TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2016-11-07, n. 201600464

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2016-11-07, n. 201600464
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 201600464
Data del deposito : 7 novembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/11/2016

N. 00464/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00034/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SNTENZA

sul ricorso numero di registro generale 34 del 2016, proposto da P A, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianluca De Michele C.F. DMCGLC71M04B519N, con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, via Giuseppe Garibaldi N. 6;

contro

Provincia di Campobasso, in persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo Colalillo C.F. CLLVCN46M03A930U, presso il cui studio in Campobasso, Corso Umberto I°, N. 43 elegge domicilio;

Presidente della Provincia di Campobasso non costituito in giudizio;

nei confronti di

A F, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Ruta C.F. RTUGPP65C27B519R, presso il cui studio in Campobasso, Corso Vittorio Emanuele, 23 elegge domicilio;

per l'annullamento

-della deliberazione della Giunta provinciale di Campobasso n. 141 del 14.11.15 pubblicato all'Albo pretorio dell'Ente in data 14.11.15 avente ad oggetto "attuazione legge 56/14 Personale soprannumerario della Provincia di Campobasso”;

- della Delibera di Giunta Provinciale n. 158 del 15.12 2015;

- delle disposizioni presidenziali n. 122 del 18.12.2015 e 124 del 21.12.2015 di ogni atto connesso e/o presupposto

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Campobasso e di A F;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2016 il dott. L M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, dirigente di ruolo della Provincia di Campobasso, con ricorso notificato il 13/14 gennaio 2016 e depositato il 5 febbraio 2016, ha impugnato i seguenti atti: 1) la delibera di Giunta Provinciale n. 141/2014, avente ad oggetto l’attuazione della legge n. 56/2014, con conseguente individuazione del personale soprannumerario;
2) la delibera di G.P. n. 158/2015 di riorganizzazione delle funzioni fondamentali della Provincia e gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali nn. 121, 122, 123, 124 del 18 e 21 dicembre 2015.

Lamenta che, in conseguenza della adozione degli atti di riorganizzazione delle funzioni della Provincia, sarebbe stato illegittimamente collocato in soprannumero, in violazione dei criteri generali fissati dagli atti normativi attuativi della legge n. 56/2014.

A fondamento del ricorso ha dedotto, in particolare, i seguenti motivi di censura:



1. Violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 per omessa comunicazione di avvio del procedimento di adozione degli atti impugnati che ne avrebbero, a suo dire, determinato la collocazione in soprannumero in ragione dell’incarico di dirigente del servizio Politiche sociali e del Lavoro attribuitogli solo di recente, in forza della disposizione del Presidente della Provincia n. 79 del 4.9.2015, mentre la Giunta avrebbe dovuto tener conto dei compiti da lui svolti al 8.4.2014, data di entrata in vigore della legge n. 56/2014, secondo quanto prescritto dall’art. 2, comma 1 della legge medesima e, in ogni caso, della anzianità di servizio maturata nella qualifica dirigenziale.



2. Eccesso di potere per erroneità nei presupposti, contraddittorietà, manifesta irragionevolezza in quanto il criterio della minore anzianità posto per individuare i dirigenti da porre in mobilità avrebbe dovuto consentirgli di restare nel ruolo provinciale essendo egli in possesso della seconda maggiore anzianità assoluta nella funzione, tenuto conto che la riorganizzazione degli uffici operata con le delibere impugnate prevede comunque la conservazione di due posizione dirigenziali.



3. Violazione della legge n. 56/2014 e del

DPCM

26.9.2014. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. Violazione dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento.

In base ai criteri posti dalla legge, per l’individuazione del personale interessato dal trasferimento, occorreva tenere prevalentemente conto dei compiti correlati alle funzioni oggetto di trasferimento svolti alla data di entrata in vigore della legge n. 56/2014 e, in ogni caso, della maggiore anzianità di servizio nella qualifica dirigenziale. Applicando tali criteri l’esponente avrebbe avuto diritto ad essere collocato in una delle due posizioni dirigenziali della dotazione organica provinciale.



4. Violazione dell’art. 1, commi 422 e 423 della legge n. 190/2014. Violazione e falsa applicazione della legge n. 56/2014.

L’individuazione del personale da mettere in mobilità avrebbe dovuto seguire la definizione delle funzioni da conservare in capo alla Provincia, mentre nella specie tale preliminare ricognizione sarebbe mancata anche per il ritardo con cui la Regione ha provveduto ad individuare le funzioni da conservare in capo alla Provincia nonché per l’urgenza di operare le riduzioni di spesa prescritte dalla legge n. 190/2014. Una tale inversione procedimentale inficerebbe i provvedimenti impugnati.



5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 6 del d. lgs. n. 165 del 2001. Violazione degli artt. 23 e 24 dello statuto della Provincia. Violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990. Illogicità e manifesta irragionevolezza. Difetto di motivazione. Contraddittorietà tra atti.

La variazione della dotazione organica sarebbe avvenuta senza sentire i dirigenti, al di fuori della programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all’art. 39 della legge n. 449/1997 ed in assenza di consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative che devono essere sentite in merito ai criteri di individuazione degli esuberi.

