TAR Firenze, sez. III, sentenza 2021-01-14, n. 202100038
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Pubblicato il 14/01/2021
N. 00038/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01486/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1486 del 2007, proposto da
E F, rappresentato e difeso dall’avvocato M Z, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale in Firenze, via Ricasoli 40;
contro
Comune di San Giuliano Terme, rappresentato e difeso dall’avvocato A F, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale in Firenze, via Ricasoli 40;
per l'annullamento
del provvedimento n. 33 del 6 giugno 2007, a firma del Dirigente del Servizio Edilizia Privata - Ufficio Condono Edilizio del Comune di San Giuliano Terme, avente ad oggetto il diniego di concessione edilizia in sanatoria e l’ingiunzione di demolizione di opere abusive relative a difformità planivolumetriche e frazionamento di fabbricato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giuliano Terme;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137;
Relatore nell’udienza del giorno 13 novembre 2020 il dott. Savio Picone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente E F è proprietario di una fabbricato per civile abitazione nel Comune di San Giuliano Terme, frazione di Madonna dell’Acqua.
Nell’anno 2002, egli presentò denuncia d’inizio attività per rifacimento del manto di copertura, tinteggiatura della facciata e sistemazione esterna. In seguito, con istanza in data 2 agosto 2002, egli richiese l’accertamento di conformità in sanatoria per un ampliamento del fabbricato, mediante aggiunta sul fronte stesso di un vano, privo di copertura.
L’istanza di sanatoria fu respinta, in quanto l’ampliamento realizzato, per il garage ed i locali tecnici come dichiarato dal progettista, non risultava conforme al vigente regolamento urbanistico. Con il provvedimento di diniego ed il contestuale ordine di demolizione, mai impugnato, il Comune dispose che "(…) anche nell'ipotesi che tale ampliamento venga inteso come una tantum - di 20 mq (art. 29 del R.U.) lo stesso non appare ammissibile in quanto non finalizzato alla riqualificazione tipologica e formale dell’edificio e non attuato secondo appropriate regole di crescita o di aggregazione del tipo".
In seguito, nel 2003, il ricorrente ripresentò domanda di permesso di costruire per il mantenimento dell’ampliamento, altrimenti soggetto a demolizione. Egli poi presentò domanda di condono edilizio, per la regolarizzazione dell’ampliamento.
L’istanza di permesso di costruire fu respinta con provvedimento del Comune di San Giuliano Terme del 28 febbraio 2007, rimasto inoppugnato.
L’istanza di condono edilizio fu respinta con provvedimento del 6 giugno 2007, qui impugnato.
Il ricorrente deduce la violazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, la violazione dell’art. 31 della legge n. 47 del 1985, la violazione dell’art. 4 della legge regionale n. 52 del 1999, la violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990 e l’eccesso di potere sotto molteplici profili.
Si è costituito il Comune di San Giuliano Terme, chiedendo il rigetto dell’impugnativa.
Le parti hanno svolto difese in vista dell’udienza dell’11 novembre 2020, nella quale la causa è passata in decisione ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.l. n. 137 del 2020.
Il ricorso è infondato.
Il diniego di condono, riferito sia all’ampliamento volumetrico che alle ulteriori opere di ristrutturazione, è motivato sulla considerazione che gli abusi sono stati realizzati, in assenza di titolo abilitativo, dopo il 31 marzo 2003, termine stabilito dalla legge regionale toscana n. 53 del 2004 e dal d.l. n. 269 del 2003.
La prova dell’epoca di realizzazione dell’abuso discende dalla documentazione allegato dallo stesso ricorrente all’istanza di permesso di costruire presentata in data 27 marzo 2003, ove viene rappresentato uno stato attuale di inizio di lavori costituito da quattro muri di pochi centimetri di altezza, privi di copertura. Coerentemente, il tecnico di parte aveva già rappresentato graficamente, nella relazione allegata all’istanza di accertamento di conformità presentata in data 2 agosto 2002, il manufatto senza copertura.
Perciò, sulla base di documenti provenienti dal ricorrente, l’ultimazione delle pareti perimetrali del nuovo manufatto in ampliamento, la copertura dello stesso e la scala esterna che conduce al primo piano risultano realizzati in data posteriore a quella indicata dal legislatore per l’ultimazione dei lavori e per l’ammissione al condono. Si tratta di parti strutturali del corpo edilizio, non riducibili a mere rifiniture.
Tale circostanza è di per sé sufficiente a giustificare la decisione di rigetto della domanda di condono.
Sotto altro profilo, è infondato il motivo con cui il ricorrente afferma che le opere abusive realizzate non sarebbero soggette a permesso a costruire, bensì a denuncia d’inizio attività, in quanto assimilabili ad una ristrutturazione edilizia. E’ stato infatti lo stesso ricorrente, nell’istanza di accertamento di conformità in sanatoria, a qualificare l’intervento alla stregua di ampliamento volumetrico soggetto a permesso di costruire, per il quale il Comune ha legittimamente ordinato la demolizione ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Né può condividersi l’assunto secondo il quale il manufatto realizzato abusivamente sarebbe qualificabile come pertinenza. Nel caso di specie, non è stata realizzata un’addizione funzionale di elementi accessori, ma un vero e proprio aumento di volumetria, mediante creazione di un nuovo vano abitabile. Infatti, l’opera pertinenziale non può di regola essere parte integrante o costitutiva del fabbricato principale, sicché non può considerarsi tale l’ampliamento di un edificio che, per la relazione con esso, ne costituisca completamento destinato alla migliore soddisfazione dell’uso cui è destinato (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 1987 del 2019).
Ugualmente infondato è il motivo con il quale il ricorrente lamenta il difetto di motivazione. L’ordinanza contiene, sebbene in termini sintetici, l’indicazione delle norme di legge applicate alla fattispecie (art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 e art. 132 della legge regionale toscana n. 1 del 2005), correttamente qualificata come intervento abusivo eseguito in assenza del permesso di costruire. Tale è senz’altro l’ampliamento volumetrico dell’immobile residenziale (cfr. TAR Toscana, sez. III, n. 708 del 2019), da considerarsi in modo unitario con i restanti interventi anch’essi abusivi, nella consistenza che lo stesso ricorrente ha dichiarato nelle molteplici istanze di sanatoria.
L’ordinanza di demolizione ha legittimamente ricompreso tutte le opere abusive accertate. Secondo un principio consolidato, il complesso unitario dell’intervento abusivo non può essere scisso, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate: pertanto, non è possibile frazionare la costruzione tra i vari elementi che la compongono, per ritenere sanabili ovvero conservabili singole porzioni della stessa (cfr. TAR Toscana, sez. III, n. 1247 del 2019;Id., sez. III, n. 1593 del 2020).
Infine, non sussiste la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
I provvedimenti aventi natura di atto vincolato, quali l’ordinanza di demolizione, non necessitano di essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, in quanto non è prevista, in capo all’amministrazione, la possibilità di effettuare valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene (Cons. Stato, sez. VI, n. 1281 del 2019;TAR Toscana, sez. III, n. 559 del 2019).
In conclusione, il ricorso è infondato.
Le spese seguono la soccombenza.