TAR Roma, sez. IV, sentenza 2024-03-20, n. 202405572

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. IV, sentenza 2024-03-20, n. 202405572
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202405572
Data del deposito : 20 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/03/2024

N. 05572/2024 REG.PROV.COLL.

N. 05060/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5060 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Brt S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati E F, A M, L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, avente domicilio in Roma, alla Via dei Portoghesi, 12;

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

per l’accertamento

che nessun contributo è dovuto dalla ricorrente all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per l’anno 2021;

per l’annullamento

- della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 617/20/CONS del 19 novembre 2020 concernente “ Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per l’anno 2021 dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali ”, pubblicata sul sito dell’Autorità il 1° marzo 2021 e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 16 marzo 2021;

- del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 dicembre 2020 (non conosciuto), con cui è stata approvata la delibera n. 617/20/CONS;

- della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 72/21/CONS del 25 febbraio 2021 concernente “ Modello telematico e istruzioni relativi al contributo dovuto all’Autorità per l’anno 2021 dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali ”, ivi compresi gli allegati A e B, pubblicata sul sito dell’Autorità a decorrere dal 1° marzo 2021;

- ove occorra, della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 695/20/CONS del 28 dicembre 2020 concernente “ Bilancio di previsione per l’esercizio 2021 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ”, disponibile sul sito dell’Autorità dal 4 febbraio 2021;

- nonché di ogni ulteriore atto presupposto, connesso o comunque consequenziale agli atti di cui sopra.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti,

per l’annullamento

- della nota del Capo del Dipartimento per il coordinamento amministrativo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri prot. 0546374 del 24 dicembre 2020, corredata del (i) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 dicembre 2020 di approvazione della delibera AGCom n. 617/20/CONS del 19 novembre 2020;

e (ii) della nota del Capo di Gabinetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze prot. 20909 del 15 dicembre 2020;

- del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 settembre 2019;

- nonché di ogni ulteriore atto presupposto, connesso o comunque consequenziale agli atti di cui sopra.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 marzo 2024 il dott. G G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. BRT s.p.a. ha chiesto con il ricorso introduttivo e successivi motivi aggiunti l’annullamento della delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 617/20/CONS del 19 novembre 2020 titolata “ Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per l’anno 2021 dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali ”, del decreto di approvazione della medesima, della delibera

AGCOM

72/21/CONS del 25 febbraio 2021 titolata “ Modello telematico e istruzioni relativi al contributo dovuto all’Autorità per l’anno 202 1 dai soggetti che operano nel settore dei servizi postali ” e della nota del Capo del Dipartimento per il coordinamento amministrativo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri prot. 0546374 del 24 dicembre 2020 e il pedissequo d.P.C.M. del 16 settembre 2019, chiedendone l’annullamento sulla base dei seguenti motivi:

1. SULLA NON RICONDUCIBILITÀ DELL’ATTIVITÀ SVOLTA DALLA RICORRENTE ALL’ATTIVITÀ DI “OFFERTA AL PUBBLICO DI SERVIZI” E SULLA CONSEQUENZIALE INSUSSISTENZA IN CAPO AD ESSA DI ALCUN OBBLIGO CONTRIBUTIVO: VIOLAZIONE DELL’

ARTICOLO

6 DEL

DECRETO LEGISLATIVO

22

LUGLIO

1999 N. 261 -

VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI

23, 41 E 97 DELLA COSTITUZIONE – VIOLAZIONE DELL’ART.

1.65 DELLA LEGGE N. 266/2005 - ECCESSO DI POTERE PER INSUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO, ILLOGICITÀ MANIFESTA, SVIAMENTO, INGIUSTIZIA GRAVE E MANIFESTA, DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE.

