui all’articolo 45, per un determinato appalto, può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’articolo 83, comma 1, lettere b ) e c ), necessari per partecipare ad una procedura di gara, e, in ogni caso, con esclusione dei requisiti di cui all’articolo 80, nonché il possesso dei requisiti di qualificazione di cui all’articolo 84, avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche di partecipanti al raggruppamento, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi».

Nel caso di specie, pur avendo la gara ad oggetto la prestazione di assistenza domiciliare da svolgersi a mezzo di operatori in possesso di specifici titolo di studio (terapisti della riabilitazione, logopoedisti, infermieri e operatori socio sanitari), la lex specialis non ha posto quale requisito tecnico l’indicazione di tali titoli o l’esperienza professionale degli operatori, ma, come detto al punto che precede, l’esperienza dell’impresa nel settore.

8.- Restano da esaminare i motivi volti a censurare la sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto le doglianze incentrate sull’anomalia dell’offerta del raggruppamento aggiudicatario.

9.- Con il terzo motivo, l’appellante critica la decisione del primo giudice per non essersi pronunciata sulla censura di illegittimità degli atti impugnati per omessa motivazione, da parte del Rup, sulla verifica di congruità dell’offerta.

9.1.- Va in via pregiudiziale scrutinata l’eccezione di tardività del motivo, rimasta assorbita in primo grado, e riproposta da G.

Secondo quest’ultimo, la censura in esame sarebbe inammissibile, perché formulata con i motivi aggiunti in primo grado, mentre il ricorrente era già a conoscenza, sin dall’aggiudicazione, dell’operato del Rup.

L’eccezione è infondata, perché il motivo della mancata verifica del Rup sulla valutazione di congruità dell’offerta era già stato formulato nel ricorso in primo grado, sì che quello proposto nei motivi aggiunti nulla aggiunge - nella sostanza - alle censure già ritualmente introdotte, limitandosi piuttosto ad “attualizzarlo” rispetto alla documentazione prodotta in corso di causa dall’Amministrazione.

9.2.- Nel merito, il motivo è infondato.

E’ noto, infatti, che a dover essere specificamente e puntualmente motivata deve essere la valutazione di anomalia, non quella che, invece, la escluda (tra le tante, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 18 giugno 2021, n. 4712;
sezione terza, sentenza 18 gennaio 2021, n. 544), sicché è sufficiente il rinvio che il provvedimento di aggiudicazione fa alle valutazione positiva del Rup, all’esito della procedura di valutazione di anomalia dell’offerta, che si è dipanata in due richieste di giustificazioni, cui hanno fatto seguito gli articolati chiarimenti del controinteressato e la produzione di copiosa documentazione relativa alle statistiche aziendali.

10.- Con il quarto motivo, S censura la decisione di primo grado per non avere ritenuto l’incongruità dell’offerta, trincerandosi «dietro il principio di insindacabilità di singole voci di costo». Se il T avesse analizzato partitamente i rilievi svolti - aggiunge l’appellante - avrebbe ravvisato «l’insostenibilità dell’offerta avversaria».

Tali rilievi attengono: a ) al monte ore mediamente lavorate; b ) alle assenze per malattia, infortuni e maternità, al loro discostamento dalle tabelle ministeriali e alle statistiche aziendali prodotte dal Rti G.

In particolare, quanto al rilievo sub a ): il raggruppamento controinteressato avrebbe indicato un numero di ore lavorate, nel livello D2 IP (Infermieri), di 1.751 (e, dunque, 203 ore in più del corrispondente dato di 1548 previsto nella tabella ministeriale), in virtù di una riduzione del tasso di assenteismo passato da 428 ore, previsto dalle tabelle ministeriali, a 225 ore indicato da controparte;
e, nel livello C2 (Oss) di 1.604 (e, dunque, 56 ore in più del corrispondente dato di 1548 previsto in tabella), con una riduzione del tasso di assenteismo da 428 ore, previsto dalle tabelle ministeriali, a 372 ore.

Quanto al rilievo sub b ), la tabella ministeriale indicherebbe in 120 ore le assenze medie per malattia, infortuni e maternità, mentre il Rti G avrebbe indicato, per la medesima voce, zero (0) ore di assenza per il profilo D2 IP (infermieri) e 84 ore di assenza per il profilo C2 (Oss). G avrebbe giustificato tali dati, in sede procedimentale, sulla base della propria organizzazione del servizio, come emergerebbe dalle statistiche aziendali.

