TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2016-12-02, n. 201612056
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Pubblicato il 02/12/2016
N. 12056/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00753/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 753 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M C, M M, M M, E T, M C, B A, F M, G T, M D M, S C, D C, B D A, D M, A P, V R, A M P, O S, A M Z, L D L, R S, E M L, S S, E N V, V S S U, C C, M A M, A S F, C V M, G A, T S, N C, G D M, M F, G N, A M, M Cavalli, Paola Balduin, Fiorella Coscia, Anna Laurendi, Anna Maria Coviello, Anna Lisa Manganelli, Marina Carrese, Rosalia D'Apice, Lucrezia Salandra, Giuliana Ribaudo, Valeria Di Corcia, Simonetta Checcobelli, Sergio Sabatini, Orsola Bonifati, Alfredo Napolitano, Pierluigi Nieri, Stefania Giordano, Annalena Brini, Cinzia Ortolani, Luisa Gusmeroli, Caterina Toso, Peter Hans Stiberc, Daniela Vanzi, Katia Mancuso, Antonella Corradi, Giovanbattista Mancina, Angelina Aniballi, Cinzia Leoncini, Erminda Del Monaco, Raffaella Nardella, Clara Ronga, Susanna Montini, Caterina Vasti, Barbara Cesanelli, Alessandra Rosa, Maria Visco Marigliano, rappresentati e difesi dall'avvocato Alessandro Tozzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Messico, 7;
contro
Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
-del decreto direttoriale del 20.10.14 con il quale è stata indetta la procedura di mobilità volontaria per l'immissione nei ruoli del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo di 168 dipendenti provenienti da pubbliche amministrazioni assoggettate a vincolo assunzionale in servizio in posizione di comando presso gli istituti del ministero, 79 dei quali verranno assunti in III area - ex area C.
- di tutti gli atti presupposti e conseguenti, in particolare i decreti di inquadramento del 28-11-2014;
-del provvedimento del 30-10-2015 con cui è stata indetta la procedura di mobilità volontaria per l’immissione nei ruoli del Ministero dell’Interno per la copertura di 137 posti provenienti dalle Province e 90 posti provenienti dal comparto scuola, in posizione di comando presso gli istituti del Ministero impugnato con i motivi aggiunti depositati il 12-1-2016;
- del bando di concorso pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 24-5-2016 per l’assunzione a tempo indeterminato presso il Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo di 500 funzionari da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale, posizione economica F1, in vari profili professionali impugnato con i motivi aggiunti depositati il 2-8-2016.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2016 la dott.ssa C A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti, dipendenti del Ministero dei beni culturali dell’ex area B, hanno partecipato alla procedura indetta con bando del 24-7-2007, sulla base dell’accordo con le organizzazioni sindacali del 13 luglio 2007, per la progressione verticale relativa al passaggio di 920 unità di personale dall’area B alla posizione economica C1, ripartiti per i vari profili professionali (archeologo, architetto, archivista, bibliotecario, capo tecnico, funzionario amministrativo, esperto in comunicazione e informazione, informatico, restauratore, storico dell’arte), con autorizzazione ad avviare le procedure per l’accesso di sole 460 unità. All’esito dalla selezione sono state approvate le graduatorie nel luglio 2010 (per i profili archeologo, storico dell’arte e architetto) e nel dicembre 2012 (per gli altri profili). I ricorrenti, per i vari profili professionali per cui hanno partecipato, non sono rientrati nei posti disponibili ovvero i 460 posti autorizzati.
Con il ricorso principale hanno impugnato la procedura di mobilità avviata dal Ministero con decreto del 20-1-2014, conclusa con i decreti di inquadramento del 28-11-2014, anch’essi impugnati formulando le seguenti censure:
violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990;difetto di motivazione;violazione dell’art. 97 della Costituzione;violazione degli artt. 30 e 35 del d.lgs. n. 165 del 2001;dell’art. 15 della legge n. 106 del 2014;violazione del bando della progressione verticale, dell’art. 14 del CCNL del Ministero dei beni culturali;eccesso di potere per disparità di trattamento;violazione e falsa applicazione degli articoli 24 e 62 del d.lgs. n. 150 del 2009;violazione del principio di proporzionalità.