2) VIOLAZIONE DELL’

ARTICOLO

65 DEL

DECRETO LEGGE

24

APRILE

2017 N. 50, DELL’

ARTICOLO

1.9

DELLA LEGGE

31

LUGLIO

1997 N. 249 E DELL’

ARTICOLO

1.65

DELLA LEGGE

23

DICEMBRE

2005 N. 266 -

VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA

97/67/CE DEL 15

DICEMBRE

1997 - VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 23 DELLA COSTITUZIONE.

3) VIOLAZIONE DELL’

ARTICOLO

9

DELLA DIRETTIVA

97/67/CE DEL 15

DICEMBRE

1997, DELL’

ARTICOLO

65 DEL

DECRETO LEGGE

24

APRILE

2017 N. 50, DELL’

ARTICOLO

1,

COMMA

65,

DELLA LEGGE

23

DICEMBRE

2005 N. 266 - ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLA CARENZA DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, NONCHÉ DELLA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ.

4) ULTERIORE VIOLAZIONE DELL’

ARTICOLO

65 DEL

DECRETO LEGGE

24

APRILE

2017 N. 50, DELL’

ARTICOLO

1,

COMMA

65, E

COMMA

66

DELLA LEGGE

23

DICEMBRE

2005 N. 266 E DELL’

ARTICOLO

23 COST.

5) VIOLAZIONE DELL’

ARTICOLO

65 DEL

DECRETO LEGGE

24

APRILE

2017 N. 50

6) ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELL’ILLEGITTIMITÀ DEGLI ATTI PRESUPPOSTI.

7) VIOLAZIONE DELL’ART. 65 DEL D.L. 24

APRILE

2017, N. 50 - DELL’ART. 1,

COMMA

65,

DELLA LEGGE

23

DICEMBRE

2005, N. 266 - ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLA CARENZA DI ISTRUTTORIA E DEI PRESUPPOSTI - DIFETTO DI MOTIVAZIONE - VIOLAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE -VIOLAZIONE DELL’ART. 31 D.LGS. 33/2013.

8) ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELL’ILLEGITTIMITÀ DEGLI ATTI PRESUPPOSTI (motivi aggiunti)

9) INCOMPETENZA - NULLITÀ - ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELL’ILLEGITTIMITÀ DEGLI ATTI PRESUPPOSTI, DELLA CARENZA DI ISTRUTTORIA E DELLA CARENZA DI MOTIVAZIONE - VIOLAZIONE DELL’

ARTICOLO

1.65

DELLA LEGGE

23

DICEMBRE

2005 N. 166 (motivi aggiunti).

2. Si è costituita in giudizio l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni chiedendo l’integrale reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti.

3. All’udienza pubblica del 13 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Il presente giudizio ha per oggetto il sistema di finanziamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella sua qualità di Autorità nazionale di Regolamentazione (ANR) per il settore dei servizi postali, relativo all’annualità 2021.

La società BRT (già Bartolini s.p.a) premette di essere uno dei più importanti corrieri espresso nazionali, e di svolgere l’attività di autotrasporto merci per conto terzi, spedizione, deposito e logistica sotto il marchio “ BRT Corriere Espresso ” e di essere munita dell’autorizzazione generale di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261, prevista per l’attività di “ offerta al pubblico di servizi non rientranti nel servizio universale ”.

La Società ricorrente contesta in particolare la sua qualificazione di operatore postale, ritenendo perciò di non essere destinataria del potere regolatorio della ANR, né quindi di essere soggetta all’onere di contribuzione alle spese per la stessa previsto dalla normativa europea e, segnatamente, dall’art. 9 della direttiva 97/67/CE, modificata dalla direttiva 2008/6/CE, recepito dapprima con d.lgs. 261/99 e poi con il d.l. 50/2017.

5. Con primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che i corrieri espresso non rientrerebbero tra gli operatori del settore dei servizi postali;
pertanto, non sarebbero destinatari del potere regolatorio della ANR né quindi sarebbero soggetti al pagamento del contributo per il suo funzionamento.

Il motivo è infondato.

