TAR Catania, sez. I, sentenza 2020-09-30, n. 202002347

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2020-09-30, n. 202002347
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202002347
Data del deposito : 30 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/09/2020

N. 02347/2020 REG.PROV.COLL.

N. 03993/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3993 del 2002, proposto da
S.Antonio Naxos S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A V, con domicilio eletto presso il suo studio in Messina, Segreteria;

contro

Comune di Giardini Naxos (Me), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato I S, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via V. Giuffrida, 37;

per l'annullamento

adozione prg - regolamento edilizio - norme tecniche di attuazione - richiesta risarcimento danni

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Giardini Naxos (Me);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 13 luglio 2020 la dott.ssa S P, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1.La Società ricorrente, proprietaria di un’area sulla quale sorge un campeggio, ha impugnato, con ricorso notificato il 12 novembre 2002 all’Amministrazione comunale, la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Giardini Naxos del 25 giugno 2002 n. 36 di adozione del Piano regolatore generale, chiedendo altresì il risarcimento del danno.

Adduce sia motivi di illegittimità in generale del procedimento di adozione del Piano (violazione art. 176 d.lgs. del P. Reg. siciliana n. 6 del 1955, disciplinato dalla L.R. n. 16 del 1963 e art. 16 della L.R. 30 del 2000 sull’obbligo di astensione dei consiglieri comunali nel caso di conflitto di interessi;
violazione art. 184 d.lgs. n. 267 del P. Reg. siciliana n. 6 del 1955, disciplinato dalla L.R. n. 16 del 1963 sul calcolo del quorum deliberativo;
violazione art. 186 d.lgs. n. 267 del P. Reg. siciliana n. 6 del 1955, disciplinato dalla L.R. n. 16 del 1963 poiché il verbale della seduta è privo della sottoscrizione del consigliere più anziano;
violazione artt. 2 e 9 l.r. n. 71 del 1978 in quanto adottato senza le prescrizioni esecutive), sia un motivo più specifico relativo alla violazione di legge, eccesso di potere per difetto di istruttoria e altre figure sintomatiche, difetto di motivazione per non avere, l’Amministrazione, tenuto conto che l’area era destinata a campeggio

Con atto di stile del 5 dicembre 2002 si è costituito il Comune chiedendo il rigetto del ricorso.

Da ultimo parte ricorrente ha depositato in data 11 giugno 2020 memoria con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza del 13 luglio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.



2. Preliminarmente il Collegio ritiene che, nel caso di specie, l’omessa impugnazione del successivo provvedimento di approvazione del Piano regolatore generale non determina l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse, poiché da quanto sembrerebbe emergere dagli atti la previsione relativa destinazione urbanistica che si contesta è rimasta invariata anche in sede di approvazione del Piano.

Sul punto si richiama la giurisprudenza relativa “ ai rapporti tra impugnazione della delibera di adozione del PRG e impugnazione della approvazione del PRG, per cui se l’omessa impugnazione della deliberazione approvativa della variante di un piano regolatore generale non determina l'improcedibilità del ricorso proposto contro la delibera comunale di adozione, in quanto l'eventuale annullamento di quest'ultima esplica effetti automaticamente caducanti, e non meramente vizianti, sul successivo provvedimento di approvazione, ciò riguarda la parte in cui la delibera di approvazione abbia confermato le previsioni già contenute nel piano adottato e fatto oggetto di impugnativa (Consiglio di Stato sez. IV, 14 luglio 2014 n. 3654;
Consiglio di Stato, sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 921). Ove dette previsioni fossero state modificate, è evidente che detto effetto caducante non possa verificarsi. Ciò deriva dall’applicazione del principio generale relativo ad ogni fattispecie in cui, nel corso di un procedimento giurisdizionale già avviato, sopravvenga una nuova statuizione amministrativa. Se quest’ultima in nulla abbia modificato/innovato con riferimento alla fattispecie controversa, sarebbe inutile e senza ragione onerare il ricorrente della impugnazione dell’atto sopravvenuto, che in nulla immuta la res controversa, per cui la sentenza è idonea a produrre effetti anche in pregiudizio della nuova statuizione amministrativa, in parte qua rimasta immutata. A diverse conclusioni, deve giungersi allorché, invece, l'atto sopravvenuto muti il preesistente regime giuridico che aveva dato atto al contenzioso: il mezzo originario dovrebbe essere dichiarato improcedibile, in ipotesi di omessa tempestiva impugnazione di quello superveniens che ha determinato un assetto di interessi diverso, ed in ogni caso la sentenza pronunciata in relazione all’atto pregresso, superato da quello successivo non potrebbe spiegare effetti nei confronti di quest’ultimo”
(Consiglio di Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2499 e da ultimo (Consiglio di Stato, sez. II, 20 gennaio 2020, n. 456).