L’Avvocatura dello Stato si è costituita con atto di forma e depositando documentazione.
Con i motivi aggiunti depositati il 12-1-2016 analoghe censure sono state proposte avverso la procedura di mobilità indetta il 30-10-2015 per il personale delle Provincie e del comparto scuola.
Con gli ulteriori motivi aggiunti depositati il 2-8-2016 è stato impugnato il bando di concorso pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 24-5-2016 per l’assunzione a tempo indeterminato di 500 funzionari Area III del personale non dirigenziale posizione economica F1, in vari profili professionali (antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario demoetnoantropologo, restauratore, storico dell’arte, funzionario della promozione e comunicazione), formulando le seguenti censure: violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990;difetto di motivazione ;violazione dell’art. 97 della Costituzione;dell’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001;
violazione degli articoli 24 e 62 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art 3 della legge n. 241 del 1990 con riferimento alla mancata previsione di una riserva di posti al personale interno e difetto di motivazione sul punto;
violazione della lex specialis del bando e dell’art 14 del contratto collettivo nazionale di lavoro;eccesso di potere per disparità di trattamento;violazione del principio di proporzionalità .
All’udienza pubblica del 22-11-2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
In via preliminare deve essere esaminata la questione di giurisdizione sollevata dal Ministero, peraltro, nella relazione degli uffici depositata in giudizio dall’Avvocatura dello Stato.
Ritiene il Collegio che la presente controversia rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo, in base al costante orientamento giurisprudenziale, sia della Cassazione (Sezioni Unite n. 19595 del 2012) che del Consiglio di Stato (per tutte, n. 2929 del 2016), per cui se la controversia, come nel caso di specie, ha per oggetto la scelta discrezionale operata dell'amministrazione, la situazione giuridica dedotta in giudizio appartiene alla categoria degli interessi legittimi, la cui tutela è demandata al giudice cui spetta il controllo del potere amministrativo ai sensi dell'art. 103 Costituzione. La sezione, inoltre, ha già espresso la medesima opinione con riferimento ad analoga questione relativa alla utilizzabilità delle progressioni verticali del Ministero dei beni culturali (cfr. Tar Lazio, II quater, n. 6931 del 2012;n. 6945 del 2012, per cui quando l’interessato censura la scelta dell'amministrazione circa lo strumento utilizzato per provvedere alla copertura di posti vacanti, ovvero con il ricorso a procedure di stabilizzazione, scorrimento della graduatoria o indizione di un pubblico concorso, si censura una scelta organizzativa espressione di potere autoritativo, rimessa alla discrezionalità dell'ente pubblico che non concerne la gestione del rapporto di lavoro ma gli atti di organizzazione interna, sulle cui controversie sussiste la giurisdizione amministrativa).
Nel merito le questioni poste all’esame del Collegio con il ricorso principale e con i due atti di motivi aggiunti sono infondate.
I ricorrenti con il ricorso principale e con il primo atto di motivi aggiunti contestano le procedure di mobilità bandite dal Ministero dei beni, delle Attività Culturali e del Turismo, per la copertura di posti dell’area III per vari profili professionali, in quanto l’Amministrazione avrebbe dovuto attingere alle graduatorie approvate nel 2010 e nel 2012 relative alla progressione verticale indetta con bando del 24-7-2007, nelle quali i ricorrenti stessi sarebbero collocati.
Tali censure non possono essere accolte.
L’art. 24 del d.lgs. n. 150 del 27-10-2009 ha previsto che le Amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1° gennaio 2010, coprano i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni. L’art. 62 del d.lgs. n. 150 del 2009 ha introdotto il comma 1 bis all’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, per cui le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso.
