TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-11-28, n. 202215837

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-11-28, n. 202215837
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202215837
Data del deposito : 28 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/11/2022

N. 15837/2022 REG.PROV.COLL.

N. 04969/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4969 del 2019, proposto da -OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F G L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Parioli 63;

contro

Agea - Agenzia per Le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del provvedimento prot. Agea.-OMISSIS-, e della allegata nota di trasmissione prot. Agea.-OMISSIS-, datato -OMISSIS- con il quale l'Ag.e.a. - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura - ha assunto la sussistenza di una indebita percezione di contributi comunitari nonché accertato unilateralmente la sussistenza di un presunto credito di € 8.753,85= e conseguentemente intimato il pagamento del predetto credito oltre interessi nel termine di 60 giorni dalla notificazione (doc.1);

- della nota della Guardia di Finanza di -OMISSIS- prot. -OMISSIS- con la quale sarebbe stata segnalata l'indebita percezione di contributi comunitari erogati in relazione alle campagne dal 2009 al 2011 per l'importo complessivo di € 8.059,80= mai comunicata né conosciuta dalla ricorrente;

- nonché di ogni altro atto a qualsiasi titolo presupposto, connesso e conseguente anche se non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agea - Agenzia per Le Erogazioni in Agricoltura;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 ottobre 2022 la dott.ssa A G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società ricorrente impugna la richiesta di restituzione di somme per contributi comunitari erogati in relazione alle campagne dal 2009 al 2011, ritenute indebitamente percepite, in quanto il socio di maggioranza non appartiene alla categoria dei “nuovi agricoltori”, richiesta ai fini dell’acquisizione a titolo gratuito dei titoli - che danno “diritto all’aiuto” - dalla “Riserva Nazionale dei Titoli”.

Avverso i provvedimenti impugnati, indicati in epigrafe, di cui chiede l’annullamento parte attrice deduce i vizi di:

1) Mancata comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo di decadenza degli aiuti erogati , lamentando la compromissione del diritto di difesa e di partecipazione al procedimento;

2) Mancanza assoluta di motivazione del provvedimento , lamentando che la resistente ha fondato il proprio provvedimento sulla mera circostanza “storica” di aver ricevuto la non meglio precisata comunicazione dalla Guardia di Finanza;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 33 del D. Lgs. 18 maggio 2001 n. 228 - Eccesso di potere per difetto di motivazione , non avendo l’Agea attivato preventivamente il procedimento obbligatorio di sospensione degli aiuti dovuti alla ricorrente, né atteso che i fatti fossero definitivamente accertati nelle competenti sedi giudiziali;

4) Erronea e falsa valutazione del presupposto – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 lett. l del Reg. (Ce) n. 1120 / 2009 , contestando la posizione di socio di maggioranza e l’effettivo controllo della società in capo al sig. -OMISSIS- - considerato beneficiario storico di Agea -, assumendo che l’amministrazione della società è riservata in esclusiva al solo socio -OMISSIS- e che, in ogni caso, sotto il profilo giuridico, le erogazioni contestate sono state disposte in favore della società considerata nella sua giuridica soggettività;

5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 75 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 , contestando la predicabilità di una dichiarazione ritenuta mendace, visto il socio -OMISSIS- non ha mai esercitato il controllo sulla persona giuridica né ha mai sottoscritto alcuna dichiarazione men che mai mendace.

6) Violazione del disposto di cui all’art. 3 comma 1 del Regolamento (Ce) del 18 dicembre 1995, n. 2988 , essendo stato disatteso il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie di quattro anni;

7) Violazione del disposto di cui all’art. 21-quinquies L. 241 / 1990 e del principio del legittimo affidamento , visto che la società odierna ricorrente nei rapporti con l’Agea ha sempre palesato, sin dalla sua costituzione, tanto l’attribuzione della legale rappresentanza esclusiva in favore del sig. -OMISSIS-, tanto la ripartizione delle quote societarie e atteso il notevole lasso di tempo nell’accertamento del dato relativo alla partecipazione alla società del sig. -OMISSIS- posto alla base dell’atto di revoca.

Si è costituita in giudizio l’Agea per resistere al ricorso, chiedendone il rigetto.

