Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-01-10, n. 202300301

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-01-10, n. 202300301
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300301
Data del deposito : 10 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/01/2023

N. 00301/2023REG.PROV.COLL.

N. 03350/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3350 del 2016, proposto da
S.R.L. Ferrovie Appulo Lucane, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C P C, con domicilio eletto presso lo studio Regione Puglia Delegazione, in Roma, via Barberini n. 36;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 00022/2016, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 18 ottobre 2022 il Cons. A F e udito per le parti l’avvocato Miccoli Stefania, in collegamento da remoto.

Ai sensi dell’art. 87, comma 4- bis c.p.a. e dell’art. 13- quater disp. att. c.p.a. (articolo aggiunto dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113), preso atto del deposito delle note di passaggio in decisione, è data la presenza dell'avvocato Capobianco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.La società Ferrovie Appulo Lucane s.r.l. (in seguito anche Ferrovie Appulo Lucane) con atto di intimazione e diffida, notificato il 28.12.2007, chiedeva alla Regione Puglia la revisione del prezzo del contratto-ponte del 20.3.2001, avente ad oggetto l’erogazione del servizio di trasporto pubblico ferroviario sulle linee Bari-Altamura e Altamura – Gravina e dei servizi di trasporto automobilistico sulle autolinee oggetto dei trasferimenti dallo Stato alla Regione, nonché la corresponsione della somma di euro 5.836.417,10, a titolo di indicizzazione dei contributi di esercizio spettanti per gli anni 2001-2002-2003-2004-2005 e 2006, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

2.Con nota prot. 26/70/SIT del 28.1.2008 il Dirigente del Settore regionale Integrato Trasporti riscontrava tale diffida e invitava la società a soprassedere dall’avviare qualsiasi azione giudiziaria, nei confronti della Regione Puglia, essendo prossima l’attuazione, da parte di quest’ultima, delle disposizioni della legge finanziaria 2008, in materia di indicizzazione dei corrispettivi dei contratti ponte e di servizio a decorrere dal 1.1.2002.

3.Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, la società Ferrovie Appulo Lucane impugnava la suddetta nota, chiedendone l’annullamento, per avere la Regione negato il riconoscimento della revisione del prezzo contrattuale con riferimento agli anni 2001-2006 e, dunque, la automatica operatività dell’art. 6 della legge n. 537 del 1993 e succ. modif.. La ricorrente chiedeva anche l’annullamento e/o la declaratoria di nullità delle norme contrattuali che escludevano la revisione (comma 5 dell’art. 5 del ‘contratto ponte’), nonché l’accertamento della fondatezza della pretesa e del relativo diritto, con conseguente condanna della Regione Puglia al pagamento della somma di euro 5.836,417,10, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Con successiva memoria, Ferrovie Appulo Lucane, reiterando la richiesta di pagamento, aggiornava la somma alla data del 31.12.2008 includendo l’anno 2008, per un importo complessivo di euro 7.741,313,57.

4. Il T.A.R. per la Puglia, con sentenza n. 22 del 2016, respingeva il ricorso, assumendo che la previsione della obbligatoria inserzione della clausola di revisione periodica del prezzo riguardava esclusivamente il contratto di appalto, non già il contratto accessivo ad una concessione di pubblico servizio, quale era quella oggetto del giudizio, per il quale vigeva l’opposto principio della normale invariabilità del canone concessorio.

Secondo il giudicante, l’istituto della revisione prezzi non trovava conferma né nella normativa nazionale di settore, che all'art. 19 d.lgs. 422 del 1997 non lasciava ingresso all'automatico inserimento della clausola di revisione del prezzo prevedendo la mera "possibilità" di tale previsione;
né nella normativa regionale che, all' art. 18 della L.R. 18/2002, precludeva incrementi annuali in riferimento al tasso di inflazione per i contratti relativi ai servizi di cui agli artt. 8 e 9 D.lgs. 422/97 (disposizione poi, abrogata dall'art. 24 L.R. 10/2009). Il Collegio precisava l’irrilevanza della questione di costituzionalità proposta in riferimento agli artt. 30, 115 e 244 D.lgs. 163/2006 al fine di contestare l'eccezione regionale che affermava l'inapplicabilità della revisione.