Sulla base di tale disposizioni la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica del 22-2-2011, ha affermato non è consentito ricorrere allo scorrimento di graduatorie relative ad idonei delle progressioni verticali già a decorrere dal 1° gennaio 2010.
Per la legittimità di una tale interpretazione si è già espresso anche il Consiglio di Stato, che ha affermato che “a partire dal 1° gennaio 2010, è preclusa all'Amministrazione pubblica la possibilità di utilizzare gli esiti di procedure di selezione interna, bandite anteriormente a tale data, in quanto la riforma della modalità di reclutamento di personale per le fasce funzionali superiori (progressioni di carriera), introdotta dagli artt. 24 e 62, d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, con la sostanziale abrogazione delle progressioni verticali interne, comporta - a decorrere dal 1° gennaio 2010 - l'inefficacia delle disposizioni del bando concernenti la copertura di posti, senza che dal bando possa discendere alcuna legittima aspettativa” (Consiglio di Stato, n. 3018 del 2016;n. 136 del 2014).
Sulla specifica procedura verticale bandita dal Ministero dei beni culturali con decreto del 24-7-2007 si è anche già pronunciata, in tal senso, la sezione, con orientamento confermato anche dal Consiglio di Stato (Tar Lazio II quater n. 6931 del 2012; 6945 del 2012;n. 11550 del 2016;n. 11553 del 2016;Consiglio di Stato, n. 2836 del 2016 di conferma della sentenza n. 6931 del 2012), per cui la previsione di cui all'art. 24 della L. n. 150/2009 precludendo assunzioni senza il previo concorso pubblico, impedisce non solo di bandire nuovi concorsi interni, ma anche di utilizzare le graduatorie ancora in essere dei concorsi interni precedentemente espletati.
Nel caso di specie, sono, quindi, irrilevanti le norme generali sulla durata della validità delle graduatorie concorsuali, di cui all'art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001, con le relative proroghe, in quanto il principio della preferenza per lo scorrimento della graduatoria rispetto all'indizione di un nuovo concorso non si applica alle graduatorie derivanti da procedure selettive che non costituiscano concorsi pubblici (Consiglio di Stato n. 3284 del 2015, con riferimento alle progressioni verticali).
L’art. 24 del d.lgs. n. 150 del 2009 e l’art. 52 comma 1 bis del d.lgs. 165 del 2001, inserito dall’art. 62 del d.lgs. n. 150 del 2009, sono stati introdotti in conformità al consolidato orientamento della Corte Costituzionale, per cui il concorso pubblico è la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni, necessario non soltanto nelle ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio, ciò che comunque costituisce una forma di reclutamento. La facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell'amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle. La natura comparativa e aperta della procedura è, pertanto, elemento essenziale del concorso pubblico. Procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno, violano il carattere pubblico del concorso e, conseguentemente, i principi di imparzialità e buon andamento, che esso assicura. Un’eventuale deroga a tale principio è ammessa, secondo la giurisprudenza costituzionale, solo ove essa stessa sia strettamente funzionale alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione. Occorrono particolari ragioni giustificatrici, ricollegabili alla peculiarità delle funzioni che il personale da reclutare è chiamato a svolgere, in particolare relativamente all'esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali maturate all'interno dell'amministrazione e non acquisibili all'esterno, le quali facciano ritenere che la deroga al principio del concorso pubblico sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione (sentenze nn. 34 del 2004;205 del 2004;363 del 2006;293 del 2009;9 del 2010;100 del 2010;150 del 2010;195 del 2010;7 del 2011;68 del 2011;108 del 2011), sottolineando, altresì, relativamente alla possibilità di riserva di quote al personale interno e di deroga al principio del pubblico concorso, che non ha alcun rilievo la circostanza che, fra i requisiti che si debbono avere per potere godere della progressione in carriera vi sia quello di essere stati in precedenza assunti presso l'amministrazione di appartenenza a seguito di un pubblico concorso, trattandosi, evidentemente, di concorso bandito per una qualifica diversa ed inferiore rispetto a quella cui si accederebbe per effetto della disposizione censurata (sentenze nn. 30 e 90 del 2012).
