Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-04-20, n. 202002533
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Pubblicato il 20/04/2020
N. 02533/2020REG.PROV.COLL.
N. 10661/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 10661 del 2014, proposto da
Comune di Pineto, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato L C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gabriele Maria D’Alesio in Roma, via Sabotino, 17/A;
contro
Hotel Saint Tropez s.n.c., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato B S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Alessandria, 129;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo (sezione prima) n. 548/2014, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Hotel Saint Tropez s.n.c.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 27 febbraio 2020 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Gabriele Maria D’Alesio, su delega dell’avv. L C, e B S;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 548/2014 della prima sezione il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo accoglieva il ricorso proposto da Hotel Saint Tropez s.n.c., esercente attività alberghiera nel Comune di Pineto, avverso la delibera consiliare con il quale il Comune aveva determinato le tariffe della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni-TARSU per l’anno 2008, di cui al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 ( Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale ), artt. 65 ( Commisurazione e tariffe ) e 68 ( Regolamenti );annullava, per l’effetto, il provvedimento impugnato;condannava il Comune al pagamento delle spese di giudizio.
Nel giungere alla predetta conclusione demolitoria il primo giudice, in accoglimento di una delle censure svolte dalla società, rilevava che il provvedimento, a fronte dell’art. 68, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 507 del 1993, che assimila in via di massima la capacità produttiva di rifiuti degli esercizi alberghieri a quella delle abitazioni civili, salvo che non si riscontrino al suo interno aree aperte al pubblico, per le quali potrebbe ipotizzarsi la riconducibilità, pro parte , a una diversa categoria tariffaria (quella delle aree aperte al pubblico), osservava che l’Amministrazione non aveva “ motivato la scelta compiuta di tassare in misura quasi tripla gli esercizi alberghieri rispetto alle civili abitazioni benché, come detto, la normativa di riferimento li includesse in un’unica categoria, e senza alcuna argomentazione, sorretta da previa attività di accertamento, ha scaricato sulle utenze non domestiche costi che proporzionalmente finiscono per incidere in maniera abnorme sul loro volume di affari senza che sia dimostrata la maggiore capacità di queste di produrre rifiuti, che è l’unico criterio normativamente previsto per la differenziazione delle tariffe ”.
Il Comune di Pineto ha appellato la predetta sentenza. Ha dedotto in via principale quattro motivi così titolati: 1) Relativamente alla presunta violazione dell’art. 32, lett. g), del d.lgs. n. 507 del 1993;2) Sulla dedotta violazione o falsa applicazione della direttiva comunitaria n. 75/442/CEE e dell’art. 68 del d.lgs. n. 507/1993, disparità di trattamento;3) Sulla presunta violazione dell’art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993, in relazione all’art. 3 della l. n. 214 del 1990;4) Eccesso di potere per illogicità manifesta. In via subordinata, ha eccepito l’ ultra petitum della sentenza e comunque la carenza di motivazione. Ha domandato l’annullamento della sentenza impugnata e in via gradata la sua riforma, mediante la circoscrizione della sua portata demolitoria alla sola parte della delibera che ha determinato le tariffe degli esercizi alberghieri.
La originaria ricorrente si è costituita in resistenza, eccependo questioni di rito e di merito e concludendo per la reiezione dell’appello, di cui ha sostenuto l’infondatezza.
L’appellante ha affidato a memoria lo sviluppo delle proprie tesi difensive e la confutazione di quelle avverse.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 27 febbraio 2020.
DIRITTO
1. L’appello è infondato.
Le questioni preliminari spiegate dalla parte resistente possono pertanto essere assorbite.
2. Per la disamina del primo mezzo è necessario premettere che con l’atto introduttivo del giudizio l’odierna appellata Hotel Saint Tropez s.n.c. aveva sostenuto, tra altro, l’illegittimità del provvedimento con cui il Comune di Pineto ha determinato le tariffe della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni-TARSU per l’anno 2008, perché tardivo rispetto al termine previsto dall’art. 1, comma 169, della l. 27 dicembre 2006, n. 296 [ Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) ].
Il primo giudice osservava sul punto che la norma in questione prevede che gli enti locali determinino le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza “ entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione ”, soggiungendo che “ dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell’esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento ”, sicchè la violazione del predetto termine non refluiva nell’illegittimità dell’atto, attenendo solo all’efficacia temporale delle tariffe.
Il motivo di ricorso in questione, quindi, ancorchè in carenza di una espressa statuizione di rigetto, non ha trovato favorevole considerazione.
2.1. A questo punto può essere rilevato che con il mezzo in esame l’appellante Comune si propone di confutare, ancorchè in maniera estremamente sintetica, l’ipotesi di tardività del provvedimento, e a tal fine ribadisce la conclusione del primo giudice, rimarcando che “[…] il Tar ha statuito, sul punto, che l’eventuale violazione di tale termine non produce l’illegittimità ex se dell’atto determinativo, ma incide solo sull’efficacia temporale delle stabilite aliquote e tariffe ”.
