TAR Roma, sez. III, sentenza 2022-03-07, n. 202202609

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2022-03-07, n. 202202609
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202202609
Data del deposito : 7 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/03/2022

N. 02609/2022 REG.PROV.COLL.

N. 14206/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14206 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
N F, rappresentato e difeso dall'avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Universita' degli Studi Roma La Sapienza, Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

G V, M Lei, Annalisi Federici, Chiara Prosperi Porta, Alfredo Moliterni, Guillherme Vasconcelos Vilaca, Segolene Barbou Des Places, Giuseppe Maria De Nardis, Giovanni Catalisano, Guido Masella, non costituiti in giudizio;
G M, rappresentato e difeso dall'avvocato Sofia Marchiafava, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

del bando di concorso, prot. n. 402 del 27/07/2018, del decreto di approvazione dei vincitori emesso in data 14.9.2018 prot. n. 446 Rep. 39/2018, del “verbale di selezione per bando prot. n. 402 del 27 luglio 2018 per il conferimento di contratti di insegnamento a titolo oneroso” redatto e sottoscritto dalla Commissione in data 12 settembre 2018, nonché di ogni atto preordinato, connesso e/o consequenziale lesivo degli interessi del ricorrente.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da FUSARO NATALE il 7\5\2019:

del Decreto dell'11 Febbraio 2019 prot. n. 101 rep. n. 8/2019 classif. VII/1 emesso dal Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – Decreto di convalida della procedura comparativa pubblica, per titoli, finalizzata al conferimento di n. 9 contratti di insegnamento a titolo oneroso presso la Facoltà di Giurisprudenza, relativamente all'Insegnamento di Criminologia (SPS/12), Economics of European Integration (SECS-P/01) e Law of European International Market (IUS/14 due incarichi);

nonché di ogni atto preordinato, connesso e/o consequenziale lesivo degli interessi del ricorrente, ancorché non conosciuto.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di G M e di Universita' degli Studi Roma La Sapienza e di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2022 il Consigliere Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in trattazione il ricorrente impugna il bando di concorso del 27 luglio 2018, prot. n. 402 con cui l’Università di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Giurisprudenza, ha indetto una procedura comparativa per titoli preordinata al conferimento di nove contratti di insegnamento (Co.Co.Co), tra cui, per quanto di suo interesse, l’incarico di Insegnamento di “Criminologia (SPS/12)” nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza (LMG/01) nella parte in cui non prevede predeterminazione di criteri di valutazione di titoli da parte della Commissione.

Conviene riepilogare la complessiva serie procedimentale dei provvedimenti assunti dall’Università ed oggetto oltre che del ricorso anche dei successivi motivi aggiunti.

In data 14 settembre 2018 l’Università “La Sapienza”, Facoltà di Giurisprudenza, con decreto prot. n. 446 Rep. 39/2018 (All. 2 ricorr.) ha proceduto all’approvazione degli atti del concorso ed ha dichiarato i vincitori della selezione tra cui, per quanto di interesse del ricorrente, il candidato G V, per l’insegnamento di “Criminologia”, con punti 90.

1.1. Ebbene, l’avversata procedura, come il ricorrente evidenzia e come emerge da pag. 1 del bando (doc. 1 ricorr.) veniva adottata sul presupposto che all’interno della medesima Facoltà non erano “emerse disponibilità ovvero competenze adeguate per fare fronte alle esigenze rappresentate dalla Facoltà di Giurisprudenza”. Successivamente, conviene anticipare, la Facoltà dell’intimato Ateneo ha proceduto ad annullare la procedura medesima in data 28.12.2018, (cfr. all. 2 al ricorso per motivi aggiunti), dopo la nomina dei vincitori, in quanto ritenuta irregolare per l’omessa previsione, nel bando di concorso, di un requisito discendente da un regolamento interno dell’Ateneo. Successivamente, in luogo di modificare e riadottare la lex specialis emendandola di tale ritenuto vizio, l’Università ha - immotivatamente, come lamenta il ricorrente - emanato un nuovo bando di concorso (All. 5 al ricorso per motivi aggiunti) peraltro riservato agli interni e non aperto ai concorrenti esterni, avulso dalle ragioni che avevano condotto all’annullamento della procedura ed in contrasto persino con la motivazione, sopra riportata, su cui ab initio l’Università aveva fondato l’indizione della procedura, ovverosia l’avvenuto previo accertamento dell’inesistenza di disponibilità o competenze interne adeguate a far fronte alle esigenze di insegnamento rappresentate dalla Facoltà di giurisprudenza.

