TAR Venezia, sez. II, sentenza 2022-07-20, n. 202201193

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2022-07-20, n. 202201193
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202201193
Data del deposito : 20 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/07/2022

N. 01193/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00754/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 754 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Guerra Autotrasporti S.r.l., Inerti Guerra S.r.l., Immobiliare Guerra S.a.s. di Guerra A &
C., A Guerra, R G, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati E G, G G, N M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G G in San Bonifacio, via Camporosolo, n. 26;

contro

Comune di Legnago, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A Veronese in Venezia, via delle Industrie, 19/C;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- dell'Ordinanza Sindacale n. 118 del 16.04.2018 del Comune di Legnago avente a oggetto “deposito incontrollato di rifiuti interrati in via Libero Grassi n. 1 nell'area in disponibilità delle ditte Guerra Autotrasporti S.r.l., Immobiliare Guerra s.a.s. di Guerra A”;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati in data 26/8/2021:

- della Determinazione dirigenziale n. 414 del 07.06.2021 del Comune di Legnago avente a oggetto “Area di via libero grassi, 1. Presa d'atto degli esiti della conferenza dei servizi del 12 maggio 2021. Approvazione dell'intervento di messa in sicurezza operativa con prescrizioni”;

dell'Ordinanza Sindacale n. 208 del 07.07.2021 del Comune di Legnago avente a oggetto “Deposito incontrollato di rifiuti nell'area di via Libero Grassi n.

1. Obbligo di rimozione dei rifiuti presenti nell'area”.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Legnago;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2022 il dott. Marco Rinaldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Esiste a Legnago, in via Libero Grassi 1, un’area, distinta al catasto al foglio 21 mappale 440, sulla quale attualmente sono stati costruiti due capannoni industriali, corrispondenti ai subalterni 1 e 2 del mappale (doc. 1 e 2 ricorso, ordinanza 118/2018 e relazione di sopralluogo ARPAV).

Al servizio dei capannoni in questione, è stato realizzato un ampio piazzale, pavimentato in calcestruzzo (doc. 2 ricorso, cit.).

L’area in questione, già di proprietà comunale, è stata assegnata con delibera di Giunta 27 ottobre 2004, n. 256 alla ditta Guerra Autotrasporti di Guerra Roberto &
c. s.n.c..

Questa ditta, avendone così acquisito la disponibilità, ha realizzato le costruzioni, assentite con permessi di costruire n. 2004/CE/596 del 20 aprile 2005 e 2006/CE/486 del 02 marzo 2007, con inizio lavori il giorno 10 ottobre 2005 e conclusione il giorno in data 29 agosto 2007.

La Guerra Autotrasporti di Guerra Roberto &
c. s.n.c. ha mantenuto la proprietà del complesso immobiliare dal 3 novembre 2006 al 16 maggio 2011.

Successivamente, il complesso immobiliare è stata ceduto alla Immobiliare Guerra S.A.S. di Guerra A &
C., precedentemente denominata Guerra Scavi di Guerra Roberto &
C. s.n.c..

Attualmente, l’immobile è sede delle tre società ricorrenti, ovvero Guerra Autotrasporti di Guerra Roberto &
c. s.n.c. ora Guerra Autotrasporti S.r.l. Immobiliare Guerra S.a.s. di Guerra A &
C e Inerti Guerra S.r.l;
(per tutto ciò, doc. 1 ricorso cit.;
trattasi di fatti storici incontestati).

A seguito di un sopralluogo con sondaggi eseguito il giorno 29 giugno 2015, nel sottosuolo del piazzale pavimentato di cui si è detto, sono stati ritrovati rifiuti, costituiti da mattoni refrattari, scarti di mole abrasive per marmi e graniti, imballaggi di plastica, catrame e pezzi di macchinari in uso nelle fonderie, nonché fanghiglia che, debitamente analizzata, è risultata superare i limiti di concentrazione per l’accettabilità in discarica per il piombo ed i fluoruri, tanto da essere classificata rifiuto pericoloso (doc. 2 ricorso, cit.).

Di conseguenza, il Sindaco del Comune di Legnago ha emesso l’ordinanza 118/2018 di cui in epigrafe, con la quale ha individuato come responsabili del fatto, qualificato come abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, i signori A e R G, quali soci amministratori delle società indicate, e ha loro ingiunto di trasmettere un programma di smaltimento dei rifiuti in questione (doc. 1 ricorso, cit.);

Le società interessate hanno impugnato quest’ordinanza con il ricorso introduttivo del presente giudizio, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere.

