TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2011-07-26, n. 201104020

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2011-07-26, n. 201104020
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201104020
Data del deposito : 26 luglio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03723/2006 REG.RIC.

N. 04020/2011 REG.PROV.COLL.

N. 03723/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3723 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
I G, rappresentato e difeso dall'avv. L.B M, con lui domiciliato ex lege presso la Segreteria T.A.R. essendo mancata l’elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede questo Tribunale Amministrativo (art. 25 c.p.a.);

contro

Comune di Serrara Fontana in persona del Sindaco p.t. non costituito;

per l'annullamento

- ordinanza n. 47 del 23.2.2006 di demolizione di opere eseguite in Serrara Fontana loc. Ciglio;
nonché

attraverso motivi aggiunti

- dell’accertamento di inottemperanza dell’11.2.2010 alla ordinanza di cui sopra.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2011 il dott. Luca Cestaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


FATTO

1.1. Con ricorso introduttivo e successivie ricorso per motivi aggiunti ritualmente notificati e depositati,

IACONO

Gaetano impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe e, in virtù di numerose censure, meglio esposte nella parte in diritto, ne chiedeva l’annullamento.

1.2. Nessuno si costituiva per il Comune di Serrara Fontana.

1.3. All’esito dell’udienza di trattazione del 22.06.2011, il Collegio tratteneva la causa in decisione.

DIRITTO

2.1. Con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, il Comune di Serrara Fontana ingiungeva al ricorrente di demolire un manufatto prefabbricato in legno di circa 32 mq edificato in località Ciglio e con successivo verbale gravato con i motivi aggiunti ne accertava l’inottemperanza..

2.2. Il ricorrente muove al provvedimento di demolizione diverse censure: 1) mancato invio della prescritta comunicazione di avvio del procedimento (art. 7 L. 241/1990);
2) incompetenza del dirigente Comunale a favore del Sindaco non essendo intervenuta alcuna legge regionale di recepimento della modifica delle competenze operata per le amministrazioni dello Stato;
3) incompetenza e carenza di potere nella parte in cui il Comune ha dimostrato di voler procedere direttamente alla demolizione in caso di inottemperanza da parte del ricorrente;
4) carenza di motivazione, eccesso di potere per travisamento dei fatti e violazione di legge per non essersi considerato che le opere in questione sono precarie e temporanee e per essersi il provvedimento limitato a considerare la mera abusività dell’opera;
5) violazione dell’art. 167 D.lgs. 42/2004 e della L.R. 10/1982 per la mancata considerazione dell’effettivo danno ambientale e per l’omissione del prescritto parere della Commissione edilizia integrata.

3.1. È opportuno trattare in primo luogo il ricorso principale, mentre sul ricorso per motivi aggiunti, relativo al verbale di inottemperanza all’ordinanza di demolizione, si tornerà in seguito.

3.2. Preliminarmente, va ribadito il costante orientamento della Sezione (e della giurisprudenza amministrativa tutta), secondo cui il provvedimento di demolizione è atto assolutamente vincolato allorchè vengano attinte opere eseguite su aree sottoposte a vincolo paesistico, com’è, pacificamente, nel caso di specie.

3.3. In tal senso, l’art. 27 co. 2 D.P.R. 380/2001 dispone che «il dirigente o il responsabile, quando accerti l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità (…) nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa». È evidente che l’Amministrazione non conservi alcun margine di discrezionalità circa l’adozione del provvedimento di demolizione che è imposto dalla legge alla sola ricorrenza del presupposto costituito dall’edificazione abusiva in zona sottoposta a vincolo ambientale o paesistico.