Questo Tribunale invero si è già pronunciato sulla medesima questione giuridica in relazione alle precedenti annualità contributive, affermando in particolare con riferimento ai contributi dovuti per il 2018 (Tar Lazio, Sezione Terza, 3024/2020) che: “ Quanto al primo motivo (basato sulla premessa che l’attività di corriere espresso non può essere legittimamente qualificata come “servizio postale”) si rammenta che la sentenza della CGUE del 16 novembre 2016 nella causa C-2/15, ha chiaramente affermato che i servizi contemplati dall’art. 9, comma 2 della Direttiva 97/67/CE del 15 dicembre 1997 non attengono al solo servizio universale, mentre i costi-funzione finanziabili sono quelli concernenti l’intero settore dei servizi postali.

Più recentemente, con sentenza del 31 maggio 2018 nelle cause riunite C 259/16 e C 260/16, la Corte di Giustizia ha affermato, per quanto di interesse nel caso in esame, quanto segue:

“28 Nella fattispecie, come posto in rilievo dall’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, i dubbi del giudice del rinvio vertono sull’eventuale qualifica come fornitori di servizi postali, ai sensi dell’articolo 2, punto 1 bis, della direttiva 97/67, di due categorie di imprese, e cioè, da un lato, le imprese che offrono servizi di autotrasportatore e spedizioniere e, dall’altro, le imprese di corriere espresso. (…)

36. Riguardo ai servizi di corriere espresso, le ricorrenti nei procedimenti principali fanno valere che detti servizi non dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 97/67 stante il valore

aggiunto dagli stessi apportato.

37. A tale proposito va ricordato, in primo luogo, che la direttiva 97/67 non definisce quanto debba intendersi con «servizio di posta espressa», limitandosi a prevedere, al considerando 18, che «la differenza fondamentale tra servizio di posta espressa e servizio postale universale risiede nel valore aggiunto (in qualsiasi forma) che il servizio di posta espressa rappresenta ed è percepito dal cliente».

38. In secondo luogo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che i servizi di posta celere si differenziano dal servizio postale universale per il loro valore aggiunto fornito ai clienti, per il quale essi accettano di pagare di più. Prestazioni del genere corrispondono a servizi specifici, scindibili dal servizio di interesse pubblico, rispondenti ad esigenze specifiche di operatori economici e che richiedono prestazioni supplementari che il servizio postale tradizionale non offre (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2017, Ilves Jakelu, C 368/15, EU:C:2017:462, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

In terzo luogo, nelle sentenze del 13 ottobre 2011, DHL

International (C 148/10, EU:C:2011:654, punti 30 e 52), del 16 novembre 2016, DHL Express (Austria) (C 2/15, EU:C:2016:880, punto 31) e del 15 giugno 2017, Ilves Jakelu (C 368/15, EU:C:2017:462, punto 29), la Corte ha dichiarato che imprese le quali forniscono servizi di posta celere rientravano nell’ambito di applicazione della direttiva 97/67 e ha applicato loro talune disposizioni della direttiva in parola. Orbene, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, le sentenze richiamate sarebbero sprovviste di significato se la Corte non avesse implicitamente accettato il presupposto che il servizio di corriere espresso rientra nella nozione di «servizi postali», ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della menzionata direttiva.

39.In siffatto contesto, benché sia possibile operare una distinzione fra il servizio universale e il servizio di corriere espresso, basata sulla sussistenza o meno di un valore aggiunto apportato dal servizio, occorre constatare che un simile criterio di differenziazione è del tutto privo di rilevanza quanto alla natura dei servizi elencati all’articolo 2, punto 1, della direttiva 97/67. La circostanza, quindi, che detti servizi apportino, eventualmente, un valore aggiunto non è tale da far venir meno la loro qualità di «servizi postali», ai sensi della menzionata disposizione.

40. Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 2, punti 1, 1 bis e 6, della direttiva 97/67 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, come quella in discussione nei procedimenti principali, secondo cui le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo nel caso in cui la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali, ai sensi dell’articolo 2, punto 1 bis, della menzionata direttiva”.