Con ordinanza n. 2945 del 22 maggio 2019 è stata respinta la domanda cautelare con la seguente motivazione: “ Ritenuto che, ad un primo esame, il ricorso non appare assistito da sufficiente fumus atteso che:

- il provvedimento impugnato risulta adeguatamente motivato per relationem ;

- le garanzie procedimentali appaiono comunque assolte con la notifica del verbale né pare sussistente il presupposto di cui all’indicato art. 33 D.lgs. 228/2001 ”.

All’udienza straordinaria del 10 ottobre 2022, svolte in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 87, 4- bis cod. proc. amm. la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

In via preliminare appare opportuno un inquadramento normativo della vicenda, premettendo che, a seguito della Riforma della Politica Agricola Comune (PAC) e dell’adozione del “Regime Unico di Pagamento”, per l’ottenimento dei contributi, erogati a carico dei Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (FEAGA), occorre avere “diritti all’aiuto” (titoli) e terreni e presentare, ogni anno entro il 15 maggio, una specifica richiesta denominata Domanda Unica di Pagamento (DUP) al competente Organismo Pagatore regionale (in questo caso. Agea), con l’indicazione degli ettari di terreno posseduti (e relativo titolo di possesso) e numero dei diritti all’aiuto (titoli) detenuti.

L’acquisizione dei titoli può avvenire con le seguenti modalità:

1) trasferimento tra agricoltori;

2) ottenimento gratuito dalla “Riserva Nazionale dei Titoli” gestita dall’Ufficio Coordinamento.

In quest’ultimo caso, tuttavia, l’ottenimento di titoli dalla riserva può essere concesso una sola volta ed a coloro che, tra le altre cose, avviano per la prima volta un’attività agricola “ Nuovi Agricoltori ”.

La ratio della norma è insita nell’art. 41, secondo comma, del Reg. 73/2009 che prevede che “ Gli Stati membri possono utilizzare la riserva nazionale per assegnare, in via prioritaria, in base a criteri oggettivi e in modo da assicurare la parità di trattamento tra gli agricoltori ed evitare distorsioni del mercato e della concorrenza, diritti all’aiuto agli agricoltori che iniziano a esercitare l‘attività agricola ”.

I provvedimenti impugnati si inscrivono dunque nell’ambito del quadro normativo brevemente delineato, alla luce del quale, visto l’accertamento della Guardia di Finanza circa la posizione del sig. -OMISSIS-, socio con la quota maggioritaria (cfr. visura della Camera di Commercio di -OMISSIS-) de “-OMISSIS- -OMISSIS- &
C” e precedentemente titolare dell’omonima ditta individuale avente ad oggetto la coltivazione di seminativi, attività cessata nel 2009 - anno di costituzione della odierna Società ricorrente - l’Amministrazione resistente, ritenendo indebitamente percepiti contributi “regime Unico di Pagamento” per le campagne 2009, 2010, 2911 per complessivi euro 8.753,85, inclusi interessi, ha emesso il provvedimento di accertamento definitivo del credito.

Tanto premesso, con riferimento al primo motivo di censura, parte ricorrente assume che il provvedimento di accertamento dell’indebito non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione dell’avvio del procedimento.

La censura si mostra inconsistente.

Il Collegio ritiene, infatti, che possa essere attribuita una funzione di comunicazione di avvio del procedimento alla notifica del verbale di contestazione della Guardia di Finanza, in ragione dello specifico contenuto – indicazione degli inadempimenti riscontrati e delle conseguenze derivanti;
comunicazione della trasmissione del verbale di contestazione ad AGEA per gli adempimenti di competenza ed invito a far pervenire entro una certa data scritti difensivi e documenti – atto ad assicurare alla società interessata di esercitare le proprie prerogative partecipative.

Sotto altro profilo, si rileva che parte ricorrente sembra non considerare che, secondo la giurisprudenza granitica, l’eventuale mancata comunicazione di avvio del procedimento sarebbe stata, in ogni caso, da considerare irrilevante a norma del comma 2 dell’art. 21- octies della legge n. 241 del 1990.

