TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-01-15, n. 201600045

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-01-15, n. 201600045
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201600045
Data del deposito : 15 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01053/2012 REG.RIC.

N. 00045/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01053/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1053 del 2012, proposto da:
E F R, rappresentato e difeso dall'avv. R D, con domicilio eletto presso R D in Genova, Via Corsica 10/4;

contro

Comune di Vado Ligure, rappresentato e difeso dall'avv. P G, con domicilio eletto presso P G in Genova, Via Roma 4/3;

per l'annullamento

provvedimento portante diniego dell'istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata ai sensi dell'art. 49 della l.r. 06/06/2008 n. 16


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Vado Ligure;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2016 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


- rilevato che la presente controversia ha ad oggetto il diniego di sanatoria ex art. 49 l.r. 16\2008, presentato per opere in variazione essenziale da permesso di costruire precedente anche invocando il c.d. piano casa ex l.r. 49\2009, formulato dal Comune in relazione a diversi motivi, fra cui la mancanza della doppia conformità, l’ostativa abusività dell’edificio in termini di piano casa, l’inammissibilità di una sanatoria condizionata rilasciata come titolo ex post;

- atteso che parte resistente ha eccepito la sopravvenuta improcedibilità a fronte della presentazione di una nuova sanatoria, in parziale sostanziale adesione al diniego in oggetto;

- considerato che, tuttavia, parte ricorrente ha dichiarato di avere ancora interesse alla decisione del primo diniego, quantomeno a fini di futura domanda risarcitoria;

- atteso che, dinanzi a tale ultima posizione, al Collegio non resta che procedere all’esame del merito, in quanto – va ribadito, insieme alla prevalente opinione giurisprudenziale - l'interesse residuo alla pronuncia del merito della controversia va inteso in senso assai ampio, ossia alla luce degli effetti conformativi e ripristinatori dell'eventuale sentenza d'accoglimento, la quale, oltre all'efficacia meramente caducatoria dell'atto impugnato, si riverbera e condiziona la futura attività amministrativa;

- considerato che, in proposito, la persistenza dell'interesse va valutata considerando anche le possibili ulteriori iniziative attivate o attivabili dal ricorrente per ottenere la soddisfazione della sua pretesa, potendo la predetta sentenza costituire il presupposto per l'accoglimento dei gravami contro gli atti consequenziali o per esercitare l'azione risarcitoria contro la p.a. emanante (cfr. ad es. CdS 6190\2012);

- rilevato che, nel merito, il ricorso sia prima facie destituito di fondamento, resistendo tutti e tre gli ordini di motivi posti a base del diniego alle censure dedotte, ciò altresì alla luce degli orientamenti già espressi dalla giurisprudenza, anche da questo Tribunale;

- atteso che, relativamente ai limiti del c.d. piano casa, va ribadito che non è possibile ricorrere a tale peculiare ipotesi per sanare pregressi abusi edilizi (TAR Liguria n. 282\2015;
per un'applicazione di tale principio con riferimento a normative regionali analoghe a quella ligure, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV., 5 agosto 2013, n. 4056;
T.A.R. Valle d'Aosta, 13 marzo 2013, n. 12 e 11 dicembre 2012, n. 106);

- rilevato che non vi sono ragioni per discostarsi da quanto già espresso più volte dalla sezione (cfr. sent 1092\2014: “La norma in questione, infatti, non costituisce una deroga generalizzata alla disciplina urbanistica vigente che resta comunque in vigore. La norma consente soltanto la possibilità di fruire dell’ampliamento, in deroga alla disciplina edilizia o urbanistica, qualora l’ampliamento sia finalizzato a migliorare la funzionalità o la qualità architettonica dell’edificio. Pertanto, solo in seguito al positivo accertamento della sussistenza dei requisiti previsti dalla norma, il rilascio del titolo può avvenire in deroga alla disciplina legislativa. Tutto ciò ovviamente non può avvenire a sanatoria posto che fino a quando non è intervenuto il titolo edilizio gli ampliamenti in deroga alla disciplina edilizia e urbanistica vigente devono qualificarsi come abusivi e come tali non possono essere sanati, difettando il requisito della doppia conformità previsto dall’art. 36 d.p.r. 380/01”);