Alla luce delle chiare coordinate ermeneutiche fornite dal Giudice Europeo, il Collegio non può che pervenire alla reiezione del motivo (sul punto vedi quanto già affermato da questo TAR nelle sentenze n. 1221/2017 del 23 gennaio 2017, n. 3626 del 17 marzo 2017 e n. 10264 del 12.10. 2017) ».

Tali conclusioni sono state inoltre confermate dalla sentenza della Corte di Giustizia del 7 settembre 2023, causa C-226/22 - occasionata da giudizi aventi ad oggetto il contributo dovuto per gli anni 2017, 2018 e 2019, che recano il medesimo modello contributivo della delibera impositiva 2021 oggetto del presente giudizio - laddove, con riferimento al terzo quesito, viene puntualmente chiarito come “ nella presente causa è pacifico che la misura di cui trattasi, consistente nell’imporre in modo uniforme, a tutti gli operatori del settore postale, un medesimo obbligo di finanziamento e, in particolare, una medesima aliquota di contribuzione, senza tener conto del grado di intensità dell’attività di regolamentazione dell’ANR rispetto alle prestazioni di servizi effettuate da ciascun operatore, è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito o che la normativa nazionale persegue un siffatto obiettivo in modo coerente. Del resto, poiché l’obiettivo di tale misura nazionale è, in sostanza, quello di garantire all’ANR interessata il finanziamento più ampio possibile, che possa consentirle di adempiere i suoi compiti in piena indipendenza, detta misura deve, in linea di principio, essere considerata idonea a garantire la realizzazione di un siffatto obiettivo ”.

Se, con ogni evidenza, va escluso che il contributo integri una forma di “remunerazione” del servizio regolatorio, va rammentato come la Corte di Giustizia avesse già chiarito, nell’ambito delle pregiudiziali C-2/2015, C-259/2016 e C-260/2016, che sono tenuti al finanziamento dell’A.N.R. tutti gli operatori postali, a prescindere dalla tipologia dei servizi offerti nel mercato, evidenziando come tutti gli operatori beneficino, direttamente o indirettamente, di ogni intervento dell’A.N.R., in quanto volto a favorire lo sviluppo concorrenziale del mercato globalmente inteso.

Ne deriva la sicura legittimità di un provvedimento impositivo, il quale, come nella vicenda all’esame, imponga “in modo uniforme” a tutti gli operatori postali un “medesimo obbligo di finanziamento”, ossia con “medesima aliquota” contributiva;
contributo che, è opportuno soggiungere, è determinato, in conformità a quanto disposto dall’art. 65 del decreto-legge n. 50/2017, “facendo riferimento ai ricavi maturati dagli operatori nel settore postale”, con riveniente proporzionalità rispetto ai ricavi conseguiti da ciascun operatore nel settore postale (cfr. Tar Lazio, Sezione Quarta, Sentenza, n. 15905/2023)

Il motivo va pertanto respinto, atteso che la normativa europea e nazionale, così come interpretata dalla Corte di Giustizia, impone un’applicazione uniforme delle medesime norme contributive e della medesima aliquota a tutti gli operatori postali, “ facendo riferimento ai ricavi maturati dagli operatori nel settore postale” (art. 65 d.l. 50/2017) in modo da assicurare un onere proporzionato ai ricavi conseguiti da ciascun operatore postale.

6. Con il secondo motivo di ricorso, viene lamentata l’illegittimità dei provvedimenti, sostenendosi che verrebbe rimesso esclusivamente in capo agli operatori postali il finanziamento delle attività nel corrispondente settore, senza tenere conto del finanziamento statale, laddove il meccanismo del finanziamento da parte del mercato di competenza sarebbe limitato alla “ parte non coperta dal finanziamento a carico del bilancio dello Stato ”.

La doglianza non è meritevole di favorevole considerazione.