I colloqui fra il Comune e le società interessate sul migliore modo di affrontare la situazione non hanno portato a risultati concreti;

Di conseguenza, il Comune ha emanato il provvedimento 7 giugno 2021 di cui in epigrafe con il quale il Dirigente comunale di settore ha deliberato di non accettare la proposta delle ditte interessate di mantenere i rifiuti sul posto con messa in sicurezza permanente e di dare esecuzione al programma di smaltimento (doc. 1 motivi aggiunti).

Il Comune ha poi emanato l’ordinanza del Sindaco 208/2021, pure meglio indicata in epigrafe, con la quale ha ingiunto l’esecuzione del programma di smaltimento suddetto.

Le società interessate hanno impugnato questi due atti con i motivi aggiunti, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituito in giudizio il Comune di Legnago, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità e/o infondatezza delle impugnazioni avversarie.

Con ordinanza n. 654/2021 questo T.a.r. respingeva l’istanza cautelare contestuale ai motivi aggiunti in questione, ritenendo che dagli approfondimenti istruttori svolti dalla P.A. emergeva la natura di rifiuti (anche pericolosi) dei materiali interrati e la responsabilità ambientale delle parti ricorrenti;
e che la rimozione dei rifiuti interrati appariva l’unica soluzione concretamente idonea per fronteggiare il rischio ambientale creato dalla situazione in atto.

La società ricorrente proponeva appello cautelare e il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 824/2022, accoglieva l’istanza cautelare osservando che:

- sotto il profilo del fumus, deve essere approfondita nel merito la questione di diritto sollevata dalla difesa del Comune nella memoria 14 febbraio 2022, ovvero se i fatti per cui è causa vadano qualificati come abbandono di rifiuti ovvero come inquinamento, dato che solo in quest’ultimo caso sarebbe astrattamente proponibile la messa in sicurezza permanente prospettata dalle ricorrenti appellanti, ferma la necessità di procedervi con modalità tecnicamente adeguate;

- sotto il profilo del periculum, occorre considerare quanto segue. Da un lato, la situazione attuale risale per lo meno al 2015, data dei primi sondaggi, e secondo quanto allegato alla camera di consiglio di oggi dalla difesa delle ricorrenti appellanti e non specificamente contestato, è attualmente sotto controllo, nel senso che nei tempi richiesti da una decisione di merito non appare probabile un immediato pregiudizio all’ambiente, dato che la falda viene costantemente monitorata per evitare infiltrazioni degli inquinanti rilevati. Dall’altro lato, l’importo dei lavori richiesti per lo smaltimento è particolarmente ingente, aggirandosi sui 6 milioni di euro;

- risulta pertanto opportuno sospendere l’efficacia degli atti impugnati sino alla decisione di merito, sulla base della quale il Comune potrà procedere con il necessario grado di certezza.

La causa tornava, dunque, in primo grado per la decisione di merito e all’udienza pubblica del 12 maggio 2022 veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

-OMISSIS-

Con ricorso principale, integrato da motivi aggiunti, le società istanti hanno impugnato i provvedimenti con i quali il Comune di Legnago, -OMISSIS-, ha contestato alle stesse la violazione dell’art. 192 D.lgs. 152/2006 e individuato le ricorrenti quali responsabili per la rimozione dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato nell’area di proprietà, ordinando loro di presentare e attuare il Programma di smaltimento dei rifiuti, respingendo la proposta delle ditte interessate di mantenere i rifiuti sul posto, confinati “a sandwich”, con messa in sicurezza permanente.

Le impugnative svolte dalle società ricorrenti sono infondate nel merito per le ragioni di seguito sinteticamente esposte.

La competenza ad emanare l’ordinanza impugnata spetta al Sindaco, e non al dirigente comunale: ciò in quanto l'art. 192, d.lg. n. 152 del 2006, che attribuisce espressamente al Sindaco la competenza ad emanare ordinanze in materia di rimozione dei rifiuti, prevale sulla norma generale di cui all'art. 107 comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000, in quanto disposizione speciale sopravvenuta (T.A.R. Roma, sez. II, 22/01/2020, n.876;
Consiglio di Stato sez. II, 19/10/2020, n.6294).

Il Comune di Legnago ha correttamente applicato alla fattispecie per cui è causa l’art. 192, comma 3, D.lgs. 152/2006 in quanto la contestata condotta illecita si è consumata successivamente al mese di aprile 2006, stante la presentazione del certificato di fine lavori dei capannoni industriali per cui è causa in data 29/08/2007, ovvero ad oltre un anno dalla entrata in vigore del D. lg. 152/2006.

Quand’anche la pavimentazione del piazzale fosse, in ipotesi, già stata completata nel 2005, come sostengono le ricorrenti (senza peraltro provare il loro assunto), il Comune avrebbe correttamente richiamato la procedura per l’avvio a smaltimento dei rifiuti abbandonati prevista dall’art. art. 192 del D.Lgs. 152/2006: ciò in quanto il procedimento è stato avviato nel luglio 2005 e, in base al principio tempus regit actum, il procedimento amministrativo va definito in conformità alla disciplina vigente al momento dell’adozione del provvedimento finale.

