TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2011-01-28, n. 201100060

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2011-01-28, n. 201100060
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Reggio Calabria
Numero : 201100060
Data del deposito : 28 gennaio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00174/2009 REG.RIC.

N. 00060/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00174/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 174 del 2009, proposto da:
A C, Cos.A.G. S.r.l., rappresentati e difesi dagli avv. M S M, A M, con domicilio eletto presso Giovanni Travia Avv. in Reggio Calabria, via Demetrio Tripepi 64;

contro

U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;

nei confronti di

Salerno-Reggio Calabria A.C.P.A. (I S), Scilla Consorzio, rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni G, con domicilio eletto presso Giovanni G Avv. in Reggio Calabria, via Argine Dx Calopinace,20;

per l'annullamento

del provvedimento di cui alla nota della Prefettura di Reggio Calabria prot. n.9963 Area I^ Ordine e sicurezza Pubblica del 10 Febbraio 2009 con cui è stata trasmessa al Consorzio Scilla una informativa antimafia negativa ai sensi dell'art.10 del d.p.R. n.252/1998 in danno della società ricorrente, nonchè di ogni altro atto e/o provvedimento sotteso, preordinato, connesso, ancorchè incognito, precedente e consequenziale, comunque lesivo dei diritti del ricorrente;.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria e di Salerno-Reggio Calabria A.C.P.A. (I S) e di Scilla Consorzio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2011 il dott. S G C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il sig. Cosentino, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della ditta COS.A.G. Srl, ricorre per ottenere l’annullamento dell’informativa rilasciata dalla Prefettura di Reggio Calabria al Consorzio controinteressato, con la quale si è attestato a suo carico la sussistenza di pericoli di infiltrazione mafiosa ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 10 del DPR 252/1998.

Espone in fatto di avere stipulato un contratto di fornitura di aggregati per calcestruzzo con la ditta Edilmont Srl, a sua volta affidataria di lavori nell’ambito delle più generali opere di ammodernamento dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria da parte del Consorzio Scilla.

Il contratto riceveva regolare esecuzione fino al 2 marzo 2009, data in cui, pervenuta l’informativa avversata, la ditta Edilmont comunicava all’odierna ricorrente l’avvenuta risoluzione del contratto, in forza della clausola risolutiva espressa, in esso compresa, che ne prevedeva lo scioglimento in caso di sopravvenienza di cause ostative alla contrattazione con la PA.

La ditta ricorrente ha dunque impugnato l’informativa, deducendone l’illegittimità sotto diversi profili e per articolate ragioni di diritto.

Si sono costituite sia l’Amministrazione intimata che il Consorzio Scilla, entrambi resistendo al ricorso di cui chiedono il rigetto per inammissibilità ed infondatezza.

Alla camera di consiglio del 3 giugno 2009, dopo aver disposto istruttoria documentale (ord. nr. 131/09 del 7 aprile 2009), è stata accolta la domanda cautelare (ord. nr. 215/09), con provvedimento successivamente confermato in appello dal Consiglio di Stato (ord. nr. 4316/09).

Le parti hanno scambiato ulteriori memorie.

Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

I) Va preliminarmente presa in esame l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla difesa del Consorzio Scilla, secondo cui l’esistenza di una clausola risolutiva espressa nel contratto stipulato con la dante causa, che sancisce lo scioglimento di diritto del contratto in caso di sopravvenienza di informativa antimafia, renderebbe la ricorrente priva di interesse a coltivare il gravame;
in ogni caso, secondo la difesa del Consorzio, il comportamento di quest’ultimo sarebbe esente da censure, in quanto necessitato dal protocollo di legalità, stipulato con la Prefettura, non impugnato.

L’eccezione è infondata e va respinta: a tacere del fatto che nell’odierno giudizio non si fa questione della validità della clausola, né del protocollo di legalità, l’interesse processuale della parte ricorrente è radicato dalla lesività immediata del provvedimento impugnato, alla cui legittimità e, quindi, efficacia, è collegata la clausola risolutiva.

II) Nel merito del gravame, ed a conferma dell’orientamento espresso in sede cautelare, il ricorso è fondato e come tale va accolto.