1.2. Infine, la medesima Facoltà ha tralasciato anche tale nuova scelta di indire l’anzidetta procedura riservata agli interni, che è rimasta pendente e, con il decreto in data 11.2.2019 (cfr. all. 1 al ricorso per motivi aggiunti), dopo aver accertato che la mancata previsione nel bando di concorso dell’anzidetto requisito di cui all’art. 8, co. 3 del “Regolamento per le attribuzioni di attività didattiche” non avrebbe intaccato la posizione di tre dei nove vincitori, ha ritenuto di “rendere inefficace nei confronti dei dottori G V, S B d P e G V V, gli effetti della precedente determinazione di annullamento 9 del 28.12.2018 prot. 621 e di convalidare per i medesimi gli atti della procedura di selezione dagli stessi superata”, procedendo alla reintegra, come vincitori, degli anzidetti tre candidati;
in sostanza adottando una “convalida parziale” del bando di concorso già annullato in autotutela col provvedimento del 28.12.2018, convalida limitata, peraltro, a soli tre dei nove candidati inizialmente dichiarati vincitori.

2.Si è costituita l’Università degli Studi “La Sapienza” con memoria di stile dell’Avvocatura generale dello Stato del 20 dicembre 2018.

Si è costituito con comparsa del 2 gennaio 2019 degli stessi caratteri il controinteressato G M.

2.1. Alla Camera di consiglio del 9 gennaio 2019 il ricorrente rinunciava alla domanda cautelare e la Sezione ne prendeva atto con Ordinanza n. 4225/2019.

2.2. Il ricorrente, con motivi aggiunti depositati, previa rituale notifica, in data 7 maggio 2019, estendeva l’impugnazione al provvedimento di annullamento della procedura assunto il 28 dicembre 2018, prot. n. 621 e al successivo decreto di convalida in data 11 febbraio 2029, prot.n. 11 della procedura annullata, provvedimenti più sopra in sintesi illustrati.

2.3. Il ricorrente produceva memoria defensionale il 15 giugno 2019 ed istanze di prelievo il 25 giugno 2019 e il 4 dicembre 2019 nelle quali rappresentava anche la permanenza dell’interesse a fini risarcitori ex art. 34, c.p.a.

3. Tanto premesso, con il primo motivo del ricorso principale, rubricando violazione e falsa applicazione di varie norme di fonte primaria, tra cui l’art. 35, co. 3, d.lgs. n. 165/2001, artt. 3 e 6 l.n. 241/90 e secondaria, quali l’art. 12, d.P.R. n. 487/1994, l’art. 2 del d.m. Istruzione, Università’ e ricerca 8 luglio 2008, violazione dell’autovincolo regolamentare nonché eccesso di potere per varie figure sintomatiche tra cui difetto di motivazione, arbitrarietà illogicità, sviamento dall’interesse pubblico, il ricorrente svolge numerose censure, che vanno di necessità sottoposte a sintesi in ossequio al dettato dell’part. 3, c.p.a.

Con la prima si duole della omessa predeterminazione nel bando, di sufficientemente dettagliati criteri di valutazione dei titoli e dei curricula nonché dell’attività pregressa e degli incarichi svolti presentati dai candidati, in violazione del D.M. 8 luglio 2008, pure richiamato dal bando, recante “Criteri e modalità per il conferimento da parte degli Atenei di incarichi di insegnamento”, che dispone che “i bandi debbono indicare i criteri e le modalità in base alle quali deve essere effettuata la valutazione comparativa delle pubblicazioni scientifiche e del curriculum complessivo dei candidati, e delle eventuali prove previste, con riferimento al settore scientifico-disciplinare inerente l'attività didattica da svolgere”.

