TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2022-11-17, n. 202202048
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Pubblicato il 17/11/2022
N. 02048/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00118/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 118 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avv. F G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Lamezia Terme, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati F C S, S L, C F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero dell'Interno - Prefettura -Utg Catanzaro, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
per l’annullamento
della comunicazione antimafia con esito positivo e a carattere interdittivo della Prefettura - UTG di Catanzaro, B.D.N.A., PR_CZUTG_Ingresso_-OMISSIS- dal contenuto allo stato sconosciuto, i cui (soli) estremi sono stati citati nell'ordinanza dirigenziale della Città di Lamezia Terme n. -OMISSIS-, notificata in pari data, insieme a tutti gli altri atti ad essa presupposti, conseguenti o, comunque, connessi, ivi compresa l'ordinanza dirigenziale testé citata.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati dalla società ricorrente in data 11 maggio 2018:
per l’annullamento
della ordinanza dirigenziale della Città di Lamezia Terme n. -OMISSIS- e della comunicazione antimafia con esito positivo e a carattere interdittivo della Prefettura – U.T.G. di Catanzaro, rivelatasi distinta con prot. n. -OMISSIS- in virtù dell'accesso agli atti consentito in data 28.2.2018, insieme a tutti gli altri atti ad esse presupposti, conseguenti o, comunque, connessi.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Lamezia Terme e del Ministero dell'Interno -Prefettura - Utg Catanzaro;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza di smaltimento PNRR del giorno 4 novembre 2022, tenutasi da remoto con modalità telematiche, il dott. Paolo Nasini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Lamezia Terme, con ordinanza datata 26 gennaio 2018l, ha disposto, a carico della società ricorrente: 1) la revoca dell’autorizzazione n. -OMISSIS- per l'attività di -OMISSIS-;2) la perdita di efficacia della Scia relativa all'apertura e successivo trasferimento di un’attività di agenzia di affari ubicata in via -OMISSIS-;3) la perdita di efficacia della Scia relativa all'apertura e successivo trasferimento di un esercizio di vicinato, settore non alimentare, ubicato in via -OMISSIS-;4) la chiusura dei locali adibiti all'esercizio delle summenzionate attività con conseguente divieto di prosecuzione delle stesse.
A fondamento dell’ordinanza che precede il Comune di Lamezia Terme ha valorizzato l’intervenuta
comunicazione antimafia con esito positivo, PR_CZUTG_Ingresso_-OMISSIS- pervenuta dalla B.D.N.A. in data -OMISSIS- ed emessa a carico della società ricorrente.
Avverso il suddetto provvedimento comunale e la presupposta comunicazione antimafia la società ricorrente ha proposto impugnazione, con ricorso depositato in data 2 febbraio 2018, chiedendone l’annullamento sulla scorta dei seguenti motivi:
1. l’ordinanza comunale sarebbe illegittima in quanto ad essa non è stata allegata l’interdittiva antimafia che ne costituisce il presupposto fondamentale, non conosciuta da parte ricorrente, con conseguente asserito difetto di motivazione e di istruttoria;
2. l’interdittiva antimafia in questione sarebbe illegittima in quanto non sussisterebbero i presupposti di legge per l’adozione della stessa.
