TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-10-22, n. 201810210

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-10-22, n. 201810210
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201810210
Data del deposito : 22 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/10/2018

N. 10210/2018 REG.PROV.COLL.

N. 08309/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8309 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati L A, G A e L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Filippo Nicolai, 70;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri e D.I.S. – Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, prot. n. 6.4.9(6973/30) UCAP.SGLC del 12.6.2018, comunicato il successivo 15.6.2018, con cui è stato disposto il rigetto dell’istanza del dott. -OMISSIS-, datata 8.5.2018, volta al rilascio di copia autentica, ed integrale, degli artt. 32 e 35 del D.P.C.M. del 23 marzo 2011 n. 1, come modificato dal D.P.C.M. n. 5/2002, nel testo vigente alla data del 16.10.2015

e, quindi, per l’accertamento e la declaratoria,

in via principale, del diritto del dott. -OMISSIS- ad ottenere copia autentica, ed integrale, degli artt. 32 e 35 del D.P.C.M. del 23 marzo 2011 n. 1, come modificato dal D.P.C.M. n. 5/2002, nel testo vigente alla data del 16.10.2015;

in via subordinata, del diritto del dott. -OMISSIS- a prendere visione del testo integrale degli artt. 32 e 35 del D.P.C.M. del 23 marzo 2011 n. 1, come modificato dal D.P.C.M. n. 5/2002, nel testo vigente alla data del 16.10.2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista la memoria di parte ricorrente;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 116 cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del 17 ottobre 2018 il dott. I C e udito il difensore di parte ricorrente, come specificato nel verbale;

Rilevato in fatto e considerato in diritto quanto segue;


FATTO

Rilevato che, ai sensi dell’art. 116, comma 4, c.p.a., nelle controversie sottoposte al rito dell’”accesso” il giudice decide con sentenza in forma semplificata;

Rilevato che, con rituale ricorso ex art. 116 cit. a questo Tribunale, il dr. -OMISSIS- evidenziava di essere stato inquadrato da ultimo nel ruolo unico del D.I.S. – Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS) e dell’A.I.S.I. – Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna (AISI), con la qualifica “quasi apicale” di Dirigente di seconda fascia, liv. A, e l’incarico di Direttore di Divisione, e di essere stato oggetto, in data 6.10.2015, dopo 22 anni presso tali organismi di sicurezza e a soli due anni dal pensionamento, di provvedimento di rientro nell’Amministrazione di provenienza, nella specie la Presidenza del Consiglio dei Ministri (PCM);

Rilevato che il ricorrente rappresentava di aver proposto ricorso a questo Tribunale avverso il provvedimento in questione, poi definito con sentenza di rigetto n. 9699/2017, da lui appellata al Consiglio di Stato con giudizio ancora pendente;

Rilevato che il dr. -OMISSIS- evidenziava anche che, nelle more, ai fini del suddetto “rientro”, era stato inquadrato con decreto del Segretario Generale della PCM del 3.12.2015, nelle cui premesse era richiamato quanto disposto dal d.p.c.m. 23.3.2011, n. 1, in particolare dai relativi artt. 32, comma 4, e 35, comma 2;

Rilevato che nel presente gravame il ricorrente rappresentava che, nel giudizio avanti al Consiglio di Stato, le Amministrazioni ivi costituite avevano depositato, tra altra documentazione, copia di alcuni articoli del suddetto d.p.c.m. n. 1/2011, tra cui quella dell’art. 32 ma limitata ai soli commi 1 e 3, nonché copia dell’art. 13 d.p.c.m. n. 5/2012, modificativo del precedente, limitata ai soli commi 1 e 2 che modificavano rispettivamente i suddetti commi 1 e 3;

Rilevato che il ricorrente evidenziava la necessità di accedere agli artt. 32 e 35 in forma integrale, al fine di verificare la correttezza della ricostruzione della propria carriera come effettuata al suo “rientro”, anche sulla base dei richiamati commi 4 dell’art. 32 e 2 dell’art. 35, riconducibili alla previsione generale di cui all’art. 21, comma 2, lett. m), l. n. 124/2007, secondo il contenuto del decreto del Segretario Generale della PCM;

