TAR Napoli, sez. V, sentenza 2019-11-04, n. 201905194

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2019-11-04, n. 201905194
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201905194
Data del deposito : 4 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/11/2019

N. 05194/2019 REG.PROV.COLL.

N. 04110/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4110 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F L, col quale è domiciliato in Napoli, Piazza Municipio n. 64, presso la Segreteria del T.A.R., pec avvfranco.lonardo@pecavvocatiisernia;

contro

Ministero dell'Interno - Questura di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale è domiciliato ex lege in Napoli, alla via Diaz n. 11, pec napoli@mailcert.avvocaturastato.it;

per l'annullamento

del decreto del Questore della provincia di Caserta Cat.6F/PASI del 20 aprile 2015, avente ad oggetto la revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia in precedenza rilasciata al ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Questura di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2019 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con atto notificato il 7 luglio 2015 e depositato il successivo 31 luglio, il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, emesso il 20 aprile 2015 e notificato il 19 maggio 2015, col quale il Questore della provincia di Caserta gli ha revocato la licenza di porto di fucile ad uso caccia, rinnovatagli da ultimo in data 24 marzo 2014. Il fatto che ha dato origine al ritiro dell’autorizzazione è rinvenibile nella sentenza pronunciata il 28.1.2008 (irrevocabile il 15.4.2008) dal Tribunale di Cassino con cui l’interessato è stato condannato a mesi cinque e giorni 10 di reclusione e a € 200,00 di multa (pena patteggiata ex art. 444 c.p.p.) per il delitto di furto aggravato ex artt. 624 e 625 c.p. (fatto commesso il 25.1.2008).

Con tre motivi di diritto l’instante ha dedotto le seguenti censure:

1) violazione di legge (L. 241/1990) – eccesso di potere (violazione del giusto procedimento, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione) – violazione degli artt. 24 e 97 Cost. – ove lamenta l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, la quale gli avrebbe impedito di rappresentare circostanze di fatto utili, quale l’intervenuta estinzione del reato ex art. 445, comma 2, c.p.p. (dichiarata in data 18.7.2013 dal Giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Cassino – sez. penale);

2) eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione – ove assume la mancata valutazione della complessiva condotta dell’interessato e di tutti gli elementi rilevanti, tra i quali, oltre a quanto già segnalato al precedente motivo, il fatto che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p., non sarebbe equiparabile ad una sentenza di condanna;

3) eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti manifestazioni – poiché in data 24 marzo 2014 gli era stato rinnovato il titolo di polizia pur in presenza dello stesso fatto poi ritenuto ostativo.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno - Questura di Caserta per resistere alla proposta impugnativa.

All’udienza pubblica del 22 ottobre 2019, uditi l’avvocato L per il ricorrente e l’avvocato S per l'Amministrazione, come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con riferimento alla prima doglianza, va osservato che, come chiarito in giurisprudenza (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 27 aprile 2018, n. 668;
T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 13 ottobre 2017 n. 1518;
T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I, 1 giugno 2017 n. 689;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. V 02 marzo 2016 n. 1139), i procedimenti in materia di rilascio o revoca del porto d'armi, in considerazione delle funzione di tutela preventiva dell’ordine e della sicurezza pubblica, sono caratterizzati dall'urgenza e non implicano, pertanto, l'obbligo di comunicare l’avvio del procedimento ex art. 7 L. n. 241/1990. Inoltre, come si chiarirà di seguito, nella fattispecie in esame il provvedimento di ritiro della licenza di polizia, in relazione alla presupposta condanna, assume carattere vincolato, per cui l’interessato non avrebbe potuto fornire alcun apporto utile per conseguire un esito diverso.

Quanto alla successiva censura, con cui sono stati dedotti i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione, va premesso che in giurisprudenza si è condivisibilmente chiarito che il porto d'armi e la detenzione delle stesse non costituiscono un diritto assoluto ma rappresentano, invece, un'eccezione al normale divieto di detenere e portare armi, sancito dall'art. 699 c.p. e dall'art. 4, comma 1, L. n. 110 del 1975, eccezione che può divenire operante soltanto nei confronti di persone che non lascino dubbi circa il loro corretto uso e che non possano mettere in pericolo l'ordine pubblico e la tranquilla convivenza della collettività (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 16 dicembre 1993, n. 440;
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 10 gennaio 2013, n. 71;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 8 aprile 2015, n. 2001).

Venendo alla concreta fattispecie all’esame, va rilevato che l’art. 43, comma 1, del r. d. n. 773 del 1931 dispone che "oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi: a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione […]".