In tal senso il Consiglio di Stato, Sez. II, 30 ottobre 2020, n. 6687 ha affermato che “ le norme in materia di partecipazione procedimentale non devono essere lette in senso formalistico, bensì avendo riguardo all'effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione, in relazione all' art. 21- octies , della stessa legge [n. 241/1990, ndr] , secondo cui “ non è annullabile il provvedimento per vizi formali non incidenti sulla sua legittimità sostanziale e il cui contenuto non avrebbe potuto essere differente da quello in concreto adottato ”. Tale disposizione, attraverso la dequotazione dei vizi formali dell'atto, mira a garantire una maggiore efficienza all'azione amministrativa, risparmiando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività, laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all'attribuzione del bene della vita richiesto dall'interessato, l'atto amministrativo non può essere annullato ” (in senso conforme, da ultimo Cons. di Stato, sez. II, 22/07/2022, n. 6468).

Con il secondo motivo la parte deduce un difetto di motivazione, non essendo rappresentate nel provvedimento - che si limiterebbe a richiamare la comunicazione della Guardia di finanza - le ragioni sottese alla misura di sfavore adottata nei confronti della società ricorrente.

La censura è destituita di fondamento, potendosi rinvenire espressamente nelle premesse motivazionali del provvedimento – che quindi non si limita a una motivazione per relationem (pur ammessa, ove in ipotesi ritenuta esaustiva), con un mero rinvio all’atto di accertamento di indebita percezione effettuata dall’organismo di accertamento e controllo – il riferimento ai fatti addebitati, ai documenti acquisiti e alle attività istruttorie svolte (visura camerale, utilizzo banche dati AGEA), alle norme violate, alla valutazione effettuata, ciò che sconfessa la fondatezza del rilievo di carenza motivazionale.

Con il terzo motivo di ricorso, la società “-OMISSIS-” lamenta la violazione dell’art. 33 del d. lgs. 18 maggio 2001 n. 228, per non avere Agea attivato preventivamente il procedimento di sospensione degli aiuti.

Il rilievo non coglie nel segno, visto che non tiene conto che la sospensione dell'erogazione dei contributi, a carattere cautelare e interinale, è una misura eventuale, espressione di un potere discrezionale dell'amministrazione in ordine alla valutazione della consistenza delle notizie circostanziate di indebita percezione di contributi, in funzione del corretto utilizzo delle risorse pubbliche e nel rispetto delle finalità di interesse pubblico perseguite, cui ricorrere nei casi dubbi e oggetto di ulteriori accertamenti anche da parte di diverse autorità pubbliche (ivi compresa quella giudiziaria), e non già una previsione posta a favore del soggetto colpito da eventuali misure di recupero di aiuti.

Nel caso di specie, alla luce degli elementi informativi ed istruttori raccolti, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, non pendeva alcun procedimento in sede giudiziale volto ad accertare definitivamente i fatti, né in generale residuavano dubbi in capo alla p.a. circa i fatti - l’avere il socio detentore di maggioritaria, e ritenuto per questo esercente l’effettivo controllo sulla società, già usufruito di contributi Agea dal 1997 fino al 2009 ed essere quindi un “vecchio agricoltore” - da cui è stato desunto il carattere indebito delle somme erogate a titolo di contributi alla società “-OMISSIS-”.

Con il quarto motivo il ricorrente contesta proprio tale ultima valutazione della situazione di fatto e negazione della sussistenza del presupposto del “diritto all’aiuto” (titolo): segnatamente assume che il sig. -OMISSIS- non è socio di maggioranza, possedendo solo il 50% delle quote societarie, né ha mai avuto, né avrebbe mai potuto avere, il controllo della compagine societaria, visto che l’amministrazione della società è riservata in esclusiva al solo socio -OMISSIS-. Peraltro, sotto il profilo giuridico, le erogazioni contestate sono state disposte in favore della società considerata nella sua giuridica soggettività.

In proposito, si condividono le puntuali deduzioni difensive dell’Avvocatura volte a confutare la fondatezza delle doglianze.