A riprova della ormai consolidata interpretazione, il Ministero ha anche depositato una nota della direzione generale per l’organizzazione indirizzata al Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione relativa alla proposta di una modifica normativa, avanzata nel 2014, proprio al fine di consentire lo scorrimento delle graduatorie delle progressioni verticali in deroga all’art. 24 del d.lgs. n. 150, modifica ritenuta, peraltro, incompatibile con l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 dall’ufficio legislativo del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
Poiché i ricorrenti, dipendenti della ex Area B (II area), dal superamento della selezione della progressione verticale per l’area C bandita nel 2007 non possono ricevere alcuna utilità, non essendo più utilizzabile tale graduatoria, non hanno dunque alcun interesse a contestare le procedure di mobilità effettuate dall’Amministrazione per la copertura dei posti della Area III, se non quello derivante dalla possibilità di partecipare ad un concorso pubblico.
Con riferimento a tale profilo, e prescindendo dalla mancanza di una esplicita censura sul punto, si deve evidenziare che le procedure di mobilità sono espressamente indicate dal legislatore nell’ambito del pubblico impiego come prodromiche rispetto alle procedure per nuove assunzioni. L’art. 30 comma 2 bis del d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo introdotto dall'art. 5, comma 1-quater, del d.l. n. 7 del 2005 conv. dalla legge n. 43 del 2005 e, successivamente, modificato dall'art. 1, comma 19, del d.l. n. 138 del 2011, conv. dalla legge n. 148 del 2011, prevede, infatti, che le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, debbano attivare le procedure di mobilità, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio.
La mobilità è quindi considerata dal legislatore lo strumento privilegiato per soddisfare il fabbisogno ordinario del personale nel settore pubblico (Consiglio di Stato n. 2318 del 2016;cfr., altresì, Cassazione sez. lavoro n. 19027 del 2015, per cui con le modifiche dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, introdotte nel 2005, è stato espressamente sancito il “principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale”). Sulla obbligatorietà del previo esperimento delle procedure di mobilità si è espressa anche la Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 211 del 2012 rispetto alla competenza del legislatore regionale).
Nel caso di specie, in base all’art. 30 comma 2 bis del testo unico del pubblico impiego, l’Amministrazione dei beni culturali doveva necessariamente avviare le procedure di mobilità in vista della indizione di un bando per la copertura di ulteriori posti nell’Area III.
La procedura di mobilità impugnata con l’atto di motivi aggiunti, bandita il 30-10-2015, è poi espressamente prevista dall’art. 16 comma 1 quinquies del d.l n. 78 del 2015 conv, nella legge n. 125 del 2015, per cui “entro il 31 ottobre 2015, le unità di personale nei profili professionali di funzionario archivista, funzionario bibliotecario, funzionario storico dell'arte e funzionario archeologo in servizio a tempo indeterminato presso le province possono essere trasferite alle dipendenze del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, attraverso apposita procedura di mobilità ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche in soprannumero rispetto alla dotazione organica di cui alla tabella B allegata al regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, a valere sulle facoltà assunzionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo non impegnate per l'inquadramento del personale del comparto scuola comandato presso il medesimo Ministero e comunque per un importo pari ad almeno 2,5 milioni di euro annui”.
Con il secondo atto di motivi aggiunti, i ricorrenti impugnano il bando di concorso pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 24-5-2016, relativo all’assunzione di 500 funzionari da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale, posizione economica F1, in vari profili professionali (antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario demoetnoantropologo, restauratore, storico dell’arte, funzionario della promozione e comunicazione).
Con i motivi aggiunti avverso il bando di concorso ripropongono le censure relative al mancato utilizzo della graduatoria delle progressioni verticali bandite con decreto del 24-7-2007.