Invero, l’attuale sistema di finanziamento viene disciplinato dal d.l. n. 50/2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 96/2017, che ha allineato il sistema di finanziamento dell’Autorità per il settore dei servizi postali a quello previsto dalla legge finanziaria 2006 per tutti gli altri settori di competenza dell’Amministrazione, abrogando espressamente le precedenti norme del d.lgs. 261/99 relative al finanziamento della Agenzia ministeriale originariamente prevista.

In particolare, ai sensi dell’art. 65 del citato decreto-legge n. 50/2017:

A decorrere dall’anno 2017, alle spese di funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in relazione ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale, si provvede esclusivamente con le modalità di cui ai commi 65 e 66, secondo periodo, dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, facendo riferimento ai ricavi maturati dagli operatori nel settore postale. Sono abrogate le norme di cui all’articolo 2, commi da 6 a 21, e di cui all’articolo 15, comma 2-bis, del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261 .”.

Stabilisce quindi l’art. 1 comma 65 l. 266/2005 che “ 65. A decorrere dall’anno 2007 le spese di (…) dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, dell’Autorità (…) per le garanzie nelle comunicazioni e della Commissione di vigilanza sui fondi pensione sono finanziate dal mercato di competenza, per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato, secondo modalità previste dalla normativa vigente ed entità di contribuzione determinate con propria deliberazione da ciascuna Autorità, nel rispetto dei limiti massimi previsti per legge, versate direttamente alle medesime Autorità (…)

66. In sede di prima applicazione, per l’anno 2006, l’entità della contribuzione a carico dei soggetti operanti nel settore delle comunicazioni di cui all’articolo 2, comma 38, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, è fissata in misura pari all’1,5 per mille dei ricavi risultanti dall’ultimo bilancio approvato prima della data di entrata in vigore della presente legge. Per gli anni successivi, eventuali variazioni della misura e delle modalità della contribuzione possono essere adottate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi del comma 65, nel limite massimo del 2 per mille dei ricavi risultanti dal bilancio approvato precedentemente alla adozione della delibera ”.

Ne deriva che nel caso di specie non appare configurarsi l’obbligatorietà del co-finanziamento statale delle attività della ANR, essendo sufficiente che le spese delle autorità di regolazione siano finanziate dal mercato di competenza « per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello stato ».

Pertanto, come correttamente sostenuto dalla parte ricorrente, in base alla richiamata disposizione, la parte coperta dal finanziamento statale ben può essere, per ciascuna annualità considerata, pari a zero, secondo quanto previsto dalla Legge di bilancio annuale.

Tale sistema di finanziamento trova infatti la sua ragion d’essere nella necessità di garantire alle Autorità di regolazione la dovuta indipendenza e autonomia dal Governo, come è proprio del sistema delle Autorità amministrative indipendenti;
analogamente è legittimo che ciò sia ormai avvenuto anche per il mercato dei servizi postali, rispetto al quale l’azione del regolatore è iniziata dall’anno 2012.

Pertanto, secondo il consolidato orientamento di questo Tribunale (Tar Lazio, Sezione Quarta, Sentenza, n. 15905/2023): “ Esclusa la configurabilità di alcuna forma di co-finanziamento statale delle attività della Autorità, essendo previsto che le spese delle autorità di regolazione siano finanziate dal mercato di competenza per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato, non può quindi escludersi che tale ultima modalità possa, per ciascuna annualità considerata, non essere presente ”.