In fatto, si deve osservare che l’apprezzamento circa la sussistenza del rischio di infiltrazioni mafiose nella gestione e nella conduzione dell’impresa odierna ricorrente (si veda il deposito dell’Avvocatura avvenuto il 22 aprile 2009 in forza dell’ordinanza istruttoria nr. 131/2009), è fondato sui seguenti elementi:

a) convivenza del ricorrente con un soggetto che, a sua volta, è stato segnalato per omicidio colposo, violazione art. 58 co. 4 Dlgs 152/99, violazione norme IVA, truffa e porto di armi, e risulta soggetto a due procedimenti penali pendenti per il reato di cui all’art. 4 comma 1 della l. 516/82 e dell’art. 21 comma 1 della l. 319/76 e 2 l. 283/62;
tale persona risulta inoltre essere stata “controllata” complessivamente cinque volte in un periodo compreso tra il 2003 ed il 2006 con tre distinti soggetti ritenuti a loro volta controindicati per essere stati segnalati per diverse fattispecie di reato;
in relazione a ciò, uno dei controlli menzionati risulta essere avvenuto, il 13.07.2004, con un soggetto segnalato e condannato per estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione ed altri gravi reati.

b) il socio del ricorrente, Cosentino Giuseppe, cl. ’74, risulta inoltre essere stato controllato varie volte con tre controindicati, dei quali uno segnalato per associazione a delinquere di tipo mafioso e soggetto a sorveglianza speciale di P.S. per anni tre dal 2002 al 2005 (con quest’ultimo soggetto, risultano tre incontri, avvenuti in data 22.07.2006, 13.08.2007 ed il 13.07.2008), mentre gli altri due risultano segnalati per reati minori (inerenti armi, truffa, ricettazione e furto).

c) il ricorrente in data 15.1.2007 è stato controllato con un soggetto segnalato per associazione a delinquere, ed altri gravi reati “attualmente detenuto e da sottoporre, a giustizia soddisfatta, a sorveglianza speciale di PS” in forza di decreto nr. 261/98 del 14.08.2001.

Ancora in fatto, la difesa della parte ricorrente evidenzia che i soggetti segnalati per associazione a delinquere di stampo mafioso, cui si è appena fatto cenno ed in compagnia dei quali il ricorrente ed il suo socio risultavano segnalati, sono stati entrambi assolti dalle imputazioni loro ascritte con sentenza nr. 3/2002 della Corte di Assise di Palmi per non aver commesso i reati loro contestati.

Gli elementi di fatto sui quali si basa il giudizio dell’Autorità che viene espresso nell’impugnata informativa, così appena succintamente esposti e riassunti, alla luce dell’elaborazione che la giurisprudenza ha condotto dell’istituto di cui alle informazioni antimafia interdittive, non sono sufficienti a sorreggere il giudizio dell’Autorità.

Infatti, alla base dell’informativa impugnata, da un lato si pongono frequentazioni che, ancorchè non del tutto episodiche, sono comunque non qualificate e, dall’altro, si individuano condizioni soggettive delle persone ritenute controindicate che non appaiono tali da disvelare significative loro possibilità di ingerenza nella conduzione dell’impresa ai fini di interessi mafiosi.

1) Va premesso che, secondo la giurisprudenza, in tema di informative antimafia interdittive ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. “c”, del DPR 252/98 è necessario e sufficiente, ai fini della loro adozione, la concomitanza di un quadro di oggettiva rilevanza, dal quale desumere elementi che, secondo un giudizio probabilistico, o anche secondo comune esperienza, possano far presumere non una attuale ingerenza delle organizzazioni mafiose negli affari, ma una effettiva possibilità che tale ingerenza sussista o possa sussistere (ex multis, da ultimo, Consiglio Stato , sez. VI, 03 marzo 2010 , n. 1254;
T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 01 marzo 2010 , n. 248;
TAR Reggio Calabria, 20 ottobre 2010, nr. 943).