Le operazioni “concorsuali” all’esame, invece si sarebbero svolte con modalità illegittime in quanto estremamente laconiche e generiche sarebbero le previsioni del bando nel fissare il punteggio massimo da assegnare ai titoli del candidato e, soprattutto, alcun criterio atto a valutare i candidati e la loro attività scientifica e curriculare sarebbe stato minimamente adottato dalla Commissione esaminatrice. Il fulcro della censura risiede nell’ulteriore doglianza secondo cui è evidente che le soglie di punteggio da attribuire, previste all’art. 5 del bando, essendo oltremodo generiche e di indefinita applicazione, avrebbero dovuto essere integrate dalla predeterminazione, da parte della Commissione, dei criteri in base ai quali attribuire in concreto i punteggi ai titoli e ai curricula dei candidati, vincolando strettamente la Commissione, onde scongiurare arbitrii valutativi. Il che violerebbe i principi di buon andamento e di imparzialità di cui all’art. 97 Cost. che costituiscono un imprescindibile corollario del principio democratico che informa il nostro ordinamento.

Il deducente richiama al riguardo il disposto dell’art. 12 del d.P.R. n. 487/1994 a tenore del quale “Le Commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi relativi alle singole prove (…)”, così creando un autovincolo a prefissione obbligatoria. Ricorda sul punto come costituisca ius receptum la circostanza che i criteri di valutazione devono essere stabiliti dalla Commissione esaminatrice nella sua prima riunione o, quantomeno, prima della valutazione dei titoli dei candidati, altrimenti risultando illegittimo il procedimento di concorso per il quale non siano stati predeterminati i criteri di valutazione dei titoli proprio per violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 4871/994, all’uopo citando numerosa giurisprudenza espressasi nei dedotti sensi e in particolare l’allora recente sentenza di questa Sezione (TAR Lazio- Roma, Sez. III bis, n. 9714 del 3.10.2018) di cui riporta ampi stralci.

3.1. A parere tal Collegio la sintetizzata doglianza si presta a favorevole considerazione e va conseguentemente accolta per le ragioni che ci si appresta ad esporre. Riveste altresì, stante il suo contenuto satisfattivo dell’interesse del ricorrente, anche portata assorbente che consente di accogliere il ricorso sollevando il Collegio dallo scrutinio di altre rilevanti censure (quale quella in ordine all’asserito conflitto di interessi tra uno dei candidati vincitori l’unico membro esperto della Commissione, svolta alle pagg. 21 e ss. dell’atto introduttivo).

3.2. Per il vero, ad una prima – superficiale – lettura dell’art. 5 dell’impugnato bando, disciplinante la “procedura di selezione” e indicante ai punti 1-5 i punti da attribuire ai candidati “fino ad un massimo” in essi specificato, per i vari titoli (laurea, pregressa attività didattica, elenco titoli etc.) parrebbe che i criteri fossero contemplati, rendendo i così superflua la pretesa confezione di essi da parte della Commissione, di cui il ricorrente lamenta l’omissione.

Purtuttavia, ad una più attenta disamina dei predetti punti 1,2,3,4,5, dell’art. 5 del bando emerge che ciascuno di essi è caratterizzato dal minimo denominatore comune della fissazione, relativamente a ciascuno dei contemplati titoli, di un punteggio minimo e di uno massimo, senza la contestuale individuazione di alcun criterio guida per l’attribuzione del punteggio concretamente riconosciuto. Altrimenti detto, fanno difetto i criteri motivazionali nel solco dei quali la Commissione giudicatrice doveva essere guidata, e a cui doveva attenersi, ai fini dell’attribuzione, in concreto, dello specifico punteggio nel range indicato tra un minio ed un massimo.

3.3. Conviene riprodurre letteralmente tutti i punti dell’art. 5 in scrutinio:

“Il punteggio riservato ai titoli è 100/100.