Successivamente, con ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 11 maggio 2018, la società ricorrente, avuto accesso a copia della interdittiva già impugnata con il ricorso principale, unitamente all’ordinanza dirigenziale della Città di Lamezia Terme n.-OMISSIS-, ha dedotto le seguenti ulteriori ragioni di censura:
1a. per quanto concerne l’ordinanza comunale, difetterebbero i presupposti affinché il Comune possa procedere automaticamente e anche senza la comunicazione di avvio del procedimento poiché gli artt. 83, comma 1, e 88, comma 4 bis e 4 ter , d.lgs. n. 159/2011, riguardano le comunicazioni antimafia e non le informazioni antimafia, categoria alla quale andrebbe ascritto il provvedimento richiamato dall’ordinanza comunale;anche l’art. 91, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, poi, disporrebbe sempre e solo pro futuro , e lo stesso varrebbe per il successivo art. 92, comma 3, non prevedendo tale disposizione in alcun modo ipotesi di revoca c.d. automatica dei titoli oggetto dell’ordinanza comunale;
2a. per quanto concerne l’informazione antimafia positiva, o “interdittiva”, ex artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, si tratterebbe di un provvedimento illegittimo (con conseguente illegittimità derivata dell’ordinanza comunale suddetta) in quanto gli elementi valorizzati dalla P.a., per un verso, consisterebbero in circostanze di fatto non correttamente rappresentate dall’Amministrazione in sede motivazionale, per altro verso, non integrerebbero quegli indizi gravi, precisi e concordanti necessari per fondare un provvedimento quale quello impugnato;in particolare, la P.a. avrebbe errato nel valorizzare a) risalenti e mai riscontrate dichiarazioni rese - rispetto a -OMISSIS- (titolare fino al -OMISSIS- del 90% delle azioni della società ricorrente) - da un solo collaboratore di giustizia, per di più interinale e affetto da una gravissima ed irreversibile psicopatologia;b) l’esistenza di altre interdittive antimafia (tra le quali quelle emesse nei confronti di -OMISSIS- (a sua volta sub judice ), perché anch’esse incentrate sulle stesse inattendibili, dichiarazioni;c) il mero collegamento indiretto e plurimediato prefigurato tra -OMISSIS-, tramite -OMISSIS-, moglie del primo, e basato sulla mera detenzione di quote in una società inattiva da anni.
Si sono costituite le Amministrazioni resistenti contestando l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
All’esito dell’udienza di smaltimento PNRR del 4 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. I motivi di ricorso principale e i motivi aggiunti relativi all’ordinanza interdittiva emessa dalla Prefettura possono essere esaminati congiuntamente.
1.1. Come anche di recente rammentato, il provvedimento di cd. "interdittiva antimafia" ha natura cautelare e preventiva, il potere esercitato dalla P.a. essendo espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata;in questo senso, quindi, il provvedimento non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari dai quali emerga il pericolo di un tentativo di ingerenza della criminalità organizzata nell'attività imprenditoriale (in questo senso, si veda Cons. Stato, sez. III, 06 giugno 2022, n. 4616).
Il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere ad un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell'accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sì da far ritenere "più probabile che non", appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (per tutte, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758;Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743 e la giurisprudenza successiva della relativa sezione).
La Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 57 del 2020, ha recentemente affermato la legittimità costituzionale del provvedimento di interdittiva anche quando incida su attività d'impresa di natura esclusivamente privata, trattandosi di misura giustificata dall'estrema pericolosità del fenomeno mafioso, in grado di compromettere la concorrenza, la dignità e la libertà umana. In tale sede il giudice delle leggi ha riconosciuto il merito del giudice amministrativo di aver dato vita in questa specifica materia ad un sistema che la Corte definisce di "tassatività sostanziale". La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, progressivamente definito un nucleo oramai consolidato di situazioni-tipo, sintomatiche ed indiziarie della ricorrenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, e in grado di sviluppare e completare il dettato legislativo (il riferimento è, tra l'altro, alle sentenze del giudice penale, anche di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa;la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso d.lgs. n. 159 del 2011;i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una "regia collettiva" dell'impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia "clanica";i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia;le vicende anomale nella formale struttura dell'impresa e nella sua gestione, incluse le situazioni in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un "volto di legalità" idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa;la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi "benefici";l'inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità).
A tale approdo deve giungersi all'interno di una necessaria visione di insieme: gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata (Consiglio di Stato, sez. III, 13 aprile 2018, n. 2231, Consiglio di Stato, sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343;30 marzo 2018, n. 2031;7 febbraio 2018, n. 820;20 dicembre 2017, n. 5978;12 settembre 2017, n. 4295).