Nel processo amministrativo i mezzi di impugnazione soggiacciono alle stesse condizioni (titolo;interesse ad agire;legittimazione) cui è subordinata l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo (Cons. Stato, V, 27 dicembre 2013, n. 6256): l’appello deve pertanto manifestare la lesione concreta e attuale della parte che agisce in giudizio e la possibilità di questa di trarre una effettiva utilità dall’eventuale buon esito dell’azione, che sono registrabili solo a fronte della soccombenza, anche parziale, subita nel giudizio di primo grado, da intendersi in senso sostanziale e non formale (Cons. Stato, V, 4 ottobre 2019, n. 6689;III, 7 luglio 2014, n. 3441;IV, 6 agosto 2013, n. 4132).
2.2. Vale quindi osservare che la censura di tardività dell’atto impugnato è stata integralmente respinta dal primo giudice: sicchè il Comune, che sul punto non è soccombente, è carente di interesse a tornare sulla questione già delibata in suo favore.
3. Il secondo, il terzo e il quarto mezzo possono essere congiuntamente esaminati.
Con il secondo mezzo espone il Comune che l’art. 65, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993 stabilisce che le tariffe dell’imposizione tributaria de qua per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dai comuni secondo il rapporto di copertura del costo, e che l’art. 68, comma 1, lett. a), dello stesso decreto legislativo prevede che i relativi regolamenti comunali devono contenere “ la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria ”;evidenzia quindi che l’assimilazione delle categorie di cui all’art. 68, comma 2, lett. c), (“ locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri ”), non è tassativa, potendo l’amministrazione comunale stabilire una differenziazione tra esercizi alberghieri e residenze civili, in relazione alla loro capacità produttiva di rifiuti, come ha fatto il regolamento impugnato. Il Comune ritiene pertanto che la sentenza gravata sarebbe erronea sotto il duplice profilo di non aver considerato la predetta possibilità di differenziazione e di aver stigmatizzato al riguardo la carenza di motivazione del provvedimento, che, in quanto atto generale, è sottratto al relativo obbligo, come più volte riconosciuto dalla giurisprudenza.
Con il terzo mezzo ribadisce il Comune che la gravata delibera, quale atto a contenuto generale, è sottratto all’obbligo di motivazione, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della l. 7 agosto 1990, n. 241.
Infine, con il quarto mezzo, il Comune afferma, in ragione di quanto sopra, l’illogicità della sentenza impugnata e per converso la legittimità della propria delibera.
3.1. Le predette argomentazioni non possono essere favorevolmente valutate.
3.2. Giova rammentare che il d.lgs. n. 507 del 1993, per quel che qui rileva:
- all’art. 58 istituisce che i comuni devono istituire una tassa annuale – poi soppressa – per il servizio relativo allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, da disciplinare con apposito regolamento ed applicare in base a tariffa, con l’osservanza delle prescrizioni e dei criteri previsti;
- all’art. 65, prevede che “ la tassa può essere commisurata o in base alla quantità e qualità medie ordinarie per unità di superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi sono destinati, e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento ” (comma 1), e che le tariffe devono essere “ determinate dal Comune secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti ” (comma 2);
- all’art. 68 prescrive che il regolamento comunale deve contenere, tra altro, “ la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria ” e “ le modalità di applicazione dei parametri di cui all’art. 65 ” [comma 1, lett. a) e b)], e che “ l’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione: […] c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri ” (comma 2);
- all’art. 69 dispone che “1. Entro il 31 ottobre i comuni deliberano, in base alla classificazione ed ai criteri di graduazione contenuti nel regolamento, le tariffe per unità di superficie dei locali ed aree compresi nelle singole categorie o sottocategorie, da applicare nell’anno successivo. In caso di mancata deliberazione nel termine suddetto si intendono prorogate le tariffe approvate per l’anno in corso. 2. Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3 .” (fattispecie quest’ultima di dissesto dichiarato).
3.3. Sulla scorta del chiaro tenore dell’art. 68, comma 2, è pacifico in giurisprudenza che è legittima la scelta dei comuni, ai fini della determinazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, di differenziare le categorie che la stessa norma individua come omogenee;si ritiene altresì la non configurabilità a carico del regolamento di un obbligo di motivazione della differenziazione, al pari di ogni atto amministrativo a contenuto generale o collettivo (da ultimo, Cass. civ., V, ordinanza 6 agosto 2019, n. 20966).
3.4. Tuttavia il richiamo da parte del Comune appellante a tali arresti giurisprudenziali non è sufficiente a condurre alla riforma della sentenza appellata.
3.4. Non è contestabile che – come del resto rilevato pure dal primo giudice – l’inclusione ai fini della fissazione delle tariffe per cui è causa delle abitazioni civili e degli alberghi nella stessa categoria omogenea di cui all’art. 68, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 507 del 1993, costituisce una mera presunzione legale, da cui l’amministrazione comunale ben può discostarsi nell’atto determinativo del quantum del prelievo fiscale di sua competenza.