Rispetto a tali censure è sufficiente richiamare le argomentazioni già esposte con riferimento al ricorso principale quanto alla inutilizzabilità delle progressioni verticali e delle relative graduatorie successivamente al 2010, in particolare con riferimento a quanto affermato dal Consiglio di Stato rispetto alle progressioni interne per cui non sono applicabili né le norme generali sulla durata della validità delle graduatorie di cui all'art. 35 comma 5 ter del d.lgs. n. 165 del 2001 con le relative proroghe né il principio della preferenza per lo scorrimento della graduatoria, che si applicano solo alle procedure selettive che costituiscano concorsi pubblici (Consiglio di Stato n. 3284 del 2015).
Nei motivi aggiunti viene proposta, altresì, la censura relativa al mancato inserimento nel bando di concorso della riserva di posti per il personale interno come previsto dagli articoli 24 e 62 del d.lgs. n. 150 del 2009 e al difetto di motivazione sul punto.
Si può prescindere dalla mancata prova da parte dei ricorrenti del concreto ed attuale interesse a tale censura, non risultando agli atti del giudizio la presentazione della domanda di partecipazione a tale concorso da parte dei ricorrenti, in relazione alla infondatezza anche di tale censura.
Infatti, in base alla giurisprudenza costituzionale sopra citata, la regola generale è costituita dalla indizione di un concorso pubblico aperto agli esterni. Il concorso pubblico costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione e la regola del pubblico concorso può dirsi rispettata solo quando le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie e irragionevoli forme di restrizione dell'ambito dei soggetti legittimati a parteciparvi, sicché deroghe alla regola del concorso, da parte del legislatore, sono ammissibili soltanto nei limiti segnati dall'esigenza di garantire il buon andamento dell'amministrazione o di attuare altri principi di rilievo costituzionale, in ragione della peculiarità di particolari uffici. La facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del pubblico concorso, di cui all'art. 97 della Costituzione, deve essere, quindi, delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell'amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (oltre alle sentenze citate cfr. anche Corte costituzionale n. 217 del 2012).
La riserva di posti al personale interno, ammessa dalla legge fino al 50 %, costituisce essa stessa, quindi, una eccezione giustificabile quando le esigenze di buon andamento dell’Amministrazione richiedano di garantire la rilevanza delle funzioni già svolte all’interno della Amministrazione stessa.
Ne deriva, in primo luogo, che la motivazione è se mai necessaria nei casi in il bando preveda una riserva di posti per il personale interno, non nella ipotesi in cui non lo preveda, restando, in tal caso, applicabile la norma generale del comma 2 dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, per cui la norma del comma 1 sulla motivazione degli atti amministrativi non si applica ai provvedimenti generali, come è considerato dalla costante giurisprudenza il bando di concorso Consiglio di Stato n. 3058 del 2010, per cui il bando di concorso in quanto atto generale, rivolto ad un numero incerto di destinatari, è sottratto all'obbligo della motivazione, e tale conclusione vale, a maggior ragione, per la determinazione dell'amministrazione di indire il concorso se distinta dal bando).
Nel merito della scelta operata dall’Amministrazione, è evidente che si tratta di un ambito riservato alla stessa e sindacabile solo nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza, circostanze che non ricorrono nel caso di specie, trattandosi di concorso bandito per un’area per cui occorre il diploma di laurea, mentre per l’area di provenienza non era richiesto tale titolo di studio e, inoltre, il bando ha previsto, quali requisiti di ammissione, titoli particolarmente qualificati come la laurea specialistica o magistrale e il diploma di specializzazione o master universitario o dottorato di ricerca (per il profilo di architetto, anche l’abilitazione all'esercizio della professione).
In conclusione, le censure proposte con il ricorso principale e con i due atti di motivi aggiunti sono infondate e devono essere respinte.
In considerazione della natura della controversia, comunque attinente al rapporto di pubblico impiego dei ricorrenti, ritiene il Collegio di poter compensare le spese del presente giudizio.