TAR Napoli, sez. V, sentenza 2022-04-01, n. 202202227

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2022-04-01, n. 202202227
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202202227
Data del deposito : 1 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/04/2022

N. 02227/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01331/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1331 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A T V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;
Comune di Portico di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del decreto del Prefetto di Caserta n. 2513 del 10.1.2018, notificato in data 11.1.2018, nonché degli atti preordinati, connessi e conseguenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Caserta e del Comune di Portico di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 22 marzo 2022, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis, c.p.a., il dott. Gianluca Di Vita;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

E’ impugnato il decreto prefettizio del 10.1.2018 con cui è stata respinta una richiesta di revoca del precedente provvedimento recante divieto di detenzione di ami, munizioni e materie esplodenti ex art. 39 del T.U.L.P.S..

Giova premettere che tale provvedimento restrittivo veniva emesso nel 2014 a cagione di una situazione di conflittualità del ricorrente - agente della Polizia Municipale del Comune di Portico di Caserta - con la moglie ed in ragione della pendenza di un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 582 e 590 c.p. concluso con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati.

A sostegno della richiesta di revoca rigettata con il provvedimento di cui si controverte, l’istante adduceva la presunta pacificazione con il proprio coniuge ed il venir meno dei profili indiziari che avevano condotto al predetto divieto di detenzione.

Avverso l’impugnato diniego insorge il deducente che lamenta violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili per le ragioni di seguito compendiate:

1) violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990 per mancata comunicazione del preavviso di rigetto;

2) violazione della L. n. 65/1986, violazione del R.D. n. 773/1931, eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà, sviamento: il provvedimento gravato in questa sede colliderebbe con lo status rivestito dall’esponente che, in qualità di agente di pubblica sicurezza, potrebbe portare armi senza licenza ai sensi dell’art. 5, comma 5, della L. n. 65/1986;

3) violazione del R.D. n. 773/1931, violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990, eccesso di potere per erroneità dei presupposti, carenza di istruttoria, ingiustizia manifesta: l’atto gravato non recherebbe alcuna valutazione, in termini di affidabilità, circa la personalità del ricorrente, tenuto conto della risalenza nel tempo degli episodi contestati, dell’assenza di condanne, del ritrovato equilibrio familiare e della mancata contestazione di ulteriori fatti ostativi pregiudizievoli successivi.

Conclude con le richieste di accoglimento del gravame e di conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Si è costituito il Comune di Portico di Caserta che si associa alle richieste di parte ricorrente evidenziando la condotta contraddittoria della Prefettura che, da un lato, ha riconosciuto che l’istante è in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza attribuita con provvedimento del 23.4.1985 – che, come visto, consente di portare armi senza licenza - e, dall’altro, ha confermato il diniego di detenzione armi gravato nella presente sede. L’ente locale aggiunge che l’avversata azione amministrativa presenta ricadute pregiudizievoli sul funzionamento dell’Ufficio di Polizia Municipale, contraddistinto da un organico ridotto.

Si è costituita la Prefettura opponendosi all’accoglimento del gravame.

Il T.A.R. ha rigettato la domanda cautelare con ordinanza n. 614 del 27.4.2018.

All’udienza del 22.3.2022 la causa è passata in decisione.

Il ricorso è infondato.

Preliminarmente, in riferimento al censurato vizio procedimentale riferito alla presunta illegittima compressione del contraddittorio, non si ravvisano ragioni per discostarsi dal prevalente indirizzo pretorio - condiviso anche da questo Tribunale (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 5194/2019, n. 716/2018, n. 4106/2018) - secondo cui i provvedimenti dell'Autorità, in quanto aventi natura cautelare e finalità preventiva, trattandosi di rimedi finalizzati a salvaguardare la collettività dal pericolo dell'uso delle armi da parte di un soggetto che si ritiene capace di abusarne, rivestono ex se carattere di urgenza e non sono assoggettati al predetto adempimento procedimentale.

Riguardo al merito delle contestazioni, giova rammentare che, in materia di armi, le valutazioni svolte al riguardo delle Autorità prefettizie e di pubblica sicurezza perseguono lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l'abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili, tanto che la valutazione ostativa è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma genericamente non ascrivibili a "buona condotta" (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2158/2015 e n. 5398/2014).

Nell'osservare come l'autorizzazione al possesso delle armi non integri un diritto, ma costituisca, piuttosto, il frutto di una valutazione discrezionale nella quale devono unirsi la mancanza di requisiti negativi e la sussistenza di specifiche ragioni positive, deve ritenersi che la regola generale sia dunque rappresentata dal divieto di detenzione delle armi, che la autorizzazione di polizia è suscettibile di rimuovere in via di eccezione, in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali, che è compito della competente amministrazione prevenire.

Giova evidenziare come il nostro ordinamento sia ispirato a regole limitative della diffusione e possesso dei mezzi di offesa, tant'è che i provvedimenti che ne consentono la detenzione ed utilizzo vengono ad assumere - su un piano di eccezionalità - connotazioni concessorie di una prerogativa che esula dall'ordinaria sfera soggettiva delle persone.

Ciò determina che, nel bilanciamento degli interessi coinvolti, assume carattere prevalente, nella scelta selettiva dell'amministrazione, quello di rilievo pubblico, inerente alla sicurezza e all'incolumità delle persone, rispetto a quello del privato.

