Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-12-24, n. 202008335
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Pubblicato il 24/12/2020
N. 08335/2020REG.PROV.COLL.
N. 08302/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8302 del 2011, proposto dalla signora R R, rappresentata e difesa dall’avvocato E P e da se medesima, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via San Basilio, n. 61,
contro
il Comune di Vigo di Fassa, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M D F, A L e P S Richter, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Mazzini, n. 11,
nei confronti
della Società Portolina S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituita in giudizio,
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. di Trento n. 232 del 7 settembre 2011, resa tra le parti, concernente una concessione edilizia per la realizzazione di edifici residenziali.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Vigo di Fassa;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 11 novembre 2020, in collegamento da remoto in videoconferenza, il Cons. A M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’odierno appello la signora R R, nella sua qualità di proprietaria di un terreno a confine con quello in cui è stato realizzato l’intervento, impugna la sentenza del T.R.G.A. n. 232 del 2011 con la quale è stato respinto il ricorso dalla stessa proposto per l’annullamento della concessione edilizia n. 10 del 2009, rilasciata dal Comune di Vigo di Fassa alla Società Portolina S.r.l. per la realizzazione di un vasto complesso residenziale, previa demolizione di volumetrie preesistenti, condannandola alle spese di giudizio.
Il Tribunale adito, dopo aver dichiarato fondata l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività, ne ha tuttavia scrutinato anche nel merito il contenuto, ritenendo legittimo il titolo edilizio avversato, in quanto non in contrasto con le norme di attuazione (n.d.a.) sulla distanza dai corsi d’acqua, dalla strada e dalla proprietà della ricorrente.
2. L’interessata articola due distinti motivi di doglianza. Con un primo motivo invoca i principi generali sulla effettività della tutela giurisdizionale di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione, 1 e 2 del c.p.a. e 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, asseritamente lesi dall’affermata necessità di far decorrere il termine per l’impugnativa dall’avvenuta visualizzazione dell’inizio dei lavori, siccome nel caso di specie sarebbero contestate violazioni ad un regime di inedificabilità assoluta;con l’altro, lamenta l’avvenuta violazione degli artt. 142, lett. c), 146 e 167 del d.lgs. n. 42 del 2004 (c.d. “Codice dei beni culturali”), nonché dell’art. 49 delle n.d.a. avuto riguardo all’errata valutazione delle distanze dal Rio della Chiesa, corso d’acqua regolarmente censito negli elenchi di cui al r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 e relative norme provinciali di settore.
3. Si è costituito in giudizio il Comune di Vigo di Fassa, con atto di stile.
Non si è costituita la Società Portolina s.r.l.
Con successiva memoria del 30 settembre 2020 la difesa civica, dopo aver ricostruito l’ iter burocratico che ha portato al rilascio del titolo edilizio in controversia, ha insistito per la conferma della tardività del ricorso di primo grado, oltre che della sua infondatezza: l’art. 49 delle n.d.a., infatti, consente di derogare alla fascia di rispetto di m. 50 ivi stabilita in termini generali attraverso le indicazioni cartografiche, siccome accaduto nel caso di specie. Il riferimento agli eventuali diversi profili di rilevanza del vincolo, quali la necessità del previo parere della Commissione edilizia al riguardo, sarebbero inammissibili in quanto introdotti per la prima volta nell’odierno grado di giudizio e come tali in contrasto con il divieto dei nova .
4. Con note di udienza dell’11 novembre 2020, l’appellante ha ribadito la propria prospettazione, ricordando anche la pericolosità del Rio della Chiesa, di cui è documentato storicamente l’altissimo rischio idrogeologico, tanto da essere stato oggetto anche nei secoli passati di smottamenti ed esondazioni.
5. Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2020, svoltasi con modalità da remoto ai sensi dell’art. 25, comma 2, del decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
6. Il Collegio ritiene l’appello infondato.
7. E’ incontestato tra le parti che i lavori di costruzione degli immobili sono iniziati nella primavera del 2009 con la demolizione dell’edificio esistente e terminati a fine marzo 2010. La richiesta di accesso agli atti è stata presentata ad inizio dicembre 2009, quindi a distanza di diversi mesi da ridetto inizio lavori, ed evasa il 21 gennaio 2010. Il ricorso è stato notificato il 17 marzo 2010. Secondo l’appellante, la piena conoscenza del titolo impugnato si sarebbe avuta solo con l’evasione della richiamata istanza di accesso, necessaria a conoscere i dettagli progettuali dell’opera, peraltro di notevole entità in quanto consistito nella realizzazione di quattro edifici ad uso residenziale. Il ricorso iniziale, infatti, non si sarebbe limitato alla mera doglianza del mancato rispetto del vincolo posto dall’art. 49 delle n.d.a. del P.R.G., ma avrebbe riguardato anche gli artt. 26, relativo al limite di 5 metri dal confine con le particelle circostanti e 42, concernente i vincoli a tutela delle strade.
7.1. Rileva il Collegio come tutte le censure invocate implichino vincoli di inedificabilità assoluta, non potendosi desumere il contrario dalla -tutt’affatto chiara- diversa configurazione di quello ambientale surrettiziamente invocata nell’atto di appello, che in quanto non prospettata nel ricorso di primo grado (ove il richiamo alla tutela ambientale è effettuata con riferimento al relativo parametro costituzionale) configura un’inammissibile censura aggiuntiva. A tutti e tre tali vincoli fa dunque esplicito riferimento il primo giudice, laddove richiama cumulativamente la « localizzazione degli edifici rispetto ai confini ed alla fasce di rispetto fluviale e stradale ». Non è chi non veda come nessun elemento di conoscenza aggiuntiva fosse necessario al fine di percepire l’immediata lesività dell’intervento rispetto a tali limiti, sulla quale l’acquisizione di dettagli progettuali o documentali avrebbe al più potuto incidere solo in senso rafforzativo o ampliativo, ma non costitutivo.
7.2. La ricostruzione del T.R.G.A., dunque, si pone in piena e condivisibile coerenza con l’indirizzo giurisprudenziale, non a caso espressamente evocato, che vuole la decorrenza del termine per impugnare un titolo edilizio computabile dall’inizio dei lavori, ogniqualvolta si eccepisca in primo luogo la loro effettuazione in zona a inedificabilità assoluta, non potendosi procrastinare lo stesso fino all’esercizio dell’accesso agli atti, pena il sacrificio delle contrapposte esigenze di certezza del diritto. Il momento da cui computare i termini decadenziali di proposizione del ricorso, nell’ambito dell’attività edilizia, è dunque individuato, a seconda dei casi, nell’inizio dei lavori, ove si sostenga, appunto, che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area di interesse;solo laddove si contesti invece il quomodo , si ha riguardo al loro completamento e grado di sviluppo, tali da rendere palese l’esatta dimensione, nonché, se del caso, la finalità dell’erigendo manufatto (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. II, 26 giugno 2019, n. 4390;sez. IV, n. 3875 del 2018; id ., nn. 3067 e 5754 del 2017;sez. VI, n. 4830 del 2017, che si conformano sostanzialmente all’insegnamento dell’Adunanza Plenaria n. 15 del 2011, sviluppandone i logici corollari). Tale approccio interpretativo non arreca affatto pregiudizio alla effettività del diritto di difesa, non potendo certo considerarsi espressione della stessa, men che meno in prospettiva eurounitaria, il differimento ad libitum della decorrenza dei termini decadenziali posti in linea generale a tutela della certezza dei rapporti giuridici. In tale logica, la richiesta di accesso agli atti è inidonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso, perché se da un lato deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall’altro deve parimenti essere salvaguardato quello del titolare del permesso di costruire a che l’esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali (cfr. ancora Cons. Stato, sez. IV, n. 3075 del 2018; id ., n. 5675 del 2017;nn. 4701 e 1135 del 2016). Il quadro ordinamentale di derivazione pretoria, cioè, individua un giusto punto di equilibrio tra esigenze egualmente meritevoli di tutela, non risolvendosi in alcun aggravio procedurale, tanto più che le integrazioni conoscitive che conseguano all’esercizio dell’accesso agli atti ben possono trovare comunque ingresso nel giudizio attraverso l’apposito istituto dei motivi aggiunti.