Gli atti impugnati si porrebbero anche in contrasto con il verbale di contrattazione decentrata del 10.3.2015 sottoscritto dalla Provincia con le organizzazioni sindacali.



6. Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 della legge n. 267/2000. Violazione e falsa applicazione dello statuto provinciale e del regolamento degli uffici e dei servizi.

Il Consiglio provinciale, competente nella materia dell’ordinamento degli uffici e dei servizi, avrebbe omesso di formulare i criteri generali della riorganizzazione.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione provinciale intimata per resistere al ricorso contestando la fondatezza dei motivi di censura e concludendo per la loro reiezione nel merito.

Si è costituito altresì il controinteressato Fratangelo A per difendere la legittimità dei provvedimenti impugnati concludendo per la reiezione del gravame.

All’udienza del 26 ottobre 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione.

In via preliminare il collegio deve rilevare il difetto di giurisdizione sulla contestazione degli atti di conferimento degli incarichi nn. 121, 122, 123 e 124 del 18 e 21 dicembre 2015.

La previsione dell'art. 63, comma 1, del D. Lgs. n. 163 del 2001 devolve alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie di lavoro del personale alle dipendenze di pubbliche Amministrazioni, incluse quelle concernenti il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali (cfr.: Cons. Stato III, 3.10.2016 n. 4054;
idem V, 23.6.2016 n. 2815;
Cass. civile, sez. unite, 30.9.2014 n. 20571).

Per analoghe ragioni, esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione della domanda, proposta dal ricorrente, nella parte in cui egli contesta l’inserimento negli elenchi del personale soprannumerario. Il giudice amministrativo non ha infatti cognizione sul diritto del lavoratore pubblico alla mobilità, né sul suo diritto ad essere escluso dalla mobilità (cfr.: Cons. Stato III, 14.7.2015 n. 3512) trattandosi di atto di gestione del rapporto di lavoro, sebbene attuativo di atti di macro organizzazione relativi al riassetto dei servizi e della organizzazione degli uffici della Provincia, la cui legittimità è stata contestata in via principale, dolendosi il ricorrente del non corretto esercizio del potere di organizzazione della Provincia nella attuazione del processo di riforma previsto dalla legge n. 56 del 2014.

Sussiste, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo sulle impugnate deliberazioni di Giunta provinciale nn. 141/2015 e 158/2015, che sono evidentemente atti di macro-organizzazione della struttura provinciale. Di regola, la cognizione degli atti di macro-organizzazione delle pubbliche Amministrazioni rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto nell'emanazione di atti organizzativi di carattere generale viene esercitato un potere di natura autoritativa e non gestionale, cosicché non trova applicazione la riserva di giurisdizione del giudice ordinario di cui all'art. art. 63 del D.Lgs. 165/2001 (cfr.: Cons. Stato III, 10.10.2016 n. 4172;
idem VI 12.8.2016 n. 3627;
Cass. civile, sez. unite, 31.5.2016 n. 11387).

Inoltre, stando al più consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, appartiene alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo la controversia nella quale la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti macro-organizzativi, attraverso cui le Amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali della loro organizzazione (cfr.: Cons. Stato VI, 5.10.2016 n. 4098). Anche le Sezioni Unite della Cassazione civile concordano sul fatto che, in tema di lavoro pubblico privatizzato, la controversia nella quale un dirigente, a seguito del mancato conferimento di un incarico, prospetti un pregiudizio professionale derivante dall'adozione di atti di macro-organizzazione correlati all'esercizio di poteri autoritativi (nella specie, rivolti a ridefinire le strutture amministrative) al fine di ottenerne l'annullamento, la cognizione dell’esercizio del potere amministrativo e la rimozione degli effetti del provvedimento spettano alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, in quanto implicano la deduzione di una posizione di interesse legittimo, rispetto alla quale il rapporto di lavoro non costituisce l'effettivo oggetto del giudizio e gli effetti pregiudizievoli derivano direttamente dall'atto presupposto di cui si contesta la legittimità (cfr.: Cass. civile, sez. unite, 31.5.2016 n. 11387;
sulla rilevanza dell’atto presupposto quale fonte del pregiudizio veicolato con l’atto di gestione cfr. Cons. Stato, VI, n. 2707/2016).

Tale divisamento del giudice del riparto giurisdizionale non contraddice al consolidato orientamento delle Sezioni Unite, a tenore del quale, con riguardo al rapporto di lavoro pubblico - ritenuto che la giurisdizione si determina in base al petitum sostanziale, da individuarsi con riferimento ai fatti materiali allegati dall'attore e alle particolari caratteristiche del rapporto dedotto in giudizio - rientra nella giurisdizione del giudice ordinario il potere di verificare, in via incidentale, la legittimità degli atti generali di autoregolamentazione dell'ente pubblico, ed eventualmente disapplicarli, qualora il giudizio verta direttamente sulle pretese attinenti al rapporto di lavoro e riguardi, quindi, posizioni di diritto soggettivo del lavoratore, in relazione alle quali i suddetti provvedimenti di autoregolamentazione costituiscono solamente atti presupposti;
in relazione a ciò si è ritenuto che le controversie relative al conferimento (o mancato conferimento) di incarichi dirigenziali siano di pertinenza del giudice ordinario, in applicazione dell'art. 63, comma 1, del D. Lgs. 165 del 2001 (cfr.: Cass. civile, sez. unite, 8.6.2016 n. 11711).