1. Titoli di Laurea fino ad un massimo punti di 10 così ripartiti:

da 66/110 a 84/110 = 1 punti

da 85/110 a 94/110 = 3 punti

da 95/110 a 104/110 = 5 punti

da 105/110 a 110/110 e lode = 10 punti

2. fino ad un massimo di 30 punti riguardanti la pregressa attività’ didattica adeguatamente specificata e documentata e fino ad un massimo di 20 punti riguardanti l’elenco delle pubblicazioni scientifiche relative alla disciplina cui si riferisce il concorso o a disciplina strettamente affine;

3. fino ad un massimo di 20 punti riguardanti l’elenco dei titoli di studio postlauream e professionali comprovanti la qualifica di studiosi ed esperti;

4. fino ad un massimo di 10 punti in merito al programma didattico del corso che si intende svolgere;

5. fino ad un massimo di 10 punti per altre esperienze professionali.”

3.4. Ebbene, come può agevolmente notarsi, manca, come dianzi si avvertiva, per ognuno dei titoli indicati, la prefissione dei criteri – guida che la Commissione avrebbe dovuto osservare per assegnare a ciascun candidato, il punteggio concretamente riconosciutogli tra il minimo e il massimo previsti. Con l’unica eccezione costituita dal punteggio per il voto di laurea, ipotesi per la quale sono specificate le forbici ed è, infatti, chiaramente stabilito dal punto 1, che al candidato che ha conseguito un voto di laurea tra 66/110 e 84/110 va assegnato 1 punto;
al candidato che ha conseguito un voto di laurea compreso tra 85 e 94/110 vanno assegnati 3 punti e così via fino all’ipotesi del candidato laureatosi con voto compreso tra 105 e 110/100 e lode, cui vanno attribuiti 10 punti.

Senza trascurare peraltro il delta di arbitrio insito nella prevista assegnazioni di 10 punti sia al candidato laureatosi con 105 che a quello cha ha invece conseguito il massimo dei voti cum laude.

3.5. Hoc excepto , la necessità di predisposizione di criteri – guida, ovvero criteri motivazionali di attribuzione in concreto del punteggio tra il minimo e il massimo “tabellare”, emerge con lampante evidenza relativamente ai titoli di cui al punto 2: “fino ad un massimo di 30 punti riguardanti la pregressa attività’ didattica adeguatamente specificata e documentata (…)” nonché per quelli di cui al punto 3: “fino ad un massimo di 20 punti riguardanti l’elenco dei titoli di studio postlauream e professionali comprovanti la qualifica di studiosi ed esperti” e di cui al punto 4.: “fino ad un massimo di 10 punti in merito al programma didattico del corso che si intende svolgere”.

Affiora ictu oculi l’assenza di qualsivoglia parametro direttivo, che avrebbe dovuto indirizzare il giudizio della Commissione nel disimpegno dell’attività valutativa conducente all’attribuzione di 30, anziché di 15 punti per la pregressa attività didattica adeguatamente documentata (quanto rilevasse, ad esempio l’attività didattica svolta come dottorando di ricerca rispetto a quella svolta come semplice “cultore della materia”;
come docente in seminari a latere dei programmi di corsi di studio universitari ovvero di docenze in master, rivolte a discenti già laureati).

3.6. Del pari non intende il Collegio quali criteri abbia seguito la Commissione per attribuire in concreto 5 punti in luogo del massimo di 10 per il programma didattico del corso che ciascun candidato intendeva svolgere. Carenza, questa, che nel caso di specie è ragione dell’interrogativo correlato alla censura all’uopo svolta dal ricorrente che si duole che al programma da lui presentato siano stati attribuiti soli 5 punti, là dove a quello presentato dal candidato – vincitore – Vasaturo, “composto da una sola pagina contenente solo generici riferimenti e per metà foglio dedicato esclusivamente all’analisi delle organizzazioni criminali mafiose, è stato attribuito il massimo di 10 punti”.