8. Seguendo ora la tassonomia fatta propria dal giudice di prime cure, il Collegio ritiene di scrutinare anche il merito del ricorso, confermandone la reiezione, avuto riguardo alla residua censura riproposta in questa sede.
Ad avviso dell’appellante il T.R.G.A., e ancor prima il Comune di Vigo di Fassa, sarebbe incorso in errore confondendo due vincoli di tipologia ben diversa, ovvero quello idrogeologico e quello paesaggistico, limitandosi a rappresentare graficamente l’esistenza solo del primo, ma pretermettendo di indicare l’estensione del secondo. Ne sarebbe prova la mancanza di apposita “campitura” e idonea simbologia nella cartografia allegata al P.R.G., sì da esternare la scelta derogatoria della fascia di m. 50, laddove ai lati del Rio della Chiesa figura esclusivamente il tratteggio riferibile ai m. 10 che costituiscono ope legis il vincolo idrogeologico.
8.1. La ricostruzione non è condivisibile.
L’art. 49 delle n.d.a. fissa in m. 50 dalle rive la fascia di protezione ambientale vigente per il Parco dell’Avisio, di cui il Rio della Chiesa costituisce un affluente, « salvo quanto diversamente indicato in cartografia ». Ridetta cartografia, al pari del resto della tavola 1 di progetto, con riferimento a tale corso d’acqua non ne prevede l’applicabilità, limitandosi a rendere visualizzabile, mediante apposito tratteggio, la fascia di rispetto idrogeologico. In sintesi, non vi è ragione alcuna, in assenza peraltro di qualsivoglia elemento a conforto di tale prospettata lettura, di interpretare la mancata indicazione di una distanza diversa dai m. 50 come dimenticanza, ovvero, al contrario, conferma della regola generale. Essendo infatti espressamente consentita la deroga, purché indicandola in cartografia, l’unica modalità per esternare l’opzione zero con riferimento ad un corso d’acqua che la difesa civica definisce come “di modestissime dimensioni” era, appunto, la mancata apposizione di qualsivoglia simbologia. Il che è quanto accaduto nel caso di specie, con riferimento ad un’area non a caso a destinazione residenziale, in relazione alla quale la difesa civica ha evidenziato l’omogeneità di disciplina della fattispecie in controversia rispetto a numerosi altri casi di aree collocate in posizione limitrofa.
La circostanza che la mancanza di interpunzione grafica specifica altro non sia che la rappresentazione dell’opzione urbanistica effettuata, del resto, ne implica l’assoluta coerenza con la declinazione normativa della relativa cornice, con ciò rendendo inconferente anche il richiamo effettuato dall’appellante alla giurisprudenza che vuole la stessa prevalente sulle eventuali indicazioni cartografiche in contrasto. Nel caso di specie, infatti, non è dato ravvisare alcun contrasto nella mancanza di “campitura” della fascia fluviale, essendo proprio tale mancanza l’epifenomeno della volontà di non crearne una aggiuntiva oltre quella riveniente dal vincolo idrogeologico.
9. Per quanto sopra detto il Collegio ritiene di dover respingere l’appello e, per l’effetto, confermare la sentenza n. 232 del 2011 del T.R.G.A. di Trento, sia nella parte in cui dichiara la irricevibilità del ricorso di primo grado, sia, con portata assorbente, laddove ne afferma l’infondatezza.
10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.