TAR Perugia, sez. I, sentenza 2013-08-02, n. 201300411

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, sentenza 2013-08-02, n. 201300411
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 201300411
Data del deposito : 2 agosto 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00514/2011 REG.RIC.

N. 00411/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00514/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 514 del 2011, proposto da:
R A e D C, rappresentati e difesi dagli avv.ti M C e R P, con domicilio eletto presso Virginia Marchesini, in Perugia, via Dottori, 85;

contro

Comune di Stroncone;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Sopraintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell'Umbria, rappresentati e difesi per legge dall' Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliataria in Perugia, via degli Offici, 14;

per l'annullamento

- dell’ordinanza di demolizione di opere asseritamente abusive e di ripristino dello stato dei luoghi n. 89/2011, datata 20.7.2011, notificata in data 22.7.2011, con cui il Comune di Stroncone, a firma del Responsabile dell’Area Urbanistica-Assetto del Territorio, Geom. Gianfranco Sabina, ingiunge ai ricorrenti, in qualità di comproprietari del terreno censito al Foglio n. 7, particella n. 481 del Comune di Stroncone, la demolizione di opere asseritamente abusive ivi descritte e il ripristino dello stato dei luoghi;

- di ogni altro atto/provvedimento presupposto, collegato, connesso, conseguente e/o successivo, ancorché non conosciuto, compresa l’ordinanza di sospensione dei lavori del Comune di Stroncone n. 10/11 del 3.2.2011, prot. n. 1004 e la nota prot. n. 16025 del 28.6.2011, con la quale la Sopraintendenza di Perugia, a seguito di richiesta effettuata dall’Ufficio Tecnico comunale di Stroncone in data 24.5.2011, prot. n. 4747, ha espresso parere negativo di compatibilità paesaggistica per le suddette opere.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e della Sopraintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell'Umbria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2013 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Espongono gli odierni ricorrenti di aver ricevuto dal Comune di Stroncone, il 20 luglio 2011, in qualità di attuali proprietari, ordinanza di demolizione di alcune opere asseritamente abusive, consistenti in tettoie e rimesse per attrezzi di varie dimensioni, contraddistinte catastalmente alla particella n. 481 del foglio 7.

Con il ricorso in epigrafe gli odierni istanti impugnano la suddetta ordinanza unitamente al presupposto parere negativo prot. n. 16025 del 28 giugno 2011 di compatibilità paesaggistica per le suddette opere, deducendo censure così riassumibili:

I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della L.R. n.1/2004 e 6 della L.R. 21/2004, eccesso di potere per carenza ed erroneità dei presupposti: le opere in questione, ubicate in zona agricola e di piccole dimensioni, sarebbero state realizzate negli anni 1950-1960 vale a dire in periodo in cui non era richiesto alcun titolo abilitativo edilizio, come risulterebbe comprovato da dichiarazioni sostitutive di atto notorio rilasciate da terzi (Contessa R);
quanto alla suddetta circostanza chiede comunque disporsi CTU o prova testimoniale;

II. Violazione e falsa applicazione di legge per difetto assoluto di motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico alla demolizione;
eccesso di potere per carenza di pubblico interesse;
violazione dei principi generali in materia: trattandosi di opere di modesta entità realizzate ante 1967 e poste in luogo agevolmente accessibile e visibile, l’Amministrazione avrebbe del tutto ignorato l’affidamento ingenerato nei confronti dei ricorrenti circa la possibilità di mantenere intatte le opere realizzate, omettendo quindi di motivare in merito alla sussistenza, nel caso di specie, di un interesse pubblico specifico ed ulteriore rispetto al ripristino della legalità violata;
al riguardo, invoca l’applicazione dell’orientamento giurisprudenziale volto al riconoscimento di un affidamento del privato in subiecta materia ;
l’inerzia dell’Autorità comunale sarebbe apprezzabile come tolleranza circa l’esistenza delle opere de quibus , anche in considerazione del rilascio di autorizzazione alla costruzione di villette a schiera distanti circa 300 metri;

III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 142 e seg, 167 e 181 del D.lgs. 42/2004, degli artt. 3 della L.R. Umbria n. 1/2004 e 6 L.R. 21/2004;
eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di motivazione, difetto di istruttoria e contrasto con precedenti provvedimenti: l’apposizione del vincolo paesaggistico sull’area in questione sarebbe nella fattispecie del tutto irrilevante, in quanto apposto in epoca successiva alla realizzazione delle opere contestate, con conseguente non applicabilità della normativa richiamata dalla locale Soprintendenza in sede di compatibilità paesaggistica

Si sono costituiti il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Sopraintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell'Umbria, chiedendo il rigetto del gravame, evidenziando in necessaria sintesi:

- la mancata allegazione, da parte dei ricorrenti, di elementi idonei a comprovare il periodo di realizzazione delle opere in esame e comunque l’irrilevanza in subiecta materia , secondo l’orientamento giurisprudenziale di gran lunga prevalente, di un affidamento tutelabile, non dando l’ordinamento rilievo alla conservazione di una situazione di fatto abusiva;

- l’insistenza dell’area di che trattasi in zona non già agricola ma boscata, come tale di per sè oggetto di diretta tutela paesaggistica, ai sensi dell’art. 142 del D.lgs. 142/2004;

- l’irrilevanza, nel caso di specie, dell’asserita realizzazione in prossimità dell’area di ubicazione delle opere abusive, di villette a schiera di recente costruzione, poiché ritenute compatibili con il contesto paesaggistico, diversamente dalle opere oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione.

Non si è invece costituito il Comune di Stroncone.

Con ordinanza n. 174/2011, è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato, stante la sussistenza del periculum in mora .

Con memoria ritualmente depositata, i ricorrenti insistono per l’accoglimento del gravame, reiterando l’istanza istruttoria di prova testimoniale o CTU dirette a dimostrare il carattere risalente nel tempo delle opere contestate.

Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 5 giugno 2013, nella quale la causa è passata in decisione.

2. Con il ricorso in epigrafe R A e D C impugnano l’ordinanza di demolizione 89/2011 a firma del Responsabile Urbanistica del Comune di Stroncone, affidando la parte più rilevante delle proprie argomentazioni difensive all’asserita realizzazione delle opere contestate in periodo antecedente l’anno 1967, in cui non era richiesta alcuna autorizzazione edilizia né vigente alcun vincolo paesaggistico.

3. Il ricorso è infondato e va respinto.

3.1. Deve premettersi che le opere oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione, per caratteristiche e dimensioni, debbano ritenersi oggi sottoposte sia al permesso a costruire, in quanto non precarie e suscettibili di arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite (per le tettoie vedi ex multis T.A.R.  Napoli  Campania  sez. VI 19 dicembre 2012, n. 5241;
Consiglio di Stato sez I 9 maggio 2012, n.380) sia al parere di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 181 c. 1 quater del D.lgs. 42/2004, circostanze queste del resto non smentite dalla stessa difesa dei ricorrenti.

3.2. Parte ricorrente invoca la lesione del proprio legittimo affidamento ingenerato dalla colpevole inerzia dell’Amministrazione comunale nell’esercizio del potere di repressione degli abusi, contestati solamente a distanza di circa cinquant’anni, tanto sarebbe il tempo trascorso dalla realizzazione dei medesimi, risalente agli anni 1950 - 1960;
ritiene altresì non invocabile la tutela paesaggistica, essendo i vincoli attualmente esistenti sull’area costituiti in periodo successivo all’edificazione.

Non ignora il Collegio che le argomentazioni in merito alla stessa radicale irrilevanza in subiecta materia dell’affidamento trovino un robusto riferimento in seno alla giurisprudenza sia di prime cure che del giudice d'appello ( ex plurimis T.A.R. Veneto sez II 13 marzo 2008, n. 605;
T.A.R. Puglia - Lecce 8 aprile 2010, n. 907;
T.A.R. Emilia-Romagna Bologna, 1 settembre 2006, n. 1729;
Consiglio Stato, sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2160;
id. sez. IV, 10 giugno 2013, n. 3182) .

In particolare, viene evidenziato il carattere permanente degli illeciti in materia urbanistica, edilizia e paesistica, potendo il potere sanzionatorio anche in forma ripristinatoria essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo, reprimendo l'Amministrazione una situazione antigiuridica contestualmente contra jus , ancora sussistente (su tutte Consiglio Stato, sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2160) .

A dire il vero, l'orientamento suesposto, pur se prevalente, non è oggi affatto pacifico, dal momento che anche in materia edilizia parte della più recente giurisprudenza non ha mancato di contemperare il pur rilevante potere repressivo con il consolidarsi di posizioni di affidamento meritevoli di tutela per effetto del protrarsi dell'inerzia dell'Amministrazione, in relazione alla quale l'esercizio del potere repressivo è subordinato ad un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche all'entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 24 maggio 2010 , n. 8343;
T.A.R. Toscana Firenze sez III 30 luglio 2010, n. 3268;
T.A.R. Piemonte sez I 16 luglio 2010, n. 3131).