Orbene, alla stregua della chiara previsione normativa, non può dubitarsi della portata vincolante e tassativamente preclusiva, quanto al rilascio dei titoli di polizia in materia di porto d'arma, della condanna a mesi cinque e giorni 10 di reclusione e a € 200,00 di multa (pena patteggiata ex art. 444 c.p.p.) riportata dal ricorrente per il delitto di furto aggravato ex artt. 624 e 625 c.p. In tale prospettiva, va ribadito, alla stregua del prevalente orientamento affermatosi in giurisprudenza, che le condanne alla reclusione riportate per i delitti di cui all'articolo 43, comma 1, del T.U.L.P.S. costituiscono causa automaticamente ostativa al rilascio o al rinnovo della licenza di porto d'armi, a nulla rilevando il lungo tempo trascorso dalla commissione del fatto (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 5 ottobre 2018, n. 5740 e 14 febbraio 2017, n. 658;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5932;
T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento, sez. unica, 31 ottobre 2017, n. 294).

Vanno disattese anche le argomentazioni difensive che fanno leva sulla circostanza che nella specie la pena è stata patteggiata e che in data 18 luglio 2013 è stata dichiarata l’estinzione del reato.

Quanto al primo profilo, non vi sono ragioni per discostarsi dal consolidato orientamento secondo cui, ai fini in esame, la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, di cui all'art. 444 c.p.p., deve essere considerata alla stregua di una sentenza di condanna (cfr. Consiglio di Stato, sez. I, parere del 16 luglio 2016;
T.A.R. Umbria, sez. I, 17 giugno 2019, n. 333).

Quanto al secondo aspetto, appare opportuno precisare che il Legislatore è recentemente intervenuto sul testo dell'art. 43 del T.U.L.P.S, con l'art. 3, comma 1, lett. e), del D. Lgs. 10 agosto 2018, n. 104, che ha modificato, a decorrere dal 14 settembre 2018, il secondo comma del citato articolo 43, che attualmente recita: "La licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi".

Tale nuova formulazione, nella parte in cui afferma che la licenza "può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione" appare aprire ad una valutazione discrezionale dell'Amministrazione, prima preclusa, appunto nei casi in cui successivamente alla commissione di uno dei reati del primo comma, ritenuti preclusivi al rilascio del porto d'armi, sia intervenuta la riabilitazione oppure – secondo una equiparazione più volte affermata in giurisprudenza (cfr. T.A.R. Umbria, sez. I, 9 maggio 2018, n. 295 e 17 giugno 2019, n. 333) – l'estinzione del reato, come nel caso in esame.

Questa modifica legislativa, vigente dal 14 settembre 2018, non è tuttavia applicabile ratione temporis al provvedimento gravato, che è stato legittimamente emesso, in data 20 aprile 2015, sulla base della normativa a quel tempo vigente.

La sopravvenienza normativa potrà consentire, peraltro, un più ampio margine di valutazione all'Amministrazione competente in sede di esame di eventuali nuove istanze, supportate proprio dal mutare del quadro normativo di riferimento. Peraltro, anche in siffatte ipotesi, come chiarito dalla giurisprudenza, l'Amministrazione mantiene il potere di valutare il fatto-reato nella sua obiettiva dimensione storica, indipendentemente dalla formale estinzione del reato, con la conseguenza che la stessa non costituisce una circostanza decisiva per desumere il venir meno del giudizio di pericolosità o di inaffidabilità del soggetto (cfr. T.A.R. Napoli, sez. V, 14 settembre 2015, n. 4464;
Consiglio di Stato, sez. III, 1 aprile 2015, n. 1731;
sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5595;
15 ottobre 2012, n. 4117).

Va disatteso anche il terzo motivo di diritto, tendente a dimostrare la contraddittorietà dell’atto con la precedente determinazione del 24 marzo 2014, allorquando era stato rinnovato all’interessato il titolo di polizia pur in presenza dello stesso fatto poi ritenuto ostativo.

Osserva al riguardo il Collegio che nell’azione amministrativa all’esame non si configura alcun vizio logico in quanto, come ben evidenziato nel provvedimento, il Questore ha legittimamente ed esplicitamente inteso conformarsi al parere reso in data 16 luglio 2014 dal Consiglio di Stato, Sezione Prima, Adunanza di Sezione n. 03257/2014, “in ordine ai motivi ostativi al rilascio di licenze di porto d’armi, in relazione al dettato dell’articolo 43 T.U.L.P.S.”, laddove è stato affermato che “non residua alcuna discrezionalità in ordine al rifiuto o alla revoca delle licenze in materia di armi, a fronte della sussistenza di condanna per i reati indicati nel comma 1, tra i quali ricade il reato di furto”.

In conclusione il ricorso va respinto.

In considerazione della peculiarità della fattispecie dedotta in giudizio, le spese di giudizio possono essere eccezionalmente compensate, fermo restando che il contributo unificato resta a carico della parte soccombente.

Ad avviso del Collegio sussistono i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per cui va disposto che la Segreteria proceda all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi