Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-03-21, n. 202302844

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-03-21, n. 202302844
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302844
Data del deposito : 21 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/03/2023

N. 02844/2023REG.PROV.COLL.

N. 02165/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2165 del 2020, proposto da:
Autorità di Regolazione dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata presso l’Avvocatura Generale dello Stato, i cui uffici sono ubicati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

Rail Cargo Carrier Italy, in persona del legale rappresentante pro tempore , Fuori Muro Servizi Portuali e Ferroviari, in persona del legale rappresentante pro tempore , Inrail S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , Sbb Cargo Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , Rail Traction Company S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , Cfi Compagnia Ferroviaria Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , Oceanogate Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , Dinazzano Po S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , G.T.S. Rail S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , Interporto Servizi Cargo S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese dall'avvocato Massimo Giordano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

- Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore , non costituita in giudizio;
- Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , non costituito in giudizio;
- Rete ferroviaria italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio.

per la riforma:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 00072/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Rail Cargo Carrier Italy, Fuori Muro Servizi Portuali e Ferroviari, Inrail S.p.A., Sbb Cargo Italia S.r.l., Rail Traction Company S.p.A., Cfi Compagnia Ferroviaria Italiana S.p.A., Oceanogate Italia S.p.A., Dinazzano Po S.p.A., G.T.S. Rail S.p.A. e di Interporto Servizi Cargo S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2023 il Consigliere Lorenzo Cordì e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Monica De Vergori e l’avvocato Massimo Giordano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’Autorità di regolazione dei Trasporti ha proposto appello avverso la sentenza n. 72/2020 del T.A.R. per il Piemonte (Sezione Seconda) che, in accoglimento del ricorso proposto dalle odierne appellate, ha annullato:

i ) la delibera dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti n. 141 del 19 dicembre 2018 concernente la “ Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità di regolazione dei trasporti per l'anno 2019 ”;

ii ) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, del 17 gennaio 2019, recante l'approvazione ai fini della esecutività della delibera dell'A.R.T. n. 141/2018;

iii ) la determina dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti n. 21 del 26 febbraio 2019, avente ad oggetto la “ Definizione delle modalità operative relative al versamento e alla comunicazione del contributo per il funzionamento dell'autorità di regolazione dei trasporti per l'anno 2019 ”;

iv ) la nota dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti del 5 aprile 2019.

2. Le odierne appellate sono imprese che svolgono servizi di trasporto ferroviario anche internazionale di merci per il tramite di contratto di capacità e di assegnazione di tracce stipulato con Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e hanno impugnato i provvedimenti indicati al precedente punto deducendo:

i ) di non gestire infrastrutture ferroviarie e non operare in mercati regolati, non essendo quindi obbligate al versamento del contributo in favore dell’A.R.T.;
la regolazione avrebbe principalmente ad oggetto l’infrastruttura ferroviaria di cui non sono gestori;

ii ) che le delibere dell’A.R.T. sono soggette ad approvazione con D.P.C.M., che tuttavia sarebbe stato adottato senza alcuna concreta verifica sui dati contabili dell’A.R.T. e senza congrua motivazione;

iii ) l’illegittimità della delibera per violazione del principio di corrispondenza della contribuzione alle spese correnti, per difetto di istruttoria ed eccesso di potere, per mancata corrispondenza dell’aliquota contributiva individuata nel fabbisogno previsionale.

3. La sentenza di primo grado ha respinto l’eccezione di irricevibilità formulata dall’A.R.T. e annullato i provvedimenti impugnati evidenziando come non sussistesse alcun obbligo di contribuzione per le società esercenti l’attività di trasporto ferroviario di merci.

4. L’Autorità ha proposto appello deducendo:

i ) l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto l’eccezione di irricevibilità per tardività dell’impugnazione;

ii ) l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto proposto in via cumulativa;

iii ) l’erroneità nel merito della sentenza nella parte in cui ha escluso le odierne appellate dal perimetro dei soggetti obbligati alla contribuzione.

5. Le appellate si sono costituite in giudizio riproponendo i motivi assorbiti dal T.A.R. per il Piemonte.

6. In vista dell’udienza pubblica del 2.3.2023 le parti hanno depositano memorie conclusionali. All’udienza del 2.3.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Entrando in medias res il Collegio osserva, in primo luogo, come sussista la giurisdizione di questo Giudice a decidere sulla controversia che occupa (giurisdizione invero implicitamente ritenuta anche in primo grado ed in relazione alla quale risulta formato giudicato implicito ex art. 9 c.p.a.), venendo qui in rilievo l’impugnazione di atti amministrativi generali in materia tributaria ai sensi degli artt. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, e 7, comma 4, della l. n. 212 del 2000.

8. Operata tale precisazione si osserva come il primo motivo di ricorso in appello dell’Autorità sia fondato per le ragioni di seguito spiegate che riprendono le argomentazioni di condivisibile giurisprudenza della Sezione (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2021, n. 12 e 14;
Id., 4 febbraio 2021, n. 1022;
Id., 5 gennaio 2021, n. 124-131).

8.1. Come spiegato l’Autorità ha censurato la sentenza di prime cure nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di irricevibilità del ricorso dinnanzi al Tar, proposto una volta decorso il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione legale sul sito istituzionale dell’odierna appellante della delibera per cui è controversia. Secondo la prospettazione dell’appellante, in applicazione dell’art. 32, comma 1, L. n. 69 del 2009, la pubblicazione della delibera censurata in prime cure sul sito istituzionale dell’Autorità avrebbe dovuto ritenersi idonea ad integrare gli estremi della pubblicità legale e, come tale, a fare decorrere il termine decadenziale per la proposizione dell’azione giudiziaria.

8.2. In controdeduzione al motivo di appello, la società appellata ha evidenziato la sussistenza di contrastanti orientamenti nella giurisprudenza di questo Consiglio chiedendo di rimettere la questione all’Adunanza plenaria o, comunque, di rilevare la sussistenza di un errore scusabile.

8.3. Preliminarmente, deve verificarsi se nel caso di specie trovi applicazione il termine decadenziale per la proposizione dell’azione di annullamento ovvero sia applicabile il più lungo termine prescrizionale;
successivamente, ove si ritenesse applicabile il termine di impugnazione ex art. 29 c.p.a, dovrà accertarsi se detto termine possa decorrere dalla pubblicazione della delibera de qua sul sito istituzionale dell’Autorità appellante.

8.4. Avuto riguardo al primo profilo di indagine, sebbene debba confermarsi quanto statuito dalla Sezione con sentenza n. 7375 del 2019 circa l’assenza di un potere autoritativo esercitabile dall’Autorità in ordine all’individuazione dei soggetti obbligati a contribuzione, indicati in via diretta e immediata dalla norma primaria, con conseguente possibilità per l’operatore economico di proporre un’azione di accertamento negativo avente ad oggetto il credito preteso dall’Autorità (in relazione alla quale, invero, la prescrizione concernerebbe, piuttosto, l’asserito credito contributivo vantato dall’Autorità, agendo il ricorrente per negare l’avversa pretesa, anziché per esercitare un proprio diritto soggettivo) , deve, tuttavia, rilevarsi che nella specie il ricorrente in prime cure non ha proposto un’azione di accertamento, bensì ha inteso agire ex art. 29 c.p.a., chiedendo l’annullamento di un atto amministrativo.

8.5. Dalla disamina delle conclusioni rassegnate risulta evidente, infatti, che la domanda proposta in primo grado non aveva ad oggetto il mero accertamento dell’inesistenza del credito vantato dall’Autorità, bensì mirava ad ottenere una pronuncia caducatoria, nell’esercizio di un’azione di annullamento, soggetta, per esigenze di certezza e di stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico – in attuazione del principio costituzionale del buon andamento amministrativo, suscettibile di essere pregiudicato dalla possibilità di caducazione a distanza di tempo di determinazioni amministrative all’uopo assunte – ad apposito termine decadenziale, da rispettare ex artt. 29 e 35, comma 1, lett. a ), c.p.a a pena di irricevibilità del ricorso.

8.6. Né potrebbe diversamente argomentarsi ritenendo che la delibera impugnata in prime cure, con cui sono state definite la misura e le modalità di versamento del contributo dovuto all’ART per l’anno 2019, non implicasse la spendita di una potestà pubblica e, dunque, non integrasse gli estremi dell’atto autoritativo impugnabile entro il termine di decadenza previsto dall’art. 29 c.p.a. Difatti, l’art. art. 37, comma 6, d.l. n. 201 del 2011, sebbene regolasse direttamente il presupposto e il soggetto passivo destinatario del contributo, attribuiva, comunque, all’Autorità il potere di determinare il quantum dell’obbligazione contributiva, attraverso la specificazione della base imponibile e l’individuazione dell’aliquota all’uopo applicabile. In tale maniera, l’Autorità era abilitata ad esercitare un potere impositivo, intervenendo sulla determinazione del quantum debeatur e definendo non solo la percentuale (comunque non superiore all’un per mille del fatturato) da applicare annualmente per la liquidazione del contributo, ma anche, attraverso appositi criteri tecnici di carattere economico e contabile, la nozione di “ fatturato ” da prendere in esame con riguardo allo specifico settore di riferimento, al fine di individuare la grandezza economica suscettibile di essere incisa dalla contribuzione.

8.7. Anche la Corte costituzionale nella sentenza n. 69 del 2017 cit. ha riconosciuto l’esistenza di un “ potere impositivo dell’amministrazione ”, a conferma di come la delibera impugnata in prime cure implicasse, comunque, una manifestazione di pubblico potere, contestabile anche con la proposizione dell’azione di annullamento ex art. 29 c.p.a., a condizione, tuttavia, che fosse rispettato il termine decadenziale ivi previsto a garanzia della certezza e stabilità dei rapporti pubblicistici.

8.8. Ne deriva che, in applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato - che impone al giudice adito di statuire sulla domanda processuale proposta dalla parte, come identificata (altresì, nei suoi elementi costitutivi oggettivi) dal petitum e, dunque, dalla richiesta rivolta al giudice – avendo la ricorrente in prime cure proposto un’azione di annullamento di un atto comunque implicante spendita di pubblico potere, doveva trovare applicazione la disciplina dettata dall’art. 29 c.p.a., che subordina la ricevibilità del ricorso al rispetto del “ termine di decadenza di sessanta giorni ”.

8.9. Ciò premesso, occorre verificare se siffatto termine potesse decorrere dalla pubblicazione della delibera sul sito istituzionale dell’Autorità e, in caso affermativo, se nella specie tale termine sia stato disatteso dall’odierna società appellata.

8.9.1. Con riguardo al primo profilo di indagine, deve trovare applicazione l’art. 41, comma 2, c.p.a., ai sensi del quale “ Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge ”.

8.9.2. Avuto riguardo al caso di specie, premesso che non si è in presenza di un atto soggetto alla notifica individuale, deve verificarsi se la delibera impugnata in prime cure fosse soggetta all’obbligo di pubblicazione per effetto di una previsione di legge (“ dalle legge ”) ovvero di una previsione assunta in “ base alla legge ”.

8.9.3. Come ritenuto dalla Sezione nel precedente n.7375 del 2019 citato dalla società appellata, non sembra che sussista una previsione di legge che, in via immediata e diretta, imponga la pubblicazione della delibera impugnata in prime cure sul sito istituzionale dell’Autorità, né, ai fini della decorrenza del dies a quo del termine di impugnazione, sembrerebbe possibile fare riferimento esclusivo alla disciplina di cui all’art. 32 della L. n. 69 del 2009, che individua soltanto le modalità attraverso cui devono adempiersi “ gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale ”;
sicché pare che tale previsione presupponga, con riferimento allo specifico atto o provvedimento preso in considerazione, la sussistenza di un obbligo di pubblicazione aliunde già imposto con effetto di pubblicità legale.

8.9.4. La circostanza per cui non sussista una previsione legislativa che preveda espressamente un obbligo di pubblicità legale in relazione agli atti dell’Autorità appellante, aventi ad oggetto la determinazione della misura e delle modalità del pagamento del contributo annuale ex art. 37, comma 6, d.l. n. 201/11 cit., non sembra, tuttavia, sufficiente per escludere l’idoneità della pubblicazione sul sito istituzionale dell’Autorità a produrre una presunzione legale di conoscenza, anche ai fini della decorrenza del termine di impugnazione.

8.9.5. Come osservato, infatti, secondo quanto previsto per quanto dall’art. 41, comma 2, c.p.a, l’obbligo deve essere posto “ dalla legge” ovvero “in base alla legge” : la pubblicazione dell’atto amministrativo è, in particolare, idonea a determinare una presunzione assoluta di conoscenza, quando tale pubblicazione sia prescritta da una disposizione normativa che tale effetto espressamente riconosce (Consiglio di Stato, sez. V,21 dicembre 2020 n. 9314);
a tale fine, non occorre che tale obbligo sia dettato “ per legge ” e, dunque, con disposizione primaria recante l’individuazione espressa delle categorie di atto soggette a pubblicità legale, essendo sufficiente la presenza di una disposizione (non aventi forza di legge, ma comunque) giustificata “ in base della legge ” (sulla distinzione tra le locuzioni “per legge” e “in base alla legge”, cfr. Corte costituzionale, 31 maggio 1996, n. 180).

8.9.6. Tale precisazione acquista particolare significato in relazione alle Autorità amministrative indipendenti – categoria cui deve essere ricondotta anche l’odierna appellante, chiamata ad operare in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione (cfr. Corte costituzionale, 15 marzo 2013, n. 41) -, la cui posizione di neutralità è assicurata, oltre che dalla composizione e dal procedimento di nomina dei relativi componenti, dall'autonomia organizzativa, contabile, amministrativa e finanziaria alle stesse attribuita.

8.9.7. Con specifico riferimento all’ART, l’art. 37, comma 1, D.L. n. 201 del 2011 cit. opera un rinvio alle disposizioni organizzative e di funzionamento di cui alla L. n. 481 del 1995, richiamando espressamente, altresì, i regolamenti di cui all'articolo 2, comma 28, della legge 14 novembre 1995, n. 481, riguardanti l'organizzazione interna e il funzionamento delle singole Autorità.

8.9.8. Nell’esercizio della potestà organizzatoria attribuita dalla norma primaria, l’Autorità ha approvato il regolamento di organizzazione e funzionamento che prevede espressamente che gli atti di indirizzo e di regolazione sono soggetti a pubblicazione sul sito istituzionale dell’Autorità e producono effetti giuridici dal giorno dalla relativa pubblicazione (art. 7, comma 8). Emerge, dunque, in relazione all’odierna appellante, la sussistenza di una disposizione regolamentare, concernente lo svolgimento dell’attività istituzionale dell’Autorità, legittimata dalla norma primaria (ai sensi del combinato disposto degli artt. 37, comma 1, D.L. n. 201 del 2011 cit. e 2, comma 28, della legge 14 novembre 1995), che prevedeva la pubblicazione sul sito internet, come forma di pubblicità e condizione di efficacia, degli atti di regolazione rientranti nella competenza dell’Autorità;
il che consente di ritenere integrati gli estremi della pubblicità legale ex art. 41, comma 2, c.p.a., facendosi questione di pubblicità, prevista espressamente da un regolamento assunto “ in base alla legge ”, quale forma di conoscenza erga omnes dell’atto amministrativo.

8.9.9. Né potrebbe ritenersi che la delibera impugnata in prime cure non sia riconducibile alla categoria degli atti di regolamentazione, per i quali opera una tale forma di pubblicità legale, atteso che la determinazione della misura della contribuzione, come supra osservato, è avvenuta nell’esercizio di un potere impositivo, avente ad oggetto la definizione di regole a portata generale (tecniche) applicabili al mercato, all’esito di un procedimento di consultazione preventiva ispirato ai meccanismi di “ notice and comment ”, incentrati sull’avvio di una pubblica consultazione sulla base di apposito progetto di atto (, nell’ambito della quale è stato consentito ai soggetti interessati di presentare le proprie osservazioni;
il che costituisce il proprium della funzione regolatoria.

8.9.10. La stessa delibera n. 131/2018, peraltro, a conferma della sua sottoposizione agli obblighi di pubblicità legale in commento, ha espressamente previsto (art. 5) la sua pubblicazione sul sito web dell’Autorità, una volta conferita l’esecutività con l’approvazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell’Economia.

8.10. La necessità di ancorare la decorrenza del termine di impugnazione della delibera de qua alla sua pubblicazione sul sito istituzionale dell’Autorità, risponde, inoltre, all’esigenza di evitare che, a fronte di atti generali, non aventi destinatari determinati, vi sia un disallineamento temporale del termine di impugnazione, occorrendo che tutti gli operatori, egualmente pregiudicati dalla relativa regolazione, procedano entro lo stesso termine di decadenza a censurare in giudizio l’atto così assunto, chiedendone l’annullamento.

8.11. In subiecta materia deve, infatti, trovare applicazione il principio giurisprudenziale per cui “ il termine decadenziale per ricorrere contro gli atti amministrativi soggetti a pubblicazione necessaria decorre per i soggetti non espressamente nominati (o immediatamente rintracciabili) dalla pubblicazione medesima, non essendo indispensabile la notificazione individuale o la piena conoscenza (cfr. Cons. Stato, sez. III, 8 gennaio 2019, n. 190;
V, 6 luglio 2018, n. 4147;
III, 22 novembre 2018, n. 6606;
VI, 7 maggio 2014, n. 2825;
IV, 13 luglio 2011, n. 4239)
” (Consiglio di Stato Sez. V, 19 settembre 2019, n. 6239).

8.12. Pertanto, posto che le appellate non era nominativamente individuata nella delibera n. 94 del 2015 impugnata in prime cure, le stesse avrebbe dovuto proporre azione di annullamento entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla pubblicazione dell’atto lesivo sul sito istituzionale dell’Autorità.