Rilevato che, in merito, il dr. -OMISSIS- rappresentava di aver rivolto, ai sensi dell’art. 24 Cost. e degli artt. 22 e 23 l. n. 241/90, specifica istanza motivata di accesso documentale alla PCM e al DIS in data 8.5.2018, ma di averne ricevuto riscontro negativo con il provvedimento in epigrafe, in cui era negato l’accesso ritenendo la documentazione non ostensibile in ragione della classifica di segretezza riportata e alla luce del fatto che l’interessato non risultava più munito del “nulla osta” di sicurezza;

Rilevato che il ricorrente lamentava, in sintesi, la violazione delle norme ora richiamate, in quanto era preponderante il suo diritto di difesa, ex art. 24 Cost., e comunque il suo interesse giuridico a verificare la corretta ricostruzione della carriera come operata, per la quale era indispensabile conoscere integralmente le norme applicate e richiamate nel suddetto decreto del Segretario Generale della PCM, anche solo mediante visione delle norme in questione;

Rilevato che il dr. -OMISSIS- lamentava in aggiunta la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 42 della l. n. 124/2007 e dell’art. 24, comma 7, l. n. 241/1990, oltre a diverse forme di eccesso di potere, in quanto non poteva essere invocato alcun “segreto di Stato” sulla documentazione richiesta, ai sensi della normativa in questione, dato che essa riguardava la ricostruzione di carriera del dipendente e non certo l’integrità della Repubblica, la difesa delle istituzioni e l’indipendenza dello Stato, unici presupposti validi per negare astrattamente qualsiasi forma di ostensione per “segreto di Stato”, considerando anche che, in altra occasione, gli era stata consentita la visione di documentazione con la classifica di “riservato” anche dopo la revoca del “nulla osta” di sicurezza invece invocata nella presente fattispecie;

Rilevato che, in prossimità della trattazione, il ricorrente depositava una memoria in cui, oltre a insistere nelle proprie tesi, chiedeva in via istruttoria di ordinare alle Amministrazioni resistenti di depositare in questo giudizio copia autentica del deposito documentale effettuato nel giudizio pendente avanti al Consiglio di Stato sulla suddetta sentenza o di assumerlo in via diretta dalla Segreteria della Sezione presso cui era incardinato il ricorso in appello;

Rilevato che, alla camera di consiglio del 17.10.2018, la causa era trattenuta in decisione;

DIRITTO

Considerato che appare opportuno evidenziare come l’art. 22 della l. n. 241/1990 disponga che per “diritto di accesso” si intende il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi e che tali “interessati” sono tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che possono vantare un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale eÌ€ chiesto l'accesso;

Considerato che, ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 22 cit., l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, e che tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione – per quel che qui rileva - di quelli indicati all'art. 24, commi 1, lett. a), 5 e 6, lett. a) e c), l. cit.;

Considerato che lo stesso art. 24, comma 7, l. cit. prevede che comunque l’accesso deve essere garantito per i documenti la cui conoscenza è necessaria per curare o per difendere gli interessi giuridici dei richiedenti;

Considerato che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenze 18 aprile 2006, n. 6 e n. 7, ha qualificato il “diritto di accesso” come una situazione soggettiva che, più che fornire utilità finali (caratteristica da riconoscere non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), risulta caratterizzata per il fatto di offrire al titolare dell'interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante, anche al fine di verificare l’incidenza meramente potenziale del documento richiesto in ostensione;

Considerato che la giurisprudenza ha precisato anche che:

- la disciplina dell'accesso agli atti amministrativi non condiziona l'esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in misura attenuata, sicché la legittimazione all'accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti e/o documenti oggetto dell'accesso abbiano cagionato o siano idonei a cagionare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita, rispetto alla situazione legittimante all'impugnativa dell'atto (Cons. Stato, Sez. III, n. 696/2016);