5.Con atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, la società Ferrovie Appulo Lucane s.r.l. ha impugnato la suddetta pronuncia, invocandone l'integrale riforma, e denunciando: “1. Error in iudicando: erronea preclusione all'inserimento della clausola revisionale nel contratto-ponte sottoscritto da FAL;

2. Omessa valutazione degli elementi tipici del contratto;

3. Inconferenza del richiamato precedente del Consiglio di Stato 1755/2015;

4. Omessa valutazione del precedente del Consiglio di Stato n. 5954/2010;

5. Omessa e carente motivazione. Illogicità manifesta;6.- Error in iudicando: errata interpretazione dell'art. 19 D.Igs. 422/97 e delle norme regionali sulla presunta preclusione al riconoscimento della revisione ISTAT. Illogicità manifesta.”

Ai fini istruttori, l’appellante ha proposto richiesta di espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, per la determinazione degli importi richiesti, riproponendo, per completezza, le censure articolate nel giudizio di primo grado, anche quelle afferenti la quantificazione della domanda di riconoscimento delle somme richieste in primo grado.

6. Si è costituita la Regione Puglia, chiedendo il rigetto dell’appello.

6.1. Le parti, con memorie, hanno articolato in maniera più approfondita le proprie difese.

7. All’udienza straordinaria del 18 ottobre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

8. Con i primi cinque motivi, l’appellante lamenta l’erronea statuizione della sentenza impugnata che avrebbe precluso l’inserimento della clausola revisionale nel contratto-ponte sottoscritto con la Regione Puglia. Il giudice avrebbe omesso di valutare gli elementi tipici del contratto, effettuando un inconferente richiamo al precedente del Consiglio di Stato n. 1755 del 2015, ed omettendo, invece, di tenere conto di altro indirizzo giurisprudenziale espresso con sentenza del 2010 n. 5954 del Consiglio di Stato, riferita ad un caso identico a quello esaminato, così incorrendo in una omessa e carente motivazione della decisione.

Con il sesto motivo, l’appellante denuncia l’errata interpretazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 422 del 1997, e delle norme regionali, sulla presunta preclusione al riconoscimento della revisione ISTAT. Quest’ultima disposizione si riferirebbe al contenuto del contratto di servizio che sarebbe stato sottoscritto a seguito dell’avvio delle gare pubbliche, e non certamente ai contratti-ponte, che rimarrebbero attratti, in assenza di una previsione specifica, alla generale disciplina previgente dei contratti. L’appellante, per ragioni di completezza, ha riproposto in appello le censure illustrate con il giudizio di primo grado e reiterato la richiesta del pagamento delle somme, come indicate nelle memorie di merito di primo grado.

9. I primi cinque motivi di gravame, in quanto logicamente connessi, vanno trattati congiuntamente.

L’appellante, deducendo vari profili di illegittimità della sentenza impugnata, sostanzialmente denuncia l’erronea esclusione dell'applicabilità dell’istituto della revisione prezzi, ai sensi dell’art. 6 della l. n. 537 del 1993, al contratto-ponte sottoscritto con la Regione Puglia nel 2001.

La ricorrente argomenta che, in merito alla qualificazione contrattuale del rapporto concessorio, oggetto di ampie deduzioni nelle memorie e nelle repliche proposte in primo grado, il Tribunale amministrativo non avrebbe disposto nulla, limitandosi a richiamare per relationem un principio che sarebbe stato già enunciato in un proprio precedente del 2011, confermato dal Consiglio di Stato con decisione del 2013, anche se quest’ultimo contenzioso si riferirebbe a fattispecie differente da quella in esame.

I giudici di prima istanza avrebbero, pertanto, errato sia nel ritenere applicabile al caso di specie il principio formulato dal Consiglio di Stato con riferimento all’art. 115 del Codice degli appalti, sia nel richiamare a fondamento della propria decisione la sentenza de qua riferita ad altra disposizione normativa. La società precisa che il comma 2 dell’art. 6 della legge cit., in riferimento al divieto di rinnovazione automatica, attesterebbe che la norma in esame si applica anche ai contratti ‘per la fornitura di beni e servizi’ precisando ‘ivi compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi’. La suddetta disposizione non farebbe alcuna distinzione tra contratto e concessione, ma addirittura specificherebbe che la revisione obbligatoria è prevista per ‘tutti’ i contratti (o le forme di regolamentazione dei rapporti) che hanno ad oggetto una prestazione nei confronti di una pubblica amministrazione caratterizzata da continuità e periodicità, come nel caso di specie.

