TAR Bari, sez. III, sentenza 2023-01-12, n. 202300102

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2023-01-12, n. 202300102
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202300102
Data del deposito : 12 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/01/2023

N. 00102/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00479/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 479 del 2016, proposto da Società -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F C, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Prospero Petroni n. 40;

contro

Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale per la Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, 97;

Comune di Mola di Bari, Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti in giudizio;

per l'accertamento

del diritto della ricorrente e la condanna delle amministrazioni resistenti alla restituzione delle somme da versare a titolo di oblazione di cui al condono edilizio D.L. 30/09/2003 convertito in Legge n. 326/2003 oltre interessi e rivalutazione, nonché - in via gradata e subordinata -

per l'accertamento

del diritto della ricorrente e la condanna delle amministrazioni resistenti alla corresponsione, per il ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., della somma di € 181.178,74 oltre interessi e rivalutazione, versata a titolo di oblazione di cui al condono edilizio D.L. 30/09/2003 convertito in Legge n. 236/2003.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale per la Puglia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2022 il dott. Carlo Dibello e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società G.-OMISSIS- -OMISSIS- s.r.l. ha adito il Tar per ottenere l'accertamento del suo diritto alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione, di cui al condono edilizio D.L. 30/09/2003 convertito in Legge n. 326/2003, oltre interessi e rivalutazione, con relativa condanna delle amministrazioni resistenti nonché - in via gradata e subordinata - per l'accertamento del diritto alla corresponsione, a titolo di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., della somma di € 181.178,74 oltre interessi e rivalutazione, versata a titolo di oblazione di cui al condono edilizio D.L. 30/09/2003 convertito in Legge n. 236/2003.

Rappresenta, in fatto, la deducente, di avere avviato un programma costruttivo sulla base di una concessione edilizia rilasciata il 1 luglio 1994 al n. 226, e di un presupposto piano di lottizzazione approvato dal Comune di Mola di Bari con delibera di Consiglio comunale n. 34 del 15 aprile 1992 su aree di sua proprietà.

Assume di avere pagato, in data 27 maggio 1994, gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione, liquidati dall’amministrazione comunale, oltre al contributo di costruzione.

Descrive l’avvio di un procedimento penale incardinato per il reato di lottizzazione abusiva a causa della mancata preventiva richiesta del parere paesaggistico alla Regione Puglia, poi culminata del rigetto dell’istanza di parere paesaggistico in sanatoria adottato con parere negativo del C.U.R. del 15 maggio 1997.

Sta di fatto che i provvedimenti emanati nel caso di specie dal Comune di Mola sono rimasti disapplicati fino alla sentenza definitiva resa dalla Corte di Cassazione (n. 17066/2013 del 15 aprile 2013), nella quale la Corte di legittimità cristallizza l’illegittimità del percorso procedimentale seguito dal Comune di Mola e “ annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente agli ordini di demolizione e restituzione in pristino, ordini che elimina”.

Soggiunge, la deducente, di avere a questo punto formulato istanza di condono in data 13.12.2004 (rimasta inevasa dal Comune) e di avere corrisposto la somma di € 181.178,74 a titolo di oblazione, in virtù di una quantificazione provvisoria, cui però non è mai seguita una quantificazione specifica da parte del Sindaco, così come prescritto dalla normativa di settore.

In difetto di provvedimenti in sanatoria, la ricorrente ha richiesto al Comune di Mola e al Ministero delle Finanze la restituzione della somma pagata a titolo di oblazione, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Una volta avviata l’istruttoria finalizzata ad accertare se effettivamente fosse stato rilasciato o meno un titolo in sanatoria, l’istanza di restituzione è rimasta priva di riscontro.

E la deducente sostiene di avere diritto alla restituzione della somma versata a titolo di oblazione essendo venuto meno il nesso causale giustificativo della attribuzione patrimoniale in favore della P.a,, atteso l’effetto rescissorio del giudicato penale, con conseguente travolgimento di tutti gli atti amministrativi adottati.

Il contegno della P.a. è, d’altra parte, illegittimo in quanto soprassessorio e perciò assunto in violazione del dovere di concludere il procedimento, ai sensi dell’art. 2 della legge 241 del 1990.

L’illegittimità della condotta della P.a. si rintraccia anche avuto riguardo alla violazione del canone di non aggravamento del procedimento amministrativo.