4. Ritiene dunque il Collegio che vada affermato il principio secondo cui fermo restando che i bandi dei concorsi pubblici o di selezione di candidati in base alle loro qualità documentate da titoli comprovanti il pregresso svolgimento di attività consonanti con quelle oggetto di selezione, costituiscono già la sedes materiae della prefissione di criteri – guida per le commissioni giudicatrici ai fini dell’assegnazione dei punteggi tra il minimo e il massimo indicati nei bandi stessi, qualora siffatti criteri guida o motivazionali non siano stati elaborati in via generale nei bandi, è fatto obbligo alle commissioni giudicatrici di elaborare appositi criteri motivazionali o criteri guida onde assegnare ai candidati, in concreto, un determinato punteggio oscillante tra quello minio e quello massimo già previsti nel bando per ciascun titolo o per ciascuna prova d’esame. E ciò al duplice fine di arginare la discrezionalità tecnica di cui godono le commissioni regolamentandone l’esercizio ai fini dell’imparzialità e del buon andamento scolpiti all’art 97 Cost. e parallelamente di consentire al giudice di ricostruire l’iter logico seguito dalle commissioni onde sindacarlo nei noti limiti del sindacato di legittimità sub specie di ragionevolezza, linearità ed attendibilità della valutazione.

Sul tema va richiamato quanto già precisato da questo Tribunale nel precedente correttamente invocato dal ricorrente, in cui si osservava “ come sia ormai acquisito da tempo il principio secondo cui la commissione di valutazione degli elaborati di un concorso ovvero delle qualità di un candidato debba predeterminare nella prima riunione i criteri di valutazione ai quali si atterà nello scrutinio delle prove e che ciò debba avvenire prima che siano conosciute le generalità di concorrenti, onde scongiurare il ischio che la confezione dei criteri predetti avvenga su misura in modo da poter favorire taluno dei competitors.” ricordandosi che l’art. 12 del d.P.R. n.487/1994 stabilisce che “Le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove.” e che “ La giurisprudenza ha fornito un’interpretazione conservativa della norma, precisando che l’attività di predeterminazione può avvenir anche dopo lo svolgimento delle prove scritte, purché prima che si proceda alla loro correzione” , per l’intuitiva ragione che l’elaborazione dei criteri ancorché avvenuta dopo lo svolgimento delle prove, precedendo la valutazione di esse stesse, tenda a favorire o sfavorire a taluni candidati (TAR Lazio- Roma, Sez. III bis, 3 ottobre 2018, n. 9714). Si sono espressi in tal senso T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I, 10 gennaio 2017 n. 368;
T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III ,7 maggio 2014 n. 4733, T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 19 giugno 2015 n. 597 ed anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 marzo 2015 n. 1411).

Conviene richiamare anche altra pronuncia di questa Sezione, secondo la quale i “ Criteri di valutazione [che] ad avviso della Sezione devono essere formulati non in termini generici, generali o astratti riferibili a determinate qualità e caratteristiche degli elaborati, ma dettagliati e fungere da criteri motivazionali necessari a definire quanto quelle qualità concorrano a determinare il punteggio stabilito nel bando per le singole prove.” (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III Bis, 25 luglio 2018 n. 8426).

5. Non sfugge peraltro al Collegio che l’orientamento sinora rassegnato si è formato relativamente allo svolgimento di concorsi pubblici preordinati al reclutamento di dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ma in virtù della valenza generale dei principi che lo sottendono, di diretta derivazione dai canoni di imparzialità, correttezza e buon andamento dell’ agere amministrativo rivenienti dagli artt.3 e 97 della Costituzione, vanno predicati anche relativamente alle selezioni comparative universitarie, le quali con i concorsi pubblici condividono la finalità della provvista di soggetti cui affidare prestazioni di docenza, il finanziamento con risorse pubbliche, l’espletamento da parte di commissioni giudicatrici appositamente nominate e la previa indizione mediante bandi pubblici e l’espletamento secondo procedure ad evidenza amministrative improntate alla trasparenza e alla par condicio.

Ha del resto affermato da tempo l’applicazione dell’obbligo di elaborazione di criteri motivazionali alle selezioni per l’assegnazione di docenze universitarie, anche il Consiglio di Stato con la pronuncia correttamente citata dal ricorrente che ha sancito che “è illegittima la mancata predeterminazione di criteri, anche solo orientativi, riguardanti la valutazione dei titoli scientifici, giacché l’ampia discrezionalità riconosciuta dalla legge alla Commissione giudicatrice dei concorsi universitari, se non consente di costringere i giudizi di valore sulla maturità scientifica sulla materia scientifica dei candidati entro parametri rigidamente predeterminati, non tollera neppure l’omissione di qualsiasi criterio, anche solo orientativo, idoneo ad indirizzare le valutazioni dei candidati in modo omogeneo e rispettoso delle regole della trasparenza”. (Cons. St., Sez. VI, n. 25 settembre 2002, n. 4881).

Più di recente anche questa Sezione ha sancito la delineata estensione anche ai concorsi universitari non intesi al reclutamento di docenti in qualità di pubblici dipendenti, del principio della necessaria predeterminazione nel bando di criteri di valutazione sufficientemente dettagliati o, in alternativa, dell’obbligo di previa elaborazione di essi in capo alle Commissioni giudicatrici, sancendo che “Solo allorché i criteri di valutazione degli elaborati concorsuali nonché dei titoli presentati dai concorrenti ad una procedura concorsuale intesa all'attribuzione di utilità di provenienza pubblica e cioè non solo di conferimento di posti di pubblico impiego ma anche di contratti di ricerca, siano analitici e dettagliati, il giudizio finale può essere espresso con un punteggio, il quale rappresenta l'espressione sintetica e quasi aritmetica del giudizio di merito. Viceversa, là dove, come nella specie, il bando di concorso non abbia previsto criteri di attribuzione del punteggio sufficientemente dettagliati ed analitici, può al più, sopperire a tale carenza, la Commissione dettagliando e parametrando criteri di valutazione espressi nel bando in maniera generica” (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III, 12 maggio 2021, n. 5686).

Dal carattere generico dei criteri di valutazione dei titoli di cui all’art. 5 dell’impugnato bando di concorso e dalla mancata specificazione di essi da parte della commissione consegue l’annullamento della procedura selettiva espletata: “La mancata predeterminazione dei criteri nel corso della prima riunione della Commissione, di per sé sola, rende illegittimo il procedimento di concorso per violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 487/1994” (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III-Bis, 25 luglio 2018 n. 8426).

Alla luce di quanto argomentato, dunque, il ricorso principale si prospetta fondato e va conseguentemente accolto dovendosi annullare l’impugnato bando prot. n. 402 del 27 luglio 2018 e l’intera procedura selettiva svolta.

6. Può passarsi all’esame dei motivi aggiunti depistati il 7 maggio 2019.

6.1. Premette con il primo motivo aggiunto il ricorrente che l ’art. 21 nonies l.n. 241/90 s.m.i. al comma 2 stabilisce che “ È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”.

Sostiene essere pacifico che il presupposto della convalida del provvedimento amministrativo è costituito dalla esistenza di un provvedimento “annullabile”, ossia viziato ma non ancora annullato, consistendo la convalida in una manifestazione di volontà dell’amministrazione che ha emanato l’atto invalido ed intende eliminare i vizi da cui esso è affetto. La convalida comporta infatti l’emanazione di un provvedimento nuovo ed autonomo, di carattere costitutivo, il quale però si ricollega all’atto convalidato, al fine di mantenerne gli effetti fin dal momento in cui lo stesso è stato emanato.

Sarebbe pertanto evidente, però, che il presupposto fondamentale ed ineludibile affinché la P.A. possa convalidare un atto invalido è la circostanza che lo stesso non sia stato già eliminato dal mondo giuridico per effetto di una decisione giurisdizionale di annullamento o di un provvedimento amministrativo di secondo grado, poiché mancherebbe, in tali ipotesi, proprio l’oggetto della convalida.

