TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2015-05-29, n. 201507635

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2015-05-29, n. 201507635
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201507635
Data del deposito : 29 maggio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 13375/1996 REG.RIC.

N. 07635/2015 REG.PROV.COLL.

N. 13375/1996 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13375 del 1996, proposto dal

CONSORZIO OLIO IMPERIA

Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati U F, M S, G S, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Via P. A. Micheli, 78;

contro

AZIENDA di STATO per gli INTERVENTI nel MERCATO AGRICOLO – AIMA (ora Agea), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento, previa sospensiva,

del provvedimento dell’AIMA in data 21 giugno 1996, prot. 1036 recante la sospensione dal beneficio del pagamento nella forma anticipata, relativo all’aiuto al consumo dell’olio di oliva, mancato riconoscimento per il periodo dal gennaio 1990 ad ottobre 1990 e da gennaio 1991 ad ottobre 1991.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo – Aima (ora Agea);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2014 il Cons. M C e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Riferisce il Consorzio Olio Imperia S.r.l. (d’ora in poi Consorzio) che in data 23 dicembre 1994 ha sottoscritto il contratto di affitto di ramo di azienda, costituito dallo stabilimento di proprietà della società Nestlè Italiana Spa (d’ora in poi società Nestlè), sito in Imperia, via Garesso, n. 17, per la lavorazione e confezionamento dell’olio d’oliva ed è subentrato nei contratti stipulati precedentemente dalla affittante società, con attribuzione di responsabilità e onere in capo alla società Nestlè per i crediti e debiti sorti anteriormente alla data di inizio dell’affitto di azienda.

Espone il Consorzio che in data 8 luglio 1996 è pervenuta la nota dell’Aima 21 giugno 1996, prot. n. 1035, recante la sospensione dal beneficio del pagamento nella forma anticipata, relativo all’aiuto al consumo dell’olio di oliva e mancato riconoscimento per il periodo da gennaio ad ottobre 1990 e da gennaio a luglio 1991.

In particolare con tale nota l’Aima ha invitato il Consorzio a restituire la somma liquidata dall’Azienda di Stato in forma anticipata per il suddetto periodo pari a lire 720.262.474, oltre interessi, ai sensi dell’art.12, par. 3 Reg. CEE n. 2677/85, entro 30 giorni dal ricevimento della nota stessa.

Sostiene il Consorzio di essere estraneo alla commissione delle infrazioni alle norme comunitarie per gli aiuti al consumo dell’olio di oliva, concessi nel periodo indicato nella nota sopracitata, tenuto conto della costituzione del medesimo in data 27 ottobre 1994, con inizio della lavorazione dell’olio d’oliva nello stabilimento di Imperia soltanto dal 1° gennaio 1995.

A seguito di tale nota l’Aima ha sospeso il versamento delle somme quale aiuto comunitario per il consumo dell’olio lavorato nello stabilimento, con riferimento alle domande presentate dal Consorzio a partire dal mese di maggio 1996. Risulta sospeso l’ammontare degli aiuti di cui il Consorzio è creditore per il periodo di 18 mesi dal gennaio 1996 al giugno 1997, determinando un danno finanziario per l’anno 1996 e il 1º semestre 1997.

Avverso tale nota è stata proposta tempestiva opposizione ai sensi della legge n.689 del 1981 al Pretore di Imperia.

Parimenti il Consorzio ha proposto ricorso a questo Tribunale avverso il provvedimento dell’Aima sopra indicato, chiedendone l’annullamento e la sospensione della sua esecuzione, con allegazione dei seguenti motivi di impugnazione:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 898 del 1986 e dell’art. 12 par. 3 del Reg. CEE n.2677/85. Eccesso di potere per errore di fatto : il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo perché le domande di aiuto ivi indicate non potrebbero essere state presentate dal Consorzio ricorrente, costituito in data 27 ottobre 1994 con inizio della lavorazione dell’olio d’oliva nello stabilimento di Imperia soltanto dal 1° gennaio 1995. Inoltre la norma regolamentare indicata a presupposto dell’atto impugnato autorizza soltanto le verifiche della contabilità delle ditte che confezionano l’olio di oliva, ma non la sospensione degli aiuti comunitari in corso di erogazione.