A seguito dei controlli effettuati dalla Guardia di finanza si è ritenuto che la società “-OMISSIS-” fosse priva del requisito di cui all’art. 2, lett. l, del Reg. (CE) n. 1120/2009, che definisce “nuovo imprenditore “ una persona fisica o giuridica che non ha esercitato in nome e per conto proprio alcuna attività agricola, né ha esercitato il controllo su una persona giuridica dedita a un'attività agricola nel corso dei cinque anni precedenti l'inizio della nuova attività agricola . Nel caso delle persone giuridiche, la persona o le persone fisiche che esercitano il controllo sulla persona giuridica non devono aver praticato alcuna attività agricola a proprio nome per proprio conto, né aver esercitato il controllo su una persona giuridica dedita a un'attività agricola, nel corso dei cinque anni precedenti l'inizio dell'attività agricola della persona giuridica ”, essendo emerso che il sig. -OMISSIS-, socio in possesso della quota maggioritaria, sia stato titolare dell’omonima ditta individuale con inizio di attività nel 1994 e cessazione nel 2009 nel settore dei seminativi e beneficiario dei contributi di Agea, percepiti dal 1997 al 2009.

Il sig. -OMISSIS- è stato, ad avviso del Collegio, correttamente considerato socio di maggioranza e quindi socio che esercita il controllo, anche se non formalmente amministratore della società, in quanto titolare del 50 % della quota societaria in una società composta da tre socio. Sul punto invero possono essere mutuati i principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 24 del 2013 seppur con riferimento ad una disposizione del d. lgs. n. 163 del 2006 e puntualmente richiamati dall’Amministrazione resistente, secondo cui “ L’espressione “socio di maggioranza” … si intende riferita, oltre che al socio titolare di più del 50% del capitale sociale, anche ai due soci titolari ciascuno del 50% del capitale o, se i soci sono tre, al socio titolare del 50% ”.

Per cui di fronte ad una società semplice, il cui socio di maggioranza sia stato fino al momento della costituzione della stessa titolare di una ditta individuale, beneficiando di contributi Agea, ritenere non sussistente la condizione di soggetto che inizia a esercitare l‘attività agricola e quindi un presupposto dell’aiuto è in linea con la previsione di cui all’art. 2, lett. l, del Reg. (Ce) n. 1120/2009.

Peraltro, se si tiene conto della summenzionata ratio della circoscrizione soggettiva in esame del regime di aiuti, volta a limitarne la fruizione agli agricoltori che non già abbiano beneficiato di contribuzioni dirette “ in modo tale da garantire la parità di trattamento tra gli agricoltori ed evitare distorsioni del mercato e della concorrenza ”, è possibile concludere che, anche in ragione di un approccio sostanziale, quale in ultima analisi propugnato dall’Agea e condiviso dalla giurisprudenza, si sarebbe addivenuti alla medesima conclusione.

In tal senso, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, sez. prima, sentenza 7 giugno 2019, n. 550 ha affermato:

Considerato:

- che anzitutto, sul piano letterale, è previsto testualmente che “Nel caso di persone giuridiche, la persona o le persone che esercitano il controllo sulla persona giuridica non devono aver praticato alcuna attività agricola a proprio nome e per proprio conto, né avere esercitato il controllo su una persona giuridica, nei 5 anni precedenti alla data di avvio dell’attività dichiarata”;

- che la disposizione – in alcun modo censurata con il ricorso introduttivo – estende il requisito negativo a tutti i soci che in qualsiasi modo e con qualsiasi quota prendano parte alla compagine;

- che la norma non fissa una misura minima di partecipazione ma stabilisce un divieto generalizzato, al fine di premiare chi (autenticamente) ha deciso di intraprendere una nuova attività come imprenditore agricolo;

- che detta impostazione è conforme ai canoni di logicità e razionalità, limitando il beneficio a chi promuove ex novo un’iniziativa economica in ambito agricolo e deve affrontare il relativo impatto economico e organizzativo (a differenza di coloro che sono attrezzati in quanto già attivi sul mercato) ”.

Quindi anche la censura in esame non merita accoglimento.

Con il quinto motivo di ricorso la difesa di controparte lamenta la violazione dell’art. 75 del DPR n. 445/2000 nonché afferma la intervenuta prescrizione del diritto di Agea di richiedere la restituzione delle somme.

Il motivo è destituito di fondamento.