Pertanto, la facoltà di vietare la detenzione delle armi nei confronti delle persone capaci di abusarne, riconosciuta al Prefetto dall'art. 39 T.U.L.P.S., è caratterizzata da un'amplissima discrezionalità, e ha lo scopo di prevenire, per quanto possibile, non solo i delitti dolosi, ma anche i sinistri involontari che potrebbero avere occasione dalla disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili (T.A.R. Toscana, n. 1167/2019). Invero, una così lata discrezionalità è attribuita all’Autorità di pubblica sicurezza non per finalità sanzionatorie e punitive, bensì per ragioni di prevenzione;
sicché, ai fini della revoca dell'autorizzazione e del divieto di detenzione di armi e munizioni, non è necessario un oggettivo ed accertato abuso delle armi, ma è sufficiente che il soggetto non offra un completo affidamento in ordine al loro corretto e avveduto uso (T.A.R Molise, n. 64/2021) e l’ampiezza della discrezionalità riconosciuta in questa materia all'Autorità di pubblica sicurezza ne consente il sindacato giurisdizionale solo sotto i profili dell'irragionevolezza e dell'illogicità manifesta.

Con riferimento alla presente controversia, quanto precedentemente esposto persuade il Collegio che il discrezionale apprezzamento esercitato dalla competente Autorità - sostanziatosi nella conferma del divieto di determinazione di armi, munizioni e materie esplodenti ex art. 39 del T.U.L.P.S. - non si sia discostato dalle superiori coordinate ermeneutiche.

Non ha pregio il dedotto difetto di motivazione, avendo l’amministrazione compiutamente dato conto delle ragioni ostative costituite, oltre che dai rilievi evocati con il divieto di detenzione del 2014 (conflitto coniugale, conseguente procedimento penale definito con sentenza di non doversi procedere), anche da circostanze successive (rinvio a giudizio per i reati di cui agli artt. 323, 314 del c.p., artt. 55 e 65 del D.Lgs. n. 165/2001);
tali ulteriori imputazioni giustificano l’adozione dell’impugnato atto ostativo alla luce della ratio della normativa di settore che subordina la detenzione di armi a soggetti che operino nel rispetto della legalità, in possesso dei requisiti atti a scongiurare la possibilità di abuso e che diano sufficiente affidamento di fare dell'arma l'uso consentito dalla legge.

Riguardo al procedimento penale definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, va evidenziato che sono diversi i presupposti necessari per addivenire ad una condanna in sede penale e quelli, discrezionalmente valutabili (con il solo limite della palese irragionevolezza) in sede amministrativa ai fini della valutazione circa la permanenza dei requisiti di affidabilità prescritti dalla legge in capo ai titolari di autorizzazione di polizia;
in proposito, la giurisprudenza ha infatti precisato che "la valutazione dell'Autorità di pubblica sicurezza caratterizzata - come detto - da ampia discrezionalità, persegue lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l'abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili, tanto che il giudizio di non affidabilità è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a buona condotta (Consiglio di Stato, sez. III, 10/08/2016, n. 3590)" (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4334/2017). Nel caso specifico, la Prefettura ha dato atto che la pronuncia di non doversi procedere del 2012 per intervenuta prescrizione emessa dal Tribunale di S. Maria C.V. – Sezione Distaccata di Marcianise, nei motivi della decisione, recava l’insussistenza di elementi idonei ad escludere la responsabilità dell’imputato che, nello specifico, era accusato di aver cagionato lesioni personali consistite in ferite lacero – contuse al labbro superiore, escoriazioni al ginocchio ed ematoma in zona inguinale destra giudicate guaribili in 90 giorni. Tale condotta è stata coerentemente valutata dall’amministrazione, in un'ottica prognostica, nella relativa oggettività, e a prescindere dalla rilevanza penale, come non in linea con i requisiti soggettivi richiesti per poter ottenere l'autorizzazione in questione. La rilevata conflittualità relazionale e il comportamento aggressivo manifestato dal ricorrente all'epoca dei fatti consentono invero di ipotizzare un concreto rischio di un possibile utilizzo improprio dell’arma.

Quanto al possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, non vi sono ragioni per discostarsi dall’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato (n. 1270/2015) e da questo T.A.R. (n. 2540/2018), secondo cui i “il soggetto appartenente alla polizia municipale al quale è stata rilasciata la qualità di agente di pubblica sicurezza può esercitare le sue funzioni di agente di pubblica sicurezza anche se privo del porto d’armi, come si evince chiaramente dal citato art. 5, comma 5 della legge n. 65 del 1986 che … consente ai comuni di scegliere se affidare o meno, ed entro quali limiti ed a quali condizioni, agli appartenenti alla polizia municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza anche il porto d’armi” .

In conclusione, richiamate le svolte considerazioni, non resta che rigettare il ricorso con la conseguente statuizione in ordine alle spese di giudizio che vanno liquidate in favore dell’amministrazione prefettizia nella misura indicata in dispositivo.

Viceversa, le stesse possono essere compensate nei confronti del Comune di Portico di Caserta attesa la relativa estraneità all’illegittimità dell’azione amministrativa.

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