2) Violazione dell’art. 4 della legge n. 898 del 1986 : sulla base della norma rubricata gli estremi dell’infrazione accertata debbono essere notificati agli interessati entro 180 giorni dall’accertamento, mentre nella specie nessuna comunicazione della infrazione sarebbe stata comunicata al Consorzio ricorrente, con il conseguente impedimento della possibilità di comunicare eventuali contestazioni riguardo l’addebito.

3)Violazione dell’art. 4, lettera C, della legge n. 898 del 1986. Incompetenza : i provvedimenti sanzionatori a carico delle ditte che abbiano percepito fraudolentemente aiuti comunitari – secondo la norma indicata in rubrica - devono essere adottati con l’ordinanza ingiunzione a firma del competente Ministro dell’Agricoltura, mentre il provvedimento sarebbe stato firmato dal Direttore reggente dell’Aima, con conseguente vizio di forma e di incompetenza dell’atto. Conclude con la richiesta di annullamento del provvedimento impugnato previa sospensione.

Si è costituita in giudizio l’Aima per resistere al ricorso, opponendosi all’accoglimento dello stesso. Con ordinanza n.2828/1996 è stata accolta la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, subordinatamente alla prestazione di garanzia fideiussoria per la somma pretesa dall’Aima.

Con decreto n. 894 del 17 gennaio 2013 è stata dichiarata la perenzione del ricorso.

La società Nestlé con atto di costituzione in data 12 luglio 2013 ha dichiarato il proprio interesse alla decisione del ricorso, tenuto conto della sua posizione di socio di maggioranza del Consorzio ricorrente, per il quale in data 3 giugno 2002 è stata accolta la richiesta di cancellazione dal registro delle imprese a seguito della intervenuta liquidazione societaria. Pertanto la società ha dichiarato e documentato di essere legittimata processualmente e ha manifestato altresì l’interesse alla decisione, previa revoca del decreto di perenzione.

Il ricorso è stato reiscritto nel ruolo e in prossimità dell’odierna pubblica udienza la società Nestlé ha prodotto memoria conclusionale con la quale ha ricostruito le seguenti varie fasi della vicenda contenziosa. Preliminarmente riferisce che prima del contratto di affitto di azienda tra la società Nestlè e il Consorzio, in data 23.12.1994 la Procura della Repubblica di Trani ha avviato un’ indagine e la Guardia di Finanza ha svolto accertamenti nei confronti di altra società relativamente alla produzione di olio di oliva extravergine negli anni 1989, 1990 e nei primi 7 mesi del 1991. Tale società accertata avrebbe venduto ai propri clienti (tra cui figuravano la società Nestlè e la società L.Sasso &
Figli) olio di oliva cd. nocciolino, miscelato e quindi escluso dagli aiuti comunitari. Conclusa l’indagine la G.d.F. in data 14.3.1996 ha notificato alla società Nestlè due processi verbali di contestazione. Con il provvedimento 21.6.1996, n. 1036 l’Aima ha ordinato la sospensione dal beneficio del pagamento nella forma anticipata, relativo all’aiuto al consumo dell’olio di oliva, con il mancato riconoscimento per il periodo dal gennaio 1990 ad ottobre 1990 e da gennaio 1991 ad ottobre 1991, impugnato con il ricorso in esame, nonché con opposizione dinanzi al Pretore di Imperia ex art. 22 della legge n. 689 del 1981.

In data 30 aprile 1997 il contratto di affitto di ramo di azienda stipulato in data 23 dicembre 1994 tra la società Nestlè e il Consorzio è stato risolto consensualmente e la società ha comunicato ciò all’Aima con la richiesta di trasferimento del numero di riconoscimento (043-IM/03) dal Consorzio alla società Nestlè.

Con lettera in data 6 ottobre 1997 la società Nestlé ha inviato ad Aima un sollecito di pagamento delle somme spettanti a titolo di aiuto al consumo dell’olio extravergine di oliva per i mesi di maggio, giugno e luglio 1997. L’Aima ha riscontrato tale richiesta con nota 6 novembre 1997, n. 2399 precisando di non poter liquidare l’importo perché da controlli la società risulterebbe debitrice nei confronti dell’Aima di somme ed ha, quindi, sospeso il pagamento in forma anticipata degli aiuti al consumo dell’olio di oliva extravergine. Avverso tale provvedimento la società ha proposto ricorso RG n. 161/1998, all’esame dell’odierna udienza, la cui efficacia è stata sospesa da questo Tribunale con ordinanza n. 186 del 1998, subordinatamente alla prestazione da parte della società di fideiussione bancaria;
a seguito della presentazione della fideiussione la somma dovuta a titolo di aiuti è stata corrisposta. Successivamente con nota in data 9 marzo 1998, prot. n.232, l’Aima ha revocato il provvedimento di sospensione degli aiuti impugnato con il ricorso in esame (nota n. 1036/1996) con il quale era stato individuato come destinatario il Consorzio, specificando però che la sospensione riguardava la società Nestlé in quanto soggetto nei cui confronti intendeva far valere un asserito credito.