La giurisprudenza di questo Tribunale è consolidata (T.A.R. Umbria 18 agosto 2009, n. 492;
id. 18 marzo 2008, n.102;
13 maggio 2013, n. 293) nell’interpretare restrittivamente la rilevanza del decorso del tempo in ordine alla tutela dell’affidamento al mantenimento dell’opera abusivamente realizzata, subordinandosi tale rilevanza al “rigoroso accertamento di molteplici presupposti, tra cui la prova, di cui è onerata la parte ricorrente, del periodo di realizzazione del manufatto in modo ragionevolmente certo”. Se quindi non può negarsi tout court qualsivoglia affidamento meritevole di tutela allorquando sia trascorso un notevole lasso di tempo tra la commissione dell'abuso e la risposta sanzionatoria, nella fattispecie non può riconoscersi alcun affidamento qualificato, essendo del tutto carente di riscontri l’asserita realizzazione dell’opera nel periodo antecedente il 1967, non allegando i ricorrenti, al riguardo, alcun riferimento documentale diretto od indiretto, e/o considerazioni oggettive in merito alle tipologie e modalità realizzative, ai materiali impiegati, allo stato di conservazione ecc.

3.3. Gli unici elementi prodotti, consistenti nella dichiarazione sostitutiva di notorietà proveniente da un soggetto terzo, unitamente a perizia di tecnico di fiducia, non sono all’uopo assolutamente sufficienti, si da rendere meramente assertiva ed indimostrata sia la non necessità del titolo abilitativo quanto la stessa circostanza circa il lungo lasso di tempo intercorso tra la realizzazione e l’intervento sanzionatorio, presupposto dell’affidamento di cui si invoca tutela.

3.4. Sul punto, deve ribadirsi come tale onere non possa dirsi soddisfatto mediante la semplice produzione in giudizio di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, anche se proveniente da un terzo, la quale non può in alcun modo assurgere al rango di prova neppur presuntiva, sull'epoca di realizzazione dell'abuso ( ex multis T.A.R. Liguria sez. I, 4 dicembre 2012, n. 1565;
T.A.R. Toscana sez. III 16 maggio 2012, n. 940) essendo necessari ulteriori riscontri documentali, eventualmente anche indiziari (quali fatture, utenze, ecc.) purché idonei a comprovare la ragionevole certezza circa l’epoca di realizzazione dell’opera.

Ritiene dunque il Collegio, in tale decifit di elementi probatori, di non poter assecondare la richiesta istruttoria della difesa della ricorrente, non essendo come noto ammissibile una consulenza c.d. esplorativa, volta cioè ad acquisire al processo elementi di prova che devono invece essere introdotti dalle parti ( ex multis T.A.R. Lombardia Milano  sez. II 5 marzo 2013, n. 592;
Consiglio di Stato sez. V 2 luglio 2012, n. 3860) in applicazione della regola dell' onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. accolta - seppur con significativi temperamenti - dallo stesso art. 64 del vigente Codice del processo amministrativo.

3.5. La stessa ammissione della prova testimoniale, pur oggi estesa a mezzo di prova di fatti allegati dalle parti in sede di giurisdizione generale di legittimità, non può prescindere dalla previa verifica dell'assolvimento, da parte del ricorrente, dell' onere probatorio su di esso incombente posto che, nel processo amministrativo, anche dopo l'entrata in vigore del D.lgs. 104/2010 e s.m. (art. 64 comma 3, cod. proc. amm), il sistema probatorio è fondamentalmente retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice;
il che comporta l' onere per l'interessato, di presentare almeno un indizio perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori ( ex multis T.A.R. Lazio - Roma  sez. III 2 maggio 2013,  n. 4383).

3.6. Il periodo di realizzazione delle opere asseritamente abusive è dunque elemento fattuale rientrante nella disponibilità della parte che invoca la non necessità della preventiva autorizzazione edilizia, non essendo l’Amministrazione comunale in grado di verificare la data di realizzazione, sul proprio territorio, di tutti gli immobili ivi realizzati.

4.1. Le censure di cui al I e II motivo sono pertanto prive di pregio e vanno respinte.

4.2. Parimenti infondate, infine, sono le doglianze di cui al III ed ultimo motivo.

La mancata allegazione da parte dei ricorrenti di elementi probatori idonei a comprovare anche in via soltanto indiziaria il periodo di realizzazione delle opere, rende del tutto prive di pregio le doglianze dedotte avverso l’impugnato parere negativo di compatibilità paesaggistica, trattandosi pacificamente di opere sviluppanti una nuova volumetria, come tali non assentibili in via postuma, ai sensi dell’art. 167 del D.lgs. 42/2004 ( ex plurimis T.A.R. Lombardia - Brescia sez. I, 29 agosto 2012, n. 1481).

5. Per i suesposti motivi il ricorso va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza, secondo dispositivo.

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