TAR Palermo, sez. I, sentenza 2024-08-28, n. 202402485

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2024-08-28, n. 202402485
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202402485
Data del deposito : 28 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/08/2024

N. 02485/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01968/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1968 del 2022, proposto da
Istituto delle Suore Francescane del Signore della Città, in persona del legale rappresentante pro tempore , M M, G G, L D F, rappresentati e difesi dagli avvocati S R e L R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio S R in Palermo, via G. Abela n. 10;

contro

Comune di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

1) della nota del Comune di Palermo prot. 838493del 3 agosto 2022, concernente “Comunicazione rivalutazione indennità con il valore del CUP. Area di proprietà comunale ex troncone ferroviario Palermo – Monreale sita in viale Regione Siciliana n. 3414 (fg.42 p.lla 1525 ex 123)”;

2) della deliberazione del Consiglio Comunale di Palermo n. 244 del 28 luglio 2021, di adozione del “Regolamento per l''applicazione del canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria”;

3) della deliberazione del Consiglio Comunale di Palermo n. 174 del 4 maggio 2022, con la quale si adotta il “Regolamento per l''applicazione del canone patrimoniale di concessione e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria. Nuovo termine di pagamento del canone, di cui all''art. 35 C. 2 del regolamento, al 30/6/2022”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2024 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato in data 31/10/2022, e depositato il 30 novembre successivo, i ricorrenti, proprietari di alcuni immobili siti a Palermo, premettono che - per consentire l’accesso carrabile ai detti immobili - hanno ottenuto in concessione una striscia di terreno demaniale (ricadente nel foglio di mappa catastale 42, particella 1525 (ex 123), con accesso dal Viale Regione Siciliana) originariamente concessa giusta contratto di affitto di beni dello Stato con il Ministero delle Finanze - Direzione Generale del Demanio stipulato nel 1984, nel quale si prevedeva un canone annuo di £ 1.000.000, più volte rideterminato negli anni, fino a raggiungere, da ultimo, la cifra di € 4.694. Precisano che, oltre ai quattro concessionari, l’area è stata utilizzata dal proprietario di un terreno limitrofo che avrebbe realizzato abusivamente un ampio accesso con relativo cancello (cui il Comune di Palermo ha attribuito il numero civico 3414), omettendo tuttavia di chiedergli di concorrere al pagamento dell’indennità di occupazione, nonostante le ripetute segnalazioni dei concessionari.

Deducono che:

1) con deliberazione del Consiglio Comunale n. 244 del 28 luglio 2021, il Comune di Palermo ha adottato il “Regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria” il quale, dopo avere considerato necessario mantenere le aliquote già in uso, senza aumenti nelle stesse, in relazione alle occupazioni di suolo pubblico permanenti, prevede quattro zone e due tabelle: A) la “tabella 1” che riproduce la tabella delle tariffe TOSAP approvate con Delibera del Commissario Straordinario n. 40 del 23.03.2012;
B) la “tabella 2” che fa riferimento ai “Beni soggetti alla disciplina del “Regolamento comunale relativo alla gestione e alienazione di beni immobili di proprietà comunale” di cui alla deliberazione di Consiglio Comunale n. 334 del 17/09/2008”. Quest’ultimo Regolamento, tuttavia, per la determinazione del canone non fa riferimento a tabelle, ma, all’art. 7 stabilisce che “I canoni base di locazione e/o concessione saranno determinati in base ai valori di mercato da una Commissione Tecnica di Valutazione nominata con provvedimento del Sindaco e saranno soggetti nel corso del rapporto ad aggiornamenti annuali in base agli indici ISTAT, tenendo conto, tuttavia, delle eventuali limitazioni previste dalle leggi vigenti in materia” (...) . Nella determinazione del canone si dovrà tenere conto dello stato di fatto in cui l’immobile si trova, del valore immobiliare del bene da concedere in uso, dei parametri di redditività del bene commisurati alla destinazione d’uso prevista nel rapporto concessorio (...). I canoni dovranno essere oggetto di nuova determinazione ad ogni scadenza contrattuale, laddove consentito dalle leggi in materia” ;

2) con deliberazione del Consiglio Comunale di Palermo n. 174 del 4 maggio 2022, il Comune ha nuovamente adottato il regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria, riformulando unicamente l’art. 35 relativo alle modalità ed ai termini per il pagamento del canone;

3) con nota prot. 838493 del 3 agosto 2022, il Comune di Palermo ha comunicato ai ricorrenti che in virtù della Legge 160/2019 istitutiva del Contributo Unico Patrimoniale e della Delibera del Consiglio Comunale n. 244 del 28.7.2021 “ha richiesto al Settore Tributi di riquantificare l’indennità di occupazione annuale applicando il valore previsto dal regolamento CUP, che per l’area di cui in oggetto utilizzata dalle SS.LL., è stato determinato in € 36.888,00 annui”.