Il Pretore di Imperia con sentenza n. 72 del 1998, a fronte dell’adozione da parte dell’Aima del suddetto provvedimento di revoca del 9.3.1998, ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione al ricorso in opposizione proposto dal Consorzio.

In seguito in data 22 gennaio 2001 con ordinanza n. 45 il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Ispettorato Centrale Repressione Frodi ha accolto gli scritti difensivi presentati dalla società Nestlé in relazione alla vicenda ed ha disposto l’archiviazione del processo verbale 1989.

Rileva la società Nestlè che l’unica differenza riguarda l’emanazione dell’ingiunzione di pagamento, a carico della stessa in forza del verbale G.d.F. per gli anni1990-1991, della somma di lire 182.777.325.

Successivamente il Tribunale di Milano ha annullato l’ingiunzione - decisione confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n.9061 del 2011 - e il Ministero delle politiche agricole forestali dopo numerose diffide e azioni davanti al giudice amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. II, 30 maggio 2012, n. 3236) ha infine provveduto a restituire la somma che nel frattempo la società Nestlé aveva versato, maggiorata degli interessi e delle somme legali (per l’importo di euro 94.397,00).

La società pertanto deduce:

- A) Cessazione degli effetti del provvedimento impugnato e sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere per quanto concerne: A1) gli aiuti relativi al periodo febbraio-dicembre 1989, a seguito dell’archiviazione del verbale 1989 della Guardia di Finanza da parte del Ministero con ordinanza n.42 del 22 gennaio 2001 e prescrizione del diritto;
A2) gli aiuti relativi agli anni 1990 e 1991 (fino al 31 luglio 1991), a seguito dell’archiviazione del verbale per gli anni 1990-1991 della Guardia di Finanza da parte del Ministero con ordinanza n.45 del 22 gennaio 2001 e prescrizione del diritto

La società pertanto rileva che l’archiviazione dei verbali su cui poggiavano i provvedimenti di sospensione ne avrebbe determinato l’immediata e automatica caducazione. Il provvedimento impugnato sarebbe venuto meno per la conclusione del procedimento amministrativo iniziato con la sua notifica senza l’emanazione dell’atto finale della procedura con cui la p.a. avrebbe dovuto accertare l’esistenza dell’ammontare del credito ipotizzato nel processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza.

Comunque per effetto della predette ordinanze del Ministero di archiviazione e della sentenza del Tribunale di Milano, confermata dalla Corte di Cassazione, il provvedimento impugnato avrebbe cessato di produrre ogni effetto, a partire dal momento di conclusione della procedura, senza alcuna azione da parte del Ministero da valere riguardo al credito, ipotizzato come sussistente dalla Guardia di Finanza.

Inoltre secondo la società Nestlè - anche senza considerare l’archiviazione- il decorso del termine di legge di 18 mesi avrebbe travolto il provvedimento di sospensione o comunque ne avrebbe fatto venir meno gli effetti. Nella specie il Ministero – oltre aver disposto l’archiviazione - avrebbe accertato anche l’intervenuta prescrizione del preteso diritto a percepire le somme, con il conseguente definitivo venir meno della misura cautelare della sospensione degli aiuti;
inoltre la con il provvedimento di revoca l’Aima ha confermato la sospensione della corresponsione degli aiuti nei confronti della società Nestlè in relazione allo stesso credito vantato nel 1996. Pertanto la società Nestlé ha interesse a proseguire l’azione proposta dal Consorzio per far annullare il provvedimento di sospensione degli aiuti e farlo dichiarare decaduto e privo di effetti.