Assume, pertanto, che, considerato il complessivo impianto negoziale ed in ragione della natura di contratto di durata, l'istituto della revisione sarebbe di indubitabile applicazione.

9.1. Le censure non sono fondate.

9.2. In ottemperanza al d.lgs. n. 422 del 1997 e alla L.R. n. 19 del 1999, la Regione Puglia ha stipulato in data 20.3.2001 con la società Ferrovie Appulo Lucane s.r.l. un contratto-ponte di servizio che ha regolamentato in modo continuativo l’erogazione del servizio ferroviario per il periodo oggetto di causa dal 2001 al 2007.

L’appellante deduce negli atti difensivi che il rapporto tra la società Ferrovie Appulo Lucane e la Regione Puglia è ‘certamente’ di ‘concessione’ e, quindi, tale rapporto è regolato dai contratti che costituiscono unica fonte di determinazione degli obblighi delle parti e delle loro prestazioni corrispettive. Secondo l’esponente, atteso che l’art. 6 l. 537 del 1993 statuisce, al comma 4, che ‘ Tutti i contratti ad esecuzione periodica e continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo ’, anche il contratto in esame soggiace alla suddetta disposizione.

A sostegno dell’assunto si argomenta che l’art. 6 della legge n. 537 cit. non farebbe alcuna distinzione tra tipologie di contratto, ma si limiterebbe solo a specificare che il contratto in esame deve riguardare una prestazione periodica e continuativa di beni e servizi.

9.3. Il Collegio non condivide tale approdo argomentativo.

L’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall’art. 44 della Legge 724 del 1994 – abrogato dal d.lgs. n. 163 del 2006 – applicabile ‘ ratione temporis ’ disponeva al comma 4 che: “ Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuata debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui al comma 6”.

La suddetta disposizione non è applicabile alla fattispecie.

Il principio della obbligatorietà della clausola di revisione prezzi è stato previsto dalla norma, testualmente, per i contratti ad esecuzione continuativa e periodica, e non per le concessioni come quelle in esame.

Nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, l’esecuzione ha luogo per coppie di prestazioni da eseguirsi contestualmente e con funzione corrispettiva (Cass. n. 4225/2022).

Nel caso della concessione di servizi, invece, la prestazione a carico del concedente avviene con l’atto concessorio, che rappresenta esso stesso il corrispettivo a favore di quest’ultimo. Invero, la concessione di servizi viene definita un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo.

L’istituto della revisione prezzi ha la finalità, da una parte, di salvaguardare l’interesse pubblico a che la prestazione a favore della pubblica amministrazione non sia esposta, nel tempo, al rischio di una diminuzione qualitativa a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta e della conseguente incapacità del contraente di farvi compiutamente fronte, nonché, dall’altra, di tutelare l’interesse dell’operatore economico a non subire un’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente all’aumento imprevedibile dei costi tali da indurlo, durante la durata contrattuale, ad una possibile riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni erogate (Cons. Stato 16.6.2020, n. 3873).

Nella specie, il contratto stipulato dalle Ferrovie Appulo Lucane è un contratto accessivo ad una concessione di pubblico servizio.

L’assunto interpretativo dell’accordo negoziale non è smentito nemmeno da parte appellante, che asserisce: “ non è oggetto di contestazione la circostanza che il rapporto oggetto di esame sia di tipo concessorio (come ammesso anche nel ricorso in appello) si evidenzia che la tesi avversaria non soltanto è del tutto infondata ma è palesemente contrastante con le definizioni di concessione di servizi fornite sia dalle norme comunitarie che da quelle statali in tema di affidamento di servizi pubblici.