Ai fini di tali presupposti, possono certamente assumere rilievo le frequentazioni degli imprenditori (o di soggetti con loro conviventi in grado di incidere sulle scelte di questi ultimi per ragioni affettive o economiche), con elementi a loro volta appartenenti o vicini a sodalizi criminali,perché tali circostanze possono denotare comunanza di interessi o di affetti tale da rendere concreto il pericolo di ingerenza nella gestione dell’impresa. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, perché le frequentazioni siano rilevanti in tal senso, esse devono essere reiterate, o comunque ripetute, costanti, non meramente occasionali, e dunque significative di una affettività ed una comunanza di interessi che le renda veicolo o manifestazione della sussistenza di un effettivo legame interpersonale;
ed, inoltre, non devono poter essere riconducibili ad una mera conoscenza, spiegabile con la concomitanza di altri fattori leciti, come costumi sociali, conduzione di leciti affari commerciali, semplice cortesia e simili (TAR Reggio Calabria, 10 marzo 2010 nr. 239): in altri termini, devono essere contestualizzate.

In giurisprudenza si è infatti ritenuto che, in mancanza di una specifica significatività e pregnanza delle frequentazioni, quanto alla finalizzazione al condizionamento mafioso dell’attività imprenditoriale, gli elementi relativi ai contatti con soggetti controindicati devono essere valorizzati da ulteriori requisiti indiziari, quali il carattere plurimo e stabile di dette frequentazioni o la loro connessione con vicende dell’impresa che depongono nel senso di una attività sintomaticamente connessa a logiche ed interessi malavitosi (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, VI, 19 ottobre 2009, nr. 6380, che ha ritenuto insufficiente una informativa in un contesto che era caratterizzato dall’avvenuto “controllo” da parte di organi di Polizia di un fratello dell’imprenditore, titolare a sua volta di altre società operanti nel medesimo settore, presso l’abitazione di latitanti pregiudicati, esponenti di associazioni criminali, nonché l’avvenuta denuncia dell’imprenditore ricorrente per gioco d’azzardo assieme ad altri soggetti dei quali uno pregiudicato per associazione a delinquere di stampo mafioso). Tale impostazione ermeneutica è anche corrispondente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza penale, secondo la quale “le semplici frequentazioni per parentela, affetti, amicizia, comune estrazione ambientale o sociale, per rapporti di affari e, a maggior ragione, gli occasionali o sporadici contatti, soprattutto in occasione di eventi pubblici (cortei, feste, funerali, etc.) in contesti territoriali ristretti, non possono di per sé essere utilizzati come sintomatici dell'appartenenza a sodalizi criminali. Essi possono configurarsi, allorquando la personalità dei soggetti fornisca concrete ragioni sull'illiceità dell'attività svolta in comune, come motivi di sospetto sufficienti per giustificare e indirizzare le indagini, ma non possono essere valorizzati come prove indirette o logiche” (Cassazione penale , sez. VI, 05 maggio 2009 , n. 24469, richiamata in TAR Reggio Calabria, sent. nr. 239/2010 cit.).

2) Nell’esame dell’ odierna fattispecie, i principi elaborati dalla giurisprudenza possono essere meglio approfonditi.

Si deve infatti precisare che, ai fini della motivazione dell’informativa antimafia di cui all’art. 10 comma 2 e 7 lett. “c”, del DPR 252/98, vanno tenuti distinti i “controlli” di polizia (che si esprimono nella formula “notato e/o controllato”) e la frequentazione vera e propria tra gli imprenditori ed i soggetti controindicati.

Il controllo di polizia è un mezzo istruttorio, ossia una fonte di conoscenza;
la frequentazione è un dato di fatto, che, a sua volta, rileva non in quanto tale, ma in quanto (e se) veicola (nelle sue modalità) elementi sintomatici di comunanza di affetti, interessi, legami personali che siano tali da consentire al controindicato frequentato di influire, in forza di essi, sulle scelte imprenditoriali dell’azienda.

