TAR Bari, sez. III, sentenza 2017-07-25, n. 201700848
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Pubblicato il 25/07/2017
N. 00848/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00813/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 813 del 2013, proposto da:
R P, rappresentato e difeso dall’avvocato A G, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Manzoni, 15;
contro
Comune di Triggiano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato G D C, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Principe Amedeo, 31;
per l’accertamento e la declaratoria
del diritto di proprietà del ricorrente su di un terreno sito in Triggiano (BA), distinto in catasto al foglio 16/A, ptc. 2733 (ex 975), di are 05,68 (mq. 568), attualmente oggetto di occupazione da parte del Comune di Triggiano;
per l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità della occupazione tuttora in essere della predetta consistenza immobiliare;
per l’accertamento e la declaratoria del diritto di credito del ricorrente
- sulle somme maturate e maturande a titolo di risarcimento del danno per l’occupazione illegittima a partire dalla data di inizio e fino alla restituzione dell’area e/o la sua definitiva acquisizione al patrimonio dell’autorità espropriante, somme maggiorate di interessi e rivalutazione a partire dalla data di configurazione dell’illecito;
- su tutte le ulteriori somme a vario titolo maturate e maturande in capo al ricorrente per effetto degli atti e/o provvedimenti ablatori interessati dal presente giudizio - anche ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., maggiorate da interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione e fino all’effettivo soddisfo;
e per la condanna del Comune di Triggiano
- al risarcimento in forma specifica ex art. 2058 cod. civ. mediante la restituzione al ricorrente dell’area di proprietà nello stato in cui si trovava al momento dell’immissione in possesso;
- e, in subordine, al risarcimento per equivalente ex art. 2058, comma 2 cod. civ., preso atto dell’eccessiva onerosità del richiesto intervento ripristinatorio e in aggiunta alle somme su menzionate, del danno patrimoniale e non patrimoniale subito dal ricorrente per effetto della definitiva perdita del bene, maggiorato di interessi moratori e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione e fino all’effettivo soddisfo;
- in ogni caso al risarcimento del danno da occupazione illegittima;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Triggiano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 28 giugno 2017 per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. - Con l’atto introduttivo del presente giudizio P R agiva in giudizio nei confronti del Comune di Triggiano per la restituzione del fondo in epigrafe indicato occupato senza titolo (decreto di esproprio adottato in data 20.12.2000 tardivamente rispetto al termine quinquennale di occupazione legittima) e per il risarcimento per equivalente del danno (patrimoniale e non patrimoniale) da perdita del bene e da mancato godimento del fondo illegittimamente occupato.
2. - Si costituiva il Comune di Triggiano, resistendo al gravame.
3. - Nel corso dell’udienza pubblica del 28 giugno 2017 la causa passava in decisione.
4. - Ciò premesso, ritiene questo Collegio che il ricorso debba essere respinto in quanto infondato, potendosi conseguentemente prescindere dalla disamina delle eccezioni sollevate dal Comune resistente, e che la presente controversia possa essere definita mediante sentenza resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 cod. proc. amm. mediante con un sintetico riferimento ai “precedenti conformi” della Sezione.
4.1. - Preliminarmente, va affermata la sussistenza della giurisdizione esclusiva del G.A. adito sulla presente controversia.
A tal proposito, si richiama il punto 6 della motivazione della sentenza di questa Sezione n. 561/2017 (avente ad oggetto fattispecie analoga):
«… Il Collegio rileva che nella presente controversia sussiste la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 133 primo comma lettera g) del Codice del Processo Amministrativo (“Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo….. g) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle Pubbliche Amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”).
Infatti, in punto di giurisdizione, non si ravvisano motivi per discostarsi, nella circostanza, dall’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, ad eccezione delle ipotesi in cui manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e l’Amministrazione espropriante abbia agito nell’assoluto difetto di una potestà ablativa (devolute come tali alla giurisdizione ordinaria), spettano alla giurisdizione amministrativa esclusiva, ex art. 133 primo comma lettera g) c.p.a., le controversie (come quella de qua ) nelle quali si faccia questione di attività di occupazione e trasformazione di un bene immobile conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento ablatorio all’interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà, purché vi sia un collegamento - anche mediato - all’esercizio della pubblica funzione (“ ex multis ”: T.A.R. Bari, sez. III, sent. n. 254 del 17.03.2017;Consiglio di Stato, IV Sezione, 4 Aprile 2011 n. 2113;T.A.R. Campania, sez. V, 6 luglio 2016, n. 3421;T.A.R. Lombardia, Brescia, I Sezione 18 Dicembre 2008 n. 1796;Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 30 Luglio 2007 nn. 9 e 22 Ottobre 2007 n. 12;T.A.R. Basilicata, 22 Febbraio 2007 n. 75;T.A.R. Puglia, Bari, III Sezione, 9 Febbraio 2007 n. 404;Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 20 Dicembre 2006 nn. 27190, 27191 e 27193). …».
4.2. - Nel merito, va fatto riferimento - ai sensi dell’art. 74 cod. proc. amm. - alla sentenza (quale “precedente conforme”) di questa Sezione n. 375/2017 relativa a fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio:
«… 6. – La presente controversia ha ad oggetto l’accertamento del diritto dell’ente ricorrente ad ottenere la restituzione dei suoli e il risarcimento per la perdita della proprietà dei medesimi.
Il punto essenziale del contrasto tra le parti riguarda la proprietà dei suoli in questione.
Il Decreto di esproprio è stato emesso tardivamente il 13.9.2002, avendo il decreto di occupazione d’urgenza previsto come termine per la conclusione del procedimento di esproprio il 30.6.2002.
Parte ricorrente non ha impugnato il decreto di esproprio, n. 1/2002 del 13.09.2002, e il petitum proposto è volto ad ottenere la condanna della Asl di Bari alla restituzione dei suoli e al risarcimento dei danni. Afferma che il suindicato decreto sia nullo, mentre la Asl sostiene che, non essendo stato gravato, si è consolidato e che quindi l’illegittima occupazione al più sia durata fino alla notifica di tale decreto, avvenuta il 17.11.2002.
7. – Il ricorso è infondato e, deve, pertanto, essere respinto.
7.1. - Il Collegio condivide l’orientamento, consolidato in giurisprudenza, secondo cui il decreto di esproprio pronunciato al di là dei termini della dichiarazione di pubblica utilità non può considerarsi nullo, ma deve qualificarsi come illegittimo, con conseguente necessità d’impugnazione entro i termini di decadenza ( ex multis T.A.R. Napoli, sez. V, sent. 1494/2016).
Ne consegue che, in difetto, deve affermarsi la sussistenza del solo diritto di percepire somme a titolo di indennità con esclusione di ogni diritto di ricevere il risarcimento del danno per lesione del diritto dominicale.
Ritiene, più specificamente, di non aderire alla tesi, in verità ormai largamente minoritaria, fatta propria da parte ricorrente, precisando che, nelle pronunce richiamate nella memoria del 17.03.2017 a sostegno della nullità del Decreto di esproprio emesso tardivamente, si versa, in realtà, nella differente fattispecie in cui tale decreto di esproprio non sia mai stato emesso (così nella sentenza della Consiglio di Sato, sez. Iv, n. 374/2016 e in quella del T.A.R. Latina, n. 1/2016).
Diversamente da quanto sostenuto dall’ente ricorrente e da isolate pronunce (così T.A.R. Latina n. 383/2015), si è osservato che “ laddove esista una norma attributiva del potere di emettere l’atto autoritativo, ma questo venga emanato senza rispettare i presupposti previsti da essa per la corretta esplicazione del potere conferito, si configuri una violazione di legge.
Questa sussiste tutte le volte in cui venga violata una qualsivoglia regola posta dall’ordinamento giuridico e va qualificata quale vizio di legittimità dell’atto amministrativo unitamente ed al pari dell’incompetenza o dell’eccesso di potere.
La previsione, ex art. 13 della l. 25 giugno 1865, n. 2359, di termini per l’emanazione del decreto di esproprio, configura un precetto posto dalla legge ed indirizzato all’amministrazione pubblica al fine di porre un vincolo alla discrezionalità dei suoi poteri.
La sua violazione, pertanto, va qualificata come violazione di legge ossia come vizio di legittimità dell’atto amministrativo.
Se il mancato rispetto dei presupposti a cui la norma riconnette la corretta esplicazione del potere configura un vizio di legittimità dell’atto e la previsione dei termini ex art. 13 cit. altro non è se non presupposto per la legittima esplicazione del potere, è evidente che il precipitato logico del ragionamento seguito consiste nella qualificabilità della violazione dei termini fissati per l’emanazione del decreto di esproprio quale vizio dell’atto da farsi valere negli ordinari termini decadenziali, pena la inoppugnabilità dello stesso ed il divieto, per il Giudice Amministrativo, di disapplicazione.” (T.A.R. Calabria - Reggio Calabria, sent. 248 del 12.05.2008).
L’obbligo di restituzione del bene sarebbe disceso, unicamente e direttamente, dalla sentenza di annullamento del decreto di esproprio, che, in quanto non tempestivamente impugnato, configura un idoneo titolo giustificativo dell’occupazione del bene.
7.2 .- Ne consegue che non essendo stata esperita la tutela impugnatoria, la legittimità dell’atto risulta insindacabile e, dunque, indimostrata l’antigiuridicità della condotta.
Viene, in definitiva, a mancare l’illegittimità del comportamento dell’Amministrazione, requisito necessario perché possa configurarsi una sua responsabilità ex art. 2043 c.c., con la conseguente infondatezza della pretesa risarcitoria azionata in questa sede.
Alla luce di quanto sopra detto, il ricorso va conclusivamente respinto. …».
In termini analoghi si è espresso questo T.A.R. con la sentenza n. 561/2017 in precedenza citata:
«… 7.4. – Dalla mancata impugnazione del Decreto di esproprio consegue che diventa irrilevante ogni ulteriore approfondimento sulla tempestività della sua adozione, in quanto gli effetti traslativi della proprietà in capo al Comune si sono comunque consolidati. Né idonei a travolgerne gli effetti sono i documenti prodotti dal ricorrente (copia nota di trascrizione del 2.3.1995 e attestazione castale del 16.01.1995) in quanto ad esso antecedenti.
Analogamente diventa irrilevante soffermarsi ulteriormente sugli effetti del giudicato del giudizio civile sulla presente controversia, risultando in ogni caso il Comune titolare della proprietà del suolo di cui alla particella per cui è causa. …».
4.3. - Applicando il principio di diritto espresso nelle citate sentenze alla fattispecie in esame è evidente che l’odierno ricorrente P R ha omesso di impugnare tempestivamente il decreto di esproprio del 20.12.2000 (provvedimento pur tardivamente adottato rispetto al termine quinquennale di occupazione legittima), con la conseguenza che lo stesso si è definitivamente cristallizzato e quindi configura ormai un titolo giustificativo idoneo alla occupazione del bene per cui è causa.
Non essendo stata attivata la tutela impugnatoria, la legittimità dell’atto in questione rimane insindacabile e, conseguentemente, indimostrata l’antigiuridicità della condotta ai fini della proposta azione risarcitoria ex artt. 2043 e 2058 cod. civ.
4.4. - Non può trovare positivo accoglimento neanche l’azione generale di arricchimento senza giusta causa ex art. 2041 cod. civ. che parte ricorrente formula unicamente nelle conclusioni dell’atto introduttivo (pag. 17), stante la natura tipicamente sussidiaria della suddetta azione (cfr. art. 2042 cod. civ.). La stessa pertanto risulta non ammissibile, potendo evidentemente il ricorrente fare ricorso all’azione impugnatoria e restitutoria / risarcitoria (tuttavia non tempestivamente attivate).
Sul punto Cass. civ., Sez. VI, 29/12/2011, n. 29916 ha infatti rilevato:
«… l’azione ex art. 2041 cod. civ. non è ammissibile quando chi la eserciti disponeva comunque di un’azione che si è prescritta o in relazione alla quale si sia verificata decadenza …».
5. - In conclusione, dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.
6. - In considerazione della peculiarità della presente controversia, sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.