- considerato che, in tema di obbligo del requisito della c.d. doppia conformità, va ulteriormente ribadito che in sede di accertamento di conformità ex art. 13 l. n. 47/1985 (ed ora art. 36 d.P.R. n. 380/2001), non può essere accolta l'istanza di sanatoria per dei manufatti che ancorché risultino conformi alla disciplina urbanistica vigente al momento in cui l'Amministrazione provvede sull'istanza di sanatoria, non siano conformi alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione e al momento della presentazione della domanda di sanatoria, in quanto, in nome di un preteso rispetto del principio del buon andamento della p.a. - consistente nell'esigenza di evitare uno spreco di attività inutili, sia dell'Amministrazione (il successivo procedimento amministrativo preordinato alla demolizione dell'opera abusiva), sia del privato (la nuova edificazione), sia ancora dell'Amministrazione (il rilascio del titolo per lo nuova edificazione) - non si può pervenire ad sostanziale ripudio dell'esigenza della doppia conformità, ad onta della sua esplicita previsione negli art. 13 e 36 cit., sulla base di una insussistente antinomia tra i principi di legalità e di buon andamento della p.a., con assegnazione della prevalenza a quest'ultimo, in nome di una presunta logica "efficientista" (sul punto, cfr. più diffusamente le sentenze TAR Lombardia, Milano, sez. II, 9 giugno 2006 n. 1352;
TAR Piemonte, Torino, sez. I, 20 aprile 2005 n. 1094;
TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, 23 agosto 2004 n. 542;
TAR Lombardia, Brescia, 23 giugno 2003 n. 873;
TAR Toscana, Firenze, sez. III, 15 aprile 2002 n. 724;
cfr. altresì TAR Liguria 423\2012, 432\2011);

- atteso che, al riguardo, va ulteriormente ricordato che il diniego di rilascio della concessione di costruzione in sanatoria, implicando un accertamento di carattere vincolato circa la così detta doppia conformità delle opere abusivamente realizzate, è congruamente motivato con il richiamo, come nella specie, delle previsioni urbanistiche rispetto alle quali l'opera si pone in contrasto;

- considerato che, infine, con riferimento al c.d. permesso condizionato, come compiutamente opposto dalla difesa comunale, ancora di recente la sezione (cfr. sent. 718 e 995\2015) ha ricordato che il permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni è in palese contrasto con l'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 poiché postulerebbe non già la cd. doppia conformità delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la richiedente avrebbe ottemperato alle prescrizioni, mentre sul punto la legge non prevede che un titolo edilizio possa essere condizionato al di fuori dei casi di espressa convenzione, né che il mancato adempimento delle prescrizioni possa comportare la decadenza dell'assenso dell'amministrazione;

- atteso che il principio generale è infatti quello per cui la p.a. deve verificare prima del rilascio o dopo la presentazione della s.c.i.a. la compatibilità del titolo con le norme vigenti, assentendo la domanda in caso positivo e negandola nella diversa ipotesi;
non è pertanto ipotizzabile convenire con una domanda di condono apponendo delle condizioni, cosa che evidentemente significherebbe l'accertamento di una solo parziale conformità del progetto al PRG o PUC”;

- rilevato che gli eccezionali e peculiari casi in cui lievi modifiche sono state inserite e consentite, in specie in termini di modalità prescrittive, riguardano fattispecie ben diverse e che nel caso in esame, eventualmente, saranno oggetto di esame alla luce della nuova domanda presentata, avente infatti contenuto ben diverso dalla prima;

- considerato che le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

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