Dunque, qualora i “controlli” siano utilizzati a fini istruttori, non è sufficiente il mero elenco del loro esito finale (ossia quante volte “il soggetto è stato notato o controllato con..”), così come ordinariamente viene esposto nelle relazioni istruttorie degli organi inquirenti, ma è necessario che vengano esposti e resi apprezzabili il contesto e le modalità della “compagnia”;
sono questi ultimi elementi, a loro volta, che devono formare oggetto di specifica valutazione da parte della Prefettura, allo scopo di trarne la dimostrazione (qualora sussista) dell’esistenza di una vera e propria frequentazione in grado di veicolare interessi comuni, tali da consentire di prospettare un rischio di ingerenza o intromissione nella gestione degli affari dell’azienda e che tale frequentazione non sia altrimenti spiegabile in relazione a conoscenza superficiale, usi, mera convenienza sociale e così via.

Quindi, laddove i controlli denotino un reticolo di incontri idonei di per sè, per frequenza e per modalità di contesto, a disvelare l’esistenza di una frequentazione e quest’ultima sia a sua volta contestualizzata nel senso anzidetto, l’informazione antimafia è sufficientemente motivata con riferimento a tale stato di fatto, perché autoevidente e non necessita di ulteriori approfondimenti.

Invece, qualora (come nel caso odierno) i dati emergenti dal mero elenco di controlli, siano asintomatici, ossia privi di indicazioni circa il contesto e non frequenti e stabili, è necessario meglio esaminare ed apprezzare gli altri elementi strutturali dei rapporti interpersonali quali, ad esempio, le condizioni dei soggetti controindicati, le possibilità concrete di questi ultimi di incidere sulla conduzione dell’impresa, la sussistenza di rapporti e di interessi patrimoniali o finanziari, o altre condizioni di fatto che denotino disponibilità di mezzi o risorse dell’impresa.

In questo senso, sono state ritenute rilevanti, ad esempio, l’esistenza di interessi comuni nella gestione di affari (Consiglio di Stato, sez. VI, 14 aprile 2009 , n. 2276), offerte di lavoro (TAR Reggio Calabria 7 aprile 2009, nr. 224), una stratificata situazione di parentele dirette tra gli amministratori della società e partecipanti di organizzazione camorristica tratti in arresto (Consiglio di Stato, sez. IV, 02 ottobre 2006 , n. 5753), compartecipazioni sociali o societarie (TAR Reggio Calabria, 20 ottobre 2010, nr. 943 e Consiglio di Stato, sez. VI, 21 ottobre 2005 , n. 5952), e va tenuta presente, naturalmente, anche la dimensione ed il contesto aziendale (TAR Reggio Calabria, 19 novembre 2010, nr. 1339). Analogamente, va considerata la eventuale disponibilità di mezzi dell’impresa, oppure può divenire rilevante anche una condizione di interrelazioni tra i soggetti frequentati, qualora risultino, ad esempio, essere tutti affiliati ad una medesima famiglia o contesto mafioso, e dunque associati o comunque contigui tra di loro e, comunque, andrebbe sempre indagato l’ambito finanziario dei rapporti tra soggetti notati o controllati tra di loro, posto che ai fini del condizionamento mafioso di una impresa è certamente significativo l’approvvigionamento di mezzi finanziari, il rapporto tra impresa e beni impiegati appartenenti ai terzi, come i noli, o le modalità dell’impiego degli utili e dei proventi e così via.

In mancanza di queste condizioni, la mera esistenza di contatti, anche non isolati, tra imprenditore e soggetti a loro volta solamente segnalati per reati, anche gravi, non è di per sé sintomatica di relazioni suscettibili di incidere sulla gestione degli affari dell’azienda e dunque non è sufficiente a giustificare un giudizio di pericolosità quale quello tipico dell’informativa antimafia.

Pertanto, alla luce dell’elaborazione che la giurisprudenza ha condotto in ordine all’istituto, va ritenuto che la motivazione di una misura interdittiva antimafia, quando è fondata su frequentazioni dell’imprenditore con terzi soggetti ritenuti controindicati, deve poter consentire di distinguere nell’ambito e nel novero delle circostanze dei controlli di pubblica sicurezza, tra quelle che sono significative di per sé, e quelle che, invece, non appaiono autoevidenti, e che non possono sostenere da sole la motivazione della misura interdittiva, operando solamente nel senso di obbligare l’Autorità ad approfondire la motivazione oppure l’indagine, rispettivamente o per dimostrare oppure per meglio accertare l’eventuale sussistenza di elementi ulteriori caratterizzanti il contesto (sempre in relazione alla conduzione degli affari dell’impresa).