I ricorrenti hanno impugnato i suddetti atti, di cui hanno chiesto l’annullamento, articolando le seguenti censure:

1) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 817 della L. 27 dicembre 2019, n. 160. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria e per contraddittorietà”.

I ricorrenti deducono che il Comune non avrebbe determinato in alcun modo la “soglia del gettito conseguito nel 2020” né effettuato alcuna previsione circa gli incassi che conseguirà con l’entrata in vigore del Regolamento impugnato. Inoltre, mentre “tabella 1”, allegata al regolamento, riproduce la tabella delle tariffe TOSAP approvate con Delibera del Commissario Straordinario n. 40 del 23.03.2012, la “tabella 2”, nella quale ricadono tra le altre le “aree ex tronconi ferroviari”, come quella di cui è causa, sarebbe del tutto nuova. Tale tabella fa infatti riferimento ai “Beni soggetti alla disciplina del “Regolamento comunale relativo alla gestione e alienazione di beni immobili di proprietà comunale” di cui alla deliberazione di Consiglio Comunale n. 334 del 17/09/2008”. Ma quest’ultimo Regolamento, prevede che i detti canoni: “saranno determinati in base ai valori di mercato da una Commissione Tecnica di Valutazione…”;
il Comune avrebbe pertanto determinato il canone relativo a tali beni omettendo qualsivoglia spiegazione circa le modalità attraverso le quali tale canone è stato strutturato e calcolato.

2) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 816 e 824 della L. 27 dicembre 2019, n. 160. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per irragionevolezza, disparità di trattamento, violazione del principio di proporzionalità e contraddittorietà”.

I ricorrenti sostengono che il Comune, in seguito ad una adeguata attività istruttoria, avrebbe dovuto ridisegnare il contributo sulla base di categorie coerenti distinte per tipologia e finalità dell’area (art. 1, comma 824 della L 160/2019) e non limitarsi ad incollare la previgente tariffa Tosap (tabella 1) aggiungendo una nuova tabella (tabella 2) nella quale inquadrare, tra le altre, le aree “ex tronconi ferroviari”. La strutturazione del canone nelle predette tabelle 1 e 2 non risulterebbe inoltre coerente con gli art. 2 e 24 dello stesso Regolamento.

3) “Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 1, comma 824 della L. 27 dicembre 2019, n. 160. Eccesso di potere per difetto di motivazione e per errore nei presupposti sotto altro profilo”.

I ricorrenti lamentano che nell’impugnata nota prot. 838493 del 3 agosto 2022 non sarebbe spiegato il modo attraverso cui la cifra richiesta è stata calcolata, potendosi soltanto ipotizzare che essa discenda dall’applicazione della tabella 2, voce “aree ex tronconi ferroviari”, categoria IV che prevede un canone di € 29 per mq. Tale ipotetica classificazione, se confermata, sarebbe erronea perché fondata sull’origine del bene (ex troncone ferroviario) e non sulla sua attuale tipologia e finalità, come prescritto dall’art. 1 comma 824 della Legge di bilancio 2020. L’area è infatti destinata a consentire l’accesso carrabile agli immobili dei concessionari, sicché il canone dovrebbe essere pari ad € 2,459 per mq.

4) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 819 della L. 27 dicembre 2019, n. 160 e dell’art. 4, comma 1 del Regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria del Comune di Palermo. Eccesso di potere per errore nei presupposti e per contraddittorietà” .

I ricorrenti lamentano che il provvedimento impugnato sub. 3 è destinato soltanto ai concessionari dell’area e non anche all’occupante abusivo, benché lo stesso sia di agevole individuazione.

Si è costituito il Comune di Palermo il quale ha depositato una memoria con la quale ha replicato a quanto dedotto in ricorso, insistendo per la sua reiezione.

Con ordinanza n. 2960/2023, non ottemperata, il Comune di Palermo è stato onerato di depositare documentati chiarimenti in ordine all’istruttoria che ha preceduto il regolamento sotteso all’adozione della sopra citata nota prot. 838493 del 3 agosto 2022.

All’udienza fissata per la sua discussione il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

Viene in decisione il ricorso avente ad oggetto gli atti regolamentari e applicativi indicati in epigrafe in forza dei quali il Comune di Palermo ha determinato nei riguardi dei ricorrenti il canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico.

Giova premettere che soltanto con l’adozione dell’atto applicativo è sorto l’interesse degli stessi ad impugnare anche l’atto regolamentare.

Condivisa giurisprudenza relativa ai regolamenti istitutivi di canoni patrimoniali, ha infatti chiarito che l’interesse a ricorrere si radica solo con l’atto applicativo, rilevando, in particolare, che «…sebbene il regolamento comunale impugnato, coerentemente con il suo nomen juris, ha indubbiamente contenuto normativo, in quanto individua, con previsioni generali e astratte, le tipologie di concessioni sottoposte al canone concessorio non ricognitorio, i relativi presupposti applicativi e i criteri di quantificazione del canone, d’altra parte è soltanto con il successivo atto applicativo che si viene a radicare tanto l’interesse al ricorso, quanto la legittimazione a ricorrere (cfr., in analoga fattispecie, Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2017, n. 5071…» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2019, n. 5750;
nello stesso senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 15 maggio 2019, n. 3146;
T.A.R. Lombardia, Milano, 1° agosto 2019, n. 1814) e ancora, «…L’atto applicativo, oltre a radicare l’interesse al ricorso, determina, inoltre, come si è accennato, anche la legittimazione a ricorrere. L’interesse all’annullamento del regolamento, invero, all’interno della “categoria” o della “classe” dei suoi potenziali destinatari è un interesse indifferenziato, seriale, adespota (nella sostanza un interesse diffuso): esso diventa interesse soggettivamente differenziato (e, quindi, interesse legittimo) solo nel momento in cui il regolamento è concretamente applicato nei confronti del singolo…» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 2 novembre 2017, n. 5071;
nel medesimo senso, per la norma regolamentare sul COSAP: Consiglio di Stato, Sez. V, 13 novembre 2019, n. 7797;
T.A.R. Lombardia, Sez. IV, 1° agosto 2019, n. 1814).

Nel caso di specie, i motivi di censura si incentrano su previsioni del regolamento comunale per la disciplina del canone unico patrimoniale, che hanno avuto concreta applicazione nell’impugnata nota n. 838493 del 3 agosto 2022 con la quale il Comune di Palermo ha determinando il canone dovuto dai ricorrenti in € 36.888,00 annui;
donde la sussistenza dell’interesse al ricorso.

Ciò premesso, il ricorso merita accoglimento sotto il dirimente e fondato profilo dedotto con il primo motivo.

Il comma 817 dell’art. art. 1 della L. 27 dicembre 2019, n. 160 - nel prevedere che “ Il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe” - statuisce espressamente che gli enti locali, nel disciplinare il canone in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai tributi che lo stesso sostituisce (c.d. invarianza del gettito in aumento), hanno la possibilità, per raggiungere tale obiettivo, di variare il gettito modificando le tariffe base stabilite dal legislatore nei commi 826 (“tariffa standard annua”) e 827 (“tariffa standard giornaliera”).

Si è dunque in presenza di un potere discrezionale all’amministrazione - di modulare il canone in funzione delle specificità della singola realtà territoriale - in applicazione del principio di autonomia finanziaria di entrata ai sensi dell’art. 119 della Costituzione.

Al riguardo la giurisprudenza ha evidenziato come il gettito derivante dal CUP comprenda il gettito derivante dalle complessive entrate tributarie e corrispettive che il canone è andato a sostituire e come esso non possa essere variato in aumento rispetto al precedente gettito così individuato (comma 817). Il legislatore ha infatti chiaramente delimitato il potere dei Comuni nel senso di ritenere l’invarianza in aumento del gettito quale limite alle determinazioni comunali, sicché l’ente ha il potere di disciplinare le tariffe del CUP senza tuttavia poter superare la soglia predefinita del gettito, pena l’incostituzionalità della norma, per violazione degli artt. 23 e 119 Cost., non avendo il legislatore statale indicato parametri e limiti specifici ulteriori per delimitare il potere di determinazione in aumento del canone da parte dei Comuni (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 21.3.2022, n. 3248.;
T.A.R. Veneto, Sez. III, 29.11.2021, n. 1428).

Nel caso in esame, il Comune di Palermo ha impiegato in maniera illegittima la discrezionalità conferitale dal comma 817 della legge n. 160/2019, in quanto, come evidenziato dalla ricorrente, ha determinato il CUP: a) senza in alcun modo determinare la soglia del gettito conseguito nel 2020;
b) senza spiegare le modalità attraverso le quali ha ricalcolato il canone patrimoniale sulle occupazioni di suolo pubblico permanenti dei beni immobili di proprietà comunale;
c) senza effettuare alcuna previsione circa gli incassi che conseguirà con l’entrata in vigore del regolamento impugnato.

Anche nel corso del presente giudizio, in cui è stato sollecitato dal Collegio a prendere posizione sul punto, il Comune non ha fornito alcun elemento volto a chiarire il proprio modus operandi limitandosi ad affermare, nella propria memoria difensiva, che “nessuna norma imponeva al Comune di esplicitare il gettito complessivamente conseguito nel 2020 dalle entrate che sono state sostituite dal Canone Unico Patrimoniale (C.U.P.)”.

Il Comune, pertanto, ammette di avere omesso di svolgere qualsivoglia attività istruttoria per la fissazione delle nuove tariffe, rivendicando il potere di fissarle liberamente.

Ciò si pone in evidente contrasto il sopra citato art. 1, comma 817 della L. n. 160/2019 e con l’interpretazione costituzionalmente orientata di tale norma la quale “al fine di evitare possibili contrarietà con l'art. 23 Cost., conduce inevitabilmente a ritenere il dato dell'"invarianza di gettito" quale limite "bidirezionale" per le determinazioni comunali: l'Ente, infatti, ha il potere di disciplinare il canone in modo da arrivare sino a tale soglia, ma non può superarla. Diversamente opinando, infatti, la disciplina verrebbe ad essere sospettata di incostituzionalità non avendo il legislatore statale indicato parametri e limiti specifici ulteriori per delimitare il potere di determinazione "in aumento" del canone da parte dei Comuni. Il legislatore, invece, ha chiaramente delimitato i poteri dei Comuni "infra limite di gettito", da un lato, attribuendo agli stessi poteri regolamentari, affinché possano dettare la necessaria disciplina secondaria idonea a modulare l'applicazione del canone in funzione delle specificità della singola realtà territoriale;
dall'altro lato, individuando anche i criteri e parametri utilizzabili dagli Enti per procedere a tale modulazione applicativa”
(T.A.R. Veneto n. 1428/2021 cit.).

Non merita neanche condivisione l’argomentazione difensiva del Comune secondo la quale il gettito conseguito nel 2020 sarebbe privo di qualsiasi interesse concreto per i ricorrenti in quanto la prescritta invarianza del gettito atterrebbe al gettito complessivo, e non alle singole imposte dovute dai singoli contribuenti. Ed invero, come correttamente replicato dalla difesa dei ricorrenti, il “gettito complessivo” è dato dalla somma delle “singole imposte” sicché una fissazione arbitraria delle tariffe, che non tenga conto del criterio dell’invarianza in aumento del gettito complessivo, ha un’indubbia refluenza sulla situazione dei singoli contribuenti, circostanza questa suffragata, nel caso di specie, dall’aumento spropositato del contributo richiesto ai ricorrenti (da € 4.694 ad € 36.888).

Alla luce di quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo ed assorbita ogni altra censura, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, devono essere annullati sia il regolamento impugnato in parte qua che la nota n. 838493 del 3 agosto 2022 del Comune di Palermo che ne ha fatto applicazione.

Il predetto Comune è pertanto tenuto a conformarsi alla presente decisione, esercitando nuovamente il potere amministrativo emendato dal vizio di illegittimità accertato e adottando gli atti amministrativi conseguenti alla presente pronuncia giurisdizionale.

Le spese di lite devono essere integralmente compensate attesa la complessità e la peculiarità della controversia.

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