Ciò premesso, va rammentato che il rapporto di concessione di pubblico servizio si distingue dall’appalto di servizi per l’assunzione, da parte del concessionario, del rischio di domanda, nel senso che mentre l’appalto ha struttura bifasica tra appaltante ed appaltatore ed il compenso di quest’ultimo grava interamente sull’appaltante, nella concessione, connotata da una dimensione triadica, il concessionario ha rapporti negoziali diretti con l’utenza finale, dalla cui richiesta di servizi trae la propria remunerazione. Ne consegue che nella concessione di servizi il rischio di ‘impresa’ grava sul concessionario. Infatti, secondo i recenti arresti della giurisprudenza amministrativa, il proprium dello strumento concessorio per l’affidamento dei servizi è fondato sul dato economico, ovvero il trasferimento del rischio imprenditoriale sul concessionario privato. E tale ‘trasferimento del rischio’ si realizza mediante un contratto di diritto privato che ha comunque struttura sinallagmatica e onerosa. Il fatto che la prestazione non sia erogata a favore dell’amministrazione bensì a favore della collettività non sembra poter incidere sulla natura contrattuale della concessione, posto che mediante lo schema del contratto a favore di terzi sarebbe comunque possibile dare ‘veste giuridica’ alla trilateralità che caratterizza il rapporto concessorio.

Essendo, pertanto, insito nel meccanismo causale della concessione che la fluttuazione della domanda del servizio costituisca un rischio traslato in capo al concessionario (anzi costituisca il rischio principale assunto dal concessionario), affinchè possa farsi luogo a una revisione dei profili economici concordati con il concedente è necessaria la comprovata ricorrenza di eventi eccezionali e straordinari, oggettivamente esterni ed estranei al funzionamento del mercato di settore (Cons. Stato, sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3653).

Pur dovendosi riconoscere una struttura privatistica al rapporto concessorio, va precisato che la definizione contrattualistica della concessione di servizi non incide sulla natura pubblicista dell’istituto e sul potere del concedente di intervenire anche unilateralmente sul rapporto. Il rapporto giuridico concessorio è, infatti, soggetto alle norme privatistiche in materia di contratti soltanto nella misura in cui le stesse siano compatibili con le norme pubblicistiche che garantiscono il perseguimento del pubblico interesse e, quindi, la ‘funzionalizzazione del rapporto in chiave pubblicistica’.

Il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale espresso da questa Sezione con sentenza 27 marzo 2013, n. 1755, in fattispecie analoga, con il quale si è escluso che l’art. 6, comma 4, legge n. 547 del 1993, successivamente confluito nella previsione normativa di cui all’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006 (obbligo di revisione periodica del prezzo), possa trovare applicazione anche in riferimento a contratti diversi da quello di appalto, quale nella fattispecie un contratto di concessione di pubblico servizio. La disposizione in commento, infatti, si applica esclusivamente nei confronti del contratto di appalto e, quindi, non anche del contratto accessivo ad una concessione di pubblico servizio, per il quale – considerato il complessivo impianto negoziale e la natura di contratto di durata – l’istituto della revisione periodica del prezzo è di dubbia applicazione.

Le concessioni di servizi sono soggette alla normativa di cui al d.lgs. n. 163/2006 solo negli stretti limiti da essa specificati, per la quale vige l’opposto principio della normale invariabilità del canone, proprio in ragione della ‘funzionalizzazione’ pubblicistica del rapporto concessorio.

La questione della ammissibilità della revisione del prezzo deve tenere conto quindi della peculiarità del rapporto tra la pubblica amministrazione e il concessionario, e degli interessi sottesi ai meccanismi di adeguamento/aggiustamento del corrispettivo (Cons. Stato, 16 giugno 2020, n. 3874).

In questo ambito, inoltre, va tenuto conto che le Regioni assumono un ruolo fondamentale ai fini del finanziamento dei servizi minimi che sono chiamate a sostenere, costituendo annualmente un fondo alimentato da risorse proprie, dalla compartecipazione ai tributi erariali e da risorse trasferite dallo Stato. Nelle more del trasferimento delle risorse dello Stato alle regioni, inerente alla procedura di decentramento delle funzioni amministrative, il legislatore nazionale ha costantemente garantito fondi speciali per il trasporto pubblico locale, anche al fine di assicurare livelli di omogeneità nella fruizione dei servizi sul territorio nazionale.

Di tali considerazioni si è fatta carico questo Consiglio di Stato, precisando nella richiamata pronuncia, dalle cui conclusioni non vi sono ragioni per discostarsi, la ragionevolezza dell’esclusione dell’applicazione dell’istituto della revisione prezzi, considerando il particolare e persistente favore di cui godono le concessionarie di pubblici servizi, in quanto concessionarie monopolistiche ed imprese assistite per il tramite di stabili ausili pubblici e ricorrenti misure di ripiano di disavanzi di gestione.