Il motivo deve essere quindi rigettato in quanto, come già affermato da questo Tribunale in occasione del rigetto di identico motivo proposto dal medesimo operatore avverso la delibera contributiva per l’anno 2018 (Tar Lazio, Sent. n. 3024/2020 cit.): “ in base al dato normativo, la parte coperta dal finanziamento statale può anche essere, per ciascuna annualità considerata, pari a zero, secondo quanto previsto dalla Legge di bilancio annuale, senza che ciò possa determinare vizio dell’atto amministrativo adottato dall’Autorità, atteso che non vi era, per l’anno in esame, alcuna norma di legge che imponesse o autorizzasse l’Amministrazione a fissare una ipotetica quota a carico dello Stato e a quantificarne l’entità (…) deve essere respinto il secondo motivo di gravame articolato da BRT S.p.a., con il quale la società lamenta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per avere l’Amministrazione imposto ai soli operatori postali (ed ai corrieri, ad essi assimilabili) il finanziamento delle attività dell’AGCOM afferenti al settore postale, senza prevedere anche un’adeguata quota di finanziamento pubblico”.

Sulla medesima questione si è espressa anche la Corte di Giustizia che, con la sentenza del 7 settembre 2023, in risposta al primo quesito formulato dal Consiglio di Stato, ha dichiarato la normativa nazionale conforme a quella eurounitaria, affermando che “ l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, e paragrafo 3, della direttiva 97/67, in combinato disposto con l’articolo 22 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro opti per un meccanismo di finanziamento dell’ANR responsabile del settore postale alimentato esclusivamente mediante contributi imposti agli operatori di tale settore ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, di tale direttiva, ad esclusione di qualsiasi finanziamento da parte del bilancio dello Stato, purché tale sistema garantisca che l’ANR interessata disponga effettivamente delle risorse indispensabili per assicurare il suo buon funzionamento e l’adempimento, in piena indipendenza, dei suoi compiti di regolamentazione del settore postale o dei mezzi giuridici che le consentano di acquisire tali risorse ”.

7. Con il terzo e settimo motivo del ricorso introduttivo e il motivo n. 9 dei motivi aggiunti, la società ricorrente lamenta il difetto di motivazione e la carenza di istruttoria nella quantificazione dell’aliquota contributiva, la violazione del procedimento delineato dall’art. 1, commi 65 e 66 della legge n. 266/2005, nonché la violazione delle norme in materia di finanziamento della ANR, in quanto non sarebbe stata rispettata la procedura prevista per l’adozione della delibera annuale sul finanziamento dal richiamato art. 1, comma 65, nella parte in cui prevede l’acquisizione del parere del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Il motivo è infondato.

Come emerge infatti dai documenti depositati, con nota del 27 novembre 2020 l’Autorità ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la delibera in questa sede impugnata per l’approvazione richiesta dall’art. 1, comma 65, della legge n. 266/2005.

Con nota emessa in pari data, la Presidenza ha trasmesso la delibera al Ministero dell’Economia e delle Finanze che, a sua volta, con nota del 15 dicembre 2020 la ha resa alla stessa Presidenza con gli esiti favorevoli delle valutazioni svolte dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

Con successiva nota del 23 dicembre 2020, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha trasmesso all’Autorità il d.P.C.M. 17 dicembre 2020 con cui la delibera n. 617/20/CONS è stata resa esecutiva.

Dalla richiamata documentazione emerge all’evidenza come la delibera dell’Autorità sia stata puntualmente oggetto di vaglio favorevole e sostanziale - e non meramente formale - da parte del Dipartimento della Ragioneria dello Stato e come, solo a esito delle positive valutazioni del citato Dipartimento, la Presidenza del Consiglio dei Ministri abbia concesso l’esecutività al provvedimento dell’Autorità.

Infine, è infondata la tesi di un asserito obbligo di pubblicazione del d.P.C.M. di approvazione della delibera argomentando dall’art. 9, par. 3, della direttiva 97/67/CE, in forza del quale « Le procedure, gli obblighi e i requisiti di cui ai paragrafi 1 e 2 sono trasparenti» , in quanto la trasparenza della procedura prevista dalla disposizione in esame, non comporta uno specifico obbligo di pubblicazione dei d.P.C.M. di approvazione delle delibere impositive, per altro puntualmente prodotti in giudizio dall’Autorità.