B) In via subordinata, in ordine alla intervenuta prescrizione e annullamento dell’ordinanza del Ministero n. 45/2001 con la sentenza del Tribunale di Milano confermata dalla Corte di Cassazione , soggiunge la società Nestlè che, comunque, l’estinzione del diritto a tutela del quale il provvedimento impugnato è stato emanato comporterebbe necessariamente l’annullamento dell’ordinanza non potendosi ritenere legittimo il provvedimento cautelare di sospensione emanato a garanzia di un credito rivelatosi insussistente.

Nel caso in cui non si dovesse tener conto dell’avvenuta archiviazione del verbale del 1990-1991, in forza del quale sarebbe stato emanato il provvedimento di sospensione degli aiuti ovvero del decorso del termine di legge di durata della sospensione ovvero dell’intervenuto accertamento della prescrizione del diritto di pretendere qualsiasi somma di denaro in forza del verbale 1990-1991, la società Nestlè formula le seguenti conclusioni:

- difetto di legittimazione passiva in capo al Consorzio in quanto costituito solo in data 27 ottobre 1994 ovvero 5 anni dopo i fatti riferiti nel verbale del 1990-1991 della Guardia di Finanza;

- mancata notifica al Consorzio del processo verbale di constatazione del 1990-1991 nonostante l’attribuzione allo stesso della responsabilità della contestazione,in violazione delle regole proprie del precetto;

- incompetenza di Aima ad emanare il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 4 della legge n.898 del 1986 in quanto sottoscritto dal Direttore reggente dell’Aima e non dal Ministro.

Conclude la società con la richiesta di accoglimento del ricorso.

Alla udienza pubblica del 12 novembre 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

3. Viene in decisione all’odierna udienza pubblica l’articolata vicenda contenziosa (oltre il ricorso in esame anche i ricorsi RG n. 13372/1996, RG n.161/1998), come descritta in fatto, relativa alla sospensione dal beneficio del pagamento nella forma anticipata relativo all’aiuto al consumo dell’olio di oliva e il mancato riconoscimento dello stesso da parte dell’Aima per i periodi di riferimento.

3.1. Preliminarmente il Collegio è chiamato ad esaminare i profili di rito in relazione alla legittimazione della società Nestlè che ha manifestato da ultimo l’interesse al ricorso.

Al riguardo va rilevato, sulla base di quanto rappresentato e documentato in atti, che il Consorzio, che ha proposto il ricorso in esame, ha sottoscritto in data 23.12.1994 con la società Nestlè un contratto di affitto di azienda del complesso di beni siti in Imperia, via Garessio n.17 di proprietà di quest’ultima;
tale contratto è stato consensualmente risolto in data 30 aprile 1997.

Si osserva che, nelle more del giudizio, è intervenuto lo scioglimento del Consorzio ricorrente con l’apertura dello stato di liquidazione (delibera 30 aprile 1997);
dopo l’approvazione del bilancio finale di liquidazione (verbale 28 dicembre 2001) il Consorzio è stato cancellato dal registro delle imprese in data 3 giugno 2002, come risulta dalla visura camerale. Orbene dall’esame di tale visura appare confermata la partecipazione societaria della società Nestlè quale socio di maggioranza del Consorzio e, per effetto della cancellazione dal registro delle imprese, ai fini processuali, trova applicazione l’art.110 cpc, ricorrendo l’ipotesi nella specie della successione a titolo universale da parte dei soci della parte processuale venuta meno: conseguentemente la legittimazione processuale si trasferisce in capo a questi ultimi.

Al riguardo, in applicazione di tale principio la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che la cancellazione dal registro delle imprese determina l'estinzione del soggetto giuridico e la perdita della sua capacità processuale. Ne consegue che, nei processi in corso, anche se essi non siano interrotti per mancata dichiarazione dell'evento interruttivo da parte del difensore, la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 c.p.c., ai soci, che, per effetto della vicenda estintiva, divengono partecipi della comunione in ordine ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione (cfr. Cass. Civile, sez. III, 9 aprile 2013, n. 8596 ;
idem, 6 novembre 2013, n.24955).

Pertanto la società Nestlè è legittimata a proseguire il giudizio in esame.

3.2. Passando all’esame dell’atto impugnato (nota Aima 21 giugno 1996, n. 1036) si rileva che l’Aima ha sospeso il richiedente Consorzio dal beneficio del pagamento nella forma anticipata dell’aiuto per 18 mesi, a decorrere dalle domande relative al mese di maggio 1996, sulla base di verbali della Guardia di Finanza pervenuti presso l’Azienda e relativi a controlli incrociati effettuati sulle domande di aiuto al consumo dell’olio di oliva presentate dal Consorzio e già liquidate in forma anticipata per il periodo da gennaio ad ottobre 1990 e da gennaio a luglio 1991.