Viceversa, nel caso di specie, l’amministrazione ha illegittimamente inteso procedere alla convalida, peraltro parziale, di un atto già annullato, ossia non più produttivo di effetti giuridici. In data 28.12.2018 (. all. 2 al ricorso per motivi aggiunti), infatti, l’amministrazione ha annullato d’ufficio “ai sensi degli artt. 21 octies e 21 nonies della legge n. 241/90 (…) il bando di selezione prot. n. 402 del 27.7.2018” nonché i provvedimenti di approvazione dei vincitori.

Successivamente, col provvedimento in data 11.2.2019, parimenti impugnato con il gravame per motivi aggiunti in scrutinio, l’amministrazione ha adottato un “decreto di convalida della procedura comparativa pubblica (…) relativamente all’insegnamento di Criminologia(SPS/12) (…)”, stabilendo di “rendere inefficace, nei confronti dei dottori G V, S B d P e G V V (…) gli effetti della precedente determinazione di annullamento del 28.12.2018 prot. 621 e di convalidare per i medesimi gli atti della procedura di selezione dagli stessi superata”, decretando, infine, la reintegra degli stessi quali vincitori della selezione già annullata.

Per il ricorrente, dunque l’impugnato decreto di convalida, avendo ad oggetto un provvedimento annullato, integra gli estremi di un atto nullo per mancanza di un elemento essenziale, quale l’oggetto dell’atto da convalidare e, in ogni caso, totalmente inidoneo a ripristinare gli effetti del bando di concorso già annullato dall’amministrazione

7.Il motivo persuade il Collegio e va accolto.

La giurisprudenza è risalente e pacifica nel sancire che è inammissibile la convalida di atti annullati, atteso che l’intervenuto annullamento elimina l’atto stesso dal mondo giuridico, conseguendone l’inconfigurabilità di una convalida con effetti ex tunc , ma, eventualmente, solo l’adozione di un nuovo provvedimento avente, all’evidenza, efficacia ex nunc .

7.1. Insuperata sistemazione dottrinaria, inoltre, individua i presupposti del provvedimento di convalida in: 1) esistenza di un atto annullabile in quanto viziato;
2) consapevolezza, da parte dell’autorità che lo ha emanato, del relativo vizio;
3) volontà di mantenere in vita il provvedimento viziato (animus convalidandi) da manifestare espressamente con un nuovo provvedimento, avente efficacia ex nunc , derivante dal “ponte” virtuale stabilito tra l’atto viziato e il provvedimento che riconosce il vizio e lo espunge dal provvedimento, il quale resta in vita sin dalla sua adozione ma epurato del vizio stesso;
4) competenza dell’autorità che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida, all’adozione anche del provvedimento di convalida.

Sulle orme di questo insegnamento la giurisprudenza ha precisato che “Il provvedimento di ratifica o convalida dell'atto viziato va legittimamente a sostituirsi a quest'ultimo solo ove ricorrano i presupposti previsti dell'individuazione dell'atto da convalidare, della specificazione del vizio da eliminare e del c.d. animus convalidandi, cioè la volontà di rimuovere il vizio.” ( T.A.R. Sardegna, Sez. II, 22/11/2016, n. 905)

Sul punto il Consiglio di Stato ha ricostruito i principi operanti in materia di convalida dei provvedimenti precisando che “In via generale, la giurisprudenza di questo Consiglio ha avuto modo di osservare che, per effetto dell'art. 21-nonies sopra citato, appare evidente "l'intendimento del legislatore di consentire oggi, in via generale, il mantenimento in vita di provvedimenti affetti soltanto da vizi di carattere formale", come quello di incompetenza, e che, in tal caso, non si necessita di particolare, dettagliata motivazione in ordine all'oggetto del provvedimento da convalidare e degli atti a questo antecedenti (Cons. St., sez. IV, 29 maggio 2009 n. 3371). Pur sussistendo la necessità di motivare in ordine all'adozione del provvedimento di convalida, ciò, tuttavia, non comporta che l'organo adottante debba ripercorrere, con obbligo di dettagliata motivazione, tutti gli aspetti (e gli atti del procedimento) relativi al provvedimento convalidato, essendo sufficiente che emergano chiaramente dall'atto convalidante le ragioni di interesse pubblico e la volontà dell'organo di assumere tale atto (Cons. Stato, sez. IV, 12 agosto 2011 n. 2863). (…). In definitiva, l'amministrazione, in presenza di un atto illegittimo, ed in considerazione di ragioni di pubblico interesse (e della loro natura), può decidere sia di procedere all'annullamento dell'atto in via di autotutela, sia ad operare un "intervento ortopedico" sull'atto medesimo, sanando i vizi che, rendendolo illegittimo, ne determinerebbero astrattamente l'annullabilità.