Considerando le statistiche aziendali di G fornite alla stazione appaltante in sede di chiarimenti e da quest’ultima prodotte in sede processuale, tuttavia, i dati reali sarebbero 90,53 ore annue di assenza per il profilo D2 (infermieri) e 84,24 ore annue per il profilo C2 (Oss).

Sarebbe quindi errata la decisione di primo grado, che avrebbe giustificato tali scostamenti, affermando che «il minor tasso di assenteismo trova supporto oltre che nelle statistiche aziendali anche in un’efficiente organizzazione del personale […] che consente di sopperire alle assenze dell’operatore non con la individuazione di sostituti quanto piuttosto con una diversa articolazione del lavoro dal medesimo operatore».

10.1.- Con il quinto motivo - strettamente connesso al precedente - l’appellante si duole che il T Campania non abbia accolto la censura volta a dimostrare l’anomalia dell’offerta del controinteressato in relazione al minor costo del lavoro asseritamente derivante dalla «decontribuzione Sud».

Osserva l’appellante che in sede procedimentale il raggruppamento G avrebbe dichiarato di beneficiare di una decontribuzione del 30 % in forza di quanto previsto dal d.l. n. 104 del 2020, che ha riconosciuto tale sgravio, a sostegno dell’occupazione, per i datori di lavoro che operano nel mezzogiorno.

Secondo S, tuttavia, non vi è alcuna certezza sull’applicazione di tale agevolazione per tutto il periodo di esecuzione dell’appalto, poiché essa sarebbe stata prorogata solo fino al 30 giugno 2022, in attesa dell’autorizzazione della Commissione europea.

In assenza di una disciplina che specifichi l’eventuale misura e il relativo ammontare anche per i periodi successivi, il calcolo del costo del lavoro stimato dall’aggiudicataria sarebbe quindi fondato su elementi ipotetici e incerti, in quanto tali inutilizzabili.

Sarebbe pertanto erronea la sentenza di primo grado, là dove ha affermato che, «in caso di mancata autorizzazione in sede europea, in ogni caso l’aggiudicataria potrebbe beneficiare di altre agevolazioni sotto forma di contributi de minimis (€ 200.000 nel triennio dell’affidamento 2022 - 2024) in favore delle cinque imprese esecutrici dell’appalto (Accaparlante, G, Mercurio d’oro, Medicasa ed Icaro), di talché in ogni caso l’aumentato costo del lavoro non inficerebbe la sostenibilità dell’offerta nel suo complesso».

10.2.- L’appellante ha poi dedotto che, correttamente conteggiato il costo del lavoro di G, facendo applicazione delle tabelle ministeriali e senza tenere conto dell’indebita decontribuzione oltre il 30 giugno 2022, la sua offerta sarebbe in perdita (il maggior costo di € 2.491.840,92 sarebbe di gran lunga superiore all’importo di € 1.940.000,00 indicato nell’offerta a titolo di spese generali e utile aziendale).

10.3.- La motivazione del primo giudice, su entrambi i motivi in esame, resiste alle censure dell’appellante.

Il T Campania ha premesso, in primo luogo, i principi che l’hanno guidato nell’esame delle censure, affermando che:

- «la procedura di valutazione dell’anomalia dell’offerta è volta all’accertamento sulla serietà, congruità ed attendibilità dell’offerta stessa nel suo complesso e costituisce espressione di un potere tecnico - discrezionale della stazione appaltante non sindacabile in sede di legittimità, a meno che le valutazioni siano immotivate o manifestamente illogiche, ovvero fondate sui errori di fatto o deficienze istruttorie, non potendo il giudice adito procedere ad una autonoma verifica della congruità

dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica Amministrazione»;

- «l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti, a dimostrazione della non anomalia della propria offerta, rientra nella discrezionalità tecnica, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi ed evidenti errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello della Pubblica Amministrazione»;

- «essendo lo scopo dell’indagine quello di accertare se in concreto l’offerta sia, nel suo complesso, attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica e non può pertanto concentrarsi esclusivamente ed in modo parcellizzato sulle singole voci di costo, non avendo per oggetto la ricerca di singole inesattezze dell’offerta»;

- «più specificamente, ai valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali, si è chiarito oramai che essi rappresentano un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, perciò l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima un giudizio di anomalia o di incongruità e occorre, perché possa dubitarsi della congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione globale e sintetica, espressione di un potere tecnico-discrezionale insindacabile salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza non renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2019, n. 5353)»;