Nel circoscrivere i fatti rilevanti intervenuti nel corso della vicenda e ampiamente descritti in premessa, occorre richiamare: - la nota in data 9 marzo 1998, prot.n. 232, con cui l’Aima ha revocato il provvedimento n. 1036 del 1996 impugnato di sospensione degli aiuti con la richiesta di somme ed interessi per indebiti contestati al Consorzio;
- la sentenza n. 71 del 1998 del Pretore di Imperia che, a fronte dell’adozione da parte dell’Aima del provvedimento di revoca del 9.3.1998, ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione al ricorso in opposizione proposto dal Consorzio;
- l’ ordinanza 22 gennaio 2001, n. 42 con cui il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Ispettorato Centrale Repressione Frodi ha accolto gli scritti difensivi presentati dalla società in relazione alla vicenda ed ha disposto l’archiviazione del processo verbale di constatazione del 27.2.1996 della G.d.F., su cui si poggiava quale atto presupposto il provvedimento impugnato.

Appare evidente che la revoca, quale atto di secondo grado, in termini generali, consente di far cessare gli effetti di un provvedimento amministrativo avente efficacia prolungata nel tempo, a cagione di una rinnovata valutazione degli interessi implicati nell'atto, ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto, allo scopo di assicurare la permanente rispondenza dell'assetto provvedimentale all'interesse pubblico (cfr. Tar Trentino-Alto Adige, Trento, sez. I, 8 ottobre 2014, n. 339);
nella specie l’intervenuta revoca dell’atto impugnato riferito al Consorzio ha determinato la cessazione degli effetti dello stesso.

A ciò va aggiunto inoltre che con l’ordinanza n. 42 del 2001 il Ministero ha archiviato il processo verbale di constatazione della G.d.F in data 27 febbraio 1996 ed è venuto meno il presupposto alla base del provvedimento n.1036 del 1996 impugnato, che tra l’altro ha disposto la sospensione degli aiuti “in via cautelare …..per mesi 18 (diciotto) a decorrere dalle domande relative al mese di maggio 1996” , termine ormai decorso, con conseguente venir meno degli effetti.

In relazione a ciò deve darsi atto della sopravvenuta carenza di interesse al ricorso che va pronunciata non solo per il venir meno dell’interesse pubblico prioritario in relazione al mero decorso del termine della sospensione dal beneficio prevista, in via cautelare, dal provvedimento impugnato, con conseguente perdita di efficacia dello stesso – in assenza di altri atti determinativi della procedura di accertamento di crediti da parte dell’Amministrazione - ma anche per la cessazione degli effetti dell’atto impugnato per l’intervenuta revoca dello stesso.

A tali conclusioni giunge il Collegio alla luce anche dei principi generali dettati nell'ambito del processo amministrativo ai sensi dell’art. 64, commi 1 e 2, secondo cui i fatti non contestati confluiscono nel concetto di prova, con la conseguenza che una volta che la parte abbia adempiuto al suo onere di allegazione, la non contestazione della resistente Amministrazione costituita fa assurgere a prova piena quanto dedotto dal ricorrente, senza che al riguardo al giudice sia consentito di fare ricorso ai suoi poteri acquisitivi per accertare quanto non oggetto di contestazione (cfr. Tar Basilicata, sez. I, 8 luglio 2013, n. 400;
Tar Campania, Napoli, sez. VII, 6 settembre 2012, n. 3761). Infatti l'art. 64 comma 2, c.p.a. — al pari dell'omologo disposto del codice di procedura civile — codifica un principio già emerso in via pretoria, circa la non necessità di prova dei fatti non contestati, con la conseguenza che i medesimi fatti devono essere posti a fondamento della decisione, senza che residui alcuna discrezionalità per il giudicante, cosa che invece è consentita solo dall'ultimo comma dell'art. 64 secondo cui "il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. VII 22 marzo 2012, n. 1444;
idem, sez. IV 1° dicembre 2014 n. 6196).

4. In definitiva, non resta al Collegio che dichiarare la improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

5. La particolare vicenda contenziosa e lo sviluppo della stessa giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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