3) Tale ultima circostanza è proprio quella che ricorre nella odierna fattispecie.

Infatti, l’Autorità ha tratto il proprio convincimento circa la sussistenza dei presupposti per il rilascio della informativa interdittiva da un complesso di frequentazioni asintomatiche: in parte sono riferite ad un parente convivente di cui non è resa palese la capacità di influire sulle scelte dell’azienda e, per altra parte, sono indicate da parte dei soci in relazione a soggetti controindicati dei quali solamente due per fattispecie di reato aventi rilevanza ai fini di causa e che, peraltro, la difesa di parte ricorrente ha dimostrato essere stati prosciolti antecedentemente alle informazioni di Polizia (peraltro, a fronte della deduzione difensiva di parte ricorrente e della produzione in giudizio della sentenza di assoluzione, nessuna controdeduzione è stata sollevata dalla difesa erariale, argomento questo che possiede una propria rilevanza ai fini della prova, ex art. 64 c.IV c.p.a.).

Appare dunque palese che gli elementi di fatto che l’Autorità di Pubblica Sicurezza ha evidenziato alla Prefettura, oltre ad essere incompleti (perché non si riferisce dell’intervenuta assoluzione) sono privi di connotati che li rendano di per sé autoevidenti al punto da fondare il giudizio automatico di sussistenza dei presupposti per l’informativa avversata: la loro asintomaticità ai fini dell’applicazione dell’istituto in esame, non è superata neppure della loro considerazione unitaria, ossia dall’apprezzamento nel complesso, perché l’assenza di qualsiasi indicazione circa le circostanze dei controlli, nonché relazioni significative, a loro volta, tra i soggetti frequentati, rende impossibile qualificare i rapporti tra l’imprenditore ed i soggetti in compagnia dei quali egli (o i suoi congiunti) sono stati controllati, al limite della impossibilità di trarre un giudizio dalle risultanze istruttoria circa la sussistenza di una situazione di effettiva “frequentazione” (qualificata o meno), oppure di una semplice conoscenza.

III) Sotto altro e differente profilo, la carenza di motivazione dell’informativa impugnata è costituita altresì dalla circostanza che, a fronte degli elementi di per sé non univoci che le Forze di Polizia hanno fornito, ed in presenza di una nota di Polizia che si limita ad esprimere il giudizio di non poter escludere il pericolo di infiltrazioni, la Prefettura ha convertito automaticamente tale giudizio cautelativo nell’asseverazione della sussistenza certa delle cause interdittive, senza alcuna articolazione dei motivi per cui si giungeva all’interpretazione così fornita agli elementi annotati dalla Polizia, di per sé privi di sintomaticità (cfr. in termini, Consiglio di Stato, VI, 19 ottobre 2009, nr. 6380 già richiamata).

IV) Dall’accoglimento del gravame deriva l’annullamento dell’atto impugnato. Il Tribunale, tuttavia, sottolinea che il complesso degli elementi acquisiti dall’istruttoria degli organi di Polizia se non è sufficiente a sorreggere, nei termini espressi, il giudizio della sussistenza dei rischi di infiltrazione mafiosa nella conduzione dell’azienda, è tale da obbligare comunque la Prefettura a disporre ulteriori accertamenti e più approfondite indagini, e ciò anche in relazione al fatto che la difesa di parte ricorrente non ha negato l’esito dei controlli e l’esistenza dei contatti ivi elencati, come pure in relazione alle circostanze soggettive delle persone controindicate che erano state segnalate per reati associativi così come possono desumersi dal contenuto della sentenza di assoluzione che è stata prodotta in giudizio e di cui si è fatto cenno.

Quanto appena esposto costituisce una giustificata ragione per disporre la piena compensazione delle spese di lite tra le parti.

Il ricorso è dunque fondato e come tale va accolto, ma con salvezza di ulteriori motivati provvedimenti dell’Autorità e con piena compensazione delle spese.

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