L'art. 192, comma 3 del d.lgs. 152/2006 - secondo cui chi viola il divieto di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa – ha, in ogni caso, riprodotto la disciplina del previgente art. 14, comma 3. del d.lgs. 22/1997 (T.A.R. Bari, sez. I, 11/11/2021, n.1627), sicchè un’eventuale errore nell’indicazione della normativa applicabile sarebbe, comunque, privo di efficacia invalidante.

I materiali interrati nel sottosuolo del piazzale pavimentato in calcestruzzo posto al servizio dei capannoni industriali delle società ricorrenti (ove venivano ricoverati gli automezzi pesanti adibiti dalle ricorrenti al trasporto dei rifiuti e del materiale inerte) sono qualificabili come rifiuti.

-OMISSIS-, dalle quali è risultato che sotto l’area pavimentata della Guerra Autotrasporti S.r.l. sono stati interrati rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (mattoni refrattari, scarti di mole abrasive per marmi e graniti, imballaggi di plastica, catrame e pezzi di macchinari in uso nelle fonderie, fanghiglia che supera i limiti di concentrazione per l’accettabilità in discarica del piombo e dei fluoruri, etc.).

Non si tratta di semplice “materiale inerte” utilizzabile come sottofondo per opere edili, e tantomeno di “materiale di riporto”, secondo la definizione di cui al D.L. 2/2012, successivamente modificato dall’art. 41 del D.L. 69/2013., ma di rifiuti, anche pericolosi, costituenti veri e propri scarti della produzione industriale.

La dichiarazione delle ricorrenti secondo cui le società istanti non avrebbero avuto l’intenzione di “disfarsi” del materiale in questione, volendolo anzi utilizzare come sottofondo per il proprio piazzale, è irrilevante in quanto i materiali interrati erano già un rifiuto nel momento in cui sono entrati in possesso delle ricorrenti.

Pertanto, anche a voler seguire la prospettazione delle parti ricorrenti, esse avrebbero comunque effettuato un’illegittima attività di riutilizzo/recupero di materiale classificabile come rifiuto, di cui il detentore originario si è a sua volta illecitamente disfatto, trasferendolo ai ricorrenti senza che fosse stata effettuata (o completata) alcuna operazione atta a fargli perdere tale qualifica.

Quanto all’elemento soggettivo, si osserva che l’accertamento dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa ai fini dell’obbligo di rimozione dei rifiuti è richiesto dal cit. art. 192 esclusivamente per fondare la responsabilità solidale del proprietario e dei titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, mentre non è espressamente richiesto per quanto riguarda gli autori materiali della violazione, i quali sono comunque tenuti a rispondere dell’abbandono o deposito incontrollato in virtù del principio “chi inquina paga”.

La colpa è, in ogni caso, ravvisabile nella negligenza con la quale i ricorrenti hanno acquistato da terzi, e segnatamente da un’azienda attiva nel recupero di rifiuti industriali, e poi interrato nelle aree di loro proprietà materiali costituenti rifiuti.

Come desumibile dalla nota di ARPAV del 30/06/2015, i rifiuti rinvenuti, anche visivamente non potevano certo essere confusi con prodotti o materie prime secondarie, vista la loro composizione e natura (materiali refrattari, rivestimenti di macchinari, mole abrasive per marmo e granito e fanghi vari di colorazione marrone-rossastra, etc.).

Si rileva, infine, che, integrando la fattispecie per cui è causa un’ipotesi di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, non è possibile dare seguito alla proposta delle ditte interessate di mantenere i rifiuti sul posto, confinati “a sandwich” (tra due strati già presenti, ossia una copertura superiore calpestabile con uno strato di cemento dello spessore di circa 20 cm e del terreno naturale come letto di appoggio), con messa in sicurezza permanente.

Le disposizioni in materia di bonifica, MISO e MISP non sono applicabili all’abbandono o deposito incontrollato di rifiuti. Ai sensi dell’art. 239 del TUA, i rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato sono sempre soggetti a rimozione e avvio a smaltimento, senza possibilità di deroghe. Il legislatore ha espressamente escluso all’articolo 239, comma 2, dello stesso d.lgs. 152/2006, la possibilità di applicazione della normativa sulla bonifica dei siti contaminati all’abbandono o depositati in modo incontrollato di rifiuti, anche al fine di escludere una “sanatoria” tramite messa in sicurezza delle discariche abusive realizzate successivamente all’entrata in vigore della normativa sulla gestione dei rifiuti” (Tar Brescia sez. I, 08.04.2019, n. 326).

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere respinti poiché infondati nel merito.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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