- «la norma di cui all’art. 97, comma 5, lett. d) d.lgs. 50/16 prevede l’esclusione non già nel caso di violazione del costo del lavoro indicato nelle tabelle di cui al decreto ministeriale, ma soltanto per la violazione dei minimi salariali retributivi indicati nelle dette tabelle. Si tratta di una norma in linea con la giurisprudenza pregressa in materia di tabelle indicanti il costo del lavoro, la quale, da un lato, ha ammesso la derogabilità delle indicazioni risultanti dalle tabelle, qualora l’impresa fornisca idonea giustificazione, mentre, dall’altro lato, ha costantemente escluso la derogabilità dei minimi salariali previsti dalla contrattazione collettiva, precludendo la giustificazione delle relative violazioni».

Nel fare applicazione di tali principi al caso di specie e con specifico riferimento alle censure dell’appellante, il primo giudice ha poi osservato che:

- quanto, al monte ore mediamente lavorate, «le doglianze formulate, concernendo in definitiva singole voci di costo, che, in ragione di una particolare organizzazione aziendale nonché della compensazione tra sottostime e sovrastime, risultano non dirimenti rispetto all’obiettivo perseguito dalla ricorrente di dimostrare la complessiva antieconomicità e implausibilità dell’offerta aggiudicataria in relazione alla corretta e regolare esecuzione dell’appalto alle condizioni proposte, non essendo di per sé significative della prospettata anomalia»;

- «la riduzione del costo del personale mediante scostamento dai valori indicativi contenuti nelle tabelle ministeriali, infatti, non esclude la congruità dell’offerta ove l’aggiudicatario, in sede di giustificazioni, ne dimostri in concreto l’affidabilità e la sostenibilità, essendo chiaro che il costo del lavoro non è uguale per tutte le imprese che partecipano alla stessa procedura di gara, e che è ben possibile che un non eccessivo scostamento trovi adeguata giustificazione nella particolare efficienza dell’organizzazione aziendale oltre che nella possibilità per l’impresa di realizzare economie di scala e/o di fruire di sgravi contributivi, o altre condizioni di favore che consentono una riduzione dei costi del lavoro rispetto a quello di altro operatore pur in parità di ore lavorate»;

- «nel caso all’esame, il minor tasso di assenteismo trova supporto, oltre che nelle statistiche aziendali degli ultimi cinque anni, in un’efficiente organizzazione del personale, in relazione alle peculiari prestazioni oggetto di contratto, ex se comportanti un rapporto diretto, anche fiduciario, tra l’operatore e il paziente, che, anche secondo le plausibili valutazioni di conferma della S.A., consente di sopperire alle assenze dell’operatore, tenuto conto della peculiarità del servizio assistenziale svolto, non con la individuazione di sostituti (da cui scaturirebbe l’abbassamento delle ore medie lavorate di ciascun operatore/dipendente, secondo l’impostazione di parte ricorrente), quanto piuttosto con una diversa articolazione del lavoro del medesimo operatore»;

- «in sede di formulazione dell’offerta e di conseguente verifica della sua congruità, è consentito alle imprese tener conto della determinazione di un tasso di assenteismo reale, fondato sulla concreta esperienza lavorativa dell’impresa interessata, purché lo stesso rifletta l’organizzazione e le modalità di lavoro dell’impresa nella quale saranno inseriti ed alla quale dovranno comunque conformarsi anche i lavoratori provenienti dal precedente gestore. Va inoltre considerato che dalle giustificazioni offerte è emersa la possibilità di coprire eventuali diseconomie conseguenti ad un tasso di assenza maggiore di quello immaginato, da un lato, compensandole con le economie derivanti dalla diversificazione delle retribuzioni globali e dalle relative sovrastime (essendo state “livellate” verso l’alto alcune voci, come, ad esempio, gli scatti di anzianità, pur nella consapevolezza che i 5 scatti spetteranno, ad un minore numero di operatori, posto che la gran parte dei dipendenti del gestore uscente risultano assunti solo di recente) e, dall’altro, in ragione della previsione di un utile di impresa abbastanza ampio, in grado di coprire eventuali disarmonie»;

- «quanto inoltre alla contestata errata decontribuzione SUD di cui alla legge 178/2020, in disparte quanto rimarcato dalle difese resistenti circa l’impegno statale alla proroga fino al 31 dicembre 2029 (come peraltro già previsto dal comma 165 dell’art. 1, per cui “Dal 1° luglio 2021 al 31 dicembre 2029 l’agevolazione di cui al comma 161 è concessa previa adozione della decisione di autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e nel rispetto delle condizioni previste dalla normativa applicabile in materia di aiuti di Stato”), va in ogni caso dato atto della circostanza che, in caso di mancata autorizzazione in sede europea, […] l’aggiudicataria potrebbe beneficiare di altre agevolazioni, come peraltro ipotizzato dalla stessa ricorrente a pag. 27 del ricorso, sotto forma di contributi de minimis (€ 200.000 nel triennio dell’affidamento 2022 - 2024) in favore delle cinque imprese esecutrici dell’appalto (Accaparlante, G, Mercurio d’oro, Medicasa ed Icaro), di talché in ogni caso l’aumentato costo del lavoro non inficerebbe la sostenibilità dell’offerta nel suo complesso, tenuto conto dell’ampio margine di utile previsto, e considerato che nell’ambito delle procedure di gara pubbliche, in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, salvo il caso in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è dato stabilire una soglia di utile al di sotto della quale l’offerta debba considerarsi anomala (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 22 marzo 2021, n. 2437)».

Le osservazioni e le conclusioni raggiunte dal primo giudice sono condivisibili.

Risultano dirimenti, in particolare, le seguenti considerazioni: il discostamento delle tabelle ministeriali sul costo del lavoro, di per sé, non è indice di incongruità dell’offerta, a meno che la discordanza non sia considerevole e palesemente ingiustificata;
in ogni caso, anche in ipotesi di discordanza considerevole, la valutazione sull’anomalia dell’offerta è comunque frutto di un giudizio tecnico discrezionale, globale e sintetico, sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta;
la formulazione di un’offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e dunque su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità ed è sufficiente che tali stime si mostrino ragionevoli ed attendibili (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenze 25 maggio 2022, n. 4191, e 8 giugno 2018, n. 3480);
l’amministrazione non deve fornire, in sede procedimentale, una valutazione specifica sul giudizio di non anomalia;
l’onere della prova dell’anomalia dell’offerta, nei termini appena esposti, grava, invece, su chi intenda farla valere in giudizio (tra le tante, Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenze 19 aprile 2021, n. 3167, e 30 novembre 2020, n. 7554;
sezione quarta, sentenza 4 giugno 2020, n. 3528).

Nel caso di specie, tale prova non può dirsi fornita, alla luce dei seguenti rilievi:

- la giustificazione del discostamento dalle tabelle ministeriali sulla base delle statistiche aziendali è stata valutata in sede d’istruttoria dall’Amministrazione, come dimostrano sia il concreto svolgimento del subprocedimento (che si è articolato in due richieste di chiarimenti e di produzione di documenti, cui hanno fatto seguito le articolate e documentate spiegazioni del controinteressato), sia il richiamo nel provvedimento di aggiudicazione alla necessità di una valutazione globale dell’offerta, sia, infine, l’articolata difesa, svolta anche nel presente grado di giudizio, che ha analiticamente illustrato i conteggi operati sulla base delle statistiche aziendali (si vedano le pagine da 12 a 15 della memoria depositata in vista dell’udienza del 9 giugno 2022);

- dai conteggi sopra detti, non oggetto di specifica contestazione, emerge la permanenza di un significativo utile aziendale;
è vero che l’appellante esclude, per contro, la sussistenza di quell’utile, ma ciò fa sulla base di conteggi che partono dalle tabelle ministeriali e non dai dati e dalle statistiche aziendali prodotti in sede procedimentale e correttamente utilizzati dall’Amministrazione;

- la previsione per legge della «decontribuzione Sud» sino al 2029, per quanto subordinata, dopo il 30 giugno 2022, al via libera della Commissione europea, è sufficiente a giustificare una ragionevole e attendibile programmazione imprenditoriale che faccia leva su di essa (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 25 maggio 2022, n. 4191;
T Lazio, sede di Roma, sezione prima, sentenza 22 febbraio 2022, n. 2094) o, in via subordinata, sugli aiuti de minimis , per come ipotizzato dalla stessa appellante nel ricorso in primo grado, nel tentativo di fornire in giudizio la prova, su di essa gravante, dell’anomalia dell’offerta.

14.- Conclusivamente, l’appello deve essere respinto e la sentenza di primo grado deve essere confermata.

15.- Le spese di lite seguono la soccombenza dell’appellante nei confronti dell’Amministrazione resistente e del raggruppamento controinteressato, e si liquidano come da dispositivo;
vanno compensate, invece, nei rapporti con la controinteressata Medicasa, stante la sua presenza nel raggruppamento temporaneo con G.

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