4.1. Ebbene, la vincolatezza del provvedimento in questione rende recessivo l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 L. 241/1990;
tale obbligo, infatti, non si applica ai provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, considerato il loro carattere doveroso (cfr., art. 21 octies L. 241/90 e, in giurisprudenza, ex multis, Consiglio Stato sez. V, 19 settembre 2008, n. 4530;
T.A.R. Napoli Campania sez. IV, 02 dicembre 2008, n. 20794 e Tar Campania, Napoli, sez. IV, 16 giugno 2000 n. 2147). Pertanto, si deve ritenere infondata la prima censura, relativa, appunto, al mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento.

5.1. Quanto alla seconda censura, relativa all’asserita incompetenza del dirigente a favore del Sindaco, va ribadito che ogni competenza del Sindaco, in merito ai provvedimenti ascrivibili alla mera attività di gestione amministrativa in materia edilizia, deve essere ritenuta abrogata in virtù delle disposizioni legislative che hanno inteso separare, anche negli enti locali, la funzione di indirizzo politico da quella, appunto, di gestione amministrativa. Nel settore dell’edilizia, infatti, prima, l'art. 6, l. n. 127 del 1997, modificando l'art. 51, l. n. 142 del 1990, ha previsto alla lett. f) che spettino alla competenza dei dirigenti «i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie». Successivamente, la l. n. 191 del 1998 ha, a sua volta, modificato l'art. 6, l. n. 127 del 1997, introducendo la lett. f bis) secondo la quale spettano ai dirigenti «tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale», così espressamente attribuendo alla dirigenza la competenza in materia di applicazione di sanzioni edilizie;
a norma dell'art. 51 comma 3, l. 8 giugno 1990 n. 142 (oggi, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267), infine, sono di competenza dei dirigenti «tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo dell'ente» (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 13 febbraio 2009, n. 802, T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, n. 03586/2009).

5.2. In tal senso non può attribuirsi valore dirimente al precedente giurisprudenziale citato da parte ricorrente (C.d.S., Sez. V – Sentenza 23 giugno 2003 n. 3717), pronunzia, invero, alquanto isolata, da cui questo collegio ritiene di discostarsi, oltre che sulla scorta delle considerazioni di cui al paragrafo che precede sulla base dello stesso disposto dell’art. 107 D.lgs. 267/2000 (Testo unico Enti locali, cd. TUEL, la norma recepita all’art. 107 è l’art. 51 L.142/1990). Tale disposizione, infatti, al primo comma stabilisce che spetti ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettate dagli statuti e dai regolamenti mentre ai commi successivi intende chiaramente demandare ai dirigenti tutti i compiti inerenti la gestione delle ente locale, senza condizionarne l’attribuzione all’emanazione di ulteriori atti normativi subprimari (art. 107 co. 2 cit.).

5.3. Così, la disposizione del terzo comma del medesimo articolo 107 del TUEL lett. g), che demanda ai dirigenti i compiti relativi, fra l’altro, alla vigilanza edilizia e all’irrogazione delle sanzioni per gli abusi edilizi, rinvia agli statuti e ai regolamenti solo per quel che riguarda eventuali modalità di esercizio del potere che l’ente ritenesse di regolare autonomamente, attribuendo, però, il potere medesimo ai dirigenti in via diretta e immediata. In tal senso, la giurisprudenza assolutamente prevalente anche del Consiglio di Stato (v., tra le altre, Consiglio Stato , sez. IV, 24 dicembre 2008 , n. 6550;
Consiglio Stato , sez. V, 07 novembre 2007 , n. 5757;
Consiglio Stato , sez. V, 18 novembre 2003 , n. 7318).