8. Sul quarto motivo (ove si contesta l’esonero dalla contribuzione stabilito a favore delle imprese in crisi e di quelle con fatturato inferiore ad euro centomila), si rileva che – conformemente a quanto già affermato da questo Tribunale (Tar Lazio, Sent. n. 3024/2020 cit.) – l’art. 1, comma 66, della legge n. 266/2005 demanda all’Autorità le eventuali variazioni della misura e delle modalità della contribuzione e che, alla stessa, debbono riconoscersi dei margini discrezionali di manovra sulle modalità di riscossione, finalizzati alla semplificazione delle procedure. Si deve inoltre tener conto della necessaria correlazione – già sopra evidenziata – tra l’obbligazione contributiva di natura impositiva per cui è causa ed il ruolo dell’AGCom quale garante della concorrenzialità del mercato, elemento che giustifica, sul piano della proporzionalità e della ragionevolezza, la scelta dell’Autorità di far gravare le spese finalizzate al corretto funzionamento del mercato sulle sole imprese caratterizzate da presenza significativa nel mercato stesso e dotate di significativa capacità di incidenza sui movimenti delle relative attività economiche (cfr. Corte Costituzionale n. 269/2017).

9. Parimenti infondato è il quinto motivo di ricorso con cui la ricorrente eccepisce che l’AGCom avrebbe dovuto prevedere una verifica al termine dell’anno, e ricorrendone le condizioni avrebbe dovuto prevedere la restituzione degli importi eventualmente versati in più dagli operatori. In violazione di tale articolo, invece, nulla di tutto ciò è stato previsto dalla delibera n. 427/17/CONS, che pertanto andrà annullata anche per questa ragione.

Invero, come eccepito dalla difesa erariale, il meccanismo di restituzione al mercato delle eventuali eccedenze contributive è disciplinato dall’art. 34 comma 2-ter, del d.lgs. n. 259/2003, secondo la stessa procedura disciplinata per il mercato delle comunicazioni elettroniche che trova applicazione anche per il mercato postale (cfr. Tar Lazio, Sent. n. 3024/2020 cit.).

10. Con il sesto motivo del ricorso introduttivo e il motivo n. 8 dei motivi aggiunti la ricorrente lamenta l’illegittimità derivata degli atti consequenziali alla delibera n. 617/20/CONS, ivi compreso il d.P.C.M. del 17 dicembre 2020.

L’infondatezza, per le ragioni dianzi esposte, delle censure presupposte, afferenti alla delibera n. 617/20/CONS, conduce al necessario rigetto del presente motivo di gravame.

11. In relazione all’ottavo motivo, infine, il Collegio rileva che non sono stati forniti dalla società ricorrente elementi atti a smentire la correttezza dei dati contabili forniti (sui quali, peraltro, vigila la Corte dei conti) mentre, per quanto già sopra esposto, i Dipartimenti statali intervenuti nel controllo del bilancio e della relazione dell’AGCom dimostrano di avere compiuto una disamina effettiva e sostanziale sull’attendibilità delle cifre e dei criteri impiegati dall’Autorità ai fini della quantificazione dei costi riferibili alla propria attività nel settore postale (cfr. Tar Lazio, Sent. n. 3024/2020 cit.).

12. Infine, in relazione alla eccepita incompetenza del Sottosegretario di Stato che ha firmato il DPCM di approvazione dell’esecutività della delibera impugnata – contestava al motivo nono dei motivi aggiunti – l’Amministrazione resistente ha dimostrato che l’ambito delle deleghe di firma conferite a e il riferimento esplicito ai “compiti relativi alle autorità amministrative indipendenti” consentivano pienamente l’intervento espletato (cfr. Tar Lazio, Sent. n. 3024/2020 cit.).

13. La constatata infondatezza delle doglianze dedotte con il ricorso introduttivo e i successivi motivi aggiunti impone la reiezione del mezzo di tutela.

Sussistono, in ragione della complessità della controversia e della peculiarità delle tematiche con essa introdotte, giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.

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