Come evidenziato dalla Regione Puglia con memoria, appare decisivo aggiungere che l’appellante versa nella rafforzata posizione di concessionario ex lege, in quanto l’affidamento del servizio ha trovato fondamento direttamente nella legge, cui sono seguiti provvedimenti adempitivi, come il contratto ponte del 20.3.2001, nonché successivi contratti di servizio.

9.4. Tanto premesso, va confermato quanto asserito dal giudice di prime cure, il quale ha respinto la pretesa vantata dalla società Ferrovie Appule Lucane “ volta ad ottenere la revisione del prezzo, atteso che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza amministrativa, la previsione di cui all'invocato articolo 115 del d.lgs. n. 163/2006 riguarda esclusivamente il contratto di appalto e non il contratto accessivo ad una concessione di pubblico servizio, per il quale vige l'opposto principio della normale invariabilità del canone concessorio (cfr. tra le tante: Cons. Stato, Sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3335;
3 febbraio 2006, n. 388)
.”

Non depone in senso contrario la decisione del Consiglio di Stato, sez. V, n. 5954 del 2010, richiamata dalla società appellante a sostegno della propria tesi difensiva, con cui questa Sezione, tenendo ferma la distinzione tra ‘concessione’ e ‘contratto’, ha statuito il diritto dell’impresa ricorrente ad ottenere la revisione inflattiva sul differente presupposto che, nella peculiare vicenda processuale oggetto di delibazione, il rapporto con la pubblica amministrazione fosse stato instaurato sulla base di un vero e proprio ‘contratto’ e non sulla base di un atto concessorio.

9.5. Va respinto anche il sesto motivo di appello.

L’art. 19 n. 4 del d.lgs. n. 422 del 1997 prevedeva che gli importi di cui al comma 3 lett. e) dell’art. 19, e cioè ‘ l’importo eventualmente dovuto dall’ente pubblico all’azienda di trasporto per le prestazioni oggetto del contratto ’ potevano essere incrementati in misura non maggiore del tasso programmato di inflazione. Il dato letterale consente agevolmente di comprendere che il concedente ‘può’ sulla base di una valutazione discrezionale provvedere ad un adeguamento contrattuale.

Come correttamente precisato dal giudice di primo grado, la L.R. n. 31 ottobre 2002, n. 18, all’art. 19 ha espressamente riconosciuto la possibilità che i contratti di servizio prevedano incrementi annuali, in misura non superiore al tasso di inflazione, degli importi dovuti a compensazione dei contratti di servizio ma ‘ con esclusione di quelli relativi ai servizi di cui agli artt. 8 e 9 del d.lgs. 19.11.1997, n. 422 e s.m.i.

Dal rigetto dei suddetti motivi consegue l’assorbimento delle ulteriori censure, dovendosi escludere, in base ai rilievi espressi, che al contratto- ponte stipulato dalle Ferrovie Appule Lucane e la Regione Puglia in data 23.1.2001 sia applicabile l’istituto della revisione prezzi di cui all’art. 6 l. 537 del 1993.

Con memoria la Regione Puglia ha, inoltre, chiarito che l’erogazione di euro 1.360.907, 59 in favore della società appellante, sul presupposto del carattere discrezionale – potestativo del riconoscimento del differenziale inflattivo, ha trovato causa in quanto disposto dall’art. 24, comma 4, della L.R. 10/2009 secondo cui “ La regione concorre al recupero dell’inflazione degli anni precedenti sino a tutto il 2008 in favore delle imprese esercenti servizi di cui all’art. 8 del D.Lgs. 422/1997, come modificato dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 400/1999, e degli enti locali destinatari di risorse per i servizi di trasporto pubblico riconosciuti minimi ai sensi della L.R. n. 18/2002”.

Ne consegue che il riconoscimento regionale delle suddette somme non si è fondato sull’aggiornamento ISTAT dal 2001 al 2008, e di cui la Regione avrebbe , secondo l’appellante, erogato una parte, ma sull’intervento per il recupero dell’inflazione disposta per le imprese concessionarie di pubblici servizi, al fine di supplire la carenza dell’obbligo di revisione prezzi.

11. In definitiva, l'appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata.

Le ragioni della decisione e la complessità della vicenda processuale suggeriscono l’integrale compensazione delle spese di lite del grado tra le parti.

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