6.1. Parimenti infondata è la terza censura, laddove il ricorrente lamenta l’incompetenza del dirigente dell’ente locale a statuire, nella parte finale del provvedimento, che «l’ingiunzione seguirà il suo corso, con l’ausilio di operai del Comune e di impresa abilitata, senza ulteriore avviso e previo dissequestro ad opera della competente A.G. ove le opere abusive siano assoggettate a misura cautelare». Sostiene il ricorrente che tale competenza prettamente esecutiva della demolizione, trattandosi di manufatto edificato in zona vincolata, spetterebbe alla Soprintendenza ai sensi dell’art. 27, co. 2 D.P.R. 380/2001 (nella parte in cui dispone: «per le opere abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi degli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, o su beni di interesse archeologico, nonché per le opere abusivamente realizzate su immobili soggetti a vincolo o di inedificabilità assoluta in applicazione delle disposizioni del titolo II del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, il Soprintendente, su richiesta della regione, del comune o delle altre autorità preposte alla tutela, ovvero decorso il termine di 180 giorni dall'accertamento dell'illecito, procede alla demolizione, anche avvalendosi delle modalità operative di cui ai commi 55 e 56 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662»). Analogamente, sostiene il ricorrente, la competenza del Comune sarebbe esclusa dall’art. 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004) allorchè stabilisce che l’autorità preposta alla tutela del paesaggio provvede «per mezzo del prefetto».

6.2. La tesi del ricorrente è, quindi, nel senso che il Comune potrebbe ordinare la demolizione, ma non procedere alla sua materiale esecuzione. In senso contrario, va osservato che nessuna norma preclude al Comune l’esecuzione diretta della demolizione anche nel caso in cui il bene insista su area vincolata. La citata norma dell’art. 27, infatti, opera una distinzione tra singoli beni sottoposti a particolari vincoli e aree soggette a vincoli;
per queste ultime la competenza a eseguire la demolizione è anche del dirigente del Comune («qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa»), mentre per i beni individui sottoposti a regime particolare (anche qualora trattasi di singoli immobili sottoposti a inedificabilità assoluta) la competenza esecutiva è della Soprintendenza.

6.3. Non può dubitarsi, del resto, che la normativa vigente in materia ambientale preveda una chiara distinzione, appunto, tra singoli beni vincolati e aree sottoposte a vincolo (si veda, in proposito, l’art. 134 del D.lgs. 42/2004: «Sono beni paesaggistici: a) gli immobili e le aree di cui all'articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141;
b) le aree di cui all'articolo 142 (198);
c) gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell'articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156»). È, peraltro, chiara la ‘ratio’ della menzionata disposizione: nel caso di beni specificamente individuati si vuole mantenere un più stretto controllo della soprintendenza sulle opere di rimessione in pristino, mentre nel caso di manufatti abusivamente edificati in aree vincolate, evidentemente, non sussiste tale particolare esigenza.

6.4. Neppure, poi, l’art. 167 del citato codice dei beni culturali e del paesaggio vale a elidere la competenza esecutiva del Comune, laddove si limita semplicemente a imporre una modalità esecutiva della demolizione “a mezzo del prefetto” da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo (a seguito di delega, peraltro, si tratta dello stesso Comune);
la norma in questione, infatti, regola lo specifico e diverso ordine di rimessione in pristino per violazione delle norme di tutela del paesaggio di cui al titolo I parte III del D.lgs. 42/2004, mentre deve ritenersi che, per quanto concerne l’aspetto strettamente urbanistico-edilizio, il Comune non perda i propri generali poteri di vigilanza e sanzionatori dei relativi abusi (sul punto, nello stesso senso, si veda T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 15 luglio 2010 , n. 16807).

7.1. Non hanno pregio, poi, le censure relative alla carenza di motivazione e alla mancata motivazione circa l’effettiva ricorrenza del danno ambientale (sub 4 e 5).

7.2. In tal senso, come si è detto poco sopra, l’abusività delle opere realizzate e la concomitante insistenza sul territorio isolano del vincolo paesistico ai sensi del D.Lgs. 29-10-1999 n. 490, impongono la demolizione delle opere senza che residui alcun margine di discrezionalità in capo all’amministrazione (par. 3).