- ai fini dell'accesso a documenti amministrativi, il requisito della necessaria sussistenza di un interesse giuridico diretto e concreto, collegato al documento di cui si chiede l'ostensione, non significa che l'accesso sia da configurare come meramente strumentale alla difesa in un giudizio sulla situazione sostanziale principale;
esso, invece, assume una valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del processo principale (Cons. Stato, Sez. V, n. 1026/2016 e Sez. IV, n. 1363/2016);

- deve essere accolta una nozione ampia di “strumentalità”, nel senso della finalizzazione della domanda ostensiva alla cura di un interesse diretto, concreto, attuale - e non meramente emulativo o potenziale - connesso alla disponibilità dell'atto o del documento del quale si richiede l'accesso, non imponendosi che l'accesso al documento sia unicamente e necessariamente strumentale all'esercizio del diritto di difesa in specifico giudizio ma ammettendo che la richiamata “strumentalità” debba essere intesa in senso ampio in termini di utilità per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante (Cons. Stato, Sez. V, n. 4452/2015 e Sez. III, n. 3214/2015);

Considerato che nel caso di specie si ravvisa la presenza di tutti questi presupposti, ben potendo la situazione di “reinquadramento” del ricorrente, disposto dall’Amministrazione al momento del suo “rientro” nell’organico della PCM, ricondursi a un interesse diretto, concreto, attuale alla verifica della correttezza dell’operato della p.a. incidente su situazione giuridica soggettiva dell’interessato;

Considerato che nel caso di specie sussiste anche un nesso di stretta dipendenza tra interesse dedotto in giudizio e documenti richiesti idoneo a legittimare la invocata ostensione, risultando tali documenti un mezzo necessario - o perlomeno utile - per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante rappresentato dall’interessato sia in questa sede che, precedentemente, all’Amministrazione (Cons. Stato, Sez. VI, 5.9.18, n. 5215/2018);

Considerato che tali esigenze sono state infatti enunciate in modo circostanziato dal ricorrente nella sua istanza di “accesso” e non sono in grado di venir soddisfatte se non attraverso la conoscenza proprio di quei documenti specifici;

Considerato, infatti, che il “reinquadramento” del ricorrente è avvenuto, secondo il richiamo nel decreto del Segretario Generale della PCM del 3.12.2015, “ …Considerato quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2011 n. 1 e, in particolare, dagli articoli 32, comma 4, e 35, comma 2” ;

Considerato che punto di equilibrio tra le esigenze di “segretezza” richiamate nel diniego impugnato e quelle “ostensive” invocate dal dr. -OMISSIS- ben può essere individuato nella mera visione senza estrazione di copia degli articoli del d.p.c.m. richiamato, come peraltro richiesta in via subordinata dal ricorrente, tenuto conto che, appunto sull’applicazione di questi, è stato pure fondato il suo “reinquadramento”;

Considerato che la natura di atto a contenuto generale del d.p.c.m. in questione porta a ritenere, anche in assenza di specifiche deduzioni contrarie su tale natura da parte della PCM, che non possa invocarsi alcun “segreto di Stato” ai sensi degli artt. 39 e 42 l.n. 124/2007 e dell’art. 24, comma 7, l. n. 241/90;

Considerato che in altre occasioni è stato consentito al ricorrente, pur dopo la “fuoriuscita” dagli organismi di sicurezza, la visione di una relazione classificata come “riservata”, nel corso del 2016, successivamente quindi anche alla revoca del “nulla osta” di sicurezza, con conseguente contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione nel caso qui in esame;

Considerato che, quindi, il ricorso deve trovare accoglimento e che deve essere ordinato alla PCM di consentire al ricorrente l’accesso richiesto, sotto forma di mera “presa visione” degli 32 e 35 del D.P.C.M. del 23 marzo 2011 n. 1, come modificato dal D.P.C.M. n. 5/2002 - con particolare riferimento al comma 4 dell’art. 32 e al comma 2 dell’art. 35 - in forma integrale e nel testo vigente alla data del 16.10.2015;

Considerato che a tale forma di ostensione la PCM dovrà provvedere entro 30 (trenta) giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla notificazione della stessa, se anteriormente avvenuta;

Considerato che le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

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