8.13. Evidenziata l’applicabilità nella specie del termine di decadenza di sessanta giorni decorrente dalla pubblicazione della delibera lesiva sul sito istituzionale dell’Autorità, occorre verificare se detto termine fosse spirato alla data di notificazione del ricorso di prime cure.

8.14. Al riguardo, assume rilevanza la documentazione depositata in giudizio in primo grado dalla quale si evince che la delibera è stata pubblicata in data 19 febbraio 2019 mentre il ricorso è stato proposto in data 31 maggio 2019, oltre la scadenza del termine decadenziale.

9. Il Collegio osserva, inoltre, come non vi siano i presupposti per rimettere la questione all’Adunanza plenaria atteso che, più che un contrasto di giurisprudenza, si riscontra, in seno alla Sezione, un cambiamento del precedente orientamento, che è andato via via consolidandosi nel senso di ritenere la pubblicazione sul sito idonea a far decorrere il termine decadenziale.

10. Inoltre, non sussistono neppure i presupposti per concedere l’errore scusabile.

10.1. Tale rimedio, regolato dall’art. 37 c.p.a. tuttavia, configura un istituto eccezionale, derogando alla generale perentorietà dei termini processuali, prevista a tutela del pubblico interesse al tempestivo e celere svolgimento del giudizio, oltre che della parità di trattamento delle parti processuali, da sottoporre ai medesimi termini processuali. La sua operatività deve, dunque, ritenersi ammessa soltanto a fronte di obiettive incertezze normative o in presenza di gravi impedimenti di fatto, non imputabili alla parte (Consiglio di Stato, sez. IV, 20 luglio 2020, n. 4642).

10.2. La mera circostanza per cui il sito internet non indichi la data di pubblicazione di un atto non può ritenersi un impedimento oggettivo all’esercizio del diritto di azione giudiziaria, non avendo la parte appellato dimostrato di essere stata nell’impossibilità oggettiva di conoscere, anche attraverso apposite richieste rivolte all’Autorità e non tempestivamente riscontrate, il giorno di pubblicazione della delibera n. 141/2018 sul sito istituzionale dell’odierna appellante, ai fini della sua tempestiva impugnazione in giudizio.

10.3. Alla luce delle considerazioni svolte, deve ritenersi che la delibera per cui è causa fosse atto immediatamente impugnabile, essendo stata pubblicata una volta completato l’iter per l’integrazione dell’efficacia tramite l’approvazione del Presidente del Consiglio dei Ministri e stante il suo contenuto immediatamente precettivo e conformativo delle situazioni giuridiche dei soggetti regolati, alla stregua di quanto supra precisato in ordine alla sussistenza di un potere impositivo in capo all’Autorità.

10.4. Inoltre, il quadro normativo più sopra delineato è sufficientemente chiaro nel prevedere che gli atti dell’A.R.T. debbano essere pubblicati sul suo sito istituzionale con la conseguenza di rendere applicabile l’art. 41, comma 2, del c.p.a. che, per gli atti non soggetti a notifica individuale, quale quello per cui si controverte, fa decorrere il termine d’impugnazione “ dal giorno in cui è scaduto il termine di pubblicazione ”.

10.5. La decorrenza del termine di impugnazione andava fatta risalire al momento della sua pubblicazione sul sito istituzionale, anche al fine di evitare diversi trattamenti nell’ambito delle stessa categoria imprenditoriale, tenuto conto che una “ divaricazione temporale, riguardante un medesimo provvedimento, non risulta tuttavia giustificata e predicabile, di fatto del resto avvantaggiando il destinatario individuale dell’atto” e svilendo la natura professionale della parte incisa che “è plausibilmente da ritenere – in ragione dei compiti che svolge – più che frequentemente (se non quotidianamente) impegnata nella consultazione del sito istituzionale dell’Autorità, onde risulta – di contro – meno plausibile che essa non abbia percepito per tempo l’intervenuta pubblicazione della deliberazione censurata, specie se si considera che essa non è stata un atto a sorpresa ma pur sempre il frutto conclusivo di un iter procedurale ampio e complesso ” (così, Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 agosto 2017 n. 3936).

11. In definitiva l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza di primo grado, il ricorso introduttivo del giudizio deve essere dichiarato irricevibile.

12. L’accoglimento del primo motivo di impugnazione determina l’assorbimento della disamina degli ulteriori motivi e, comportando la declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado, preclude la decisione dei motivi riproposti dalle parti appellate.

13. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi