TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-05-09, n. 202307785

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-05-09, n. 202307785
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202307785
Data del deposito : 9 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/05/2023

N. 07785/2023 REG.PROV.COLL.

N. 08384/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8384 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessio Petretti in Roma, via degli Scipioni 268/A, rappresentato e difeso dall'avvocato C F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento n. -OMISSIS- emesso in data 17.1.2019, con il quale il Ministero dell'Interno ha respinto l'istanza intesa alla concessione della cittadinanza italiana ex art. 9 comma 1 lett. f) L. 91/92;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 marzo 2023 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente ha presentato istanza per la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma primo, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91.

Il Ministero dell’interno, previa comunicazione del preavviso di diniego ex art. 10- bis Legge n. 241/1990, ha respinto la domanda dell’interessato ritenendo che non vi fosse coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza. In particolare, il diniego è la conseguenza dell’accertata sussistenza di una precedente violazione amministrativa per esposizione di contrassegno assicurativo contraffatto con ritiro del documento di guida a carico del richiedente e di illeciti riconducibili ai familiari, quali:

- 05.06.2006, sospensione della patente di guida per infrazioni a norme comportamentali (omicidio colposo art. 589 c.p.) a carico del padre;

- 21.02.2013, violazione amministrativa da parte dei Carabinieri di -OMISSIS- (BG) per ubriachezza art. 688 c. 1 c.p., a carico del fratello.

Avverso il predetto decreto di rigetto ha quindi proposto ricorso l’interessato, deducendo il vizio di Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione di legge ed eccesso di potere , tenuto conto che nessun precedente di rilevanza penale è ravvisabile a carico dell’esponente né avrebbero potuto assumere rilevanza ostativa alla concessione della cittadinanza presunti precedenti a carico dei familiari non conviventi.

Si è costituito il Ministero dell’Interno per resistere al ricorso, depositando la documentazione inerente al procedimento comprensiva di relazione.

All’udienza smaltimenti del 10 marzo 2023, celebrata nelle forme previste per lo smaltimento dell’arretrato, ai sensi dell’art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm., la causa è passata in decisione.

DIRITTO

I. - Il ricorso è meritevole di favorevole apprezzamento.

II. - Il Collegio reputa utile in funzione dello scrutinio delle osservazioni formulate nell’atto introduttivo del giudizio una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento e alla natura del relativo provvedimento alla luce della giurisprudenza in materia, nonché dei precedenti dalla Sezione (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. V bis, n. 1590/2022, n. 2944/2022;
n. 2945/2022;
3018/2022, 3471/2022).

L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione.

La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l’esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino;
si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
cfr. Cons. Stato, AG, n. 9/1999;
sez. IV n. 798/1999;
n. 4460/2000;
n. 195/2005;
sez, I, n. 1796/2008;
sez. VI, n. 3006/2011;
Sez. III, n. 6374/2018;
n. 1390/2019, n. 4121/2021;
TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012;
n. 3920/2013;
4199/2013).

III. – Tuttavia, l'Amministrazione, pur godendo di ampia discrezionalità del procedimento di concessione della cittadinanza - che si risolve nella immissione piena ed irreversibile nella comunità nazionale ed è pertanto un atto altamente rilevante e delicato - deve comunque fornire un'adeguata motivazione delle sue scelte, sindacabile sotto il profilo dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione ( ex multis , Cons. Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
Sez. IV, n. 6473/2021;
Sez. VI, n. 5913/2011;
n. 4862/2010;
n. 3456/2006;
Tar Lazio, Sez. I ter, nn. 3226/2021 e 5875/2021, Sez. II-quater, n. 5665/2012);
il potere discrezionale non può trasmodare in arbitrio.

IV. – Con riferimento al provvedimento impugnato, il Collegio ritiene fondata e assorbente la censura con cui il ricorrente deduce il vizio di eccesso di potere, difetto di istruttoria e difetto di motivazione.

Viene in rilievo la posizione dell’odierno ricorrente che, a fronte della istanza volta ad ottenere la cittadinanza italiana presentata in data 21 maggio 2016, impugna il provvedimento di rigetto emesso nel 2019, motivato sulla base di una violazione amministrativa a carico del ricorrente e di illeciti risalenti senza conseguenze penali ovvero non penalmente rilevanti a carico del padre e del fratello non conviventi.

L’amministrazione ha adottato il diniego, previa comunicazione del preavviso di diniego, in riscontro al quale il richiedente lo status ha rappresentato che:

- a suo carico sussiste solo una violazione amministrativa;

- è integrato nel tessuto sociale nazionale e ha una stabile situazione lavorativa;

- i pregiudizi a carico dei familiari non possono essere ostativi all’accoglimento dell’istanza di cittadinanza, poiché, come da certificato di residenza allegato, non sono più suoi conviventi e visto che la sorella ha ottenuto comunque la cittadinanza.

Il provvedimento – che peraltro dà conto delle osservazioni formulate dal richiedente a favore della propria posizione, fatta eccezione per la dedotta acquisizione della cittadinanza da parte della sorella - giustifica la determinazione di respingere la domanda sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale a tenore del quale anche una sola condanna o notizia di reato, persino se datate, possono indurre a ritenere lo straniero non ben integrato;
della rilevanza delle condotte penale rilevanti sul piano amministrativo;
della ritenuta insensibilità al rispetto delle norme del codice della strada, che è stata causa negli ultimi anni di un enorme numero di incidenti.

Il Collegio evidenzia che si tratta di una motivazione che non risulta aderente alla situazione dell’odierno ricorrente, visto che gli elementi di fatto e di diritto emersi nel corso dell’istruttoria procedimentale e processuale hanno fatto emergere che l’unico elemento di controindicazione il riscontrato a carico dell’aspirante cittadino – d’altra parte correttamente richiamato nel provvedimento con riferimento alle risultanze del rapporto informativo della Questura di Bergamo - è una violazione amministrativa per aver esposto un contrassegno amministrativo contraffatto, che quindi non è configurabile, contrariamente a quanto argomentato nelle premesse motivazionali, quale comportamento penalmente rilevante né quale violazione delle norme del Codice della strada suscettibili di determinare incidenti stradali con rischio per l’incolumità delle persone, cui si fa indirettamente riferimento.

Neanche la mera allegazione dei pregiudizi dei familiari possono dirsi in grado di fondare ragionevolmente la scelta di respingere la richiesta di cittadinanza.

In proposito, tralasciando la circostanza che l’amministrazione sembra non aver tenuto conto dell’eccezione formulata dal ricorrente della non ostatività degli illeciti del padre e del fratello nel procedimento concessorio in favore della sorella, il Collegio rileva infatti che il provvedimento non spiega la ragione per cui illeciti riconducibili al padre e al fratello, risultati non conviventi con l’istante – circostanza questa non contestata dalla p.a. - abbiano assunto rilevanza nella formulazione del giudizio sull’effettiva assimilazione dei valori fondamentali su cui si regge la comunità di cui il richiedente aspira a far parte, nonché nella valutazione prognostica sull’inserimento dello stesso nella medesima comunità.

In altre parole, il Collegio, pur nella consapevolezza dell’ampio potere discrezionale riconosciuto in materia di concessione della cittadinanza all’autorità procedente, ritiene che questa non possa acriticamente desumere, come accade nel caso di specie, da pregiudizi senza conseguenze o rilevanza sul piano penale, non direttamente riconducibili ad un comportamento dell’istante, in quanto ascrivibili a familiari non conviventi, elementi di per sé automaticamente ostativi al riconoscimento della cittadinanza, in mancanza di ulteriori valutazioni finalizzate a concretamente verificarne gli effetti sotto il profilo della integrazione sociale.

Segnatamente, gli illeciti dei familiari richiamati nel provvedimento riguardano un’infrazione “ a norme comportamentali (omicidio colposo art. 859 c.p.) ”, che sarebbe sfociata unicamente in un provvedimento di ritiro della patente di guida in data 5 giugno 2006 e in una violazione amministrativa del 21 febbraio 2013 per ubriachezza ex art. 688, comma 1, c.p.

Al cospetto di elementi ostativi di tal fatta, ad avviso del Collegio, l’amministrazione deve dar conto, pena la configurazione di un vizio della motivazione, delle ragioni per cui pregiudizi, privi di conseguenze o rilevanza sul piano penale, attribuibili al padre e al fratello non più conviventi dell’istante, concorrano a determinare un giudizio su quest’ultimo di mancato raggiungimento della “ piena idoneità dell’aspirante ad essere inserito stabilmente nell’ambito della comunità italiana ”, tenuto conto, nel complesso, della sua condotta di vita, della sua permanenza sul territorio nazionale e del livello di integrazione raggiunto (in ordine ai pregiudizi dei familiari, cfr. Cons. Stato, sez. III, 3409/2022;
Tar Lazio, sez. V bis, 4498/2023).

Tanto premesso, il Collegio ritiene che le censure dedotte possano ritenersi fondate in quanto l’operato dell’Amministrazione risulta inficiato da eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto della motivazione del provvedimento.

V. - Il ricorso deve essere pertanto conclusivamente accolto e, per l’effetto, annullato, salve, ovviamente, le ulteriori determinazioni dell’amministrazione.

VI. – Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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