Il discrimine che risolve l’apparente aporia tra le diverse pronunce delle Sezioni Unite (e di quelle del Consiglio di Stato sulla propria giurisdizione) risiede in tre aspetti, di cui due positivi e uno negativo, radicanti la giurisdizione del giudice amministrativo sugli atti di macro-organizzazione: 1) l’oggetto della contestazione deve investire direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo, mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti macro-organizzativi;
2) la prospettazione deve riguardare un pregiudizio derivante dall'adozione di un atto di macro-organizzazione, correlato all'esercizio di poteri autoritativi;
3) l’oggetto del giudizio non deve riferirsi direttamente, ma solo indirettamente e di riflesso, al rapporto di lavoro.

Nel caso di specie, con riguardo alle impugnate delibere di G.P. nn. 141/2015 e 158/2015, il Collegio rileva che la contestazione investe direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso cui la Provincia di Campobasso ha definito le linee fondamentali della propria organizzazione;
inoltre, la controversia prospetta un pregiudizio derivante dall'adozione di atti di macro-organizzazione correlati all'esercizio di poteri autoritativi rivolti a ridefinire la struttura amministrativa;
infine, l’oggetto del giudizio non è direttamente attinente all’incarico dirigenziale ricoperto (o a quello cui si aspira), bensì ai criteri generali con cui si è stabilito di ridimensionare la tecnostruttura e di metterne in mobilità i dipendenti.

Va rilevato, a tal proposito, che la delibera G.P. n. 158/2015 recante in oggetto “Legge 56/2014 – Macro-organizzazione relativa alla funzioni fondamentali”, si autoqualifica come atto di macro-organizzazione e lo è anche da un punto di vista sostanziale atteso che ridefinisce la struttura degli uffici provinciali che passano da 4 a 2. La delibera G.P. n. 141/2015 recante in oggetto “Attuazione della legge 56/2014. Personale soprannumerario della Provincia di Campobasso”, anche se non si autoqualifica come atto di macro-organizzazione, di fatto provvede alla riorganizzazione delle risorse umane in dotazione alla luce dei risparmi di spesa imposti dalla legge di stabilità per il 2015 e del riassetto delle funzioni in via di definizione, fissando la dotazione organica ed i criteri generali per la formazione degli elenchi del personale soprannumerario da mettere in mobilità.

Alla luce di tali considerazioni, questo T.a.r. ritiene la propria giurisdizione limitatamente ai menzionati atti deliberativi giuntali nn. 141/2015 e 158/2015.

Il fatto che il ricorrente lavori attualmente alle dipendenze della Regione Molise, temporaneamente titolare dei servizi per l’impiego in forza di apposita convenzione con la Provincia (cfr. doc. 5 in fascicolo controinteressato), non lo priva dell’interesse a ottenere l’annullamento delle impugnate delibere di riorganizzazione della Provincia di Campobasso, allo scopo di ripristinare lo status quo ante alla sua messa in mobilità che, in ipotesi, renderebbe possibile il suo rientro nell’organico della Provincia di Campobasso.

Anche la sopravvenienza di atti gestionali esecutivi della riorganizzazione del personale della Provincia non priva di interesse il ricorrente alla decisione del ricorso, atteso che detti atti non modificano il contenuto delle citate delibere provinciali nn. 141/2015 e 158/2015.

Sono dunque infondate le eccezioni in rito sollevate sul punto dal controinteressato.

Pertanto, il ricorso è ammissibile sotto il profilo dell’interesse originario a ricorrere e procedibile nell’interesse a coltivare il gravame fino alla sua decisione.

Nel merito deve essere respinta la prima censura con la quale è stata dedotta la violazione delle disposizioni sulla partecipazione al procedimento trattandosi di norme non applicabili al caso di specie, secondo quanto previsto dall’art. 13 della legge n. 241 del 1990 venendo in rilievo la adozione di atti amministrativi generali.

Il ricorrente con il secondo ed il terzo motivo lamenta la violazione del criterio dell’anzianità che ove correttamente computato gli avrebbe consentito di conservare una delle due posizioni dirigenziali rimaste nell’organigramma della Provincia, essendo egli il dirigente in servizio con la seconda maggiore anzianità nella qualifica.

La doglianza è infondata in quanto il predetto criterio è stato applicato dalla Giunta in via meramente residuale rispetto ad altri criteri indicati dalla legge (personale prossimo al pensionamento, personale addetto ai servizi per l’impiego oppure addetto a funzioni non fondamentali o delegate) e comunque non per assegnare le due posizioni dirigenziali presenti nell’organigramma ma per stabilire quali dei dirigenti non rientranti nelle precedenti categorie dovessero essere dichiarati in soprannumero.

La dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del

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