Da quanto esposto, appare del tutto evidente che l'esercizio del potere di convalida presuppone un atto non ancora annullato (quale che sia stata la sede in cui l'annullamento è intervenuto), mancando, in difetto di ciò, lo stesso "oggetto" dell'esercizio del potere di autotutela decisionale.” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 maggio 2017, n. n.2351).

8. Con il secondo motivo aggiunto il ricorrente si duole, in sintesi che la convalida del provvedimento di annullamento in esame costituirebbe “il suggello finale della complessa trama provvedimentale nella quale prende corpo e si articola la callida condotta dell’Amministrazione, decisa a tutto pur di ostacolare il conseguimento dell’incarico didattico da parte del ricorrente e che ciò che la P.A. avrebbe dovuto fare è l’esatto contrario di ciò che ha fatto, ossia, in luogo di disporre una impossibile e giuridicamente inammissibile convalida parziale di un provvedimento da essa stessa annullato, si sarebbe dovuta limitare all’originario annullamento dello stesso ed alle conseguenti determinazioni” riconducendo la propria condotta ai principi di legalità, imparzialità e trasparenza.

8.1. Anche la riassunta censura è fondata e va conseguentemente accolta.

All’uopo basti solo al Collegio rimarcare che la portata parziale dell’impugnata convalida, ovverosia la sua limitazione a ai soli tre candidati risultati vincitori della procedura concorsuale annullata con provvedimento del 28.12.2018, suffraga la dianzi sintetizzata doglianza del ricorrente in ordine al carattere discriminatorio ai suoi danni della convalida stessa e la fondatezza della censura complessivamente dedotta con il motivo all’esame, con cui si rubrica tra l’altro violazione dei principi di lealtà procedimentale e di correttezza dell’azione amministrativa ed eccesso di potere per sviamento dalla “funzione”.

9. Infine è doveroso puntualizzare che la presente sentenza di annullamento si profila utile al ricorrente ai soli fini risarcitori avendo egli precisato che, ancorché l’incarico di insegnamento oggetto del bando sia oramai giunto al termine, permane comunque il suo interesse all’accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati ai sensi dell'art. 34, comma 3, c.p.a., al fine di potere agire nei confronti dell'amministrazione intimata per il risarcimento di ogni danno conseguente al suo illegittimo operato. Interesse manifestato nelle due istanze di prelievo depositate agli atti del giudizio, nelle quali il ricorrente, irreparabilmente ed inevitabilmente penalizzato e pregiudicato, ha rimarcato l’urgenza della decisione (senza peraltro con ciò sottacere la sua rinuncia all’istanza cautelare formulata alla Camera di consiglio del 9 gennaio 2019 benché, vada pure contestualmente evidenziato, il decreto di convalida sia stato assunto successivamente a tale rinuncia, ossia in data 11 gennaio 2019).

Come noto, l’art. 34, comma 3, c.p.a. prevede che “quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se risulta l’interesse ai fini risarcitori”.

Sul punto il Collegio richiama l’indirizzo giurisprudenziale formatosi sull’interpretazione dell’art. 34, c.p.a., a stare al quale qualora “permanga un interesse della parte all'esame della censura, anche ai soli fini risarcitori, il giudice procedente è tenuto a statuire nel merito, onde evitare un'elusione dell'obbligo di pronunciare sulla domanda” (Cons. di St., Sez. VI, n. 2224/2021;
Cons. di St. Sez. IV, n. 3095/2021).

Le spese seguono la soccombenza come liquidate in dispositivo.

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