La pervasività del fenomeno mafioso impone, invero, di calibrare le misure di reazione dell'ordinamento in proporzione alle mutevoli forme di infiltrazione nell'economia legale, ivi incluse quelle più insidiose della contiguità compiacente, in cui si rinvengono condotte ambigue di operatori che, benché siano formalmente estranei ad associazioni mafiose, si pongono su una pericolosa linea di confine tra legalità e illegalità nell'esercizio dell'attività imprenditoriale.
1.2. In applicazione delle suindicate coordinate, deve ritenersi che il provvedimento prefettizio impugnato, lungi dall'essere frutto di un’acritica ed irragionevole applicazione della normativa antimafia, presenta elementi contraddistinti da sufficiente valore indiziante, compiutamente valorizzati dall'Autorità procedente, le cui determinazioni finali si rivelano immuni da errori ovvero da profili di manifesta illogicità o irragionevolezza.
A tal proposito, la complessa rete di rapporti parentali e societari valorizzati dalla Prefettura costituisce un dato documentale e che va preso in considerazione complessivamente e su un piano temporale non solo sincronico, ma anche diacronico, sicché il fatto che -OMISSIS- in data -OMISSIS- abbia smesso di essere titolare del 90 % delle quote della società ricorrente non assume un rilievo dirimente.
Ciò in quanto la ramificazione dei rapporti societari collegati alle relazioni familiari tra i soci delle diverse società coinvolte e citate nel provvedimento impugnato assumono rilevanza proprio in funzione della maggiore possibilità che le stesse vengano ad essere, non solo singolarmente, ma anche nel loro complesso, un veicolo o uno strumento o anche solo un terreno fertile per l’infiltrazione mafiosa.
In tal senso, certamente, lo stretto rapporto che comunque lega la realtà societaria in questione a -OMISSIS- non può essere posto nel nulla solo perché le circostanze valorizzate dalla Prefettura sono risalenti nel tempo e non sono sfociate in una decisione di condanna nei confronti dello stesso, gli elementi emersi a suo carico in quella sede comunque assumendo un rilievo, ai fini che qui interessano, per la loro capacità indiziaria in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa.
Anche la circostanza che il c.d. “pentito”, che ha reso le dichiarazioni inerenti al -OMISSIS- e che collegano quest’ultimo alla c.d. “cosca -OMISSIS-”, sia stato poi in più occasioni riconosciuto avere problematiche incidenti sulla relativa capacità di intendere e volere non mina di per sé di assoluta inattendibilità le dichiarazioni in allora rese a prescindere dal fatto che a fronte delle stesse non sia conseguita l’imputazione e la condanna penale del -OMISSIS-.
In ogni caso, la P.a. ha ragionevolmente valorizzato un insieme di elementi, compresi gli ulteriori rapporti che legano in via diretta o anche indiretta i soci della società ricorrente a persone e situazioni contigue ad ambienti mafiosi (con particolare riguardo alla cosca -OMISSIS-), che costituiscono emergenze probatorie di natura certamente indiziaria, ma tali da non potere escludere una probabile infiltrazione mafiosa nell’ambito della gestione e dell’attività svolta da parte della società ricorrente.
1.3. Alla luce di quanto indicato al punto 1.2. che precede, pertanto, in relazione all’ordinanza comunale impugnata, i motivi di ricorso principale e i motivi aggiunti devono essere respinti in considerazione del principio, cui il Collegio ritiene di aderire, secondo il quale ‹‹a seguito della emanazione di una informativa antimafia, la pubblica amministrazione non può rilasciare alcun atto abilitativo per lo svolgimento di una qualsiasi attività economica o commerciale e, se è stato già emanato un tale atto abilitativo, deve esservi il suo ritiro", trattandosi di tipologie di atti "i cui effetti sono radicalmente incompatibili con lo status di destinatario di una interdittiva antimafia›› (T.A.R. Reggio Calabria, sez. I, 10 agosto 2017, n. 751).
2. Alla luce di quanto precede, il ricorso principale e quello per motivi aggiunti devono essere respinti.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in conformità al d.m. n. 55 del 2014.