7.3. Ebbene, la vincolatezza del provvedimento di demolizione rende superflua e non dovuta una puntuale motivazione sull’interesse pubblico alla demolizione o sull’effettiva sussistenza del danno ambientale, essendo sufficiente l’aver evidenziato la violazione del regime vincolistico (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 04 agosto 2008 , n. 9718);
l'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi è ‘in re ipsa’ poiché la straordinaria importanza della tutela reale dei beni paesaggistici ed ambientali elide, in radice, qualsivoglia doglianza circa la pretesa non proporzionalità della sanzione ablativa in rapporto all’interesse del privato che deve sempre esser considerato recessivo (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 14 aprile 2010 , n. 1975, T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 21 marzo 2008 , n. 1474).

7.4. Egualmente infondata è la (parte di) censura che riguarda il mancato intervento del parere della C.E.I..

7.5. Ed invero, in sede di emanazione di ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive su area vincolata (qual è quella del Comune di Serrara Fontana), non è necessario acquisire il parere della Commissione Edilizia Integrata "dal momento che l'ordine di ripristino discende direttamente dall'applicazione della disciplina edilizia vigente (art. 27 t.u. edilizia) e non costituisce affatto irrogazione di sanzioni discendenti dalla violazione di disposizioni a tutela del paesaggio" (Tar Campania, Napoli, sempre questa sezione sesta, sentenza 26 giugno 2009, n. 3530;
27 marzo 2007, n. 2885;
14 aprile 2010 , n. 1975). Peraltro, è stato ripetutamente chiarito che il predetto parere non occorre qualora il responsabile si limiti a operare delle valutazioni giuridiche e non tecniche, com’è nel caso di specie (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 14 gennaio 2008 , n. 195).

7.6. Infine, si deve escludere la precarietà dell’opera in questione. In proposito, non può che condividersi l’orientamento secondo cui la precarietà dell’opera vada apprezzata non tanto in ragione delle sue caratteristiche strutturali, quanto con riferimento all’obiettiva utilizzazione dell’opera: si esclude la precarietà dell’opera qualora il proprietario tragga dall’opera un’utilità prolungata nel tempo (cfr. C.d.S., sez. IV, 15 maggio 2009 , n. 3029;
C.d.S. Sez. V 13 giugno 2006 n. 3490;
T.A.R. Campania Napoli sez. IV 10 novembre 2004 n. 16733). Nel caso di specie, va considerato che, da un lato, l’utilità a cui è destinato il manufatto (ricovero di attrezzi) è prolungata (in effetti, lo stesso ricorrente si è limitato ad affermare la precarietà dell’opera senza dimostrarla, essendo la finalità di ricovero degli attrezzi non temporanea di per sé), e che, per altro verso, il prefabbricato non è semplicemente amovibile in considerazione delle proprie non esigue dimensioni ed essendo stabilmente infisso al suolo.

8.1. Passando ora all’esame del ricorso per motivi aggiunti, va detto che esso è rivolto avverso il verbale della Polizia Municipale del Comune di Serrara Fontana con cui si è accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione impugnata con ricorso principale.

8.2. Non sussistono ragioni per discostarsi dal consolidato orientamento, pienamente condiviso dal Collegio, secondo cui il verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione da parte della Polizia Municipale è atto endoprocedimentale con valore meramente ricognitivo di un dato di fatto (ossia, appunto, della mancata ottemperanza) ed è, quindi, privo di qualsivoglia valenza provvedimentale (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 27 agosto 2010 , n. 17245;
Cons.giust.amm. Sicilia , sez. giurisd., 12 novembre 2008 , n. 930;
T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 14 maggio 2010 , n. 1730). Le doglianze qui proposte, pertanto, dovranno essere rivolte contro l’eventuale provvedimento di acquisizione adottato dall’amministrazione competente.

8.3. Quanto precede dimostra l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti.

9.1. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso principale deve ritenersi infondato e, quindi, va respinto mentre il ricorso per motivi aggiunti va dichiarato inammissibile.

9.2. Nulla a statuirsi per le spese di lite non essendosi costituito il Comune di Serrara Fontana.

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