In via gradata, la deducente chiede la restituzione delle somme ai sensi dell’art. 2041 del codice civile, configurandosi i presupposti per l’arricchimento senza causa della P.a.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio per resistere al ricorso del quale ha chiesto il respingimento.

La controversia è passata in decisione alla udienza pubblica del 16 novembre 2022.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

La società deducente ha effettuato il pagamento di una somma a titolo di oblazione, allo scopo di ottenere il condono di opere edilizie ai sensi del D.L. 30 settembre 2003, convertito in legge 326 del 2003, condono mai rilasciato dall’Amministrazione comunale competente.

La normativa di settore sopra richiamata rinvia, peraltro, alla legge 47/1985, in base a quanto previsto dall’art. 32, comma 28 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269: “ Per quanto non previsto dal presente decreto si applicano, ove compatibili le disposizioni di cui alla legge 28 febbraio 1985, n.47, e al predetto articolo 39.”

Trova quindi applicazione, sotto il profilo della corretta individuazione del giudice cui è devoluta la controversia, l’art. 35, comma 16 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in base al quale “ Ogni controversia relativa all'oblazione è devoluta alla competenza dei tribunali amministrativi regionali, i quali possono disporre dei mezzi di prova previsti dall'art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 .

La disposizione in commento, per la sua portata onnicomprensiva, si presta a includere qualunque tipologia di controversia avente ad oggetto l’oblazione, ivi compresa quella concernente la restituzione della somma versata a tale titolo, a fronte del mancato rilascio del condono.

Anche il Tar Campania afferma che “ La causa avente ad oggetto la domanda, in caso di diniego di condono edilizio, di restituzione delle somme versate a titolo di oblazione appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, sia perché l'univoco dettato dell'art. 35, comma 16, l. n. 47 del 1985 (secondo cui “ogni controversia relativa all'oblazione è devoluta alla competenza dei tribunali amministrativi regionali”) non consente diverse interpretazioni, sia perché i versamenti relativi a tali somme presentano il collegamento con l'esercizio di un potere autoritativo della p.a. (e non di un'attività paritaria)” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. II, 25/03/2015, n.1766).

Si osserva che l’amministrazione resistente non ha dato prova dell’emanazione di un titolo in sanatoria, la qual cosa determina il venir meno del vincolo sinallagmatico tra il pagamento dell’oblazione e il rilascio del titolo in sanatoria e fonda il diritto della ricorrente alla restituzione di quanto versato.

Circa il quantum dell’obbligazione restitutoria, osserva il Collegio che parte ricorrente assume di avere versato la somma di € 181.178,74 a titolo di oblazione, ma non fornisce prova in merito;
il suo diritto alla restituzione va quindi affermato in termini generici e cioè nei limiti di quanto effettivamente corrisposto alla P.a. per il procedimento di condono.

In merito, poi, al soggetto tenuto alla restituzione della somma versata a titolo di oblazione, vale l’insegnamento per il quale “ Rispetto alla domanda giudiziale di restituzione delle somme versate a titolo di oblazione la legittimazione passiva non spetta al Comune, bensì all'Amministrazione finanziaria statale dotata di specifiche attribuzioni in materia (che, ai sensi del d.m. 7 marzo 1997, è individuata nella sezione distaccata della Direzione regionale delle entrate nella cui circoscrizione è ubicato l'immobile per il quale è stata presentata domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria). ” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. II, 04/12/2013, n.5485).

Amministrazione tenuta alla restituzione delle somme in argomento è, pertanto, odiernamente l’Agenzia delle entrate – Direzione Regionale per la Puglia, in virtù dell’articolo 2 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300.

L’azione di accertamento è quindi fondata.

Ne discende il diritto della ricorrente alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione, con l’ulteriore precisazione per la quale “ La condanna dell'Amministrazione alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione ai sensi dell'art. 2033 c.c. va calcolata a decorrere dal giorno della domanda e quindi dal giorno della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio e, trattandosi di debito di valuta e non essendo stata dimostrata la sussistenza del maggior danno ai sensi dell'art. 1224 comma 2, c.c., non è dovuta la rivalutazione monetaria ” (T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. II, 07/01/2016, n.12)”.

La ricorrente ha quindi diritto agli interessi legali dalla domanda al soddisfo;
non anche alla rivalutazione monetaria, non avendo dato prova del maggior danno ai sensi dell’art. 1224, comma 2 del codice civile. Le spese processuali possono essere compensate

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