3. Tanto premesso il Collegio ritiene l’infondatezza nel merito del ricorso.



3.1 Con il primo motivo la Società ricorrente sostiene l’illegittimità dell’adozione del Piano perché taluni consiglieri comunali avrebbero partecipato ai lavori del Consiglio e votato nonostante si trovassero in una condizione di conflitto di interessi.

La censura si appalesa inammissibile per carenza di interesse e comunque infondata.

Parte ricorrente rivolge le censure nei confronti di due consiglieri, pur tuttavia essa omette completamente di provare quale sarebbe stato l’effetto di siffatto asserito conflitto d’interessi sul regime giuridico previsto nel Piano adottato per l’area di sua proprietà.

Al riguardo, per condivisa giurisprudenza amministrativa, “ il proprietario di aree comprese nello strumento urbanistico ha interesse a denunciare la violazione dell'art. 78, t.u. 18 agosto 2000 n. 267, laddove provi che l'interesse personale del consigliere, che avrebbe dovuto imporre a quest'ultimo l'astensione, ha arrecato un diretto pregiudizio anche ai propri fondi. In caso contrario, qualora l'intervento in Consiglio dell'amministratore in conflitto di interessi non abbia avuto alcun effetto sul regime giuridico delle aree dell'esponente, non esiste interesse di quest'ultimo alla denuncia della violazione dell'art. 78, visto che l'eventuale accoglimento del gravame avrebbe conseguenze soltanto su fondi non di proprietà del ricorrente, che non vedrebbe pertanto mutato il regime giuridico dei propri immobili ” (TAR Basilicata, sez. I, 15 dicembre 2011, n. 584;
Tar Puglia, Lecce, Sez.I, 6 marzo 2013, n. 481).

In termini ancora più specifici, si è condivisibilmente chiarito che: “ la circostanza che alla seduta consiliare di approvazione di uno strumento urbanistico abbiano partecipato consiglieri comunali in conflitto di interessi può comportare soltanto l'annullamento delle previsioni dello strumento urbanistico in relazione alle quali si configura il conflitto d'interesse;
di conseguenza la relativa censura è inammissibile per carenza d'interesse, se il ricorrente non dimostri che tale annullamento comporterebbe per lui un vantaggio
” (Tar Lombardia, Milano, II, 17.5.2010, n. 1526).

Ad ogni buon conto nel merito la censura appare infondata.

Ritiene il Collegio di aderire all’orientamento giurisprudenziale in base al quale “ ai sensi dell’art. 78 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nel testo applicabile ratione temporis, l’obbligo di astensione “…dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado…non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado.ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici ” (Consiglio di Stato, sez. IV, 29 aprile 2019 n. 2701).

La disposizione è informata all’esigenza di evitare che l’amministratore (sindaco, componente della giunta, consigliere comunale) possa interferire e condizionare, anche solo potenzialmente, la libera formazione della volontà dell’organo collegiale in relazione all’esercizio di poteri discrezionali, e impone che la situazione conflittuale sia correlata a presupposti di fatto certi e obiettivi (Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2014, n. 4806).

Nel caso di specie parte ricorrente rivolge genericamente le censure nei confronti di due consiglieri, ma non fornisce alcun elemento di prova in ordine al concreto interesse dei consiglieri, né tantomeno sulle modifiche rispetto alla situazione precedente che il piano adottato avrebbe determinato.

Al riguardo il collegio rileva che in materia di pianificazione urbanistica la disposizione di cui all’art. 176 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali della Regione siciliana trova un’applicazione più circoscritta e limita. Recita infatti l’art. 1 della L.R. 10 agosto 1995, n. 57 che “ In materia di pianificazione urbanistica, l'obbligo di astensione di cui all'articolo 176 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e successive modifiche ed integrazioni, sussiste solo per i componenti degli organi deliberanti che abbiano un concreto interesse economico, proprio o di parenti o affini entro il quarto grado ovvero di imprese o enti con i quali abbiano rapporto di amministrazione, vigilanza o prestazione d'opera e la deliberazione comporti modifiche alla situazione precedente ”.

Risulta allo stato degli atti palesemente carente la prova su concreti e congruenti elementi relativamente all’interesse all’emanazione dell’atto che deve essere immediato, diretto, attuale, concreto (cfr.: Cons. Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2012, n. 351)

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