E’ peraltro parimenti incontestabile che l’art. 65, comma 2, d.lgs. n. 507 del 1993, “ dispone la determinazione delle tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, definendo tali tariffe per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti e l’art. 69, comma 2, stabilisce che la stessa deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio in base alla loro classificazione economica e le ragioni che hanno determinato eventuali aumenti ” mediante un atto “ che costituisce esercizio del potere da parte dell’ente locale per l’anno preso in considerazione ” (Cons. Stato, V, 1° agosto 2015, n. 3781).
Sicchè, in tale contesto, non si tratta di stabilire, come sembra ritenere il Comune, se la presunzione legale iuris tantum di cui all’art. 68, comma 2, lett. c), possa essere vinta – il che, come detto, è pacifico – ma, piuttosto, di valutare, come richiede la tipologia cui appartiene la presunzione, la sussistenza di quella prova contraria che legittima il suo superamento (Cass. civ., Sez. trib., 24 luglio 2009, n. 17365;Cass. civ., Sez. lav., 27 novembre 1999, n. 13291), che è rappresentata, nel caso specifico, dalla dimostrazione della correttezza dei rapporti “matematici” tra le tariffe stabilite dal Comune, ai sensi del ridetto art. 69, comma 2.
In altre parole, l’evidenza “ che la produzione di rifiuti di un albergo nel suo complesso è maggiore di quella delle case di abitazione ” (così Cons. Stato, V, n. 3781/2015, cit.;sul punto anche, di recente, Cass. civ., Sez. trib., 3 dicembre 2019, n. 31461), nulla dice in ordine alla misura alla quale va ragguagliato il maggior prelievo che ne deriva;restano pertanto del tutto oscure anche in questa sede, come già in primo grado, le ragioni e i sottesi calcoli che hanno indotto il Comune appellante, nel disporre la tassazione in maniera diversa degli esercizi alberghieri rispetto alle civili abitazioni, di determinare al riguardo una tariffa in misura pressochè tripla (€ 4,56 per mq contro € 1,61 per mq).
E non si tratta di una mera carenza motivazionale, bensì del riflesso della sottesa carenza istruttoria, elemento essenziale per verificare la conformità delle scelte operate dall’Amministrazione nell’esercizio del potere di cui si discute ai criteri indicati dalla legge istitutiva del prelievo fiscale, che è ciò che la sentenza appellata, senza incorrere in alcuna menda logica, ha stigmatizzato, rilevando che la differenziazione era avvenuta “ senza alcuna argomentazione, sorretta da previa attività di accertamento ”.
3.6. I mezzi in esame devono pertanto essere respinti.
4. E’, infine, infondata e va respinta l’ultima censura, formulata in via subordinata, con la quale il Comune afferma che la sentenza appellata è viziata per ultra petitum , non avendo circoscritto la sua portata demolitoria alla sola parte della delibera impugnata che ha determinato le tariffe degli esercizi alberghieri.
A tanto concorrono due ordini di ragioni.
In linea generale, la giurisdizione amministrativa rientra nel novero delle giurisdizioni di diritto soggettivo, ossia presuppone che il ricorrente agisca a tutela di una posizione soggettiva che sia meritevole di tutela secondo l’ordinamento e non alla cura di un indifferenziato interesse pubblico (Cons. Stato, VI, 13 giugno 2018, n. 3641;V, 5 novembre 2014, n. 5475): per cui l’effetto demolitorio della sentenza di accoglimento del giudice amministrativo si rapporta di suo ai limiti dell’interesse soggettivo azionato in giudizio, cioè non travolge le parti del provvedimento impugnato non attinte dalle specifiche censure accolte.
Inoltre, non vi sono i presupposti per ritenere che l’annullamento disposto nella fattispecie abbia quella eccezionale efficacia erga omnes che la giurisprudenza riconduce alla statuizione demolitoria giudiziale degli atti regolamentari e degli atti amministrativi a contenuto generale, categoria quest’ultima cui appartiene la delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 65 (Cass., V, n. 31461 del 2019, cit.;15 marzo 2019, n. 7437; 26 marzo 2014, n. 7044;22 ottobre 2006, n. 22804);essa presuppone infatti il carattere inscindibile del suo contenuto, nel senso della unitarietà della struttura e della ontologica indivisibilità (tra altre, di recente, Cons. Stato, Ad, plen. n. 11 del 2017;III, 22 luglio 2016, n. 3307;IV, 4 aprile 2018, n. 2097;VI, 17 luglio 2019, n. 5028 e 4 giugno 2018, n. 3376;Cass. civ., sez. lav., 6 agosto 2019, n. 21000). Esso nella specie non sussiste: la diversità di regime delle singole categorie considerate ai fini della tassazione non permette di predicare che l’illegittimità di uno di essi refluisca nell’illegittimità di quelli ulteriori, sicchè il vizio specificamente accertato non è sususcettibile di inficiare il contenuto dell’atto indivisibile per tutti i destinatari, ovvero, in altri termini di attestare l’impossibilità della permanenza del residuo nell’ordinamento vigente.
5. Per tutto quanto precede, l’appello deve essere respinto.
Il Collegio ravvisa giusti motivi, stante la peculiarità della controversia, per compensare tra le parti le spese del giudizio del grado.