Sotto il primo profilo, il Collegio rileva che la dichiarazione mendace ovvero la dichiarazione omissiva, che comporta l’esclusione dall’accesso al beneficio, è relativa al soggetto giuridico richiedente – nel caso di specie la società “-OMISSIS-” - non già alla condizione del soggetto, persona fisica che sottoscrive la domanda in qualità di legale rappresentante, di qui l’inconsistenza della censura formulata.

Quanto all’eccezione di prescrizione della pretesa di restituzione e recupero azionata dall’AGEA, ai sensi dell’art. 3, par. 1, del Regolamento CE n. 2988/1995 - in base al quale “ il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall’esecuzione dell’irregolarità di cui all’articolo 1, paragrafo 1 ”- deve essere rimarcato che, ai sensi del par. 3 dell'articolo citato dalla parte appellata a fondamento della sua deduzione: " Gli Stati membri mantengono la possibilità di applicare un termine più lungo di quello previsto rispettivamente al paragrafo 1... ".

Ebbene, poiché nel caso che ci occupa si verte in tema di azione di ripetizione di indebito oggettivo, derivante dall'accertamento da parte dell'Amministrazione della insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'aiuto, in linea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato da cui non vi è motivo per discostarsi il Collegio rileva che detta azione trova il suo appropriato regime prescrizionale, a livello di ordinamento nazionale, nel disposto dell'art. 2946 c.c., che fissa il relativo termine nella generale misura decennale (cfr., in termini, Consiglio di Stato, Sez. IV, ord. n. 4117 del 17 settembre 2014, laddove richiama il " pacifico indirizzo giurisprudenziale per cui il diritto alla repetitio indebiti da parte della p.a., a norma dell'art. 2946 c.c., è soggetto a prescrizione ordinaria decennale il cui termine decorre dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate ";
in senso conforme Consiglio di Stato, sez. III, 9 agosto 2022, n. 7019).

Con l’ultimo motivo la parte deduce la violazione dell’art. 21- quinquies della legge n. 241/1990 e del principio del legittimo affidamento.

Anche la censura in esame va respinta, richiamando sul punto l’orientamento giurisprudenziale, che si condivide, (Cons. Stato Sez. VI Sent. n. 5907 del 17.8.2021 e n. 6659 del 23.11.2018;
), secondo cui, poiché nella materia dei contributi il provvedimento di decadenza ha una funzione sanzionatoria/ripristinatoria, ciò non consente il suo inquadramento nell’ambito dei poteri discrezionali di autotutela di annullamento o di revoca, di cui agli artt. 21- nonies e 21- quinquies , legge n. 241/1990;
il recupero dei contributi erroneamente erogati in assenza dei relativi presupposti va qualificato come esercizio di un doveroso potere vincolato, correlato alla ricorrenza di presupposti oggettivi, senza che occorra il presupposto dell’interesse pubblico specifico diverso dal mero ripristino della legalità violata, prevalente sul contrapposto interesse privato di natura patrimoniale, e senza che rilevi sia il periodo di tempo decorso, sia lo stato soggettivo del beneficiario, in quanto, in attuazione del principio di autoresponsabilità, il percettore dei contributi deve diligentemente rispettare le disposizioni, che disciplinano i relativi finanziamenti, essendo sempre e comunque preminente l’esigenza di ripetere le indebite erogazioni di pubblico denaro.

In senso conforme, Tar Campania, Napoli, sez. III, 03.05.2021, n. 2952 che ha affermato che: "[l] e decadenze accertative si collocano, infatti, all'interno di una potestà pubblicistica di carattere sanzionatorio/ripristinatorio, riconosciuta alla P.A. allo scopo di salvaguardare il medesimo interesse pubblico di settore protetto con la concessione dell'agevolazione;
potestà correlata all'accertamento della inosservanza di obblighi che il destinatario dell'agevolazione si era impegnato a osservare. Detto altrimenti, nella specie è stato compiuto non un riesame dell'atto, alla stregua della legittimità od opportunità, quanto invece un apprezzamento del comportamento tenuto dal destinatario dell'agevolazione durante lo svolgimento del rapporto
".

Per le ragioni che precedono, i provvedimenti impugnati sfuggono alle censure proposte, avendo l’amministrazione fatto corretta applicazione delle disposizioni normative sopra richiamate.

Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite.

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